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Annamaria Manzoni in un fotogramma del film di Lamberto Carrozzi |
Mentre rivedevo questo film, ho ripensato a una fulminante pellicola italiana: "I mostri" (1963).
Mi è sbocciata alla consapevolezza mentre riascoltavo le interviste che il regista ha fatto ai passanti per strada, su argomenti come "l'amore per gli animali", "i vegetariani", "la vivisezione", l'"alimentazione corretta"; o quando fa parlare alcuni cacciatori che ci raccontano come siano loro i veri "amanti e difensori della natura" (!); e che, occasionalmente, vanno pure a pesca. Sono tutte nel film.
Ho pensato alle loro frasi, alle argomentazioni, ma soprattutto ai comportamenti di negazione, di deviazione e ridicolizzazione dei problemi, delle domande che li mettono di fronte a una realtà troppo insopportabile quando la si viene a scoprire, troppo ineludibile, che si preferisce - nonostante tutto - continuare a negare, sfuggendola e fuggendo. Pensavo alle loro reazioni di noia quando non trovano più argomentazioni di fronte alla nudità del re-umano che gli viene esibita dall'intervistatore-complice (del regista). Nell'accostamento estemporaneo di quel film a questo film (molto diversi tra loro), vien fatto di pensare: gli italiani non sono cambiati in cinquant'anni, ma forse non sono solo gli italiani, bensì gli individui che nascono sotto forma di umani; loro (noi) sono (siamo) gli artefici di un dominio totale nei confronti degli altri animali, e non solo (anche di altri individui umani che decidiamo di animalizzare, con ciò intendendo denigrarli). Perché, il nocciolo della questione, ha a che fare con una certa essenza, un 'proprio' dell'umano, troppo umano, che è fondamentalmente legato a profonde e scure facce psichiche e psicologiche.
Questo film di Lamberto Carrozzi è il resoconto degli studi e
delle ricerche condotte da Annamaria Manzoni, psicologa e autrice del
libro "Noi abbiamo un sogno", scritto in difesa dei diritti di ogni
specie vivente. Il resoconto della scrittrice è anche l'amara
disamina di un modello di sviluppo "antropocentrico" che degrada, tormenta, smembra, uccide, la vita, gli individui vivi, a milioni, a miliardi, rendendo questo pianeta un autentico luogo di condizione infernale.
Annamaria Manzoni ha una lunga esperienza nell'ambito della tutela minorile, maltrattamenti, abusi.
Ha scritto molti libri sul rapporto che lega umani e altri animali. Di uno di questi libri, abbiamo chiacchierato sul blog.
Il suo racconto si svolge con un linguaggio piano e con un tono addirittura dolce, ma è implacabile, scova la radice psicologica e antropologica del sadismo, per non lasciarla più scappare, perché non la si possa più - dopo - ignorare.
La banalità del male è tra noi, regola l'intero nostro dominio unilaterale contro gli altri animali, dei quali non pensiamo più che siano individui vivi, ma oggetti, strumenti, prodotti, scarti, eccetera.
Il male-banale può diventare freddo, burocratico, può essere insensibile alle grida di disperazione, agli sguardi di angoscia, al sangue, alla morte degli animali bloccati e torturati nei laboratori di vivisezione o massacrati nei macelli e negli allevamenti intensivi.
La crudeltà è umanissima, eppure non la riconosciamo come nostra, non la vogliamo vedere, non le diamo accoglienza nella nostra umanità. Anzi, la mascheriamo, la incorniciamo all'interno della convinzione antropocentrica che abbiamo costruito per noi stessi da molte migliaia di anni, fin dall'origine delle nostre civiltà, che si costruiscono su questa crudeltà, ne sono plasmate, intrise, intrecciate.
Se certe realtà non le sopportiamo, se ci risulta intollerabile la loro vista, allora dovremmo decidere di fare tutto quello che è nella nostra possibilità fare, perché non accadano più.
Il film perciò, si conclude con un discorso molto toccante, che si richiama al 'sogno' di Martin Luther King.
In questo 'nostro' sogno, la violenza contro gli animali viene punita, anziché regolamentata dalle leggi; la crudeltà verso gli animali viene considerata abbietta, anziché normale.
"Perché senza la fine della violenza sugli animali, nessun
progresso sarà mai tale,né la vittoria sul dittatore avrà valore se il nuovo
vincitore ancora festeggerà con tavole imbandite con le solite vittime…"
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