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sabato 17 novembre 2018

Buon Compleanno, Confidenza!



Ti/Vi/Ci regalo questa dolcissima e rivelatrice sequenza a fumetti che racconta così bene che cosa è il vero amore, la vera cura, le vera dedizione.


lunedì 26 marzo 2018

Come gli Agnellini a Pasqua





Quest'anno Pasqua è un pesce d'aprile. Mostruoso, crudele scherzo tirato a spese di migliaia di bambini, che non rideranno. Anzi. 


martedì 15 agosto 2017

La guerra sulla pietà

... e se io incontrassi un'orsa...


Le immagini di KJ2 uccisa, ti hanno catapultato coi ricordi al passato. 
Hai provato l'irresitibile necessità di scrivere queste righe, che avrebbero voluto esser brevi ma che rischiano di essere lunghe - e molto probabilmente esorbitanti, inconcludenti: siete avvisati!
2013. Abitavi in montagna. Per una serie di sfortunati eventi, ti ritrovasti faccia a faccia con la salma di un cervo. Lo hai raccontato, con tutti i dettagli, qui
Oggi forse non lo scriveresti così, ma molti dei pensieri lì esposti, non sono cambiati  - e forse, quello che allora era un bambino (e che allora ti impressionò proprio perché si trovava tra gli adulti spettatori di quel ludibrio, scempio di cadavere), oggi sarà un giovane e implacabile cacciatore, sicuro della giustezza delle sue azioni di 'contenimento' degli animali. Più nessuna sorpresa nei suoi sguardi, solo crudezza piatta.
Però, del cervo quel viso, quegli occhi ormai muti, accecati della loro brillante luce vitale dalle pallottole dei cacciatori, non te li dimentichi più. Anche quel bellissimo cervo come l'orsa era adagiato - le membra scomposte e rigide, il pelo sporcato dalla caduta nella morte, per via della spinta potente e irresistibile del proiettile dentro nel corpo - sul pianale semi arrugginito e scolorito di un furgoncino - quelli azzurro-verdi, dozzinali, non belli, solamente utili e poco costosi.  Attorno a lui, come orchi, i cacciatori che lo avevano scovato, perseguitato, sfinito, inseguito e ucciso, quella mattina. Ora che il sole stava calando, proiettavano le loro piccole ombre deformi sulla bellezza di quel corpo - che loro non avrebbero mai compreso, anzi nemmeno vista. Parlavano, a borborigmi crudi e stridenti: di cartucce, di cani, di bastoni, di catene, del bosco (il 'busc'); del peso della 'bestia', di quanto si tira su con la sua carne, con la sua pelle per il tappeto, con la sua testa, con le sue corna.

Una violenza fine a se stessa, che si perpetua anche in migliaia di piccoli grandi gesti prepotenti degradanti.

qui siamo a Pinzolo: notate i fiori sul capo della mucca?

Fu allora che lo baciasti, in un impeto - una provocazione? una sfida? Una opposizione, un rifiuto verso la loro esistenza umana, i loro pensieri grondanti violenza perenne (!). Un saluto, una richiesta di perdono, un omaggio alla bellezza (!). Baciasti il viso del cervo, sulla sua guancia. Un bacio veloce, rapito, rubato. Sporgendoti sul pianale, che fu come sporgersi sull'abisso: della morte, della violenza - forse l'abisso di Nietzsche. Ma un abisso voraginato dagli umani, una trincea scavata nella guerra sulla pietà - ché di questo stiamo provando a pensare.
Non hai immagini del cervo, solo ricordi...

... ricordi identici a questo, in ogni dettaglio squallido e doloroso...

... e perciò, ben comprendi che quello che a prima vista potrebbe sembrare un gesto unico - il mostrare il risultato di una caccia agli amici in paese - è in realtà un singolo episodio di una sequenza molto, troppo lunga, che i cacciatori imbastiscono ormai senza soste; e che questa sequenza è una delle battaglie di questa guerra: una battaglia campale, che inanella vittime, cadaveri, in continuazione, tra gli altri animali. Ci sarebbe anche da accennare al discorso delle immissioni di animali in boschi e ambienti ormai svuotati, le cosiddette ripopolazioni: boschi assediati da città e ambienti antropizzati, nei quali è facilissimo per qualsiasi animale incappare. Troppo-pericolosamente-facile. E allora, si parla di sovrappopolazione, di invasione, di pericolo. E allora, la parola passa ai fucili, come se avessero bisogno di una ulteriore copertura -oltre alle innumerevoli deroghe, licenze, eccezioni di cui già godono.
 (Nota: una delle immagini circolanti, descritta come l'immagine del cadavere dell'orsa, in realtà la ritraggono anestetizzata, quando, mesi fa, venne catturata per metterle il radiocollare; ma poco importa: siamo nella logica del discorso del pathos - anche caotico, quindi -  delle immagini.)


Perché hai baciato il cervo? Ricordi benissimo che avevi, netta in mente, questa immagine:

...solo di recente hai scoperto la probabile vera origine di questa foto, che dunque è un fake!

Solo di recente hai scoperto i retroscena più probabili di questa foto. Ma allora era decontestualizzata - o meglio, ri-contestualizzata (ma, obietti: le mani sulle spalle che sembrano trattenerlo?).
La potenza astratta della immagine - fu quello che ti rimase impresso. Al netto. Non sai, ora, dire se ricavare ispirazione irresistibile da una immagine che è bugiarda - se ricavare un bene da un male - sia qualcosa che (ci) si possa permettere o auspicare sempre, o per sempre (forse no).  Però, quando baciasti il cervo, tu ti sentivi come pensavi si sentisse il ragazzo nella foto. E, di sicuro, il tuo gesto fu sincero; di sicuro, suscitò sorpresa. Siamo in guerra, giusto? Allora: la propaganda, la disinformazione, la strumentalizzazione, possono, potrebbero, prendere strade inaspettate, indesiderate dagli stessi autori della propaganda. Ci si può appropriare del messaggio dell'avversario, piegarlo, depotenziarlo, rendendolo innocuo o addirittura rivolgendolo capovolto e trasformato, da punto debole a punto di forza (stai pensando a un film come 'Pride'). 


Mentre stai scrivendo a getto continuo, insegui i pensieri prima che scappino, ma in questa maniera altri ricordi arrivano a farsi ricordare: ricordi dove gli animali nei boschi sono protagonisti. 

Ricordi la corsa a precipizio di due camosci: stavi salendo un sentiero estivo in un bosco - all'improvviso, a monte, alla tua destra, un fragoroso frusciare di foglie e rami, che si spalanca in un lampo verde e nocciola di corpi, zampe, ciottoli, erbe, terra, sole sul tratto di sentiero a due metri davanti a te: due giovani camosci correvano a precipizio, verso valle. Lungo una discesa ripidissima, velocissimi. Non hai avuto paura, ma solo meravigliata sorpresa - sentivi con certezza che loro ti avevano individuato, tu, lentissimo arrancante in salita semipianeggiante, ben prima che tu potessi anche solo iniziare a sentire il loro avanzare, per cui erano certi che ti avrebbero evitato con  estrema facilità, con noncuranza. 

Oppure: ricordi te che guidi, tra i tornanti montani, in una sera di luna piena, stai salendo verso la  fine della valle. All'uscita dalla galleria: un cervo sovrumanamente gigantesco, sta dritto in mezzo alla strada. fermo, calmo, si guarda attorno, muovendo piano la testa -le sue corna sono immense. Vicino a lui, più piccoli, due individui: hai subito pensato a una femmina e a un giovane, forse il loro figlio. Hai frenato, ti sei fermato, guardandoli riguardato, dal finestrino. Pochi istanti, eterni. L'immbilità del pensiero, dell'attenzione. Del rispetto - reciproco. Della prudenza - reciproca. E tuttavia, non percepisti dal cervo paura, né ostilità. Solo, una attenta osservazione, benché rapida, veloce. Uno scambio impercettibile di sguardi, tra due coscienze. Poi, loro tre scomparvero dall'altro lato della strada - diretti da un prato a un bosco, tagliati in due dall'asfalto umano. 

Non sono gli unici ricordi che tesaurizzi nella tua memoria, di animali non umani. Proprio questi due, però, sono emersi adesso. Perché il pensare alla guerra sulla pietà, come si e ci  raccomanda di fare Derrida, è un pensiero lungo, annoso e probabilmente sfrangiato, ramificato, sfaccettato, poliedrico.
Sono emersi perché possono raccontarci sia la splendida epifania animale, sia il fatto - assodato - della loro effettiva non-belligeranza. Se volessi usare parole altisonanti, scriveresti che se anche loro non ci hanno dichiarato guerra, sono gli animalisti che si sono posti loro alleati a guerreggiare contro la strapotenza bellica umana. Ma, appunto sono straparlare, per una infinità di motivi.

Il fatto è che, più che di guerra, verrebbe da parlare di sterminio (nei termini in cui se ne parla nella Guerra dei Mondi wellsiana): perché la disparità delle forze in campo è troppo estrema, troppo assurda, a tutto svantaggio degli altrianimali.
Gli animali vengono "sterminati nella loro sopravvivenza o addirittura nella loro moltiplicazione", scrive Derrida. Le dimensioni della guerra sulla pietà sono talmente immense che gli stessi umani la negano, la disconoscono, rifiutano di vederla  - o forse, il che è terribile, in molti casi nemmeno la vedono, pensando che non esista, che non sia in corso.  Eppure, le prove ci sono: dati, racconti - immagini.  Derrida le chiama immagini 'patetiche', cioè in grado di generare pathos. Ma in questa guerra, molto c'è di patologico, molto c'è che si allaccia alla sofferenza, alla pietà, alla compassione (scrive sempre Derrida). 

Oliver: anche questa è una immagine 'patetica'...
Ora, tu pensi che a disposizione degli umani che si sono presi l'impegno di pensare la guerra, la pietà, la compassione, non ci sono molte risorse, e allo stesso tempo ce ne sono a sufficienza. Ci sono consapevolezze nuove, in grado - forse, tu lo speri - di affrontare queste nuove prove derridiane che la compassione deve affrontare, dal XIX in qua. Ci sono nuovi pensieri. Ci sono politiche e strategie collaudate in vecchie battaglie, che possono tornare utili nelle battaglie nuove e urgenti. Gli esempi, per dir così, 'vittoriosi' - o 'di successo' - non mancano.

Nel caso di KJ2 s'è parlato e scritto di boicottaggio. Si sta parlando anche di consumo consapevole, che ne è un po' l'altra faccia. Si potrebbe chiamare anche 'consumo propositivo'. Non solo il non comprare ciò che propone la parte a cui far arrivare un messaggio di protesta; ma anche, magari contemporaneamente, il comprare di più da parti che invece seguono pratiche diverse, più rispettose. Ti pare che si possa far riferimento ai cosddetti gruppi di pressione (in inglese: le lobbies). Uno strumento che potrebbe essere sorprendentemente potente, a tutti i livelli. 

Nel caso del povero cavallo Oliver- misero schiavo sfruttato fino alla sua morte-  il discorso di protesta contro botticelle, carrozze turistiche diffuse tra Roma, Torino, Messina, Cagliari, tocca molte corde patetiche. Vedere il suo viso stravolto è uno strazio personale, e - per te, almeno - vedere gli umani scialbi, sciatti, scazzati tutt'intorno a lui, le mani in tasca, sotto il sole rovente, suscita vero, insopprimibile ribrezzo.


...vorreste davvero che qualcuno vi soccorresse così?! Fonte


Ti affacci alla marea costantemente e quotidianamente montante di ogni tipo di crudeltà, sciatteria, incuria, disinteresse, disattenzione, ignoranza, menefreghismo, prepotenza, arroganza, supponenza mossa da umani del tutto inconsapevoli contro gli altranimali. Rischi di soffocare. Rischi di bruciarti. Rischi di ammalarti. 
Hai (avuto) la fortuna di aver incontrato e di continuare a incontrare e di conoscere persone determinate, forti, propositive, consapevoli, tenaci, che sono capaci di fare cose 'belle' tutti i giorni verso gli altranimali - e il pensare di aver imparato da loro e di essere anche tu almeno un pochino come loro, ti permette di fronteggiare gli sgomenti. Infatti, quello che queste persone sanno fare, fa la differenza concreta.




Per chiudere il post. E contro la patologica follia antropocentrica.
Provi a trovar rinsaldezza nelle parole di Derrida: la guerra sulla pietà "attraversa una fase critica. Noi l'attraversiamo e ne siamo attraversati". Perciò, abbiamo il dovere di pensarla, questa guerra. Per Derrida, proprio il "pensare" è in questione, è in gioco. Forse è in pericolo. Il pensare come abbiamo pensato finora, non va bene.  Allora: potrebbe aiutarci un pensare-sentire? Potrebbe aiutarci sdraiarci sulla terra, camminare a carponi? Potrebbe aiutarci stare in mezzo agli animali - almeno, quelli che accettano di stare in mezzo a noi (tu, stai pensando ai tuoi cani) - ?
Non c'è una unica, né breve, né univoca - risposta. Il che, forse, può spingerci a trovare sempre nuove, creative, innovative, strade e strategie. 

venerdì 24 marzo 2017

Agnellini pasquali. Tanti davanti agli occhi (il gioco dell'oculista)

Arriva la Pasqua. Più festosa e compassionevole così...



... o così?

Meno di un mese ci separa dalla Pasqua dei cristiani. Nell'uovo di cioccolato fondente, ti piacerebbe trovare una versione in tema del gioco dell'oculista.

Ricordi in breve che il gioco dell'oculista è fatto per gli occhi etici che eventualmente ciascuno di noi dovrebbe avere, e accertarsi se hanno bisogno di occhiali, o di fare esercizio per riaprirsi e focalizzarsi meglio sulle realtà da vedere. Per scoprire, con pochi semplici esercizi, quale immagine ci piace di più - e cercare di capirne il perché.

Qui possiamo vedere tanti agnellini. Sono sempre bianchi e riccioluti. Nella prima immagine, i loro riccioli minuscoli si intrecciano coi fili dell'erba verde. Nella seconda immagine, il vento che soffia per aria, non piega le dure sbarre, che sono grigio-bianche e contro le quali i ricciolini lanosi possono solo rimanere impigliati. Mentre gli agnellini, che sono stati separati dalla mamma quasi subito dopo la nascita, vengono ora fatti salire sull'enorme tir diretto al mattatoio. Hanno poche settimane di vita.







venerdì 24 febbraio 2017

Jiro Taniguchi, l'Uomo che Cammina

...come un suo disegno...



Jiro Taniguchi è entrato nei suoi disegni, ormai - pochi giorni fa.

Il suo sguardo nei confronti degli animali - spesso protagonisti delle sue storie - è la ragione per cui hai cercato i suoi manga; e soprattutto perché ne hai cercati prima di tutto alcuni, invece che altri.

In queste storie c'è il mono no aware giapponese: il senso di stupore e comprensione per le cose nel mondo. Il tempo scorre, lascia i suoi segni, ma non fa più paura. I soffusi movimenti tra di loro delle emozioni che tessono congiunzioni tra i viventi, umani e non umani, creano l'ineffabile atmosfera delle sue storie. Giorni di vita che, semplicemente, accadono.  Sempre serenità e pace sono presenti: ciò non nega il dolore di certe contingenze - si tratta comunque di emozioni - ma le riaccoglie nel fluire, donando loro una specie di prospettiva della fugacità. In questo modo, anche la morte smette di fare paura - a differenza della sofferenza - perché si sa che il mondo continuerà a esistere. Sul tronco spaccato crescono nuovi arbusti, tutto ciò che di vivo è invecchiato, diventa sorgentre per qualcosa di vivo che sarà nuovo. Come se il tempo potesse scorrere nei due sensi, i gesti, le parole, del passato, cambiano sfumatura, illuminate dalle parole e dai gesti che - magari molti anni dopo - emergono da quel passato.
In questo eterno presente, sono le minuscole cose che possiamo apprezzare camminando, o vivendo all'ombra di un grande albero, o accompagnando un amico cane nell'ultimo viaggio, che danno valore al nostro vivere.  Sono i gesti che compiamo, perché comprendiamo che vanno fatti - e li esguiamo nel momento in cui c'è la richiesta e la necessità che vengano eseguiti - a dare vigore allo scorrere della vita. Una estetica etica molto orientale: la potenza dei piccoli gesti, fatti con tutti noi stessi, al massimo della nostra consapevolezza; la focalizzazione che ci richiedono e che fa di noi il gesto che facciamo.



Nato nell’agosto del 1947 e appassionato di manga fin da giovanissino, inizia la sua carriera dopo il liceo, debuttando poi nel 1970. Lettore onnivoro, Taniguchi si è lasciato influenzare dal fumetto europeo, mischiando stili e suggestioni in un gusto che ha trovato forte riscontro anche in occidente, in Francia in particolare.



... il 'tuo' Taniguchi ...

lunedì 7 marzo 2016

Un salvataggio inaspettato


Riccardo e Rosmarino

Il racconto di Eloise
“800.000 sono gli agnelli strappati alle loro madri nel periodo pasquale, (2 milioni durante tutto l’anno), vengono portati al macello per essere massacrati a neanche un mese di vita.
Le cifre ufficiali degli animali registrati, non tengono conto degli animali detenuti ed uccisi nella macellazione casalinga.





Il 1° Marzo, Simona, Ludovica ed io, sentendo a lungo dei belati da casa di Simona, decidiamo di uscire per capirne la provenienza, non essendoci nelle vicinanze stalle o ovili.
In realtà il nostro incontro era finalizzato per andare a vedere un’altra “situazione” ( siamo circondati ovunque da sfruttamento).
Ci troviamo davanti ad uno scenario che non ci aspettavamo: una persona esce dal cortile di casa e approfittando del fatto che avesse appena parlato con un’altra persona, ci avviciniamo e arrivano ad accoglierci una decina di cani scodinzolanti.
Chiediamo, ormai determinate, se ci fossero degli agnelli, dato che ne sentivamo i belati e rimaniamo stupite ed incredule della sua risposta data con naturalezza: gli agnelli erano da lui, glieli regalavano e lui li dava a sua volta per farli ammazzare, perché “animali creati per essere mangiati”.
Noi, atterrite dalle sue risposte, abbiamo cercato di sensibilizzarlo, parlando dei cani che lui stesso aveva salvato.
Descrivendo anche la vita di questi altri animali, quali agnelli, maiali, vitelli etc… che hanno la fortuna di vivere liberi nei santuari.
In quel momento, prese anche dalla tensione, non riuscivamo a pensare ad altro, i lamenti assordanti dei piccoli che non vedevamo ma sentivamo comunque così vicini.
Entra in quel momento sua figlia con un bimbo piccolo in braccio, e proprio in quel momento gli abbiamo chiesto se fosse stato possibile vederli; ci fa entrare!
Ora erano lì a pochi passi da noi, ed… eccoli in uno spazio fangoso, vicino ai loro escrementi, piccolissimi ci guardavano.
Noi non credevamo ai nostri occhi… ed ora che li avevamo incrociati… i loro occhi, come avremmo potuto mai dimenticarli?
“Possiamo prenderli in braccio? Ma li guardi, lei ha un nipote? Loro sono stati strappati alla loro madre, come si sentirebbe lei se le portassero via i suoi figli? Ma poi le salva i cani, lei è buono, come può far massacrare questi cuccioli?”
Lui ci guardava, non so se stupito e allibito, ce li fa prendere in braccio, avevano neanche una settimana, il cordone ombelicale attaccato.
“Li dia a noi, faccia questa grande azione d’amore, noi li salviamo, li portiamo in un posto dove vivranno felici, sono indifesi, si fidano, li guardi…”
Ha dell’incredibile, non riesco ancora a capacitarmi come e perché, ha voluto che noi li prendessimo, nonostante li avesse “promessi”.
Ci ha dato anche il biberon che aveva, questo ci ha fatto sperare che non ne prendesse altri, chissà se sarà veramente così.
Andiamo via tenendoli stretti in braccio e noi che tremavamo e trattenevamo il respiro, quasi come per non disturbare questo momento di estrema gioia e felicità.
Li portiamo a casa di Simona, sentiamo Massimo Manni che potrà adottarli dopo il primo periodo di svezzamento.
Cosa fare? Noi in apnea per l’euforia, l’entusiasmo e per la disponibilità di Massimo, decidiamo che il posto più adatto fino a quel momento potesse essere casa mia a Ladispoli, casa grande dove vivo con mia madre ed altre 5 cagnette.
Mia madre avvertita telefonicamente esclama: “Io sapevo che sarebbe giunto il momento di capre e maiali a casa!”
Spiego la situazione a lei, ed approfittando del fatto che in questo periodo non sto lavorando, con Simo e Ludo li portiamo a casa.
Incredibile come Cuore, una delle cagnette, li studiasse e percepisse la loro delicatezza e fragilità.
Riccardo e Rosmarino, così abbiamo restituito loro l’identità di individui quali sono, dal 1° Marzo stanno da me e la percezione delle giornate è cambiata, ore ed ore a guardarli, ad accudirli, poter descrivere tutto quello che trasmettono in un gesto.
Si avvicinano, Rosmarino mi da i bacini col suo musetto, cercano un contatto, le altre cagnette li proteggono.
Hanno una dolcezza e un amore infiniti; adorano le carezze, hanno imparato a saltare, adorano i grattini.
Svegliarmi la notte per allattarli col biberon, non uscire di casa, se non per l’indispensabile, pulire i loro bisognini, non mi pesa assolutamente.
È l’esperienza più bella della mia vita, li guardo e sto in pace col mondo.”

Il racconto di Ludovica




Era il 29 febbraio, quando Simona invia un messaggio a Eloise chiedendole di accompagnarla a ispezionare un gregge dove c’erano degli agnellini.
Il giorno seguente Eloise si presenta davanti casa di Simona e Ludovica e in quel momento sentiamo un belato forte come un lamento, che sembrava provenisse da una abitazione di fronte la strada.
Determinate ci precipitiamo in direzione dei belati. Davanti al cancello vediamo un signore, cogliendo l’occasione gli chiediamo se aveva degli agnellini : “Sì me li hanno regalati”. 
Ci fa entrare, perché gli avevamo chiesto di poterli vedere, e subito ci accolgono una decina di cani che volevano le coccole.
Ci porta dagli agnelli e noi, con gli occhi a cuoricino, dopo averli visti gli chiediamo : “ Perché invece di regalarli, a pasqua non gli salva la vita? “.
A quel punto ce li prende e come in un sogno ci dice che possiamo portarli via. Ci dà anche il biberon e il latte. Sono i due agnellini più belli che abbia mai visto, uno era con il muso nero e delle chiazze nere, il più vivace, invece l’altro era con il muso bianco e più minuto.
Prima di andarcene decidiamo i nomi, quello più vivace lo chiamiamo Riccardo come il signore e invece l’altro Rosmarino, perché prima di andare lì avevamo trovato per strada il rosmarino.
Ce ne andiamo soddisfatte e con gli occhi lucidi dalla gioia, pensiamo subito al “ Santuario Capra Libera Tutti “, ma ci dice che devono essere prima svezzati i primi 3 mesi. Ed entra il panico , mille domande : “ E adesso?, Li separiamo?, Cosa facciamo? “.
E poi Elo ha deciso di portarli a casa sua a Ladispoli. Prima andiamo al supermercato per comprare il latte di capra, con il cuore che ci piangeva, e poi dritte verso casa di Elo dove vengono coccolati da tutti. Ovviamente loro per ringraziarci ci fanno la pipì dappertutto. Adesso sono cresciuti, stanno bene con gli altri animali e ricevono tanto AMORE.

Il racconto di Simona




C’eravamo organizzate per vederci quel giorno per vedere una situazione in un allevamento, ma forse non era destino. Fuori sul balcone di casa mia, in una bella giornata di sole, un belato così forte da sembrare quasi il pianto di un neonato, ci ha sorpreso.
“Ma da dove veniva?” un lamento insopportabile per noi, un richiamo per noi. E certo non ci siamo fatte pregare. Siamo partite armate di quella determinazione che solo chi ha una forte empatia verso tutti gli esseri viventi può avere.
Ad un certo punto i belati erano sempre più vicini, venivano da un cancello che dava sul cortile con tanti cani e li c’era una persona. Ecco, il momento di chiedere la smania di sapere.
“ Sì, ho io gli agnellini, due, uno è morto e altri due li ho regalati ad amici per pasqua “. Chiediamo di poterli vedere e sì, ci fa entrare inaspettatamente. Da un cancelletto precario, fatto con lastre appoggiate, sbucano i due musetti più belli che ci potevamo aspettare, Rosmarino e Riccardo. In quel momento solo un pensiero ci ha accomunato, non saremmo andate via senza di loro.
Non so, forse la presenza di Ludovica, una cucciola fra cuccioli, e lui il proprietario di casa il signor Riccardo ha ceduto.
 NO!!! Non può essere vero, così, troppo facile eppure quell’uomo apparentemente burbero, ci consegna tra le braccia quelle due meravigliose creature.
Con una presa, neanche pesassero cinquanta kg, usciamo da quel cancello ancora incredule corriamo via, salite, discese, non importa, importa solo portarli via in salvo, no, loro non finiranno nel piatto di nessuno a pasqua.    

     


















































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