Le immagini e le storie che Francesco Cortonesi ha raccontato nella sua conferenza all'ultimo MiVeg - e che racconterà nel documentario Zoout - sono state estremamente
commoventi. Il quadro che ne viene fuori è di terribile prigionia per
innocenti, escogitata nelle forme più macchinose e avvolgenti possibili dagli umani. La cosa che più ti ha lasciato nauseato è che per il profitto
non ci sono limiti: non ci si ferma di fronte a nessun tipo di sfruttamento e
abuso, se c'è anche la minima prospettiva di guadagno: sottoquesto aspetto, la creatività e l'immaginazione umana sembrano illimitate.
La incredibile reslienza degli animali prigionieri è allo stesso tempo toccante e angosciante. Mette disperazione, molti di loro potrebbero impazzire, sottoposti tutta la vita a condizioni così. Nessun umano accetterebbe di sopportare su se stesso - e per nessun motivo - simili condizioni aberranti e difficili da immaginare come veramente reali.
La incredibile reslienza degli animali prigionieri è allo stesso tempo toccante e angosciante. Mette disperazione, molti di loro potrebbero impazzire, sottoposti tutta la vita a condizioni così. Nessun umano accetterebbe di sopportare su se stesso - e per nessun motivo - simili condizioni aberranti e difficili da immaginare come veramente reali.
Bruno, quando era prigioniero allo zoo di Cavriglia |
Mi ha
colpito molto l'immagine del labirinto, con cui tu descrivi lo zoo. Credo che
la si potrebbe tranquillamente estendere a tutte le forme di reclusione cui
sono sottoposti: labirinti anche mentali, anche immaginari, oltre che fisici.
Labirinti dove siamo dentro anche noi, forse convinti di esserne fuori. Che ne
pensi?
Il labirinto, quando si parla di zoo, è un escamotage
principalmente pensato per i visitatori. L’idea è di far sembrare più grande lo
spazio circostante per indurre nelle persone la percezione di un luogo “positivo”
anche per gli animali. Gli zoo di nuova concezione, i cosiddetti zoo safari,
hanno meno necessità di usare questa tecnica anche se la suddivisione in
padiglioni (in genere per area geografica) non è mai casuale. Si cerca sempre
in qualche modo di ingannare il visitatore che solitamente percorre in macchina
questi parchi. Un discorso a parte poi va fatto per i delfinari.
I delfinari,
che solitamente hanno un numero di animali detenuti minore, strutturano il loro
labirinto o con padiglioni dedicati al mare (quindi con numerosi acquari
all’interno di strutture chiuse) o
con zone dedicate al divertimento come fa ad esempio Zoomarine. In questo modo
il visitatore perde del tutto la concezione dello spazio perché passa
dall’osservare animali al “luna park” nel giro di pochi metri. Riguardo invece
alle tue osservazioni, senza dubbio giuste, direi che i nostri labirinti
mentali sono quelli che ci impediscono, anche quando è palese, di vedere gli
animali che vivono all’interno di queste strutture per quello che sono, cioè
dei reclusi. Molti visitatori mostrano con orgoglio il leone in gabbia ai
propri figli pensando di fargli così conoscere la natura. Se uno ci pensa è
abbastanza strano perché il ragionamento è lo stesso che si faceva con gli zoo
umani quando si chiudevano i pigmei in gabbia negli zoo delle grandi capitali
europee. Eppure oggi tutti quanti ci indigneremmo se accadesse ancora una cosa
del genere. Curioso no?! Tieni presente inoltre che negli anni scorsi mi sono
occupato di reclusione umana analizzando la storia di Nof4, un internato del
manicomio di Volterra e insegnando in carcere ho anche conosciuto la reclusione
della prigione. In effetti ci sono molti punti in comune tra zoo, prigioni e
manicomi come ovviamente ci sono anche tante differenze. Il discorso è molto
complesso e non abbiamo spazio sufficiente per trattarlo qui, ma ad esempio è
interessante sapere che i primi zoo sono stati costruiti prendendo a modello il
Panopticon che era il modello pensato per creare la prigione ideale.
Come si
evolvono queste storie, ci sono delle liberazioni, ci sono dei ripensamenti
umani?
A parte la chiusura dello zoo di Cavriglia, non ci sono
purtroppo molte liberazioni da segnalare, anche se, lentamente, molti gestori
di zoo hanno compreso che gli zoo di vecchia concezione sono ormai alla fine
della loro storia quindi a volte accettano il trasferimento di alcuni loro
animali in spazi più idonei (anche se solitamente all’interno di altri zoo). È
un buon segno senza dubbio, anche se ovviamente siamo lontanissimi da una
chiusura definitiva dei giardini zoologici. Il numero di visitatori non sta
diminuendo come spesso tendiamo a pensare, o almeno non così velocemente, basti
pensare che nel 2017 zoo e delfinari italiani sono stati visitati da circa 8
milioni di persone.
I gestori
degli zoo dimostrano sempre e solo grettezza, anche e soprattutto messi di
fronte alla evidenza dei fatti?
Come in ogni categoria anche tra i gestori degli zoo ci sono
persone che dimostrano una maggiore sensibilità. Ovviamente chi gestisce uno
zoo è mosso comunque in primis dagli affari e dai soldi. Sempre i gestori degli
zoo sostengono che i loro animali stanno benissimo e lo dicono con convinzione.
La scorsa estate, con il supporto della fotografa free lance Rossana Ruggiero,
noi di Zoout abbiamo fatto un reportage sui delfinari italiani che faremo
uscire prossimamente e nonostante sia palese che i delfini nuotano in minuscole
vasche di cemento, quasi del tutto privi di stimoli, i proprietari ci hanno
sempre dichiarato che i loro animali stavano benissimo. Ciò accade anche perché
i presupposti di partenza sono sbagliati. Si sostiene, senza neppure dubitare, che
la libertà sia un bene “accessorio”.
orche prigioniere in vasca |
foto ricordo col prigioniero |
la tartaruga è prigioniera, ma nessuno si acorge davvero di lei |
Che cosa si può fare e che cosa fai tu per cambiare la
convinzione delle persone? Credi che - per esempio - i sit in di fronte ai
circhi siano efficaci? Altrimenti, che cosa di altro?
I sit in sono senza
dubbio efficaci anche se è importante valutarne la modalità. Molte persone
credono che andare davanti al circo e urlare insulti serva a far riflettere le
persone che pagano un biglietto per andare al circo, ma francamente ho molti
dubbi in proposito. Il movimento animalista dovrebbe iniziare a comprendere
meglio le strategie che funzionano e quelle che invece spesso si ritorcono
contro. Credo che ormai ci sia sufficiente esperienza anche in Italia a
riguardo, quindi è forse giunto il momento di evitare certi errori di
comunicazione. La convinzione delle persone cambia con il tempo, molto tempo.
In Italia ci sono buone realtà animaliste che stanno facendo tanto riguardo
alla sensibilizzazione, ma ovviamente non possiamo aspettarci stravolgimenti
sociali dall’oggi al domani. Comunque, per quanto mi riguarda, la strada è quella
della sensibilizzazione a 360 gradi. Dobbiamo lavorare maggiormente a livello
mediatico (scuole, luoghi culturali, cinema, riviste, televisione,) e dobbiamo
farlo bene. Poi, naturalmente, anche le investigazioni sono fondamentali. Io ho
intenzione di continuare a occuparmi di comunicazione. Attualmente lo sto
facendo con la Rete dei Santuari e con Zoout, ma prossimamente vorrei
riprendere in mano la letteratura e soprattutto il fumetto. Vorrei lavorare a
una graphic novel che racconta la storia di alcuni animali condannati a morte
dall’uomo e che decidono di organizzarsi e ribellarsi, un concetto molto
semplice ma che offre ancora tante possibilità di sviluppo.
Una
opinione che condivido: circhi, zoo, caccia , sono i settori di sfruttamento
che sono più facilmente difendibili da parte di chi vuole anche che non
finiscano mai allevamenti e vivisezione: queste persone hanno consapevolezza
che si tratta di un insieme di forme di sfruttamento che devono rimanere coese
e compatte. Se crolla una, tutte le altre diventano fragili. Cosa ne pensi?
Non so, è abbastanza difficile dirlo secondo me, anche perché
non dovremmo mai dimenticare i tanti paradossi degli esseri umani. Ci sono
cacciatori che dicono di odiare gli zoo, circensi che giurano di odiare la
caccia, gestori di zoo che odiano gli altri gestori di zoo e via dicendo. È
plausibile che se una forma di sfruttamento dovesse crollare probabilmente
generebbe un’onda che cambierebbe la sensibilità generale, ma non sono convinto
che necessariamente indebolirebbe tutto il sistema. Per indebolire il sistema
il movimento animalista deve riprendere la lotta politica perché ovviamente lo
sfruttamento è una questione politica e non riguarda solo lo sfruttamento
animale. È necessaria una intersezione delle lotte, ma attualmente è ancora
troppo presto per riuscire ad arrivare a questo. L’intersezione delle lotte
richiede molto tempo, ma il movimento animalista, se mai un giorno dovesse
riuscire a maturare, ha la possibilità di fungere da collante. Questo dovremmo
tenerlo in considerazione.
macachi a Cavriglia |
Francesco Cortonesi: attivista della Rete dei
Santuari di Animali Liberi e insegnante. Da anni si occupa di scrittura e
comunicazione. Ha realizzato mostre e reportage dedicati alla reclusione tra
cui “Nof4: è fantascienza non follia!” e “Reclusi: storie di persone innocenti
arrestate”. Attualmente insegna in carcere, scrive per Veganzetta e sta
concludendo Zoout, il documentario che racconta la realtà degli zoo italiani.
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