domenica 2 giugno 2019

Gli animali accorrono in città... per lasciarsi schiavizzare e mangiare

ecco dove vanno a finire gli animali della fattoria


"Mentre Vercelli ancora dorme, gli animali della campagna scappano in città e si dispongono intorno alla Basilica di Sant'Andrea, richiamati dal canto del galletto dorato al mattino.
I bambini corrono entusiasti per vedere gli animali e scoprono un mondo fatto di animali, di profumi e di sapori di una volta, di giochi, buon cibo e spettacoli".

Ma è una favola vera? No.



 
una "vera" mucca
Costruita maldestramente come se fosse una favola, quel "c'era una volta" è in realtà un inganno, un raggiro.
Intanto, dove appare? se aprite il sito della vercellese fattoria in città - manifestazione che viene fatta per la quindicesima volta- ecco che subito un pop up spunta sullo schermo, con questo breve testo, che termina con un invito a visitare numerosi la fiera e che vuole essere edificante.
Ricco non solo di ripetizioni ma anche di lapsus freudiani - scusa non richiesta, accusa manifesta, si dice - il breve testo è il fumo dell'illusionista, prodotto per nascondere la realtà con una finzione di animali felici - hai sottolineato le parole che secondo te sono i piccoli segnali involontari che rivelano come, nella realtà, si stia parlando di ben altri: di profitto, di uccisione, di allevamento.

Tutta la fiera è così. Si alternano padiglioni e giochi per i bambini, animazioni e percorsi - il tutto concentrato senza soluzione di continuità a ridosso della basilica di Sant'Andrea - alla zona degli animali, fatta di gabbie e tendoni. Poi, alla fine c'è il tendone con le lunghe file dove si mangia, proprio accanto ai gazebo che vendono salumi  e carni varie.
(In fondo, ma proprio in fondo, ci sono anche alcuni gazebi di associazioni umanitarie, alla faccia delle lotte che dovrebbero intersecarsi e relazionarsi in modi nuovi).

Fra poco metterai alcune delle foto che avete scattato agli animali. Prima, due parole sul loro senso.
Tutti gli animali presenti sono in qualche modo 'contenuti', con recinti o con reti o gabbie o catene (come capita ai rapaci! bloccati a terra a patire timore e allerta e non poter scappare, desiderosi di libertà anche se - ti viene detto - sono 'allevati  da generazioni' - come se ciò garantisse la loro amnesia circa l'essere liberi e dunque la loro non sofferenza).
Oppure, come i pony, verranno presto sellati e imbrigliati per far cavalcare i bambini, che così conosceranno gli animali e potranno toccarli!

A nessuno degli animali è dato modo di sottrarsi, se non alla manipolazione fisica, almeno alla vista. Non possono scegliere coi loro tempi e modi se avvicinarsi, perché - di fatto - tutto è già sempre e troppo vicino, è addosso, circonda - un tutto antropomorfo, artificiale, rigido, schematico.
Molti di loro sono apatici, o immobili, o - all'opposto - si muovono nervosi, senza sosta, frullano le ali o girano la testa. Tanti si accovacciano, si siedono, danno le spalle - se possono - alle persone.
Sono segnali di sofferenza, di stress, per la sete, per il caldo, per la folla, per la stanchezza - in una parola, per la perdita della possibilità di decidere cosa fare o non fare col proprio corpo e di se stessi.
Alcuni bambini se ne accorgono, ma vedi coi tuoi occhi che le mamme minimizzano e i papà tacciono e tutti si fanno i selfie. Proprio i bambini sono gli altri piccoli animali che subiscono violenza: i loro dubbi, le loro intuizioni, non vengono ascoltate, oppure son minimizzate o vengono edulcorate; nemmeno i loro, di tempi o esitazioni, vengono rispettati: il selfie va fatto subito, presto, ché poi la zia va via, ché di là c'è la gabbia dei conigli, e poi il recinto delle mucche, e poi la gabbia del tacchino e chissà quante altre, sono tantissime, BISOGNA vederle tutte.
Così mamma e papà potranno tornare a casa, contenti che il loro bambino avrà 'visto' tutti gli animali, che altrimenti non vede mai - anzi, no: li vede, ma imbustati al supermercato. Che tipo di sentimenti svilupperanno questi bambini verso gli animali?

Quanta nostalgia per i rifugi e i santuari!, dove davvero gli animali si possono conoscere: perché sono liberi di essere se stessi. E anche da una lontananza, una prudenza, un  riserbo, un rifiuto, una distanza si può imparare molto, forse in misura maggiore: si impara la preziosità della vita, l'elusività del contatto, che è solo una delle possibilità di stare tra gli altri animali - e forse nemmeno la più bella.  C'è fascino, infatti, nell'udire senza vedere, nel vedere senza toccare - ma 'solo' nel vivere insieme con, ciascuno nel suo spazio e momento, magari contigui e tuttavia separati - non da barriere di prigione, ma da comportamenti.

Ecco perché i santuari e i rifugi per animali liberati incontrano tante difficoltà e non passa la legge per renderli soggetto giuridico distinto dall'allevamento: perché la loro dirompente forza visionaria è così potente, è capace di dimostrare nei fatti concreti e quotidiani che esiste un modo altro di stare con gli animali non umani. E questo, mette molta agitazione a quelli che sugli animali, sul loro sfruttamento, sulla mercificazione, sulla riduzione a oggetti, cose, macchine, risorse; sulla loro oppressione e sull'abuso, sulla uccisione e la morte - ci costruiscono i loro mestieri, le loro vite, anche se negano l'evidenza, e spergiurano di non fare solo quello.

E adesso, incontriamo alcuni dei prigionieri, in questa prigione tutta colorata che si maschera da festa.


















Una triste e parziale carrellata di immagini di invisibile crudeltà: le sbarre e le reti sono in primo piano, ma sono trasparenti come l'aria, per la maggior parte degli occhi che guardano - oppure sono la normalità. Senza pensare che quelli reti, gabbie, cancelli, staccionate, catene, sono lì per uno scopi preciso: impedire agli animali di andarsene, allontanarsi, nascondersi, scappare. 

La 'fattoria in città' di Vercelli è solo una tra troppe manifestazioni simili, come le molte altre analoghe su e giù per l'Italia, sono nel XXI secolo la messa in scena - temporanea - del teatro della bioviolenza, una via di mezzo tra lo zoo, la villa agreste del Cinquecento e il giardino delle meraviglie dei monarchi del '700 - il tutto dopo le esperienze degli zoo umani coi 'selvaggi' del XIX e XX secolo colonialisti.
Poi la fiera chiude, ma il quotidiano di prigionia di agriturismi, allevamenti bio, fattorie, prosegue  - ben diverso e lontano dai riflettori.

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