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lunedì 24 febbraio 2014

Tra Cuccioli ci si intende. Chiacchierando con Annamaria Manzoni

Annamaria Manzoni e Pablo

Esce il 26 febbraio prossimo “Tra Cuccioli ci si intende”, di Annamaria Manzoni, edito da Graphe.it Edizioni. Il libro si interroga sul rapporto tra animali e bambini, mettendo in risalto l'antispecismo innato dei più piccoli e l’educazione fortemente antropocentrica che interrompe questa predisposizione all’empatia e al rispetto verso le altre specie.


La copertina


Ho raggiunto via mail Annamaria Manzoni, per quattro chiacchiere: siamo partiti dal libro, e abbiamo toccato tantissimi argomenti.



GIOVANNI

Ciao Annamaria, ti ringrazio tantissimo per il tempo che mi dedichi. Le riflessioni che scrivi sono sempre sensibili e profonde, e allo stesso tempo, solide e documentate. Ti chiedo: cosa viene prima, in te? la psicologia o l'amore e l'attenzione per gli animali (e tutti i cuccioli in generale)?



ANNAMARIA

L'attenzione per gli animali mi accompagna da molto prima che riuscissi persino ad averne la consapevolezza. I miei ricordi, fino a dove riesco a risalire nel tempo, sono puntellati da gatti randagi a cui portavo da mangiare, da immagini lancinanti quali quelle di animali che vedevo condotti al macello, dal ricordo dello sconvolgimento dei tir che mi capitava di vedere carichi di maiali o di vitelli sull'autostrada e nelle stazioni di servizio. Empatia, condivisione, senso dell'ingiustizia molto prima che ogni riflessione, psicologica o meno, cominciasse ad accompagnarle. Tutto questo mi aiuta anche a capire profondamente come nei bambini alcune dinamiche possano entrare in gioco in automatico: come quando è possibile alla scuola materna, ma addirittura all'asilo nido, osservare un bambinetto che guarda attonito e dispiaciuto un suo piccolo compagno che piange o che viene sgridato. Non saprà razionalizzare, o almeno verbalizzare, la situazione, ma è perfettamente in grado di cogliere la sofferenza di un altro.



GIOVANNI

In pratica, sarebbe connaturata alla nostra specie, l'empatia nei confronti degli altri esseri viventi. Ho letto che sarebbe una caratteristica ereditata dagli animali, e che nel mondo animale, empatia e collaborazione sono molto più presenti di quel che si creda, addirittura di più dell'aggressività (mi pare Konrad Lorenz abbia teorizzato qualcosa di simile).

In effetti, i bambini, posti di fronte ai cosiddetti quesiti etici che paralizzano gli adulti, non esitano a dare la risposta logica e conseguente, e riescono a smettere comportamenti che nuocciono agli animali in modo netto e istantaneo!

Lo fanno anche tra loro cuccioli umani? E come mai, invece, gli adulti perdono questa preziosa caratteristica?



ANNAMARIA

L'esperienza e l'osservazione spesso precedono gli studi, studi che si susseguono e tra i quali è interessante ricordare, tra le tante, una recentissima ricerca giapponese che dimostra che i bambini sono in grado di provare empatia già all'età di 10 mesi. Ciò significa che la capacità di "mettersi nei panni degli altri", di sentire quello che l'altro prova e sente è una disposizione di certo precocissima, presumibilmente innata. Come tale, ci parla di possibilità in fieri, che poi compiono un percorso diversificato a seconda delle esperienze. Se vogliamo esemplificare in modo che il discorso risulti perfettamente comprensibile, basta riferirsi per esempio alla predisposizione allo sviluppo del linguaggio che possediamo alla nascita: siamo programmati a poter parlare, ma quale lingua poi impareremo è in funzione delle nostre esperienze, che possono portarci a parlare il cinese o il dialetto napoletano, a seconda di dove vivremo, ma anche a non sviluppare lingua alcuna, se ci succede di vivere, come capitò al "ragazzo selvaggio", lontano da un contesto umano.
Sapere che l'empatia è una predisposizione innata è un'informazione che consente di recuperare un minimo di ottimismo sulla nostra specie, che tanto spesso è autrice di performances davvero inaccettabili in tante diverse situazioni. Forse per convinzione profonda, forse per un bisogno fondamentale di imprimere cambiamenti allo stato delle cose, gli studi sull'empatia si vanno moltiplicando, sostenuti non solo da psicologi e filosofi, ma persino da economisti. Un nome per tutti è quello di Jeremy Rifkin, grande autore di “Ecocidio”, che ci parla in un suo fondamentale saggio di Civiltà dell'Empatia.
Come giustamente ricordi, si tratta di una disposizione che appartiene anche al mondo degli altri animali, e non solo di quelli più evoluti che sentiamo a noi vicini, come è il caso delle grandi scimmie, ma anche di animali, quali i topi, che siamo soliti denigrare e lasciare nelle fogne metaforiche della nostra ideale struttura abitativa. E le conoscenze al proposito sono frutto di ricerche di laboratorio ad opera di umani che tutto possono essere tranne che empatici, a differenza dei topi che tormentano per scoprire per l’appunto che, loro sì, sono empatici.
Il percorso di crescita è quanto di più complesso si possa immaginare: i modelli che ci circondano sono quelli che vanno a plasmare i tratti costitutivi della nostra personalità, sempre in movimento e in evoluzione: ad influenzarci è il nostro piccolo mondo, con la famiglia nella quale cresciamo, ma anche il contesto culturale allargato intorno e, negli ultimi decenni, la possibilità di contatto facile e immediato con il mondo intero grazie alla rete: tutti questi input vanno a connettersi e ad interagire con le nostre individuali predisposizioni. I risultati sono quelli incredibilmente complicati che vediamo, dove esistono modelli imperanti a cui tendiamo inevitabilmente ad adattarci, ma fortunatamente anche modelli che vanno in direzione opposta.



GIOVANNI

In direzione contraria era non a caso il titolo di un tuo libro molto interessante. Se non ricordo male, parlavi proprio della possibilità di tener presente e di sviluppare l'empatia. Sono d'accordo con te, quando dici che quel che saranno le nostre potenzialità, dipende tantissimo dalle chance messe a disposizione dal contesto; da un contesto empatico, armonioso, comprensivo (quella che in letteratura zooantropologica si definisce 'base sicura'), si svilupperanno grandi doti di intelligenza emotiva, prosociale, empatica; da contesti violenti, oppressivi e aggressivi, fatti di paura e divieto, avranno forza le reazioni di aggressione, violenza e insensibilità. In un certo senso è anche contro corrente la tua fiducia nelle potenzialità umana, stando a quel che vediamo intorno a noi, il contesto dominante e prevalente, sembrerebbe quello della sopraffazione violenta. Come se avessimo autorealizzato le nostre peggiori profezie e teorie sul mondo, che così si autodimostrano.

Tuttavia, trovo molto giusto non smettere di avere fiducia negli umani; credo anzi che questa fiducia dovrebbe essere - insieme all'empatia verso gli animali torturati - l'altra grande colonna portante delle motivazioni degli animalisti Altrimenti, ho l'impressione che le prospettive sarebbero troppo limitate e il respiro troppo corto.

A volte è compito arduo, specialmente di fronte all'arida arroganza di quegli umani che compiono esperimenti sui topi e che oltretutto compiono un errore grandissimo, di estrapolare comportamenti dati per 'normali' da animali costretti a stress inimmaginabili di un ambiente artificiale e ostile, senza scampo.



Mi ricordo un tuo concetto: che le immagini di animali felici e i racconti che mettono in luce le loro caratteristiche positive (intelligenza, empatia ecc.) toccano di più il cuore.



Annamaria tu scrivi 'performance' e a me viene in mente Roberto Marchesini (su fallacie logiche ho trovato un suo contributo, che ti propongo)



Per finire questa domanda a ruota libera: parli di 'fogne metaforiche' e a me viene in mente il grattacielo di Horkheimer. Ecco, in questo grattacielo (dato per scontato che sarebbe da smantellare), a che piano si trovano i cuccioli?



ANNAMARIA

Giovanni, sottolinei la mia fiducia nelle potenzialità umane: in realtà io mi sento estremamente pessimista, perché la realtà intorno non concede altro. Ma è comunque doveroso prendere atto anche dell'esistenza di parti buone che esistono in noi. È indubbia, per esempio, la grandissima diffusione che, negli ultimi anni, è andata acquisendo una diversa sensibilità nei confronti del mondo degli altri animali. È altresì vero che contestualmente al diffondersi di un'etica del rispetto interspecifico,le cifre del mattatoio quotidiano sono cresciute esponenzialmente. Sappiamo bene che il discorso è complessissimo: volendo farne un'estrema sintesi, credo che l'antropocentrismo (che è alla base di tutto il male che facciamo agli animali) è imperante perché collude con l'egocentrismo imperante; è facile ritenersi la specie depositaria di ogni diritto perché è facile che ognuno consideri se stesso meritevole del meglio. I propri diritti, i propri bisogni, i propri desideri sempre sopra a quelli degli altri. Nonostante tutto questo, per molti di noi l'impegno in favore degli altri animali è ragione di vita: se riuscissimo davvero a renderci conto della portata grandiosa di un movimento di liberazione, e lavorassimo per la costruzione di un fronte comune, che trovasse anche nel senso dell'appartenenza una forza propulsiva, molti risultati potrebbero essere raggiunti. La realtà è comunque sempre in movimento: l'unica chance che mi pare di intravedere è che ognuno di noi sia consapevole del ruolo che, se vuole, può rivestire, determinando un peso diverso in favore degli animali. Personalmente penso che sia importante sostenere gli sforzi di chiunque: di chi va a manifestare, di chi raccoglie cani randagi, di chi libera un singolo animale, di chi fa denunce, di chi cerca di fare educazione nelle scuole, di chi scrive, di chi parla. Sono frammenti di un grande lavoro che ha bisogno delle competenze di ognuno di noi. E sarebbe fondamentale che ognuno di noi sentisse intorno il sostegno degli altri. Per altro se l'egocentrismo non ci abbandona, anche questo può essere trasformato in spinta: ognuno di noi deve almeno cercare di dare un senso alla propria vita. Fosse solo per questo, c'è così tanto da fare intorno che il modo per darlo, questo senso, ce l'abbiamo a portata di mano.
Ritornando al discorso da cui siamo partiti, vale a dire che ...tra cuccioli ci si intende, osservare il rapporto tra i bambini e gli animali è esperienza davvero arricchente: sì, le immagini felici sono l'altra parte della realtà, quella a cui diamo poco peso, che sembra sempre scontata, ma che va recuperata. Vedere la gioia reciproca di cuccioli umani e non umani nel giocare tra di loro ci porta alle origini, della nostra specie e della nostra vita individuale, che non è persa, ma è dentro di noi. In rete è facile trovare filmati di questo genere, che non a caso sono supercliccati: la reazione speculare alla visione è quella del sorriso: si movimentano alcune parti nostre, quelle sensibili, vengono toccati i tasti della tenerezza e della semplicità. Sta a noi poi decidere che si tratta solo di momenti privi di importanza o invece di possibilità da espandere. Sta a noi decidere quale è il mondo che vogliamo. Citi il grattacielo di Horkeimer; che la sua fine dovrebbe essere l’abbattimento, lo dici tu stesso. Per successive associazioni, mi compare alla mente l'immagine finale di “Lebanon”, film claustrofobico girato all'interno di un carro armato in cui succede il peggio e da cui la visuale è tutta sull'orrore della violenza bellica. Alla fine, quando i sopravvissuti escono da quello che è al tempo stesso rifugio e luogo di distruzione, quello che vedono fuori è un campo di girasoli, sotto un sole estivo. La bellezza e l'esplosione della natura sopravvivono e a volte se ne fregano del disastro che fanno gli uomini. Se gli uomini dovessero per caso capire che con quella natura e per quella natura è possibile vivere in pace...



GIOVANNI

Metti sul tavolo moltissimi argomenti e riflessioni importanti, e non si poteva non sfiorare il nodo cruciale di 'che cosa è' l'animalismo, dal momento che la costellazione animalista è quanto di più variegato e anche internamente diversificato. Se queste diversità diventeranno risorsa oppure ostacolo, dipenderà da chi agisce - e da quali spinte lo muovono. Ma qui mi fermo, altrimenti andiamo davvero troppo lontano dall'obiettivo di questa nostra chiacchierata. Ho però una sensazione: che quel che dovrebbe sostenerci, sia un certo qual senso di 'leggerezza' (l'insostenibile leggerezza dell'essere?), cioè la capacità, non di tutti, di saper fare le cose-per-loro in modo comunque pur sempre sereno, equilibrato, accogliente, anche nei confronti di chi è estraneo a questi pensieri (perché, non si sa mai, potrebbe cambiare idea...).



Molto intenso“Lebanon”, ricordo la scena in cui uno dei capi descrive al prigioniero il destino di torture e umiliazioni che lo aspetterà di lì a breve, ed è una scena agghiacciante, che espone la forza delle parole - anche se qui usate per far del male.



Vengo dunque alle parole del tuo libro, che sta per uscire. Mi farebbe piacere se tu volessi anticipare qualcosa in proposito. Perché è nato questo libro? E come si pone in relazione ai tuoi precedenti libri?



ANNAMARIA

È un piccolo libro che vorrebbe essere l'inizio di qualche riflessione più profonda e che mi piacerebbe tanto potesse arrivare al di fuori del mondo di chi di animali si occupa tanto. Sono pensieri che sottolineano come la naturale predisposizione dei bambini nei confronti degli animali sia una condizione da tenere presente nel suo significato più profondo: gli adulti lo fanno in qualche modo inconsapevolmente perché circondano il mondo dell'infanzia di immagini del mondo animale: sanno per certo che i bambini lo apprezzeranno e incentivano questa loro disposizione. 
È però come se le riflessioni del mondo adulto si fermassero lì, non scalfissero la superficie di ciò che è carino notare e bello assecondare, ma solo e soltanto fino al punto in cui nessuna modificazione di abitudini, alimentari e non, venisse richiesta. Non posso scordare una festa organizzata dal WWF in campagna, con una mucca e il suo vitellino nel prato, oggetto del desiderio dei tanti bambini intorno e dei gridolini entusiastici dei genitori: guarda, guarda come sono belli! Di fianco... il posto di ristoro con ragù di carne. Per non parlare di tutti gli accessori da cameretta con immagini di variegatissimi tipi di animali, tra cui l'elefantino da circo seduto sullo sgabello. Che ci si ponga una domanda del tipo: "ma che ci fa lì?" è davvero troppo pretenzioso aspettarselo?
Non solo: sono ancora gli adulti a usare i bambini nelle pubblicità di prodotti animali: operazione davvero inaccettabile perché i bambini, se sapessero come quei prodotti vengono ottenuti, sarebbero presumibilmente preda di disperazione.
Si tratta di tanti meccanismi che nel loro insieme, passo dopo passo, strutturano nei bambini un'idea del nostro rapporto con gli animali che è quella vigente ed imperante: mi piaci da morire, non ti farei mai del male, ma è "normale" che io ti mangi. È insomma l'ingresso guidato dagli adulti nella cultura "carnista" tipica di questo mondo. Sono per altro convinta che molti degli adulti non siano neppure consapevoli delle dinamiche che sostengono con i loro comportamenti, tanto spesso automatici, privi di un pensiero strutturato. Ecco: mi piacerebbe che queste riflessioni servissero almeno a rendere più agevole la decodificazione di tanti comportamenti e delle loro implicazioni. È vero che gran parte della violenza di questo mondo non è frutto di cattiveria, ma solo di abitudini, di superficialità, di conformismo: magari, chissà, pensarci un po' sopra può aiutare a decidere che l'unico dei mondi possibili non è quello in corso d'opera, non è quello che viviamo, ma è quello che possiamo aiutare a nascere. Evitando la grande colpa di trasformare l'atteggiamento amicale dei bambini nei confronti degli animali in indifferenza prima e complicità nel male poi.

domenica 12 gennaio 2014

Voci Nuove per gli Altri Animali

fonte: Facebook from internet; a disposizione per segnalazione autore

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Afasia: ecco per me, quale è stata la dolorosa somatizzazione dopo il 'caso Simonsen'. Come uscirne?
Lo Zingarelli descrive così 'afasia': disturbo del linguaggio che comporta un'incapacità parziale o totale di espressione mediante parole, scrittura o segni, oppure della comprensione del linguaggio parlato o scritto, dovuto a danno cerebrale o a cause psicogene.
Eccomi servito. Sono stato infatti, per ben più di dieci giorni, del tutto incapace di formulare anche il minimo pensiero scritto - almeno, un pensiero di qualche minimo senso, in termini di contributo alle questioni animali. Quindi, forse, si potrebbe aggiungere anche la disfasia: l'incapacità di coordinare le parole.
Man mano che i giorni passavano, leggevo con grande interesse, e con crescente scoraggiamento, i tantissimi contributi di tante valide (e validi) blogger, decisamente consapevoli e agguerriti. Perché scoraggiamento? Sia perché il quadro che loro tracciavano, e la situazione che loro affrontavano, era (ed è) molto critica per tutti quelli che si battono per-hanno a cuore la-sono interessati a, sorte degli Altranimali 'ostaggi' di questo ambiente antropizzato all'ennesima potenza (e se non è critico, è sicuramente impegnativo, e lo sarà negli anni a venire); sia perché, dopo aver letto, non potevo che riconoscermi d'accordo con quanto espresso e ben motivato -  e dunque, dicevo e mi chiedevo, nello sforzo genuino di contribuire, cosa resta a me da dire, da aggiungere?

fonte: Facebook from internet; a disposizione per segnalazione autore

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Curiosamente - ma non troppo - , forse significativamente, mi ero sentito colpito proprio nell'uso della parola - pur non avendone persa la facoltà fisica - o meglio, nella capacità di elaborare pensieri che si accordassero alle emozioni -un gomitolo abbastanza intricato - e che quindi venissero espressi dalla funzione che noi umani privilegiamo tanto, l'articolazione di suoni-parole. L'attacco del tutto a-logico, profondamente irrazionale e tutto posizionato nel campo dell'emotività, da parte dei sostenitore della SA, come un sortilegio, aveva lasciato -in me, almeno - pieno ed esclusivo spazio al  linguaggio somatico, all'espressività-del-corpo. Riflettendoci ora, proprio mentre scrivo e dunque i segni-parola mi sono ritornati, quel contraccolpo emotivo, mi ha riportato, sia pure attraverso percorsi non lineare,  al 'VIA!', al mio essere-animale, che si esprime con grande pienezza di sfumature e di pensieri, ma li veicola con mezzi che non sono l'articolazione dei suoni-parola. Che cosa esprimeva, dunque, il mio corpo? Il mio naso era proteso in avanti, ad annusare gli scritti dei blogger, mentre le mie orecchie e le mie gambe posteriori e la coda, erano piegate, ritratte, nascoste, pronte alla fuga al minimo movimento dei media mainstream (specialmente ho prestato attenzione alla carta stampata, per mia attitudine, nella fattispecie ai tre quotidiani nazionali), dei quali avevo ormai imparato a diffidare, e a esaminarli guardingo e selvatico. Come ha scritto Riccardo B. sulle Gallinae: "La scorrettezza, il sotterfugio, l’inganno, sono difficili da accettare e fanno male". Adesso, quindi, mi sento di condividere la sua fiduciosa aspettativa sulla nuova energia, le nuove idee, i nuovi progetti che nasceranno, con rinnovata determinazione, tra gli attivisti (ecco un termine che forse potrebbe far andare a braccetto le molteplici definizioni che circolano e che troppo spesso, a parer mio, usano male il loro tempo per criticarsi distruttivamente e vicendevolmente).
Questo perché "Il loro [dei pro SA] apparato argomentativo, basato unicamente sullo scherno, sul disprezzo, sulla distorsione, risulta fragile e privo di consistenza. Soprattutto, con il sistematico rifiuto di un serio dibattito, mostrano apertamente la totale mancanza di una valida e necessaria giustificazione etica al tormento medico-scientifico dei senzienti non umani". Sta a noi, allora, far guadagnare terreno alla nuova etica, alle Nuove Voci di dissenso prima  e poi, presto - di proposta, di costruzione, di diverso futuro, per tutti gli animali insieme su questo pianeta: un futuro che rigetti la brutalità di logiche come quella che ha guidato questa campagna mediatica e che è alla base di ogni comportamento e scelta, non solo dei pro SA - che si reggono sull'allucinante realtà della segregazione, della prigionia, del nascondimento, della tortura, della derisione e del vilipendio, della distruzione di milioni di individui vivi - ma di tutta il sistema sociale presente.
Benvenuto, quindi, il 'blocco della parola', se la parola è la "violenza verbale", che tradisce "un approccio non solo fortemente specista e antropocentrico ma una volontà di dominio, di potere e di auto-affermazione, che impediscono il manifestarsi di una prassi veramente Etica". Così scrive Alessandro Lanfranchi su Asinus Novus. E io come lui, considero l'approccio non-violento teorizzato da Gandhi, come l'approccio migliore - anche se di sicuro il più difficile - per il compito che ci siamo scelti. Anche perché, detta in due parole, mi sembra che l'approccio della Non-Violenza, dell'Ahimsa, sia molto efficace anche nel riportare chi lo pratica alla basilare corporeità-animale (perdonatemi, filosofi!,  se maltratto i termini, nel tentativo di rielaborare concetti che mi hanno affascinato e su cui sto continuando a impegnarmi nello studio), perché questo è il nocciolo della questione, il corpo che ci rende coscienti di quanto pure noi siamo 'a pelle' esposti all'uso, allo sfruttamento, dentro un sistema che ha capovolto i mezzi in fini e che ha reso strumentali tutte le vite individuali, anche quelle che si credono al sicuro, al riparo, tutelate - quelle che si illudono umane.
Qui, il mio naso fiuta nuove possibili piste, tracce promettenti per portare nuove istanze anche nella politica - forse con nuove figure politiche, dal momento che quelle attuali perseverano nel disconoscimento delle individualità altranimali, arrivando al massimo a dire che 'anche gli animali' possono provare dolore'. C'è ben altro (l'etologia lo racconta da anni); e il tutto può anche partire dalla critica di Brunella Bucciarelli a Sel: "Dovreste a mio parere interrogarvi, in quel dibattito interno al vostro partito che auspicate, se “tempo e denaro” siano davvero istanze così fondanti nel vostro progetto politico". Laddove tempo e denaro non escono dalla logica utlitaristica, la logica del "tempo-è-denaro", e il denaro è il fine del tempo, che viene ritmato dal denaro, livellando e disintegrando qualsiasi tempo altro - della corporeità, della consapevolezza, o i tempi ciclici. Che ce lo si debba fare da noi - un portavoce politico che sia davvero dalla parte delle istanze animali?
Un portavoce politico che - tra le altre istanze - faccia finalmente andare insieme etica e scienza? 
Fonte Il Rifugio degli Asinelli Onlus

fonte: Facebook from internet; a disposizione per segnalazione autore

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A fare andare insieme etica e scienza, ci riesce Roberto Marchesini, in questa intervista- uno tra i suoi moltissimi articoli - dove si parla di macchine e di filosofia. "Non c’è stata in questi ultimi trent’anni nessuna volontà di cercare delle [...] metodiche differenti". La sperimentazione animale, ha di fatto monopolizzato la quasi totalità delle risorse, impedendo la crescita concreta dei progetti cruelty free, dai quali ha drenato ogni risorsa economica, a suo tornaconto. Anche la pratica delle 3R (Russel & Burch, 1959), si è rivelata fallimentare. La ricerca "non è una pratica filantropica", ma un'attività volta al profitto, basata su concorrenza e segretezza, competizione e ambizione: su questi principi, "la vita degli animali si azzera", il loro "sacrificio" può riproporsi all'infinito, nel silenzio ovattato dei laboratori 'ad atmosfera negativa'.  Marchesini cita anche Marco Mamone Capria (epistemologo e matematico), che noi ritroviamo intervistato in questo link  . "Il mare magno della ricerca non ha portato a nulla" (a parte le pubblicazioni e le cattedre). I dati, coperti da segreto industriale, non vengono condivisi, perciò gli stessi esperimenti vengono riprodotti all'infinito, poiché fungono da volano alla commmercializzazione, l'obiettivo finale della industria della farmacogenesi. Puro marketing per rientrare dei costi, marketing che fa leva sulla visione meccanicistica, performante e iper-salutistica della fisiologia umana (bisogna essere sempre al massimo!). Ci siamo macchinizzati, dopo aver macchinizzato tutti gli altri animali: dopo la zootecnica, la antropotecnica. Attenzione però, ché Marchesini non cade nella diatriba tra AVS e AVE, ma la risolve a parer mio in modo molto convincente: dice, infatti, che c'è un baratro, "tra: 1) il rigettare la vivisezione per motivi scientifici, ovvero cercare di dimostrare che è sbagliata e impostare l’antivivisezionismo su argomenti indiretti, e 2) lavorare per promuovere e sviluppare delle metodiche di ricerca e sperimentazione alternative". Gli argomenti indiretti contro la vivisezione, che a prima vista sembrano utili, in realtà avallano la medesima prelazione dell'umano che innalzano come vessillo i pro SA - e di fatto, gli argomenti indiretti, disarmano il concetto stesso di antispecismo (!). In modo contro-intuitivo (come molto del pensiero di Marchesini), dunque, il "rigettare la sperimentazione animale per motivi unicamente etici rende cogente lo sviluppo di metodiche alternative". In altre parole, è solo l'etica che può portare in evidenza e rafforzare il nodo cruciale rappresentato dal lavoro di tanti scienziati che in questi anni "si sono prodigati per mostrare-dimostrare che un’altra ricerca è possibile e auspicabile", per mille e uno motivi. Quando ho letto queste idee, mi sono sentito molto rincuorato, ma si prosegue oltre!  Marchesini tiene presente Hans Jonas, quando parla di capacità operativa della tecnoscienza e dice qualcosa che assomiglia molto allo slogan dei supereroi Marvel: "a grandi poteri, corrispondono grandi responsabilità". La scienza stessa è lo strumento - lo strumento-  che - facendo emergere dei fatti, da Darwin in poi, quindi con neurobiologia ed etologia - ci pone di fronte a problemi che non possono più venire aggirati o ignorati. E che devono venire esaminati dall'etica, che deve trovarne delle risposte, facendo emergere nuovi valori, che a loro volta chiedono senza sosta delle nuove risposte proprio alla scienza! In questa analisi, io credo, l'autentico 'spirito scientifico' riemerge, e non viene più tradito, misconosciuto, strumentalizzato e distorto, come fanno i sostenitori della vivisezione: "Per questo rigettare la sperimentazione animale per motivi etici significa già in sé aver introiettato dei dettati descrittivi (per esempio il carattere di senzienza) e produrre una prescrizione che non si limita alla condotta ma diventa programma di ricerca (i metodi alternativi)".  Sarà dunque l'etica la leva su cui far forza per scardinare le attuali inibizioni che già a monte, già alla fase legislativa, bloccano e impediscono la ricerca dei metodi cruelty free: il nutrimento per le nuove ricerche su metodi finalmente innovativi, arriverà solo quando - grazie all'etica - si saprà riconoscere e dare l'equo valore alle vite dei milioni di individui altranimali, per rispettare la quale, nessuno impegno sarà finalmente considerato esagerato o impraticabile - esattamente come oggi si fa per salvaguardare le individualità delle vite umanimali.
Occorreranno - anzi, già occorrono! - visioni 'politiche' capaci di andare oltre, capaci di sognare (qualcuno si ricorda di Martin Luther King, "I have a dream", cose così... ? ) , capaci di guadagnare alla causa etica quanti più scienziati e ricercatori sia possibile; occorreranno politiche di vera e propria policy, di 'buone pratiche', per aggirare le logiche attuali della segretezza industriale, con le sue ricadute drammatiche e crudeli: "Spesso la ricerca rasenta la banalità del male", oggi, quando mutila e amputa, solo per dimostrare l'essenzialità vitale della parte che si è tagliata, resecata, rovinata e compromessa, sulla pelle e nel corpo dell'animale-oggetto-strumento, intrappolato nel laboratorio. Quindi è giusto che l'etica abbia uno spazio centrale nel dibattito: un'etica, intende Marchesini, vincolata ai fatti, in rapporto paritario e problematico con la scienza, alleate insieme per progettare una nuova visione di un mondo non più oppressivo verso gli altranimali. Nuove prassi. Nuove leggi: per reindirizzare le risorse sulle ricerche cruelty free; per limitare sempre più la pratica vivisettoria - in concreto! Nessuna tecnofobia (a me vien da pensare: anche tanta fantascienza, di nuovo, e in senso positivo e costruttivo, alla Simak, alla Asimov, alla Dick, alla Bradbury, per (ri)trovare familiarità e fiducia verso la scienza - nella quale Marchesini crede moltissimo).
E poi? Che altro? Adesso che l'afasia l'ho esorcizzata, cosa si può dire?
Si può parlare ancora: di fantascienza, ma anche di musica e di modi per 'guadagnare all'etica' - dopo e oltre agli scienziati - anche i cittadini. (- continua)

Postilla: le tante foto di animali, che in molti mesi ho 'rubato' da Facebook, questa miniera dell'anonimato virale, a volte virtuoso, se si ha la fortuna di coglierlo, come in questi casi; le ho messe con l'intento preciso di 'meravigliare', e 'incantare', per far vedere quanto sia vario e inconteniibile quel che potremmo chiamare la 'zoosfera' (diciamo che qui marchesineggio un po', ma solo a mo' di omaggio!) degli altranimali, perché noi umani ci si renda conto di quanto sia disperato e disperante il nostro solipsistico e presuntuoso sforzo fallimentare di distinguerci e separarci da chi invece vive appieno e in pieno la realtà di un pianeta che ospita anche noi.
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