Scrivevi, un niente di giorni fa, che quel maiale investito sulla statale mente fuggiva da un capannone di allevamento e s t e n s i v o aveva compiuto una impresa disperata - nel senso che la speranza le è stata sottratta, che si è svolta in un contesto dove la fuga è nascosta. La fuga, non di meno, è un 'dovere' del prigioniero, va tentata comunque.
Scrivevi che, però, non era 'morto libero', ma 'morto in fuga': ché la libertà non può non essere anche la libertà di godere del proprio tempo e di non essere più braccati. La libertà è libertà di non fuggire, che si ottiene solo dopo un gesto di fuga - purché questo gesto, va riconosciuto, ottenga anche un poco di fortuna. Quale tipo di fortuna sia mancata al maiale, lo hai scritto nel post prima di questo. E comunque, che il suo epitaffio fosse un quasi slogan come 'morto libero', ti sembrava qualcosa di iniquo, da evitare, se potevi.
Ed ecco che, appena reso pubblico quel post, ti ritrovi a leggere un breve testo di Benedetta Piazzesi, "Animali, ostinata resistenza", su Liberi Tutti ( CdR) del 5 ottobre 2018.