giovedì 6 giugno 2019

Cute 2: Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che... fa vendere



... proviamo allora a metter giù qualche parola per approfondire il 'cute' da un certo punto di vista, quello che ti preme di più, cioè quello antispecista.  Non per caso, l'altra volta c'erano Susanna Tuttapanna e la mucca Carolina (sì, va bene, anche Camillo il coccodrillo) tra le prime 'icone cute' presentate nella galleria del post. Erano, infatti, oggetti cute, mascotte, immaginate e create -  e proposte - con fini commerciali. Avevano alle spalle un loro esclusivo discorso.



In una bambina sempre allegra - un po' goffa e spensierata, diciamo così - i bambini che guardavano queste prime reclame, si potevano immedesimare. D'altro canto, i genitori potevano sentirsi rassicurati circa la qualità del prodotto caseario pubblicizzato, qualità assicurata in modo subliminale anche dalla presenza sorridente della mucca Carolina - che tantissime discendenti ha avuto, fino ai giorni nostri, che si chiamano Milka e Soresina.



E c'è dell'altro. Ti piacciono, Susanna e Carolina? Puoi averne una copia anche tu, a casa tua: è sufficiente raccogliere i punti ritagliati dalle confezioni dei formaggini e poi spedirli alla ditta, per ricevere a casa una bella riproduzione gonfiabile di Susanna, o di  Carolina - o di entrambe, non c'è da temere a mangiar formaggio in quantità, appunto... industriali. Certo, poi c'è anche Camillo, l'amico di giochi delle due birichine. Camillo c'è - tu credi - per rafforzare il discorso con l'aggiunta di un animale apparentemente fuori dal contesto alimentare, che quindi rafforza l'illusione che il regalo dei gonfiabili sia del tutto disinteressato. Il discorso è  di massima distrazione possibile, ammanito ai bambini, ma anche ai genitori, che così tranquillizzano coscienze e tacitano dubbi - se mai ce ne fossero. Il discorso distrae dalla realtà - fatta di vitelli privati troppo presto del latte della mamma e uccisi. Il discorso fa anche di più, crea un'altra realtà: in cui la mucca produce latte da sola ed è felice che diventi formaggio per i bambini umani. Bambini come la sua amica Susanna.



Se il discorso vi suona famigliare, se vi sembra di averlo già orecchiato, è perché si è ripetuto con costanza nei decenni, da quando esiste l'industria casearia e da molto prima che gli allevamenti diventassero intensivi, su scala industriale. E vale per tutti gli animali coinvolti.
La Lola che fa i massaggi e si adagia sul divano, o la mucca Lilla che bruca l'erba per poi darci il benvenuto ad assaggiare il cioccolato fatto col suo latte, discendono direttamente da qui.
Così come è da qui che nascono i pulcini origami che 'non vengono più uccisi appena nati', ma 'vengono lasciati crescere per diventare galletti' (... e quindi essere uccisi qualche mese dopo...), pubblicizzati come grande conquista dalla catena cooperativa di iper e super-mercati.



I bambini sono il destinatario finale di questi messaggi: la loro capacità di giudizio viene sviata da queste interferenze emotive - l'attrazione per la mascotte simpatica e buffa, ma anche -letteralmente- seducente, che porta a sé - impedisce a loro di associare l'animale finto (oggi si dice fake) a quello vero, oltre che di comprendere quello che succede nel mezzo, i passaggi che trasformano il vitellino (il pulcino, il polletto, il maialino, l'agnellino), da cucciolo curioso e affettuoso a 'qualcosa da mangiare a merenda'. O a cena.



Eccolo, il 'potere del cute', di cui parlava Simon May. Quando diceva che "gli oggetti 'carini' spesso riflettono il contrario, cioè il mondo dell'adulto (che) penetra sempre di più in quello dell'infanzia, soprattutto per quel che riguarda la nostra autonomia nell'attribuire valore alle cose e nel nostro essere consumatori". 



Consumatori: di prodotti, ma anche di emozioni, di stati d'animo, di performance - proprie o di altri - di spazi e di condizioni. Il 'cute', dice sempre il filosofo, sfuma i margini, rende porosi i confini tra le categorie. Il che potrebbe essere una buona cosa, se non fosse che le categorie non vengono smantellate, ma rimangono come punto di riferimento per stabilire comunque la differenza e la distinzione tra diversi territori etici: al di qua, sei al sicuro; al di là, non hai garanzie. 
Il tuo essere amato, di fatto, è a tempo: se la tua condizione dovesse mutare di segno - quando questo capiterà - in un attimo passeresti dall'essere mascotte o beniamino, a scherzo di natura  o vittima.



Ti sembra però notevole che le due condizioni possano convivere nello stesso soggetto: il coniglietto - per esempio - è allo stesso tempo dolce cucciolo da proteggere e coccolare, ma anche animale allevato per venire ucciso, mangiato, spellato; oppure usato in esperimenti di vivisezione. L'oggetto cute, non fa altro che diventare il sipario calato su una realtà che non si vuole vedere - questo sipario non si alzerà mai, perché non si sopporta la vista delle pratiche che nasconde, benché queste pratiche non vengano messe in discussione da chi le accetta, o ne trae un qualche beneficio.



Questo, lo hai visto molto bene alla fiera vercellese imperniata sullo sfruttamento degli animali: una finta fattoria che si vende come luogo felice dove gli animali sono ben voluti tutto il giorno; mentre la realtà - che è lì, davanti a te, davanti a tutti, sarebbe innegabile - è fatta di gabbie, reti, catene, staccionate, cancelli. Una realtà che invece è (resa) trasparente come l'aria, mentre è solida come ferro ed è proprio lì davanti a noi. L'abuso che va in scena (non ti sei dimenticato degli uccelli rapaci ancorati sul prato) appare la normalità per tutti. I bambini si convincono di conoscere davvero gli animali e di volergli bene, mentre stanno imparando a schiavizzarli.

già legato, e pronto per farsi mettere il cappuccio che gli toglie la vista...


L'oggetto 'cute', insomma, non è innocuo: né per chi crede di goderne -in genere, i bambini, ma anche molti adulti- né per l'oggetto stesso: che spesso è in origine un individuo vivo.
L'oggetto 'cute' è strumentale alla diffusione di discorsi di dirottamento dalla realtà fatta di abuso contro tutti gli animali: discorsi come 'carne felice', allevamenti 'bio', ma anche 'caccia sostenibile', 'prelievo venatorio'. E molti altri, aggiungeteli voi.

completo di briglie e di sella...


Un certo grado di violenza, insomma, come si diceva, è sempre presente nella relazione con l'oggetto carino. Questo succede in modo speciale quando l'oggetto è in realtà un soggetto: un pony, un pulcino, un coniglietto, oppure un canarino o una tartarughina - il bambino viene esortato a 'prendersi cura', invece sta imparando azioni di controllo, di abuso, le sta assimilando come normali. Il potere del 'cute' sta nella sua doppia faccia: io che son convinto di prestare cura, sto invece assoggettando; e il soggetto bisognoso di cure è in realtà reso tale dalle condizioni in cui viene mantenuto, la sua richiesta di cura può essere forzata, coatta e -in realtà- nascondere, mascherare i suoi reali desideri.
Nascosto dalla sagoma mascotte che lo riproduce, l'individuo animale  vivo e reale, diventa muto e invisibile, le sue richieste di vita, di libertà, di felicità, non arrivano nemmeno a chi potrebbe accoglierle. Per esempio, dei bambini, o persone più propense a prendersi cura, a sospendere comportamenti che si scopre essere violenti. Su questi individui, di fatto, si sta facendo violenza: vengono ingannati, vengono messi nelle condizioni di non poter conoscere, né scegliere, vengono instradati lungo il percorso della maggioranza, che è quello del consumatore, su cui si regge l'intero sistema.

un esplicito peluche: questo è il 'vreo' pollo



se già da bambino sei cacciatore...
 

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