Ho incontrato questa
poesia molti anni fa, a sorpresa, in un romanzo di fantascienza molto
particolare. Era "Le maree di Kithrup" , scritto da David Brin. Me lo
ricordo come una specie di Impero colpisce ancora versione cartacea e
molto più estremo e avveniristico. Se mai lo rileggerò (perché si trova
ancora tra i miei libri), chissà quali impressio ne ricaverò.
Per
il momento, mi basta ricordarlo perché tra i suoi protagonisti c'erano i
delfini, diventati piloti interstellari che insieme agli umani
esplorano gli spazi galattici. Ebbene, questi delfini, parlavamo tra
loro. E con gli umani, usando una lingua che nel libro viene chiamata
delfinese trinario, ovvero, haiku. Trilli haiku per dichiarare le
proprie emozioni, ma anche per comunicare veloci e scarni dati tecnici
di astronavigazione. A bordo di una astronave che, me lo ricorderò
sempre, "zoppica come un cane a tre zampe" (!) - vuoi dire che ho
incontrato qui per la prima volta anche la disabilità animale?
Come
poteva non essere affascinante l'haiku, che con così poche parole ha la
forza profonda di esprimere così tanto? Il seme poetico era gettato e
ben presto, sarebbe germinato. Non in primavera, ma in inverno - inverno
di neve e della stagione, ma anche inverno del mio vivere.
Una
cosa che fiorisce sotto la neve sia per lo meno da notare e
considerare. Perché è la risposta impossibile a una domanda esigente:
che cosa sono le cose che sto provando, qui è ora? Come posso tenerle
con me?
Soltanto
parecchio tempo dopo, e dopo moltissimi haiku, ho scoperto - leggendo
la storia di questo stile poetico e dei poeti giapponesi che secoli fa
lo elaborarono - che haiku è poesia leggera di viaggiatore, di
mendicante, interiore se non anche esteriore. La biografia di poeti come
Basho è scritta nei chilometri di strade polverose, di sandali
consumati, di tettoie sotto la pioggia.
Queste
poesie si distillano dalle moltitudini di impressioni minimali minime
di cose incontrare nelle stagioni di un circolo annuale. Haiku si
folgora in istante e di un istante, per renderlo profondo nel ricordo di
chi lo ha intuito immaginato e pensato.
Diciassette
sillabe e tre versi, lungi da essere contenitore troppo stretto, sono
base sicura e nitida per dare le ali alla creatività , una sfida alla
propria poesia, che così deve sapere bene che cosa vuole dire, cosa
intende significare, cosa desidera portare. Ma si tratta di una sfida
non violenta: è come una meditazione, il pensiero sgombro (mi piace una
immagine: la tua mente sia attraversata dai pensieri come il cielo dalle
nuvole ) che vede arrivare la forma della emozione giusta per potere
desiderare di scriverla e regalarla al ricordo. Non siamo noi che
cerchiamo la parola giusta, il ritmo giusto; sono il ritmo è la parola
che ci trovano, ci muovono e ci parlano attraverso. Non è quasi come
incontrare un altro individuo? Un altro da noi che però siamo noi.
Dentro di noi, solo che non lo sappiamo, a meno che non ci concediamo il
tempo e la pazienza per creare occasione di incontro.
E
qui, allora, mi viene da pensare alla possibilità di haiku animali, di
poesia per incontrare, per dar udibilità agli altri animali. Provo a
spiegarmi.
Gli
animali altri, sono già di per se stessi haijin (cioè poeti di haiku,
in giapponese) perché ogni loro pensiero, azione, intenzione è diretta e
immediata resa di uno stato intuito con tutti i propri sensi e
coscienza. Noi, per contro, dobbiamo sforzarci per raggiungere questo
tipo di stato esistenziale. E questo è un primo modo di pensare la
poesia haiku animale.
In
secondo luogo, molti poeti si pongono o si sono posti la questione di
scrivere poesia come se la scrivessero gli animali, cercando di entrare
nei loro modi di vedere il mondo, cercando, insomma, in auliche modo, di
sbirciare il mondo affacciandosi dalla loro finestra invece che dalla
nostra. Compito difficilissimo, che rasenta l'impossibile, prima di
tutto perché il nostro corpo non è il loro è quindi certe sensazioni ci
sono fisiologicamente precluse. Una ovvietà, si direbbe. Ma anche una
barriera indiscutibile, che si può superare solamente gettando ponti
verso gli altri animali (diciamo subito che 'loro', gli altri animali, i
ponti ce li gettano in continuazione verso di noi, che ci atteggiamo a
cittadella assediata invece che porto accogliente). La poesia (e l'arte)
come ulteriore azione di presa di coscienza, di presa in carico e di
presa in cura, di liberazione degli con gli è per gli altri animali?
Anche questo, può essere un secondo modo di pensare la poesia haiku
animale.
Il
terzo modo, che avrebbe a che fare direi con l'aspetto compositivo,
parte dagli strumenti degli haiku, di cui avrò modo di tornare a
scrivere: i riferimenti alle stagioni, le parole segnale delle emozioni,
le parole di sospensione e di cambio di prospettiva del punto di vista
(il kigo, il kireji); è ancora, i modi per conteggiare le sillabe, le regole poetiche per far incontrare vocali, consonanti.
Con
questi strumenti, cosa racconto? Gli uccelli intravisti tra le foglie?
Il gatto mimetizzato nella porta? Posso provare a raccontare le stesse
cose con le parole che userebbero loro, altrimenti, con i loro suoni, i
loro versi? E come? Usando onomatopee? Inventando parole apparentemente
insensate? Mi piacerebbe, mi piacerà provarci. Forse, con l'aiuto dei
delfini piloti stellari...
Tok!to.to.trrr.t.t.t.
Corteccia smorzata dal
Picchio pomeriggio
-1- continua
Condivido con te, dopo l'interessante lettura e la degna chiusura:
RispondiEliminaIh, ih, ih, ih, ih! Var de vi? De var vi!
Vi var de! Voj, oj, oj, oj, oj, oj!
Titta, lullan, lull-lull-lull-lull-lull-var de vi?
Ihih! Titta! lullan; den girar, arrrrrrrrrrr-itz!
Lull-lull-lull-lull-lull-lull! Var de di? Titta!
Sir'u, sir'u, sir'u, sir'u?
Dadda! - Dadda! Sjatt, sjatt, sjatt, sjatt, sir'u, sir’u ?
Nappen; napp, app, app, app, app, app!
Vit, vit, vit, vit, vit, vit, sir'u lillan!
Tut, tut, tut, tut, tut, tut, sat'n, sat'n, sa t'n si !
Lip, lip, lip, lip, lip, lip, ih!
Sa, sa, sa, na, na, na, sa, sa, sa, na!
Ji, jih, guh, guh, guh, guh, gu'hjalp, dadda aitsch!
(Il canto dell'usignolo, August Strindberg)
Che bel regalo questa poesia di Strindberg! Grazie. Faccio una proposta: cerchiamo e pubblichiamo le poesie che come questa ci dicono la voce degli altri animali!
RispondiEliminaUna splendida idea Giovanni, a me piace molto, se ti va metto a disposizione lo spazio domenicale che dedico alla poesia, o qui da te, come preferisci. Possiamo accordarci su Fb, tutti invitati ;)
RispondiEliminaBellissima proposta, Santa. Ti scrivo poi su f b. Intanto, per inaugurare e proporre questa cosa, mi piacerebbe fare un post col canto dell'usignolo. Allora, a presto su questi schermi
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