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venerdì 9 gennaio 2015

La nostra specie

Annamaria Manzoni in un fotogramma del film di Lamberto Carrozzi


Mentre rivedevo questo film, ho ripensato a una fulminante pellicola italiana: "I mostri" (1963).
Mi è sbocciata alla consapevolezza mentre riascoltavo le interviste che il regista ha fatto ai passanti per strada, su argomenti come "l'amore per gli animali", "i vegetariani", "la vivisezione", l'"alimentazione corretta"; o quando fa parlare alcuni cacciatori che ci raccontano come siano loro i veri "amanti e difensori della natura" (!); e che, occasionalmente, vanno pure a pesca. Sono tutte nel film.
Ho pensato alle loro frasi, alle argomentazioni, ma soprattutto ai comportamenti di negazione, di deviazione e ridicolizzazione dei problemi, delle domande che li mettono di fronte a una realtà troppo insopportabile quando la si viene a scoprire, troppo ineludibile, che si preferisce - nonostante tutto - continuare a negare, sfuggendola e fuggendo. Pensavo alle loro reazioni di noia quando non trovano più argomentazioni di fronte alla nudità del re-umano che gli viene esibita dall'intervistatore-complice (del regista). Nell'accostamento estemporaneo di quel film a questo film (molto diversi tra loro), vien fatto di pensare: gli italiani non sono cambiati in cinquant'anni, ma forse non sono solo gli italiani, bensì gli individui che nascono sotto forma di umani; loro (noi) sono (siamo) gli artefici di un dominio totale nei confronti degli altri animali, e non solo (anche di altri individui umani che decidiamo di animalizzare, con ciò intendendo denigrarli).  Perché, il nocciolo della questione, ha a che fare con una certa essenza, un 'proprio' dell'umano, troppo umano, che è fondamentalmente legato a profonde e scure facce psichiche e psicologiche.





Questo film di Lamberto Carrozzi è il resoconto degli studi e delle ricerche condotte da Annamaria Manzoni, psicologa e autrice del libro "Noi abbiamo un sogno", scritto in difesa dei diritti di ogni specie vivente. Il resoconto della scrittrice è anche l'amara disamina di un modello di sviluppo "antropocentrico" che degrada, tormenta, smembra, uccide, la vita, gli individui vivi, a milioni, a miliardi, rendendo questo pianeta un autentico luogo di condizione infernale.





Annamaria Manzoni ha una lunga esperienza nell'ambito della tutela minorile, maltrattamenti, abusi.
Ha scritto molti libri sul rapporto che lega umani e altri animali. Di uno di questi libri, abbiamo chiacchierato sul blog.
Il suo racconto si svolge con un linguaggio piano e con un tono addirittura dolce, ma è implacabile, scova la radice psicologica e antropologica del sadismo, per non lasciarla più scappare, perché non la si possa più - dopo - ignorare.

La banalità del male è tra noi, regola l'intero nostro dominio unilaterale contro gli altri animali, dei quali non pensiamo più che siano individui vivi, ma oggetti, strumenti, prodotti, scarti, eccetera.

Il male-banale  può diventare freddo, burocratico, può essere insensibile alle grida di disperazione, agli sguardi di angoscia, al sangue, alla morte degli animali bloccati e torturati nei laboratori di vivisezione o massacrati nei macelli e negli allevamenti intensivi.





La crudeltà è umanissima, eppure non la riconosciamo come nostra, non la vogliamo vedere, non le diamo accoglienza nella nostra umanità. Anzi, la mascheriamo, la incorniciamo all'interno della  convinzione antropocentrica che abbiamo costruito per noi stessi da molte migliaia di anni, fin dall'origine delle nostre civiltà, che si costruiscono su questa crudeltà, ne sono plasmate, intrise, intrecciate.



Se certe realtà non le sopportiamo, se ci risulta intollerabile la loro vista, allora dovremmo decidere di fare tutto quello che è nella nostra possibilità fare, perché non accadano più.

Il film perciò, si conclude con un discorso molto toccante, che si richiama al 'sogno' di Martin Luther King.

In questo 'nostro' sogno, la violenza contro gli animali viene punita, anziché regolamentata dalle leggi; la crudeltà verso gli animali viene considerata abbietta, anziché normale.

"Perché senza la fine della violenza sugli animali, nessun progresso sarà mai tale,né la vittoria sul dittatore avrà valore se il nuovo vincitore ancora festeggerà con tavole imbandite con le solite vittime…"
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mercoledì 29 ottobre 2014

Il bacon raccontato ai bambini

Fonte: La Cascina di Carola



Alla Cascina di Carola, che si trova nei pressi di Robbio, in provincia di Pavia (mi sono ripromesso un post dedicato), ho potuto finalmente conoscere dei maiali liberi, e felici.
Oltre a molti altri animali, liberi tutti quanti di poter esprimere la loro personalità,  di trascorrere il loro tempo come preferiscono, di interagire oppure no con gli umani che vivono con loro.

Perciò, posso dire con certezza che nessuno dei maialini che ho visto in questa cascina, 'da grande' vorrebbe fare il bacon. Nessuno vorrebbe morire, né sarebbe felice, né tanto meno offrirebbe spontaneamente il suo corpo o parti di esso per farli mangiare agli umani, così da soddisfare il loro palato.

Queste mistificazioni a scopo pubblicitario, purtroppo, accadono molto spesso, e non se ne può parlare al passato, come di una tivù o di una stampa più insensibile di oggi alla voglia di vivere degli altri animali.

Ne ha parlato la psicologa Annamaria Manzoni, molto spesso, nei suoi libri, e nel suo blog
Lei - le sue parole accorate ma allo stesso tempo documentate - mi è venuta in mente quasi subito, quando ho visto il link qui sotto.
Mi è venuta in mente la sua analisi su questa forma di violenza, subdola e non riconosciuta, ma anzi negata (dagli adulti, anche con veemenza e indignata rabbia) quando mostrata e svelata. Una violenza che gli adulti stessi fanno ai loro figli, in nome - stringi stringi - del profitto dei detentori zootecnici di vite animali da uccidere e spappolare e smembrare fino a renderle irriconoscibili come pezzi di creature che erano vive e avevano desideri. Perché violenza? Perché ai bambini viene raccontata una enorme menzogna, che nasconde una violenza organizzata e costruita in modo meccanizzato e totalizzante. Perché li si priva della consapevolezza dell'esistenza degi altri animali, perché li si abitua a dare per scontata la sopraffazione violentissima di cui milioni di altri individui sono vittime, tutti i giorni. Perché li si rende incapaci di riconoscere questa enorme violenza e di impegnarsi per rifiutarla e scegliere altri percorsi, altre strade, che rigettino una tale quantità di dolore e di morte, che si riverbera (si è riverberata e si riverberà) anche su molti umani - quando il sistema decide di cosificarli, di 'animalizzarli' - nel senso deteriore e specista di questa operazione ideologica.

la copertina del libro


Il link a questo sito me lo ha inviato Monica, l'amica strega che legge sul blog e che già in passato ha scovato link interessanti. La nostra - di Monica e mia - indignazione è stata immediata, condivisa e totale. Ecco perché questo post, sia pur breve.
Ecco perché questa volta faccio un gesto di parte e NON creo il link diretto alla pagina di questo libro - del quale, il meglio che si possa dire, è che è bugiardo e volgare.
Il link rimane comunque visibile, perché lo si possa copiare e incollare, scegliendo di entrare nei dettagli di questa dubbia operazione commerciale. 

MI piacerebbe che qualche genitore leggesse questo post, e mi lasciasse un commento...


http://bacontoday.com/i-want-to-be-bacon-childrens-book/

mercoledì 7 maggio 2014

Annamaria Manzoni per il Giardino di Quark - 29 maggio a Gattinara (Vc)

"Tra Cuccioli ci si intende"


Con piacere scrivo questo post che è di fatto un annuncio.


la locandina della serata



Jeffrey Moussaieff Massoon - racconta nel libro Annamaria Manzoni - scrive che accolsero un topolino in casa propria. Il loro bambino rimase incantato da questo "gradito ospite e inusuale amico [rimanendo] colpito da quanto fossero graziose le sue unghiette".
Massoon - e Manzoni con lui; e noi con lei - "non può fare a meno di notare come, a fronte dell'abitudine dei bambini di riscontrare analogie, gli adulti si concentrino invece sulle differenze [...] davanti allo stesso animale". 

Annamaria Manzoni da molto tempo si occupa dei nodi delicati e fragili che costituiscono la questione della relazione tra altranimali e bambini umani.
La questione viene focalizzata nel pamphlet che Annamaria ha pubblicato per Graphe.it, dal titolo "Tra Cuccioli ci si intende - bambini e animali", e di cui abbiamo chiacchierato in questo post.

Il Giardino di Quark, è il rifugio per cani e gatti, che con gli anni è andato configurandosi come 'Cuccia serena, casa di ospitalità e sostegno' per la terza età animale. 
Qui è anche il luogo dove ho avuto la fortuna di fare le prime esperienze di volontariato sul campo, a contatto con animali bisognosi. Perché fortuna? Sarebbe un discorso lungo e articolatissimo. In breve: perché qui, prima (e a volte anche meglio) che in altri posti e in altri contesti, ho conosciuto e imparato cose come i 'segnali di calma', la zooantropologia, il Tellington T-Touch, la Comunicazione Animale, l'uso dei Fiori di Bach e della omeopatia. Per non parlare di tantissime buone pratiche di cura, rispetto, sostegno e accompagnamento per animali - cani, più spesso - anziani, invalidi o malati (buone pratiche fatte di tanti accorgimenti quotidiani, da economia domestica del(la) bravo/a massaio/a, che rendono la vita più facile per l'umano e gli altranimali che vivono insieme e dunque condividono spazi, tempi, abitudini). Per non parlare di persone speciali, sensibili e preparate, in tutto lo spettro della cosiddetta 'questione animale'; o di eventi speciali come il raduno degli ANimali DIsabili a Lucca.

La serata di giovedì 29 maggio, alle ore 21, è quindi una occasione per entrare in contatto con questi modi davvero speciali e belli di vivere, pensare e ripensare, e realizzare nuove possibilità di relazionarsi con gli altri animali; per scoprire un po' di autentica e davvero nuova 'cultura animale'.

LE SERATE DE 'IL GIARDINO DI QUARK'
GIOVEDì 29 MAGGIO - ORE 21
c/o Associazione Culturale “Cardinal Mercurino”
Via Cardinal Mercurino 14 - Gattinara (Vc)

Annamaria Manzoni
Tra Cuccioli ci si intende - bambini e animali

per informazioni scrivere email a:
eventi@ilgiardinodiquark.it





lunedì 24 febbraio 2014

Tra Cuccioli ci si intende. Chiacchierando con Annamaria Manzoni

Annamaria Manzoni e Pablo

Esce il 26 febbraio prossimo “Tra Cuccioli ci si intende”, di Annamaria Manzoni, edito da Graphe.it Edizioni. Il libro si interroga sul rapporto tra animali e bambini, mettendo in risalto l'antispecismo innato dei più piccoli e l’educazione fortemente antropocentrica che interrompe questa predisposizione all’empatia e al rispetto verso le altre specie.


La copertina


Ho raggiunto via mail Annamaria Manzoni, per quattro chiacchiere: siamo partiti dal libro, e abbiamo toccato tantissimi argomenti.



GIOVANNI

Ciao Annamaria, ti ringrazio tantissimo per il tempo che mi dedichi. Le riflessioni che scrivi sono sempre sensibili e profonde, e allo stesso tempo, solide e documentate. Ti chiedo: cosa viene prima, in te? la psicologia o l'amore e l'attenzione per gli animali (e tutti i cuccioli in generale)?



ANNAMARIA

L'attenzione per gli animali mi accompagna da molto prima che riuscissi persino ad averne la consapevolezza. I miei ricordi, fino a dove riesco a risalire nel tempo, sono puntellati da gatti randagi a cui portavo da mangiare, da immagini lancinanti quali quelle di animali che vedevo condotti al macello, dal ricordo dello sconvolgimento dei tir che mi capitava di vedere carichi di maiali o di vitelli sull'autostrada e nelle stazioni di servizio. Empatia, condivisione, senso dell'ingiustizia molto prima che ogni riflessione, psicologica o meno, cominciasse ad accompagnarle. Tutto questo mi aiuta anche a capire profondamente come nei bambini alcune dinamiche possano entrare in gioco in automatico: come quando è possibile alla scuola materna, ma addirittura all'asilo nido, osservare un bambinetto che guarda attonito e dispiaciuto un suo piccolo compagno che piange o che viene sgridato. Non saprà razionalizzare, o almeno verbalizzare, la situazione, ma è perfettamente in grado di cogliere la sofferenza di un altro.



GIOVANNI

In pratica, sarebbe connaturata alla nostra specie, l'empatia nei confronti degli altri esseri viventi. Ho letto che sarebbe una caratteristica ereditata dagli animali, e che nel mondo animale, empatia e collaborazione sono molto più presenti di quel che si creda, addirittura di più dell'aggressività (mi pare Konrad Lorenz abbia teorizzato qualcosa di simile).

In effetti, i bambini, posti di fronte ai cosiddetti quesiti etici che paralizzano gli adulti, non esitano a dare la risposta logica e conseguente, e riescono a smettere comportamenti che nuocciono agli animali in modo netto e istantaneo!

Lo fanno anche tra loro cuccioli umani? E come mai, invece, gli adulti perdono questa preziosa caratteristica?



ANNAMARIA

L'esperienza e l'osservazione spesso precedono gli studi, studi che si susseguono e tra i quali è interessante ricordare, tra le tante, una recentissima ricerca giapponese che dimostra che i bambini sono in grado di provare empatia già all'età di 10 mesi. Ciò significa che la capacità di "mettersi nei panni degli altri", di sentire quello che l'altro prova e sente è una disposizione di certo precocissima, presumibilmente innata. Come tale, ci parla di possibilità in fieri, che poi compiono un percorso diversificato a seconda delle esperienze. Se vogliamo esemplificare in modo che il discorso risulti perfettamente comprensibile, basta riferirsi per esempio alla predisposizione allo sviluppo del linguaggio che possediamo alla nascita: siamo programmati a poter parlare, ma quale lingua poi impareremo è in funzione delle nostre esperienze, che possono portarci a parlare il cinese o il dialetto napoletano, a seconda di dove vivremo, ma anche a non sviluppare lingua alcuna, se ci succede di vivere, come capitò al "ragazzo selvaggio", lontano da un contesto umano.
Sapere che l'empatia è una predisposizione innata è un'informazione che consente di recuperare un minimo di ottimismo sulla nostra specie, che tanto spesso è autrice di performances davvero inaccettabili in tante diverse situazioni. Forse per convinzione profonda, forse per un bisogno fondamentale di imprimere cambiamenti allo stato delle cose, gli studi sull'empatia si vanno moltiplicando, sostenuti non solo da psicologi e filosofi, ma persino da economisti. Un nome per tutti è quello di Jeremy Rifkin, grande autore di “Ecocidio”, che ci parla in un suo fondamentale saggio di Civiltà dell'Empatia.
Come giustamente ricordi, si tratta di una disposizione che appartiene anche al mondo degli altri animali, e non solo di quelli più evoluti che sentiamo a noi vicini, come è il caso delle grandi scimmie, ma anche di animali, quali i topi, che siamo soliti denigrare e lasciare nelle fogne metaforiche della nostra ideale struttura abitativa. E le conoscenze al proposito sono frutto di ricerche di laboratorio ad opera di umani che tutto possono essere tranne che empatici, a differenza dei topi che tormentano per scoprire per l’appunto che, loro sì, sono empatici.
Il percorso di crescita è quanto di più complesso si possa immaginare: i modelli che ci circondano sono quelli che vanno a plasmare i tratti costitutivi della nostra personalità, sempre in movimento e in evoluzione: ad influenzarci è il nostro piccolo mondo, con la famiglia nella quale cresciamo, ma anche il contesto culturale allargato intorno e, negli ultimi decenni, la possibilità di contatto facile e immediato con il mondo intero grazie alla rete: tutti questi input vanno a connettersi e ad interagire con le nostre individuali predisposizioni. I risultati sono quelli incredibilmente complicati che vediamo, dove esistono modelli imperanti a cui tendiamo inevitabilmente ad adattarci, ma fortunatamente anche modelli che vanno in direzione opposta.



GIOVANNI

In direzione contraria era non a caso il titolo di un tuo libro molto interessante. Se non ricordo male, parlavi proprio della possibilità di tener presente e di sviluppare l'empatia. Sono d'accordo con te, quando dici che quel che saranno le nostre potenzialità, dipende tantissimo dalle chance messe a disposizione dal contesto; da un contesto empatico, armonioso, comprensivo (quella che in letteratura zooantropologica si definisce 'base sicura'), si svilupperanno grandi doti di intelligenza emotiva, prosociale, empatica; da contesti violenti, oppressivi e aggressivi, fatti di paura e divieto, avranno forza le reazioni di aggressione, violenza e insensibilità. In un certo senso è anche contro corrente la tua fiducia nelle potenzialità umana, stando a quel che vediamo intorno a noi, il contesto dominante e prevalente, sembrerebbe quello della sopraffazione violenta. Come se avessimo autorealizzato le nostre peggiori profezie e teorie sul mondo, che così si autodimostrano.

Tuttavia, trovo molto giusto non smettere di avere fiducia negli umani; credo anzi che questa fiducia dovrebbe essere - insieme all'empatia verso gli animali torturati - l'altra grande colonna portante delle motivazioni degli animalisti Altrimenti, ho l'impressione che le prospettive sarebbero troppo limitate e il respiro troppo corto.

A volte è compito arduo, specialmente di fronte all'arida arroganza di quegli umani che compiono esperimenti sui topi e che oltretutto compiono un errore grandissimo, di estrapolare comportamenti dati per 'normali' da animali costretti a stress inimmaginabili di un ambiente artificiale e ostile, senza scampo.



Mi ricordo un tuo concetto: che le immagini di animali felici e i racconti che mettono in luce le loro caratteristiche positive (intelligenza, empatia ecc.) toccano di più il cuore.



Annamaria tu scrivi 'performance' e a me viene in mente Roberto Marchesini (su fallacie logiche ho trovato un suo contributo, che ti propongo)



Per finire questa domanda a ruota libera: parli di 'fogne metaforiche' e a me viene in mente il grattacielo di Horkheimer. Ecco, in questo grattacielo (dato per scontato che sarebbe da smantellare), a che piano si trovano i cuccioli?



ANNAMARIA

Giovanni, sottolinei la mia fiducia nelle potenzialità umane: in realtà io mi sento estremamente pessimista, perché la realtà intorno non concede altro. Ma è comunque doveroso prendere atto anche dell'esistenza di parti buone che esistono in noi. È indubbia, per esempio, la grandissima diffusione che, negli ultimi anni, è andata acquisendo una diversa sensibilità nei confronti del mondo degli altri animali. È altresì vero che contestualmente al diffondersi di un'etica del rispetto interspecifico,le cifre del mattatoio quotidiano sono cresciute esponenzialmente. Sappiamo bene che il discorso è complessissimo: volendo farne un'estrema sintesi, credo che l'antropocentrismo (che è alla base di tutto il male che facciamo agli animali) è imperante perché collude con l'egocentrismo imperante; è facile ritenersi la specie depositaria di ogni diritto perché è facile che ognuno consideri se stesso meritevole del meglio. I propri diritti, i propri bisogni, i propri desideri sempre sopra a quelli degli altri. Nonostante tutto questo, per molti di noi l'impegno in favore degli altri animali è ragione di vita: se riuscissimo davvero a renderci conto della portata grandiosa di un movimento di liberazione, e lavorassimo per la costruzione di un fronte comune, che trovasse anche nel senso dell'appartenenza una forza propulsiva, molti risultati potrebbero essere raggiunti. La realtà è comunque sempre in movimento: l'unica chance che mi pare di intravedere è che ognuno di noi sia consapevole del ruolo che, se vuole, può rivestire, determinando un peso diverso in favore degli animali. Personalmente penso che sia importante sostenere gli sforzi di chiunque: di chi va a manifestare, di chi raccoglie cani randagi, di chi libera un singolo animale, di chi fa denunce, di chi cerca di fare educazione nelle scuole, di chi scrive, di chi parla. Sono frammenti di un grande lavoro che ha bisogno delle competenze di ognuno di noi. E sarebbe fondamentale che ognuno di noi sentisse intorno il sostegno degli altri. Per altro se l'egocentrismo non ci abbandona, anche questo può essere trasformato in spinta: ognuno di noi deve almeno cercare di dare un senso alla propria vita. Fosse solo per questo, c'è così tanto da fare intorno che il modo per darlo, questo senso, ce l'abbiamo a portata di mano.
Ritornando al discorso da cui siamo partiti, vale a dire che ...tra cuccioli ci si intende, osservare il rapporto tra i bambini e gli animali è esperienza davvero arricchente: sì, le immagini felici sono l'altra parte della realtà, quella a cui diamo poco peso, che sembra sempre scontata, ma che va recuperata. Vedere la gioia reciproca di cuccioli umani e non umani nel giocare tra di loro ci porta alle origini, della nostra specie e della nostra vita individuale, che non è persa, ma è dentro di noi. In rete è facile trovare filmati di questo genere, che non a caso sono supercliccati: la reazione speculare alla visione è quella del sorriso: si movimentano alcune parti nostre, quelle sensibili, vengono toccati i tasti della tenerezza e della semplicità. Sta a noi poi decidere che si tratta solo di momenti privi di importanza o invece di possibilità da espandere. Sta a noi decidere quale è il mondo che vogliamo. Citi il grattacielo di Horkeimer; che la sua fine dovrebbe essere l’abbattimento, lo dici tu stesso. Per successive associazioni, mi compare alla mente l'immagine finale di “Lebanon”, film claustrofobico girato all'interno di un carro armato in cui succede il peggio e da cui la visuale è tutta sull'orrore della violenza bellica. Alla fine, quando i sopravvissuti escono da quello che è al tempo stesso rifugio e luogo di distruzione, quello che vedono fuori è un campo di girasoli, sotto un sole estivo. La bellezza e l'esplosione della natura sopravvivono e a volte se ne fregano del disastro che fanno gli uomini. Se gli uomini dovessero per caso capire che con quella natura e per quella natura è possibile vivere in pace...



GIOVANNI

Metti sul tavolo moltissimi argomenti e riflessioni importanti, e non si poteva non sfiorare il nodo cruciale di 'che cosa è' l'animalismo, dal momento che la costellazione animalista è quanto di più variegato e anche internamente diversificato. Se queste diversità diventeranno risorsa oppure ostacolo, dipenderà da chi agisce - e da quali spinte lo muovono. Ma qui mi fermo, altrimenti andiamo davvero troppo lontano dall'obiettivo di questa nostra chiacchierata. Ho però una sensazione: che quel che dovrebbe sostenerci, sia un certo qual senso di 'leggerezza' (l'insostenibile leggerezza dell'essere?), cioè la capacità, non di tutti, di saper fare le cose-per-loro in modo comunque pur sempre sereno, equilibrato, accogliente, anche nei confronti di chi è estraneo a questi pensieri (perché, non si sa mai, potrebbe cambiare idea...).



Molto intenso“Lebanon”, ricordo la scena in cui uno dei capi descrive al prigioniero il destino di torture e umiliazioni che lo aspetterà di lì a breve, ed è una scena agghiacciante, che espone la forza delle parole - anche se qui usate per far del male.



Vengo dunque alle parole del tuo libro, che sta per uscire. Mi farebbe piacere se tu volessi anticipare qualcosa in proposito. Perché è nato questo libro? E come si pone in relazione ai tuoi precedenti libri?



ANNAMARIA

È un piccolo libro che vorrebbe essere l'inizio di qualche riflessione più profonda e che mi piacerebbe tanto potesse arrivare al di fuori del mondo di chi di animali si occupa tanto. Sono pensieri che sottolineano come la naturale predisposizione dei bambini nei confronti degli animali sia una condizione da tenere presente nel suo significato più profondo: gli adulti lo fanno in qualche modo inconsapevolmente perché circondano il mondo dell'infanzia di immagini del mondo animale: sanno per certo che i bambini lo apprezzeranno e incentivano questa loro disposizione. 
È però come se le riflessioni del mondo adulto si fermassero lì, non scalfissero la superficie di ciò che è carino notare e bello assecondare, ma solo e soltanto fino al punto in cui nessuna modificazione di abitudini, alimentari e non, venisse richiesta. Non posso scordare una festa organizzata dal WWF in campagna, con una mucca e il suo vitellino nel prato, oggetto del desiderio dei tanti bambini intorno e dei gridolini entusiastici dei genitori: guarda, guarda come sono belli! Di fianco... il posto di ristoro con ragù di carne. Per non parlare di tutti gli accessori da cameretta con immagini di variegatissimi tipi di animali, tra cui l'elefantino da circo seduto sullo sgabello. Che ci si ponga una domanda del tipo: "ma che ci fa lì?" è davvero troppo pretenzioso aspettarselo?
Non solo: sono ancora gli adulti a usare i bambini nelle pubblicità di prodotti animali: operazione davvero inaccettabile perché i bambini, se sapessero come quei prodotti vengono ottenuti, sarebbero presumibilmente preda di disperazione.
Si tratta di tanti meccanismi che nel loro insieme, passo dopo passo, strutturano nei bambini un'idea del nostro rapporto con gli animali che è quella vigente ed imperante: mi piaci da morire, non ti farei mai del male, ma è "normale" che io ti mangi. È insomma l'ingresso guidato dagli adulti nella cultura "carnista" tipica di questo mondo. Sono per altro convinta che molti degli adulti non siano neppure consapevoli delle dinamiche che sostengono con i loro comportamenti, tanto spesso automatici, privi di un pensiero strutturato. Ecco: mi piacerebbe che queste riflessioni servissero almeno a rendere più agevole la decodificazione di tanti comportamenti e delle loro implicazioni. È vero che gran parte della violenza di questo mondo non è frutto di cattiveria, ma solo di abitudini, di superficialità, di conformismo: magari, chissà, pensarci un po' sopra può aiutare a decidere che l'unico dei mondi possibili non è quello in corso d'opera, non è quello che viviamo, ma è quello che possiamo aiutare a nascere. Evitando la grande colpa di trasformare l'atteggiamento amicale dei bambini nei confronti degli animali in indifferenza prima e complicità nel male poi.

giovedì 20 febbraio 2014

Vale più un'immagine (4)

Fonte: I have seen another world

"Io ho visto un altro mondo"...
e non è quello che si vede qui.
Non è il mondo di questo uccellino, sfocato al di là delle pareti di vetro di una prigione artificiale, costruita dagli umani, per metterci dentro tutti gli uccellini come lui: perché sono belli e colorati, perché sono piccoli.
Perché si vendono. Perché si comprano. Perché qualcuno guadagna sulla loro pelle, si arricchisce al prezzo della loro vita. 
Come non è il mondo delle decine e decine di foto che scorrono su questa pagina, foto di ogni genere di gesto di dominio, di sfruttamento, di tortura, di uccisione, di sterminio, in un crescendo vertiginoso, e nauseabondo e sconvolgente,  che gli umani fanno a tutti gli altri animali, per qualsivoglia motivo, o capriccio.

Ho scelto questa immagine perché era tra le meno cruente: tuttavia trasmette un senso di tristezza, di claustrofobia, avvinghianti. Bisogna osservarla bene, certo. Bisogna capirla. Occorre la volontà di capirla, e quindi di mettersi nelle piume di quell'uccello.

Perché non una immagine più cruenta? Perché è un tipo di discorso che sto cercando di affrontare, è una serie di spunti, idee, riflessioni, che sto cercando di portare avanti: l'ho fatto parlando delle foto di Sarah Ernhart, o pensando ai Santuari per animali liberati, oppure, ancora, condividendo le foto di Isa Leshko. Un discorso che ha preso - se non l'avvio, una maggiore profondità, da questo post del blog Il Dolce Domani.

Che immagini che ci mostrano la bellezza degli individui animali, liberi nella loro vita normale, possono aiutarci ad aprire la nostra consapevolezza alla loro dignità e al valore della loro vita, che merita e ha diritto di essere vissuta.  Che le immagini di animali felici e i racconti che mettono in luce le loro caratteristiche positive (intelligenza, empatia ecc.) toccano di più il cuore. (L'idea è di Annamaria Manzoni).
Che quindi, poi si può effettuare un confronto, tra quelle immagini di felicità e quelle di dolore, tra ANIMALI FELICI e ANIMALI INFELICI. (Ma solo, forse, se una scintilla è scattata in noi, solo se qualche corda ha cominciato a riverberare nel nostro sentimento). Che dal confronto possiamo riflettere su ciò che ci suscita, e sulle conseguenze che necessariamente dovremmo trarre a conclusione coerente: fermare da subito la tortura. Che non è un caso se gli strumenti usati dai media per convincere la gente a comprare latte, carne, comprendono immagini di animali felici (la mucca felice, la gallina che razzola libera). (perché sono immagini che funzionano)   Che tutta la pubblicità lavora in funzione della rimozione della morte: dunque noi dobbiamo usare lo stesso linguaggio mediatico, ma per veicolare il messaggio opposto, ossia che gli animali non vanno sfruttati. (Grazie Rita Ciatti). Che gli sfruttatori degli animali hanno capito così bene il valore delle parole che stanno distorcendo anche quelle valorizzate dal linguaggio antispecista, che fa crescere le riflessioni sulla necessità di rispetto verso tutti gli altri individui animali. (leggete qui). Che, dunque, le immagini sono potenti, e che danno e confermano la individualità agli animali, perché essa di fronte allo sguardo non è più negabile, né evitabile - la si può però ancora mistificare, come abbiamo visto.

Che alla parola può spettare il compito di ri-raccontare le vite degli animali, che hanno riacquistato meraviglia grazie alle immagini (la parola-così-umana, può fare surf sulle onde possenti delle immagini). Che alla parola può anche spettare il compito di raccontare, invece, le lunghe sofferenze che patiscono tutti gli animali nelle mani degli umani: perché la parola non mostra, e dunque non corre il rischio di allontanare, ma invece avvicina, e pretende lo sforzo dell'attenzione (e quindi, quelle sofferenze descritte potranno entrarci sotto la pelle). Si potrò tornare su questo pensiero.  Perché di sicuro non c'è solo questo modo di pensarlo. E perché questi pensieri devono portare all'azione, che sia davvero efficace e utile per la salvezza degli individui ancora prigionieri.
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