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domenica 23 luglio 2017

I cavalli non sono bus





Il caldo pomeridiano... il solleone... l'afa... la siesta (dell'ora sesta).
Il caldo torrido. Il caldo immobile. Il caldo abbacinante.

Il caldo, con il suo alito solare che avvolge qualsiasi cosa sulla intera superficie terrestre. Il caldo, che già Guido Ceronetti esortava a non identificare automaticamente e ciecamente col cosiddetto 'bel tempo'. 
Perché, in effetti, che cosa c'è di bello in un tempo dove tutto secca, inaridisce, scolora, si screpola? Dove chi è vivo ansima e spasima e infine - magari - collassa?

Tu non sei mai stato un fan particolarmente entusiasta del caldo  - del caldo così come ci tocca attraversarlo tutti i giorni e ogni pomeriggio, in questo periodo. Altre sono le stagioni che preferisci. Controlli quotidianamente le effemeridi solari, per scoprire quanti secondi più tardi sorge - e tramonta quanti secondi più presto -  il sole.

La foto che apre il post, ti colpì tempo fa su FB, dal profilo di una attivista delle Oche Barrose, che in Sardegna sono coraggiose portatrici di attenzione verso gli animali sfruttati. 
Ti colpì proprio come un martello, proprio come il caldo a picco che doveva colpire quel cavallo, aggiogato senza scampo a una carrozza per turisti, in sosta ferrea e implacabile al porto di Cagliari. Scesi dal traghetto, i turisti possono già divertirsi con un bel giretto pittoresco: tutti in carrozza e via! per le strade della città. La carrozza è grande, tiene tante persone. Le strade sono piene  di auto. Il sole è verticale.

Esiste una petizione - e non da adesso - per chiedere di fermare i giri in carrozza trainata dal cavallo


il manifesto

Le attiviste, anche se osteggiate, anche se insultate (sono donne: l'insulto viene anche più facile, la prepotenza oppressiva una volta ancora si rivela 'maschile'), non si perdono d'animo. E cercano il contatto col Comune di Cagliari. Sulla cui Homepage, giusto in questi giorni, si può leggere, come sensazionale notizia: che prosegue "l'ondata di calore". Ma, per i cavalli, niente...

lunedì 15 dicembre 2014

Il grattacielo di Max Horkheimer. Voi a che piano scendete?

In attesa di specificazione della fonte e del nome dell'autore del disegno



"Vista in sezione, la struttura sociale del presente dovrebbe configurarsi all’incirca così: su in alto i grandi magnati dei trust dei diversi gruppi di potere capitalistici che però sono in lotta tra loro; sotto di essi i magnati minori, i grandi proprietari terrieri e tutto lo staff dei collaboratori importanti; sotto di essi – suddivise in singoli strati – le masse dei liberi professionisti e degli impiegati di grado inferiore, della manovalanza politica, dei militari e dei professori, degli ingegneri e dei capufficio fino alle dattilografe; ancora più giù i residui delle piccole esistenze autonome, gli artigiani, i bottegai, i contadini e tutti quanti, poi il proletariato, dagli strati operai qualificati meglio retribuiti, passando attraverso i manovali fino ad arrivare ai disoccupati cronici, ai poveri, ai vecchi e ai malati.
Solo sotto tutto questo comincia quello che è il vero e proprio fondamento della miseria, sul quale si innalza questa costruzione, giacché finora abbiamo parlato solo dei paesi capitalistici sviluppati, e tutta la loro vita è sorretta dall’orribile apparato di sfruttamento che funziona nei territori semi-coloniali e coloniali, ossia in quella che è di gran lunga la parte più grande del mondo.
Larghi territori dei Balcani sono una camera di tortura, in India, in Cina, in Africa la miseria di massa supera ogni immaginazione.
Sotto gli ambiti in cui crepano a milioni i coolie della terra, andrebbe poi rappresentata l’indescrivibile, inimmaginabile sofferenza degli animali, l’inferno animale nella società umana, il sudore, il sangue, la disperazione degli animali.

Questo edificio, la cui cantina è un mattatoio e il cui tetto è una cattedrale, dalle finestre dei piani superiori assicura effettivamente una bella vista sul cielo stellato."


Max Horkheimer, «Il grattacielo», da Crepuscolo.
Appunti presi in Germania 1926-1931, Einaudi 1977, pp. 68-70

Max Horkheimer (1895-1973) è esponente della Scuola di Francoforte.
Il suo pensiero si configura come una critica globale della moderna civiltà occidentale e di quella "logica del dominio" che egli identifica come base di ogni sua manifestazione sociale, economica e culturale. 
Post scritto pensato alla Giornata internazionale per i diritti degli animali, e alle parole di Rita Ciatti su questo evento e su quel che ha suscitato.

sabato 15 marzo 2014

Amaro come il miele



Una celebre affermazione di Albert Einstein è: «Se l'ape scomparisse dalla faccia della Terra, all'uomo non resterebbero più di quattro anni di vita».

In Dvd ho visto l'altra sera, questo film, intitolato "Un mondo in pericolo", che è senz'altro ispirato da questa frase: una frase che rischia di diventare realmente profetica.

locandina italiana del film

 Il regista svizzero Markus Imhoof ci guida in un viaggio intorno al mondo, dal quale emerge l'importanza di quest'insetto che impollina fiori e piante. Dalla visita ad un apicultore delle Alpi svizzere alla Cina - dove le api sono scomparse in una vasta regione del nord del Paese; dall'America delle "Killer Bees" (che killer non sono, ma anzi potrebbero essere lo spiraglio di futuro per questo insetto),  ad una minuscola isola al largo dell'Australia, in cui si spera che una nuova razza metta fine alla loro lenta agonia.



Significative le scene che non sono state inserite nella versione finale, ma che sono visibili negli extra del Dvd: per esempio, il vivaio di fragole, nel quale le api lavorano senza sosta, in un ambiente dal quale periodicamente devono necessariamente venire sottratte, pena la loro morte a causa di stress e malnutrizione (il nettare dei fragoli è poco nutriente per loro); oppure, le api che trovano nelle rocce inaccessibili di un deserto, il luogo per un nuovo nido; o ancora, il truck driver di api itineranti sulle highways statunitensi, inseguendo le stagioni delle impollinazioni, che racconta i suoi incubi notturni di ritrovarsi intrappolato nell'abitacolo insieme a milioni di api liberatesi.

Veniamo messi di fronte a una spaventosa emergenza ambientale: sono gli stessi apicoltori - o per lo meno un paio di questi, che vivono e lavorano in USA, e che dicono apertamente che "siamo a tanto così dal disastro epocale" - a parlarne e a preoccuparsene.

I sistemi industriali  hanno inesorabilmente cambiato il modo di allevarle. Mentre guardo il film, non posso non pensare che l'ape sia l'animale-schiavo-strumento al servizio umano, per antonomasia. Di loro si parla in termini di 'peso', non esistono come singoli insetti, ma come massa corporea fisica. Sono manipolate, spostate, sterminate, evacuate, strumentalizzate, sfruttate, inseminate, distrutte, a livelli che sembrano persino peggiori di quelli a cui sono sottoposti i milioni di altri animali assoggettati all'uomo. E' la loro dimensione che permette questo abuso così profondamente invasivo, eppure il loro dolore, il loro disagio, il loro stress, raggiunge livelli insopportabili. Un apicoltore degli inizi del XX secolo, rimarrebbe sconcertato dal modo in cui noi oggi trattiamo le api - parola di apicoltore del XXI secolo!

Emergono qua e la nel film, le spie dell'allarmante situazione, delle loro innaturali condizioni di esistenza, e del disagio morale che tutto ciò causa in almeno alcuni degli addetti ai lavori.

Ecco alcuni momenti:
- l'apicoltore John Miller che fa considerazioni su "avidità e paura" a monte della crescita capitalistica, improntata alla "dominazione globale e totale";
- l'apicoltore che afferma che suo nonno "rubava il miele alle api, in cambio di semplice acqua zuccherata per l'inverno";
- lo scienziato tedesco che studia le api, il quale si dice sicuro che le api provano emozioni; e che spiega come i pesticidi siano neurotissici anche a basse dosi (c'è una scena di un'ape su un fiore di mandorlo, in USA, avvolta da particelle di fungicida, che sta visibilmente male, e infine cade dal fiore; gli operai dovrebbero rilasciare il fungicida di notte, dopo aver lasciato il tempo alle api di sciamare di ritorno al sicuro negli alveari; ma non lo fanno, per pigrizia, per imperizia, per disinteresse);
-l'apicoltore che ha scoperto come le cosiddette "api killer", africane e brasiliane, non siano neanche lontanamente pericolose come è credenza comune, al punto da creare sproporzionate isterie di massa -  e che anzi, queste api potrebbero essere la speranza per il futuro delle api stesse.

L'agitazione delle persone che vivono tutti i giorni a contatto con questo insetto, è palpabile nel documentario - almeno in alcuni di essi, forse quelli più consapevoli. In loro, a momenti, pare di scorgere un'ombra di disagio nei confronti della spinta capitalistica al 'sempre di più', al 'sempre più veloce' . Sui corpi delle api, il biocontrollo è totale a livelli faticosi da constatare - operativamente e visivamente: e questo biocontrollo appare anche più inflessibile e spietato nei contesti di ridotte dimensioni, come ad esempio quelli degli apicoltori della Svizzera tedesca, che sfruttano le api nere (si veda la decapitazione che l'apicoltore esegue con l'unghia, su un'ape regina 'colpevole' di aver 'volato' con 'fuchi stranieri', che hanno inquinato la genetica della sua razza).

L'incipit del regista:
"procacciandosi il cibo, l'ape impollina una pianta dopo l'altra, e ogni pianta produce un frutto"; "oggi purtroppo, le api non stanno molto bene, da qualche anno stanno morendo. non solo da noi, ma in tutto il mondo... un male misterioso"; "senza api, un terzo di tutto ciò che mangiamo, non ci sarebbe"; "tutte le piante colorate e profumate, vengono impollinate dagli insetti; quelle poco appariscenti e aride, invece, dal vento".

Le sequenze degli impollinatori umani in Cina, dove le api sono state sterminate in epoca maoista, prefigurano un futuro davvero impossibile da accettare: un'epoca senza api, dove il polline vale più dell'oro (e già si possono immaginare speculazioni criminali e mafiose, guerre del polline e via così); e dove operai umani devono sostituirsi alle api, passando di fiore in fiore con piccoli bastoncini intrisi di polline. Non a caso, il cielo è grigio e il terreno è scuro, in queste sequenze.

En passant: a un certo punto, qualcuno dice: "anche i vegetariani dipendono dallo sfruttamento industriale di animali". Se è vero che la frutta è figlia dell'impollinazione che le api agiscono volando sui fiori (come ci cantava Sergio Endrigo), è altresì vero che lo sfruttamento delle api - e delle piante che fanno fiori da impollinare per ottenere frutti da vendere e far mangiare -  in special modo lo sfruttamento sistematizzato, è un paradigma dell'economia incentrata sull'accumulo e sulla crescita senza limiti tipica dell'idea di civiltà che - invece - proprio vegetariani - o meglio, vegani, per lo meno quelli che fanno del veganismo un modo di vivere animalismo e antispecismo - contestano e mirano a cambiare e trasformare. La frase può dunque avere un valore al massimo di constatazione documentaristica.

Tanto più belle, allora, le scene che avvicinano lo spettatore al mondo delle api visto al suo interno, e dal loro punto di vista, nel quale il regista si immedesima con palese partecipazione. In questi momenti, la visione e le considerazioni utilitaristiche antropocentriche, lasciano spazio alla meraviglia naturale di una collaborazione tra animali e piante che durava da periodi lunghissimi - prima che si intromettesse, al solito, la scriteriata attività umana. 
Facciamo in modo di non entra in una "era del vento".

Un Mondo in Pericolo
di Markus Imhoof 
Titolo originale More Than Honey 
Documentario durata 90 min. - Svizzera, Germania, Austria 2012. - Officine Ubu


sabato 1 marzo 2014

Mucche Felici saltellano nel prato





Ecco un altro video che sui social forum piace molto. E per alcuni ottimi motivi:
- è concreto: ecco un'azione di liberazione di animali destinati altrimenti a morte prematura; una associazione si è costituita con lo scopo di salvarle; le parole delle persone intervistate sono semplici  e allo stesso tempo raccontano tutto
- è rasserenante: è una storia a lieto fine, e vedere le mucche che escono incredule dalla stalla e si avviano correndo e saltando verso il prato, alleggerisce lo spirito
- è divertente e coinvolgente: alzi la mano chi ha mai visto delle mucche comportarsi così! ciascuna di loro ha un carattere preciso, una personalità propria; c'è la mucca entusiasta e trascinante, una leader, che corre e guida le altre, c'è quella più riflessiva e prudente, che si ferma per un attimo a brucare qualche fiorellino ai bordi del prato, c'è quella che condivide la sua gioia con le compagne e le invita a correre e a giocare. Se si è disposti a vedere il video per quello che mostra con grande linearità, diventa impossibile non ammettere che si stanno osservando individui consapevoli e felici di essere liberi e vivi.

Qui sotto, i testi tradotti in italiano, grazie al contributo di una amica tedesca, che non vuole essere citata.

Le mucche trascorrono la maggior parte della loro vita partorendo vitelli e producendo latte. Quando la loro capacità di produrre latte si esaurisce, diventano inutili. Sono troppo costose, così vengono 'dismesse'.
Venticinque mucche provenienti da Overath, vicini Colonia, stavano per subire lo stesso destino.

La donna -  Anke Heublein, fondatrice del fundraising club "Salviamo le mucche in Rhein-Berg":
"L'anno scorso (2012) abbiamo appreso che le mucche dovevano andare al macello perché l'agricoltore non poteva più portare avanti la produzione di latte per motivi finanziari. Vediamo le mucche tutti i giorni e non potevamo sopportare il pensiero che venissero uccise. Questo è il motivo per cui abbiamo iniziato questo .... questa associazione.

Qui vediamo come le mucche, dopo il lungo inverno nella stalla sono libere di andare di nuovo al pascolo ...

Il bambino - Jan Muller, figlio del fattore:
"Io semplicemente amo le mucche, sono animali gentili ... Mi sono rattristato nel sentire da mio padre che voleva rinunciare a tenere le mucche Ora sono felice che le mucche possono rimanere qui e invecchiare"

L'uomo - Hans-Georg Janssen, padrino della mucca Eva:
"Tutti quelli che hanno visto oggi come gli animali corrono nel campo devono chiedersi- dove altro si può trovare qualcosa di simile? Questa voglia di vivere, questa spontaneità, questo entusiasmo. L’abbiamo visto tutti qui. Alcune mucche sono ancora alla ricerca di padrini! e un giorno devi dare qualcosa agli animali. così è successo. e sono felice di averlo fatto"
  
Alcune delle mucche stanno ancora aspettando i loro sostenitori!
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