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sabato 16 marzo 2019

La vita a un certo punto finisce



In queste due settimane dalla dipartita di Lisa, non riesci a fare a meno di continuare a pensare alle questioni legate alla fine vita.
Una tua amica, Elena Vanin, ha trovato sul web un post, che ha così introdotto:

"Quanto lo trovo vero, nel suo cinismo e nella sua dolcezza.
La vita a un certo punto finisce.
Un conto è se rischia di finire troppo presto, per qualche malattia curabile, per qualcosa che altera la curva naturale della vita, allora ha senso cercare la cura, il rimedio, ma tante volte questa società sembra avere rifiutato la naturalità della morte in vecchiaia, e la cura è solo un accanimento, doloroso, faticoso, stremante e in definitiva inutile (o forse dannoso).
Abbiamo bisogno, credo, di recuperare il senso, dove il senso non è quanti giorni in più riesci a resistere, anche se sfinito, ma quanto riesci a godere del tempo che hai, con amore
".


lunedì 4 marzo 2019

Il dolore(NON) negato e il dolore raccontato


Iniziamo da qui, dal racconto dell'ultimo giorno in Terra delle spoglie di Lisa.
Devi per obbligo fare una premessa: in passato, con Stella e con Oscar, già ti capitò di essere presente all'atto della cremazione - tutto quel che ti rimaneva, dopo che non eri riuscito a essere presente al loro momento finale.
Perciò, in questo terzo caso, hai avuto modo di apprezzare quegli atti che fanno la differenza tra una procedura e una cerimonia.

sabato 9 febbraio 2019

Sarà oggi il giorno?

una striscia dei Mutts


Inizi con una striscia a fumetti che avrebbe potuto anche essere un meme sulle adozioni consapevoli in canile - e che forse lo sarà comunque, in questo post che nasce un po' per tentativi di pensieri.

Da quando sei tornato dal tour di cure mediche offerto dagli scatti non richiesti in avanti del tuo cuore, hai la mente che vagola un po', senza far presa su nulla per davvero. 

sabato 20 gennaio 2018

Quadro con vivisezione

Une démonstration physiologique avec la vivisection d'un chien, 1832

Il quadro di Émile-Édouard Mouchy ti è penetrato negli occhi come una lama psichica. Grazie a Francesca, che lo ha proposto su FB, insieme avete cercato chi ne fosse l'autore e quando lo avesse dipinto. Ci siete riusciti grazie alla firma apposta in baso a destra. Ché, altrimenti, su internet non si trovano notizie con metodi meno adatti agli investigatori dell'arte.

venerdì 6 ottobre 2017

Il pesce ben pulito



Rossana Mianulli


Ai tempi in cui mi nutrivo di animali, il pesce arrivava a casa sempre già "pronto" per essere cucinato. 

- Me lo pulisce bene, vero?,  chiedevamo al "pescivendolo". 
 Ero sempre restia a toccarlo "crudo", provavo un senso di ribrezzo. I miei genitori mi avevano raccontato che era per via del suo forte odore di mare. E per una parte della mia vita ho creduto loro; pur provando sempre un grande disagio davanti a quei corpi, non legavo il mio malessere al dolore per quei "morti ammazzati". 

Ho continuato a divorare le loro povere carni, girando lo sguardo quando mi si mostrava la loro "freschezza" in base a quanto sangue grondasse ancora dai loro corpi martoriati. Poi è arrivato il giorno maledetto della presa di coscienza. Era estate, eravamo alla casa al mare. Il "pescivendolo" non poteva "pulire" le nostre spigole ed orate. Mio padre doveva sbrigare delle faccende, mia madre, anche lei in difficoltà con i pesci crudi, mi ha chiesto di farlo. Non mi sono potuta rifiutare. Ho indossato i guanti, ho girato la testa dall'altro lato ed ho infilato la mano in quel corpo privato di vita. 

Ho provato un'angoscia insopportabile. Ho iniziato a piangere. Poi le mie mani hanno eviscerato quella indifesa creatura e quando ho visto i miei guanti macchiati di sangue e pieni dei suoi organi vitali, il mio pianto è diventato disperazione. Solo allora ho compreso che il mio antico malessere era connesso al dolore di essere complice di un massacro. Il mio pianto si è trasformato in un singhiozzo irrefrenabile e in una cantilena verbigerante 
"Cosa ti ho fatto? Cosa vi ho fatto finora? Come ho potuto farvi uccidere?". 

Sono passati tanti anni da allora, eppure il dolore non è cessato:  mentre scrivo le lacrime annegano la mia anima. È la mia storia, la drammatica storia della mia colpevolezza diventata consapevolezza.


Un fotogramma emotivo, scrito da Rossana Mianulli con la sua limpida e aperta sincerità: un ricordo che arriva dritto dall'infanzia. Noi tutti siamo nati e abbiamo vissuto letteralmente immersi nella crudeltà 'normale' contro gli altranimali nonumani. Abbiamo respirato specismo e non ci dava pensiero - o così credevamo. 
L'epifania è dietro l'angolo, per tutti. 

questo testo fa parte della proposta QUISCRIVETEVOI

sabato 15 luglio 2017

Una madre sfinita

dalla pagina FB di Rossana - (fonte: 269 Animal Liberation)






di Rossana Mianulli



Oggi tornando da lavoro, imprecavo contro il caldo torrido e non mi sono resa conto di aver affiancato il tir che ti portava alla morte. Il semaforo rosso mi ha obbligato a stare accanto a chi ti stava deportando dalla tua prigione al luogo della tua crudele uccisione senza colpa. Accanto a te ho visto tante zampe stanche, che sorreggevano corpi violati nella dignità, ma tu eri accasciata e il tuo sguardo ha incrociato il mio. L'orrendo caldo che avvertivo è diventato gelo. 


dalla pag FB di Rossana - fonte



I tuoi occhi non avevano la forza di raccontare null'altro che la resa ad una esistenza squallida. Tu sei una di quelle poveri madri violentate fino allo sfinimento. Non riuscivi a stare in piedi e il tuo dolore mi ha invaso l'anima. Ho iniziato a piangere con disperazione "Chissà quanto stai soffrendo, oltre ogni immaginazione". Ho guidato per mezz'ora con il tuo sguardo dentro di me senza mai smettere di piangere finché ho "dovuto" farlo. Non è il racconto del "mio" pianto. È il racconto del "tuo" dolore che mi hai consegnato in quello sguardo di resa. Quel dolore che mi rende impotente, che rende insignificante il mio malessere fisico, quel dolore che continua a farmi piangere. Tu sei una madre violentata e sfinita. E forse ora sei già solo un corpo smontato. 





Non è il racconto del "mio" pianto. È il racconto del "tuo" dolore che mi hai consegnato. Se solo per qualche minuto ciascuno degli umani che ha abusato e abuserà della tua vita vedesse il dolore del tuo sguardo...  Io non voglio "convertire" nessuno, perché il rispetto della vita non è una religione. Voglio richiamarvi alle vostre RESPONSABILITÀ, perché quella vita martoriata è una vostra responsabilità e continuare ad ignorarla vi rende doppiamente responsabili. 
Ti prego, perdonami. Non ti ho salvata. Sei il macigno della mia anima tormentata dal rimorso. Addio, dolcissima creatura stanca. Tu porti via una parte di me, ed io porterò per sempre con me il tuo sguardo.



Questo testo fa parte della proposta QUISCRIVETEVOI
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