giovedì 6 dicembre 2018

Zoout raccontato da Francesco Cortonesi






Le immagini e le storie che Francesco Cortonesi ha raccontato nella sua conferenza all'ultimo MiVeg - e che racconterà nel documentario Zoout -  sono state estremamente commoventi. Il quadro che ne viene fuori è di terribile prigionia per innocenti, escogitata nelle forme più macchinose e avvolgenti possibili dagli umani. La cosa che più ti ha lasciato nauseato è che per il profitto non ci sono limiti: non ci si ferma di fronte a nessun tipo di sfruttamento e abuso, se c'è anche la minima prospettiva di guadagno: sottoquesto aspetto, la creatività e l'immaginazione umana sembrano illimitate. 
La incredibile reslienza degli animali prigionieri è allo stesso tempo toccante e angosciante. Mette disperazione, molti di loro potrebbero impazzire, sottoposti tutta la vita a condizioni così. Nessun umano accetterebbe di sopportare su se stesso - e per nessun motivo - simili condizioni aberranti e difficili da immaginare come veramente reali.
 

Bruno, quando era prigioniero allo zoo di Cavriglia




 Mi ha colpito molto l'immagine del labirinto, con cui tu descrivi lo zoo. Credo che la si potrebbe tranquillamente estendere a tutte le forme di reclusione cui sono sottoposti: labirinti anche mentali, anche immaginari, oltre che fisici. Labirinti dove siamo dentro anche noi, forse convinti di esserne fuori. Che ne pensi?



Il labirinto, quando si parla di zoo, è un escamotage principalmente pensato per i visitatori. L’idea è di far sembrare più grande lo spazio circostante per indurre nelle persone la percezione di un luogo “positivo” anche per gli animali. Gli zoo di nuova concezione, i cosiddetti zoo safari, hanno meno necessità di usare questa tecnica anche se la suddivisione in padiglioni (in genere per area geografica) non è mai casuale. Si cerca sempre in qualche modo di ingannare il visitatore che solitamente percorre in macchina questi parchi. Un discorso a parte poi va fatto per i delfinari. 
I delfinari, che solitamente hanno un numero di animali detenuti minore, strutturano il loro labirinto o con padiglioni dedicati al mare (quindi con numerosi acquari all’interno di strutture chiuse)  o con zone dedicate al divertimento come fa ad esempio Zoomarine. In questo modo il visitatore perde del tutto la concezione dello spazio perché passa dall’osservare animali al “luna park” nel giro di pochi metri. Riguardo invece alle tue osservazioni, senza dubbio giuste, direi che i nostri labirinti mentali sono quelli che ci impediscono, anche quando è palese, di vedere gli animali che vivono all’interno di queste strutture per quello che sono, cioè dei reclusi. Molti visitatori mostrano con orgoglio il leone in gabbia ai propri figli pensando di fargli così conoscere la natura. Se uno ci pensa è abbastanza strano perché il ragionamento è lo stesso che si faceva con gli zoo umani quando si chiudevano i pigmei in gabbia negli zoo delle grandi capitali europee. Eppure oggi tutti quanti ci indigneremmo se accadesse ancora una cosa del genere. Curioso no?! Tieni presente inoltre che negli anni scorsi mi sono occupato di reclusione umana analizzando la storia di Nof4, un internato del manicomio di Volterra e insegnando in carcere ho anche conosciuto la reclusione della prigione. In effetti ci sono molti punti in comune tra zoo, prigioni e manicomi come ovviamente ci sono anche tante differenze. Il discorso è molto complesso e non abbiamo spazio sufficiente per trattarlo qui, ma ad esempio è interessante sapere che i primi zoo sono stati costruiti prendendo a modello il Panopticon che era il modello pensato per creare la prigione ideale.





Cecilia



Come si evolvono queste storie, ci sono delle liberazioni, ci sono dei ripensamenti umani?



A parte la chiusura dello zoo di Cavriglia, non ci sono purtroppo molte liberazioni da segnalare, anche se, lentamente, molti gestori di zoo hanno compreso che gli zoo di vecchia concezione sono ormai alla fine della loro storia quindi a volte accettano il trasferimento di alcuni loro animali in spazi più idonei (anche se solitamente all’interno di altri zoo). È un buon segno senza dubbio, anche se ovviamente siamo lontanissimi da una chiusura definitiva dei giardini zoologici. Il numero di visitatori non sta diminuendo come spesso tendiamo a pensare, o almeno non così velocemente, basti pensare che nel 2017 zoo e delfinari italiani sono stati visitati da circa 8 milioni di persone.



la vasca degli ippopotami

immobilità... forzata





I gestori degli zoo dimostrano sempre e solo grettezza, anche e soprattutto messi di fronte alla evidenza dei fatti?



Come in ogni categoria anche tra i gestori degli zoo ci sono persone che dimostrano una maggiore sensibilità. Ovviamente chi gestisce uno zoo è mosso comunque in primis dagli affari e dai soldi. Sempre i gestori degli zoo sostengono che i loro animali stanno benissimo e lo dicono con convinzione. La scorsa estate, con il supporto della fotografa free lance Rossana Ruggiero, noi di Zoout abbiamo fatto un reportage sui delfinari italiani che faremo uscire prossimamente e nonostante sia palese che i delfini nuotano in minuscole vasche di cemento, quasi del tutto privi di stimoli, i proprietari ci hanno sempre dichiarato che i loro animali stavano benissimo. Ciò accade anche perché i presupposti di partenza sono sbagliati. Si sostiene, senza neppure dubitare, che la libertà sia un bene “accessorio”.




orche prigioniere in vasca


foto ricordo col prigioniero


la tartaruga è prigioniera, ma nessuno si acorge davvero di lei



Che cosa si può fare e che cosa fai tu per cambiare la convinzione delle persone? Credi che - per esempio - i sit in di fronte ai circhi siano efficaci? Altrimenti, che cosa di altro?

    

I sit in sono senza dubbio efficaci anche se è importante valutarne la modalità. Molte persone credono che andare davanti al circo e urlare insulti serva a far riflettere le persone che pagano un biglietto per andare al circo, ma francamente ho molti dubbi in proposito. Il movimento animalista dovrebbe iniziare a comprendere meglio le strategie che funzionano e quelle che invece spesso si ritorcono contro. Credo che ormai ci sia sufficiente esperienza anche in Italia a riguardo, quindi è forse giunto il momento di evitare certi errori di comunicazione. La convinzione delle persone cambia con il tempo, molto tempo. In Italia ci sono buone realtà animaliste che stanno facendo tanto riguardo alla sensibilizzazione, ma ovviamente non possiamo aspettarci stravolgimenti sociali dall’oggi al domani. Comunque, per quanto mi riguarda, la strada è quella della sensibilizzazione a 360 gradi. Dobbiamo lavorare maggiormente a livello mediatico (scuole, luoghi culturali, cinema, riviste, televisione,) e dobbiamo farlo bene. Poi, naturalmente, anche le investigazioni sono fondamentali. Io ho intenzione di continuare a occuparmi di comunicazione. Attualmente lo sto facendo con la Rete dei Santuari e con Zoout, ma prossimamente vorrei riprendere in mano la letteratura e soprattutto il fumetto. Vorrei lavorare a una graphic novel che racconta la storia di alcuni animali condannati a morte dall’uomo e che decidono di organizzarsi e ribellarsi, un concetto molto semplice ma che offre ancora tante possibilità di sviluppo.




reclusa...


orsi polari prigionieri e assediati



Una opinione che condivido: circhi, zoo, caccia , sono i settori di sfruttamento che sono più facilmente difendibili da parte di chi vuole anche che non finiscano mai allevamenti e vivisezione: queste persone hanno consapevolezza che si tratta di un insieme di forme di sfruttamento che devono rimanere coese e compatte. Se crolla una, tutte le altre diventano fragili. Cosa ne pensi?



Non so, è abbastanza difficile dirlo secondo me, anche perché non dovremmo mai dimenticare i tanti paradossi degli esseri umani. Ci sono cacciatori che dicono di odiare gli zoo, circensi che giurano di odiare la caccia, gestori di zoo che odiano gli altri gestori di zoo e via dicendo. È plausibile che se una forma di sfruttamento dovesse crollare probabilmente generebbe un’onda che cambierebbe la sensibilità generale, ma non sono convinto che necessariamente indebolirebbe tutto il sistema. Per indebolire il sistema il movimento animalista deve riprendere la lotta politica perché ovviamente lo sfruttamento è una questione politica e non riguarda solo lo sfruttamento animale. È necessaria una intersezione delle lotte, ma attualmente è ancora troppo presto per riuscire ad arrivare a questo. L’intersezione delle lotte richiede molto tempo, ma il movimento animalista, se mai un giorno dovesse riuscire a maturare, ha la possibilità di fungere da collante. Questo dovremmo tenerlo in considerazione. 

macachi a Cavriglia



Francesco Cortonesi: attivista della Rete dei Santuari di Animali Liberi e insegnante. Da anni si occupa di scrittura e comunicazione. Ha realizzato mostre e reportage dedicati alla reclusione tra cui “Nof4: è fantascienza non follia!” e “Reclusi: storie di persone innocenti arrestate”. Attualmente insegna in carcere, scrive per Veganzetta e sta concludendo Zoout, il documentario che racconta la realtà degli zoo italiani.





il poster del documentario



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