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giovedì 2 gennaio 2020

Le api del nostro futuro



Di recente qualcuno ha scritto: "dobbiamo trattare bene le api". Le api sono fragili insetti, il cui rapporto con le evolute piante angiosperme tiene in equilibrio una vastità di relazioni tra animali e piante. Si tratta di rapporti complessi, intrecciati strettamente da millenni: solo adesso cominciamo a diventarne consapevoli. Perché adesso questo equilibrio si è rotto. E ci stiamo accorgendo che è un domino di catastrofi.


sabato 15 marzo 2014

Amaro come il miele



Una celebre affermazione di Albert Einstein è: «Se l'ape scomparisse dalla faccia della Terra, all'uomo non resterebbero più di quattro anni di vita».

In Dvd ho visto l'altra sera, questo film, intitolato "Un mondo in pericolo", che è senz'altro ispirato da questa frase: una frase che rischia di diventare realmente profetica.

locandina italiana del film

 Il regista svizzero Markus Imhoof ci guida in un viaggio intorno al mondo, dal quale emerge l'importanza di quest'insetto che impollina fiori e piante. Dalla visita ad un apicultore delle Alpi svizzere alla Cina - dove le api sono scomparse in una vasta regione del nord del Paese; dall'America delle "Killer Bees" (che killer non sono, ma anzi potrebbero essere lo spiraglio di futuro per questo insetto),  ad una minuscola isola al largo dell'Australia, in cui si spera che una nuova razza metta fine alla loro lenta agonia.



Significative le scene che non sono state inserite nella versione finale, ma che sono visibili negli extra del Dvd: per esempio, il vivaio di fragole, nel quale le api lavorano senza sosta, in un ambiente dal quale periodicamente devono necessariamente venire sottratte, pena la loro morte a causa di stress e malnutrizione (il nettare dei fragoli è poco nutriente per loro); oppure, le api che trovano nelle rocce inaccessibili di un deserto, il luogo per un nuovo nido; o ancora, il truck driver di api itineranti sulle highways statunitensi, inseguendo le stagioni delle impollinazioni, che racconta i suoi incubi notturni di ritrovarsi intrappolato nell'abitacolo insieme a milioni di api liberatesi.

Veniamo messi di fronte a una spaventosa emergenza ambientale: sono gli stessi apicoltori - o per lo meno un paio di questi, che vivono e lavorano in USA, e che dicono apertamente che "siamo a tanto così dal disastro epocale" - a parlarne e a preoccuparsene.

I sistemi industriali  hanno inesorabilmente cambiato il modo di allevarle. Mentre guardo il film, non posso non pensare che l'ape sia l'animale-schiavo-strumento al servizio umano, per antonomasia. Di loro si parla in termini di 'peso', non esistono come singoli insetti, ma come massa corporea fisica. Sono manipolate, spostate, sterminate, evacuate, strumentalizzate, sfruttate, inseminate, distrutte, a livelli che sembrano persino peggiori di quelli a cui sono sottoposti i milioni di altri animali assoggettati all'uomo. E' la loro dimensione che permette questo abuso così profondamente invasivo, eppure il loro dolore, il loro disagio, il loro stress, raggiunge livelli insopportabili. Un apicoltore degli inizi del XX secolo, rimarrebbe sconcertato dal modo in cui noi oggi trattiamo le api - parola di apicoltore del XXI secolo!

Emergono qua e la nel film, le spie dell'allarmante situazione, delle loro innaturali condizioni di esistenza, e del disagio morale che tutto ciò causa in almeno alcuni degli addetti ai lavori.

Ecco alcuni momenti:
- l'apicoltore John Miller che fa considerazioni su "avidità e paura" a monte della crescita capitalistica, improntata alla "dominazione globale e totale";
- l'apicoltore che afferma che suo nonno "rubava il miele alle api, in cambio di semplice acqua zuccherata per l'inverno";
- lo scienziato tedesco che studia le api, il quale si dice sicuro che le api provano emozioni; e che spiega come i pesticidi siano neurotissici anche a basse dosi (c'è una scena di un'ape su un fiore di mandorlo, in USA, avvolta da particelle di fungicida, che sta visibilmente male, e infine cade dal fiore; gli operai dovrebbero rilasciare il fungicida di notte, dopo aver lasciato il tempo alle api di sciamare di ritorno al sicuro negli alveari; ma non lo fanno, per pigrizia, per imperizia, per disinteresse);
-l'apicoltore che ha scoperto come le cosiddette "api killer", africane e brasiliane, non siano neanche lontanamente pericolose come è credenza comune, al punto da creare sproporzionate isterie di massa -  e che anzi, queste api potrebbero essere la speranza per il futuro delle api stesse.

L'agitazione delle persone che vivono tutti i giorni a contatto con questo insetto, è palpabile nel documentario - almeno in alcuni di essi, forse quelli più consapevoli. In loro, a momenti, pare di scorgere un'ombra di disagio nei confronti della spinta capitalistica al 'sempre di più', al 'sempre più veloce' . Sui corpi delle api, il biocontrollo è totale a livelli faticosi da constatare - operativamente e visivamente: e questo biocontrollo appare anche più inflessibile e spietato nei contesti di ridotte dimensioni, come ad esempio quelli degli apicoltori della Svizzera tedesca, che sfruttano le api nere (si veda la decapitazione che l'apicoltore esegue con l'unghia, su un'ape regina 'colpevole' di aver 'volato' con 'fuchi stranieri', che hanno inquinato la genetica della sua razza).

L'incipit del regista:
"procacciandosi il cibo, l'ape impollina una pianta dopo l'altra, e ogni pianta produce un frutto"; "oggi purtroppo, le api non stanno molto bene, da qualche anno stanno morendo. non solo da noi, ma in tutto il mondo... un male misterioso"; "senza api, un terzo di tutto ciò che mangiamo, non ci sarebbe"; "tutte le piante colorate e profumate, vengono impollinate dagli insetti; quelle poco appariscenti e aride, invece, dal vento".

Le sequenze degli impollinatori umani in Cina, dove le api sono state sterminate in epoca maoista, prefigurano un futuro davvero impossibile da accettare: un'epoca senza api, dove il polline vale più dell'oro (e già si possono immaginare speculazioni criminali e mafiose, guerre del polline e via così); e dove operai umani devono sostituirsi alle api, passando di fiore in fiore con piccoli bastoncini intrisi di polline. Non a caso, il cielo è grigio e il terreno è scuro, in queste sequenze.

En passant: a un certo punto, qualcuno dice: "anche i vegetariani dipendono dallo sfruttamento industriale di animali". Se è vero che la frutta è figlia dell'impollinazione che le api agiscono volando sui fiori (come ci cantava Sergio Endrigo), è altresì vero che lo sfruttamento delle api - e delle piante che fanno fiori da impollinare per ottenere frutti da vendere e far mangiare -  in special modo lo sfruttamento sistematizzato, è un paradigma dell'economia incentrata sull'accumulo e sulla crescita senza limiti tipica dell'idea di civiltà che - invece - proprio vegetariani - o meglio, vegani, per lo meno quelli che fanno del veganismo un modo di vivere animalismo e antispecismo - contestano e mirano a cambiare e trasformare. La frase può dunque avere un valore al massimo di constatazione documentaristica.

Tanto più belle, allora, le scene che avvicinano lo spettatore al mondo delle api visto al suo interno, e dal loro punto di vista, nel quale il regista si immedesima con palese partecipazione. In questi momenti, la visione e le considerazioni utilitaristiche antropocentriche, lasciano spazio alla meraviglia naturale di una collaborazione tra animali e piante che durava da periodi lunghissimi - prima che si intromettesse, al solito, la scriteriata attività umana. 
Facciamo in modo di non entra in una "era del vento".

Un Mondo in Pericolo
di Markus Imhoof 
Titolo originale More Than Honey 
Documentario durata 90 min. - Svizzera, Germania, Austria 2012. - Officine Ubu


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