di Francesca Sicali
Siamo fatti di azioni e spesso "il non fare", o semplicemente "l'accompagnare", viene percepito come una non azione.
A volte, ci accaniamo troppo, senza pensare cosa veramente voglia il malato, semplicemente perché non vogliamo accettare quello che è la fine e ancor prima quello che è il decorso di una malattia.
In pratica, abbiamo paura.
Forse non abbiamo paura della morte in sé, ma semplicemente dell'assenza e talvolta cerchiamo di ritardare tutto egoisticamente, per poter dire: "io ho fatto", oppure: "almeno ci ho provato".
Personalmente, ho scelto di fare quando c'è qualcosa da fare, ma vivo il "non fare" come un'azione tanto quanto il fare.
Quando ho davanti un animale stanco, ammalato, o con blande probabilità di superare interventi, quando ho davanti delle recidive post intervento, io scelgo l'azione del "non fare".
Ciò non vuol dire non fare nulla.
Semplicemente, lo accompagno verso la direzione che sceglierà di prendere la sua malattia.
Si cureranno i sintomi, senza andare alla radice di tutto per dare un nome a quella cosa che lo affligge.
Cerco di supportarlo in ogni suo bisogno e cerco di essere sempre presente.
Talvolta, una giornata sul divano passata insieme, una carezza, un cibo prelibato, serve molto di più di mille indagini, o di farmaci che servono semplicemente a dover rallentare quello che è più naturale nel mondo... ovvero la morte.
Noi nasciamo, cresciamo, ci ammaliamo e ce ne andiamo e questi sono processi naturali della nostra vita.
Io, tra il penultimo e l'ultimo di questi processi, ho deciso di dedicare tutto quello che di buono posso offrire.
Quindi, il mio "non fare", in alcuni casi, lo vivo come una delle più belle azioni che posso offrire a chi mi sta vicino."
Casa Francesca di Progetto Quasi |
Caro Giovanni,
RispondiEliminacapisco quello che dici e il cruccio che ti porti dietro. Ce l'ho anche io nei confronti di Emily, gattina ammalatasi di Fip che ho voluto far ricoverare l'ultima notta in clinica nel tentativo di vedere se si riprendesse (ma lo sapevo che non c'era più nulla da fare, la Fip non perdona) e che poi è morta lì, da sola, senza noi accanto. Avremmo dovuto farla restare a casa. Se ne sarebbe andata nel comfort delle sue abitudini, in mezzo a odori e carezze conosciute. Ma d'altro canto so che se fosse stato così mi sarei sentita in colpa per non aver tentato un ricovero. Insomma, quello che voglio dirti è che i crucci ci sono e ci saranno sempre, qualsiasi cosa noi si decida di fare per loro. Penso che a un certo punto dovremmo farcene una ragione e dirci che, seppure nel caso in cui avessimo sbagliato, lo avremmo pur sempre fatto con amore, o per eccesso di amore, ma mai per menefreghismo.
Mi piace comunque la filosofia di Francesca, quando sono troppo anziani è meglio non fare un accanimento terapeutico, ma curare solo i sintomi per alleviargli le pene.
Un abbraccio.
Cara Rita, ti ringrazio per le tue parole pazienti di conforto rinnovato. I tuoi pensieri con Emiy sono stati esattamente i miei con Stella. E' stato un po' tutto l'insieme - la freddezza dei veterinari della clinica, la confusione sulle terapie, tra le altre cose - a rendere ancor peggiore il dolore per la sua morte. La penso spesso, per non dire sempre, ma devo dire che con gli anni i ricordi belli han preso il posto del dolore. C'è, ogni tanto, un rimpianto per gli anni che non ha vissuto e per non averla vista invecchiare.
EliminaSì, abbiamo agito sempre per amore, amore verso di loro (perché c'è anche l'amore egoistico); e anche se avrei voluto avere una forza e una lucidità differenti, ogni situazione è unica e non possiamo mai sapere come sqapremo comportarci quando sarà il momento di affrontarla.
La filosofia di Francesca mi sembra molto zen, quasi, sembra essere quella che spreca meno risorse - emotive, specialmente - proprio nel momento in cui queste risorse sono ancor più preziose.
Leggendo le sue parole, mi è venuto in mente un libro:
"Amici fino in fondo", di Stefano Cattinelli (2006/2007, Editrice AAM Terra Nuova, p.124, euro 9)
Un abbraccio a Te!
EliminaBubu è arrivato un anno fa, trovato sotto casa con un buco nella parte opposta, gli occhi chiusi... ricoverato è uscito 10 giorni dopo, con la ferita chiusa e gli occhi aperti, ma con il terribile responso: carcinoma squamocellulare! Per caso su fb ho saputo della possibilità di chemio in loco con elettroago, cosi' abbiamo fatto due sedute, sembrava andasse meglio.... Bubu è un micio difficile da trattare, non si fa avvicinare, è schivo..... Ora è tornata la lesione..... lui gioca, mangia, interagisce con gli altri 4 mici, ma resta pur sempre schivo, ma io penso che se non lo avessi curato a quest'ora sarebbe già volato via, mentre un giorno in più di Vita è sempre un regalo.....
RispondiEliminaCiao Carletta, benvenuta. La penso come te, su queste cose. Dal momento in cui troviamo il coraggio, che ci viene dall'empatia e dall'attenzione verso chi ha bisogno di soccorso, regaliamo vita degna a chi abbiamo aiutato. Questo è verissimo nei confronti degli altri animali. Finché, ovvio, quella vita realata, rimane degna e felice. :)
Elimina