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sabato 27 dicembre 2014

Mijbil - Andrò anche io a Camusfearna, prima o poi...

Mijbil. Fonte: A sketch of the past


Mijbil, la lontra, l'ho conosciuto sulle pagine dei libri che parlano della sua vita, quando ero poco più di un bambino.
Immaginate un piccolo paese sulle Alpi vercellesi, tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta del XX secolo. Immaginate la stagione estiva, forse già in là coi mesi, forse già agosto.
Immaginate un giorno non proprio soleggiato, ma caldo. Siamo di mattina, con me c'è mio padre, un uomo sognatore per molti aspetti del suo carattere, con uno spirito a volte delicatamente sorprendente, ma anche con una certa propensione a smussare gli spigoli delle vicende della vita - il che a volte si traduce nel rifiuto delle responsabilità.
Mio padre e io, dunque, siamo diretti all'edicola, che si trova nella piazza del paese, sotto a degli alberi. Si trattava di un'edicola molto piccola, ai tempi, dove perciò giornali e riviste sembrano traboccare - o almeno così ricordo io. 
La signora che gestiva la rivendita dei periodici, mi ricordo che aveva preso dei grandi cesti e li aveva sistemati proprio ai lati della sua edicola. In questi grandi cestoni era possibile trovare decine e decine di libri, quelli che vengono definiti i remainders, libri non più nuovi che tentano la fortuna rimettendosi in giro per il mondo.
A me, che son sempre stato lettore appassionato, piaceva immergermi in questi contenitori, tuffavo le mani per spostare e sfogliare, con gli occhi che si posavano sulle copertine e sui titoli, per guidare i movimenti delle mani.
Però, avrei cercato a lungo, e forse inutilmente, se non ci fosse stato quel giorno mio padre che insieme a me - e come me - cercava nei cestoni.
Gli capitò infatti sotto gli occhi un piccolo tascabile che io avevo appena preso in mano e che stavo per rimettere giù. Ma forse, se il lbiro stava ancora nelle mie mani, era perché qualcosa aveva colpito la mia attenzione. Di fatto, questi pochi secondi in più hanno permesso agli occhi di mio padre di notarlo, di leggerne il titolo e di vederne l'illustrazione della copertina.
Mi disse subito: "Prendilo, questo. Ti piacerà, è una bella avventura e racconta di animali".
Adesso, mi piace pensare che il libro lo abbiamo (ri)trovato e scelto insieme. Pensai subito che papà dovesse averlo già letto in gioventù (per me, mio padre era ancora un uomo che aveva fatto mille esperienze e molti viaggi e che sapeva raccontare tante cose).
Il libro era: "L'Anello di Acque Lucenti", di Gavin Maxwell.
Il formato è tascabile, le pagine cominceranno molto presto a staccarsi dalla costa, specialmente quelle centrali, che presentano delle bellissime foto in bianco e nero delle lontre - e me ne innamoro subito, all'istante. Un altro motivo per amare questo libro -cioè, intendo, proprio l'oggetto da sfogliare, il contenuto è qualcosa che tocca altre sensazioni, altre corde delle emozioni - è che le pagine, il loro bordo esterno, quello che una volta che il libro è chiuso si trova dalla parte opposta della costa, è colorato di un verde scuro, come se qualcuno avesse passato il bordo con un pastello a cera, o una matita colorata. Perché? Non lo so, mio papà spiegò che così si fa coi remainders, per distinguerli dai libri nuovi. Io per molti anni, ogni volta che ho visitato bancarelle e mercatini di libri usati, ho controllato, ma di pagine colorate di verde non ne ho più ritrovate.
Forse, dopo tutto, era stato solo un bambino che giocava coi colori e che aveva colorato queste pagine. Forse, in questo modo, il libro era stato considerato rovinato ma, dal momento che i libri non si buttano, era stato portato al mercatino dell'usato. Fino a che non era arrivato a me: allora, anche coi libri ho lo stesso destino che ho coi cani, quello di accogliere e amare quanti sono stati rifiutati e che nessuno ama più.



Gavin Mxwell con Mijbil. Fonte: The Telegraph



Gavin Maxwell e le lontre hanno abitato la mia fantasia immediatamente, quasi con prepotenza, e di sicuro con grande vitalità. Camusfearna, la casa di Maxwell e delle sue lontre, è un luogo dei miei sogni fantasiosi (insieme con la Darrowby di James Herriot). 
Rieccoci. Siamo ancora nella piazza del paese di montagna, dopo che mio papà mi ha detto quelle cose su questo libro. Inizio subito a sfogliarlo, trovo le immagini e le guardo, per la prima volta, cercando di entrarci, per poter vedere quello che è rimasto fuori dall'inquadratura. Ci sono molti animali, c'è un cane e ci sono le lontre. Le didascalie sono stralci del libro. Un mini racconto.
Gavin Maxwell fu un avventuroso, girò molta parte di mondo e amò a suo modo molti luoghi, molte persone e tanti animali.
Quel che mi colpì, di primo acchito, fu la sua vita, per scelta lontano dagli orizzonti rinchiusi e meccanici delle città. Invece, si mise nelle condizioni di vivere a contatto con ambienti naturali anche estremi, ma nei quali i ritmi che dettano le regole sono quelli delle stagioni, delle fasi lunari, delle maree, delle migrazioni e delle nascite animali che vivono liberi, accanto all'uomo ma non mai con l'uomo né tanto mendo dell'uomo. Tra quella prima lettura e queste poche righe di adesso, sono passati molti anni, e alcuni di quegli anni mi hanno visto vivere qualcosa che - sia pure in modo a paragone molto meno difficile - si avvicina a quel tentativo di vita in un certo senso 'ai margini' dell'artificialità, e invece ben dentro la natura.  Non credo sia un caso: l'impressione di quei racconti si è radicata così profondamente in me, da germogliare anni più tardi - e forse arriveranno nuove fioriture, e magari nuovi frutti, nella mia vita futura.
Quando iniziai la lettura fu come abbandonare la casa di montagna - dove molti anni dopo sarei tornato per vivere la 'mia' marginalità dalla città - per trasferirmi a Camusfearna. E cercavo di passarci tantissimo tempo: anche se ciò significava assottigliare le pagine del libro, un libro non molto grosso, che quindi sarebbe finito troppo presto. Mi piaceva leggerlo e poi passeggiare, alla sera, per le vie del paese addormentato, sotto le stelle, con l'odore delle sigarette di papà nel naso.
A Camusfearna ho trovato un bellissimo cane, dolce e allegro, che come molto spesso fanno i cani, ha dato al suo 'padrone' - l'autore, Maxwell -  il desiderio irrefrenabile di conoscere più da vicino e con maggior dialogo, gli altri animali (ma Maxwell aveva probabilmente anche una speciale sensibilità, terreno fertile per i doni che possiamo ricevere con beneficio dallo scambio di vita e di giorni con altri animali).
A Camusfearna ho vissuto tra le paludi e le reti per pescare i pesci che vengono nella baia quando è il loro momento per fare lunghi viaggi e per fare figli. 
Da Camusfearna sono partito, insieme a Maxwell, perché la febbre data dalla vita con un animale, non mi abbandonava. Siamo partiti alla ricerca dell'Animale, del compagno di vita che riempisse lo spazio lasciato da chi è insostituibile. ma che non tornerà mai più.
Così, Maxwell, nel lontano Iraq di allora,  ha scoperto le lontre, al termine di lunghe peripezie.
La sua vita con le lontre è iniziata. E da quel momento, c'è sempre stata una lontra nella sua vita - a Camusfearna e altrove.

 
Fonte: What's There?

Mijbil, a colpi di vibrisse, si scava una nicchia nei miei pensieri, la mia fantasia è accesissima dalla sua presenza, dal leggerne la vita. Anche io, come Gavin Maxwell, soffro per la morte prematura di Mijbil, per la quale bisogna biasimare - tanto per cambiare - i gesti di irriflessiva violenza che molti umani hanno, nell'istante stesso in cui davanti a loro compare un animale - qualunque sia la sua specie. Queste riflessioni, questo dolore, Maxwell le mette sulla pagina anche se lui non è un animalista, né tanto meno un antispecista (due concetti che alla sua epoca probabilmente nemmeno erano ancora mai stati concepiti): vive con la pesca, non esita a uccidere e a cibarsi di animali (però, allo stesso tempo, scrive parole di grande pathos a proposito degli animali come i crostacei che vengono cucinati vivi, nell'indifferenza più totale; ne nota i tentativi disperati di fuga, per continuare a vivere, anche se non agisce per soccorrerli).

Forse con questa lontra - allo stesso tempo,  però, quando alzavo gli occhi dalla pagina, incontravo la presenza viva e partecipe del cane che allora viveva con la mia famiglia - ho interiorizzato per sempre la suggestione e il fascino degli animali - degli altranimali. Qualcosa che ha a che fare con la vitalità immediata, pulsante, respirante e 'invadente' di un individuo che ci chiede con tutto se stesso, e coi gesti e con la sua voce - che ha una lingua sua - che noi gli si dia spazio e attenzione e gli si lasci vita - un nostro obbligo dal momento in cui ce ne facciamo carico.
L'ho interiorizzata - la suggestione vitale - come l'animale che io sono e che allora era un bambino, un cucciolo e assorbiva con energia, con voracità, con grande convinzione, le esperienze di conoscenza del mondo. Io quel libro non l'ho letto, infatti, l'ho divorato, l'ho fatto entrare dentro me stesso.  E poi l'ho riletto ancora, sfogliato, annusato.
Forse un giorno andrò anche io a Camusfearna, in quei luoghi delle lontre; nel frattempo, ho potuto visitarli e vederli per come li ha raccontati una ragazza sensibile che ci è stata di recente, e che ne ha scritto nel suo blog, proprio qui.
Questa conoscenza virtuale, è stato il primissimo regalo di questo blog.

venerdì 28 novembre 2014

Le foglie finalmente

Fonte: Mijbil Creatures

Un breve interludio, prima del finesettimana.
Sono arrivate le foglie sul terreno: a coprire erba e tronchi nei parchi cittadini, oppure fuori, nelle campagne, nei paesi, dove percorrono anche le strade, ai bordi delle case.
Ai (miei) cani le foglie piacciono molto: sono scrigni leggeri e umidi di odori e sentori, di racconti e promesse; sono cuscini strani da sentire sotto i piedi; sono persino gioielli, collane oppure orecchini, da lasciar impigliare nei riccioli rosse o tra le lunghe frange bianche, o appiccicare sul bruno velluto peloso e liscio della schiena.

Credo che le foglie piacciano anche agli uccelli: ai passeri, alle cince, ai pettirossi; e poi anche agli insetti che vivono sotto le cortecce, o nel terreno.
Piaceranno anche agli stessi alberi? Penso di sì: quand'ero bambino, mi avevano spiegato che le foglie fanno bene agli alberi in autunno e in inverno, proteggono le radici dal gelo.

Perciò, un po' mi dispiace quando vengono spazzate via o soffiate via dalla nettezza urbana, trattate alla stregua di rifiuti non smaltibili, come se fossero immondizia umana. Mi dispiace constatare come l'equazione umana "natura=cosa da usare" si veda finanche in queste piccole cose quotidiane, stagionali (un po' come certe potature implacabili: mi domando, quanti passeri sono vittime del passaggio di questi potatori?).

PS: la bellissima foto all'inizio, è stata presa dal blog MIJBIL CREATURES, luogo di poesia e di arte e belle manifatture, oltre che di storie incantevoli e incantate. C'è una storia che vale la pena di essere raccontata, e lo farò quanto prima, a proposito di Mijbil...

foglie corsare
già giù in mulinelli
la piazza vuota
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