lunedì 12 dicembre 2016

Manhattan, la fiducia in chiaroscuro...

"... Bisogna avere un po' di fiducia, sai, nella gente."
... E in bianco e nero. Ecco, è arrivata l'occasione per iniziare a parlare qui sul blog di uno dei tuoi registi preferiti: Woody Allen.

I  motivi per cui ti piacciono i suoi film non sono pochi, e molti li puoi vedere in 'Manhattan (1979): il carosello di immagini della città (lo farà anche per Parigi, molti anni più tardi, nel 2011); il chiacchericcio bisticcio nei locali abbeverandosi di drink dei personaggi, affiatati tra loro anche quando si detestano o si misconoscono; la girandola amorosa-sessuale-sensuale-romantica-galante ma di base sempre nevrotizzata-sublimata-sublimante e allo stesso tempo libera, sincera, diretta, disinibita, veritiera. Le battute memorabili, comiche o serie. Le donne interessanti.
Ecco.
Qui ce ne sono almeno due: quella "un po' nervosa, molto tesa, elusiva", la giornalista di Diane Keaton (e per lei sono le inquadrature più preziose, ma per il suo personaggio, anche il congedo più netto e definitivo). L'altra è il dolce incanto di Mariel Hemingway, che presta viso, voce, corpo a Tracy, ovvero l'amore sincero e paziente e giovane e curioso ma anche sorprendentemente maturo e costante  - ma soprattutto, in fin dei conti, Tracy ha più di cuore e consapevolezza emotiva della gente adulta confusa, stressata e disorientata, "che si crea costantemente dei problemi veramente inutili e nevrotici, perché questo le impedisce di occuparsi dei più insolubili e terrificanti problemi universali". 
  (Mariel Hemingway ha avuto nomination all'Oscar come attrice non protagonista per questa parte).
Tra mostre, feste, planetari, vernissage, galà, concerti e macchine sportive, tra viaggi, traslochi e macchine da scrivere, tra cani bassotti strapazzati e giri in calesse notturni, (Allen, tra le tante cose che è, non è - nei suoi film - empatico verso gli animali, forse è troppo impegnato a esplorare quelli umani) gli intrecci arrivano allo scioglimento. E dopo aver ammirato la città di Manhattan in cartoline artistiche all'inizio, alla fine la vediamo al livello della strada, percorsa a piedi e di corsa da Woody Allen, per raggiungere l'incanto amoroso, il viso di Tracy, che è tra le "certe cose per cui  vale la pena di vivere". Per lei, nessun congedo, ma attesa. E dopo aver avuto la testa tra le nuvole ad altezza grattacielo a causa di storie strampalate basate su un nevrotico nulla, possiamo viverci la città a livello del marciapiede, dove in fondo stiamo ogni giorno, in modo da non perdere più di vista chi è capace di offrirci davvero amore. Come Tracy. Tracy, che si comporta come si comportano i cani, che amano con chiarezza, che cercano l'armonia.
E qui ti puoi rinnovare la delizia per uno dei dialoghi e dei finali per te più belli, e ottimisti e rasserenanti dell'intera filmografia di Woody. Che così presta fede e dà sostanza alla frase iniziale del film, quasi un manifesto estetico, un programma di intenzione: "Io credo che l'essenza dell'arte sia di fornire una sorta di approfondimento delle situazioni alla gente, sapete, e questo nella presa di coscienza di sensazioni che non sapevi di avere". 
A questo giro di visione del film, te lo sei goduto anche di più, perché hai letto 'La vita di ogni giorno' di Leonardo Caffo: te lo richiamano proprio la necessità della fiducia, nell'appello finale, allo stesso tempo delicato e deciso della giovane innamorata (la fiducia, è ciò che fa volare lo stormo), e la battuta iniziale sul coraggio nella vita, per salvare qualcuno che sta annegando nel fiume sotto di noi (ma solo se sappiamo nuotare). (Per raccontare il libro di Caffo, spiegando anche questi collegamenti un po' misteriosi, ti sei messo in agenda un post apposito).

Infatti. Che sensazione di sollievo commovente ti regala quella frase di Mariel-Tracy: bisogna avere fiducia nella gente, cioè, almeno un po'.  (tornate a leggere la didascalia sopra). E poi, nulla più resta da dire. Quasi all'insegna di un ciò di cui non si può parlare si deve tacere.  O, più semplicemente, quando la nostra storia ha espresso tutto quello che doveva dire,  smette il racconto, sorride, tace e finisce qui.

2 commenti:

  1. Grazie per questo bell'omaggio al cinema di Allen, peraltro mi hai fatto venir voglia di rivedere Manhattan. :-)

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    1. Ciao Rita! L'ho rivisto in dvd l'altra sera, e ho rotto gli indugi. Sicuramente è uno dei film più belli da rivedere sempre. Dopomla sorpresa della prima volta, quel finale mi fa respirare meglio ogni volta.
      Allora, buona ri-visione :

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