domenica 11 gennaio 2015

S'io fossi cavallo...

Da Pinterest, trovato su Flickr.com
... e se War Horse fosse stato raccontato dal punto di vista del cavallo, anzi dei cavalli? 
Ho provato a immaginare questa eventualità, e così, ho scritto quel che potete, se vi va, leggere qui sotto. Una specie di parafrasi equina del film di Steven Spielberg. La voce narrante, naturalmente, è quella del cavallo-da-guerra protagonista della pellicola.

Poiché però invece questo film mi ha lasciato alcune amarezze, l'ho scelto per iniziare la collaborazione con il blog Il Buio in Sala: un blog che unisce gradevolezza a competenza, nell'ambito a volte capriccioso della critica cinematografica; senza mai perdere di vista, per quel che ho potuto vedere, un certo gusto per il gioco, il sorriso e l'ospitalità, autentico condimento della vita.
Un esperimento nuovo e bello, quello della rubrica e della collaborazione con un altro blog;  che mi emoziona aver iniziato, tanto quanto mi aveva stimolato nella preparazione, piuttosto lunga.

Qui c'è il link diretto alla recensione. Buona lettura.
 
"Quando sono nato, la prima cosa che ho sentito è stato l’odore della mamma, fatto di muscoli e di erba morbida e pungente, dolce e saporita come la saliva della sua lingua.


L’aria mi ha riempito le narici e mi ha soffiato sotto le labbra, mi ha portato le tante storie delle zolle della terra popolate di insetti, i pulviscoli fertili dei fiori nell’aria, che attraggono le api; e poi, ancora, i fiori che ti danno alla testa e ti fanno sentire felice. C’era poi anche l’odore umido e buono dell’acqua, ma l’acqua era lonatana.



E poi, c’era, molto forte e difficile da ascoltare, c’era – ecco – l’odore di questi ‘uomini’, che quando parlavano di noi si definivano ‘i padroni’.



Che cosa significa quella parola, mia mamma provava a spiegarmelo, facendomi galoppare sui prati e facendomi esplorare boschi e rive di ruscelli e muretti di sassi caldi, tra i quali guizzavano le lucertole, le bisce e i ramarri.



Me lo ha spiegato chiaramente quando è venuto quel giovane puledro umano, ritto sulle sue due zampe basse, che mi guardava e protendeva le zampe alte, quelle che finiscono con le cinque dita libere e distaccate tra di loro. Mia mamma, mi ha spiegato di non lasciarmi avvicinare troppo dagli umani. Questo però aveva un odore che non era quello degli umani che mi aspettavano quando sono nato. Così, ho giocato un po’ con lui, ho scherzato e poi me ne sono allontanato e lui non mi ha inseguito, ma ha continuato a guardarmi.





Più tardi, son venuti gli uomini dagli odori difficili, avevano corde e altre cose finte, di quelle che loro costruiscono con le loro cinque dita sciolte e che servono per tenere fermi noi e gli altri vivi che si muovono.



Hanno diviso mia mamma e me, ci hanno portato via dai prati, lungo un sentiero fatto di terra schiacciata e nuda, fino a un posto pieno di enormi cose di pietra e legno, ma legno morto, che non raccontava nessuna storia, che aveva l’odore del sasso e dell’uomo. Quelle cose enormi loro le chiamano case, e tutte insieme formano quelle che loro chiamano villaggi o città. Gli umani non corrono in giro per i prati, ma si fermano tutti insieme in questi posti, dove trascorrono tutta la loro vita, o almeno quasi sempre fanno così.





Eravamo al centro di uno spiazzo di terra nuda, circondato da alti pali muti, messi insieme dalle mani degli uomini per tenerci chiusi in uno spazio ridotto.



Tantissimi di loro erano attorno a questo ‘recinto’, ci guardavano – mia mamma e me, ma anche altri cavalli come noi – mentre venivamo fatti camminare in cerchio. L’odore strano era fortissimo, ovunque, cancellava tutte le tracce lontane degli altri odori che conoscevo bene. Qui c’erano odori di cose mute e dure e finte e costruite, con materiali a metà strada tra cose vive e cose mute.



Tutti questi odori mi hanno confuso e mi sono accorto troppo tardi che mi stavano portando via dalla mamma! Non ho potuto fare nulla per ritornare da lei, troppi umani erano tra noi due, con troppe corde e troppe cose fatte per bloccare e dirigere e controllare.



Hanno cominciato a gridarsi tra loro, mentre io dovevo girare in tondo. Alla fine, la mia corda è stata messa nelle mani di un umano dall’odore di vecchio pungente. Non sono riuscito a rivedere più la mia mamma. L’unico sollievo è stato che ci siamo allontanati dal villaggio. Credevo che sarei tornato nei prati, che lì avrei rivisto la mamma che mi aspettava. Invece, siamo andati a stare in un’altra delle loro case, però isolata.



La curiosità mi ha aiutato: in fondo, qui c’erano tanti odori nuovi e allo stesso tempo familiari. C’erano odori vivi, che raccontavano storie: le storie delle oche  e delle pecore, le storie delle mele e delle zolle bagnate, le storie dei sassi e le storie del fango dopo la pioggia. C’era anche l’odore nuovo di una erba viva ma secca, molto odorosa, che mi ha fatto venire fame e sete. Ho avuto cibo e acqua. Intanto, mi guardavo in giro, in questo posto dove mi avevano messo. Era un posto chiuso, un posto strano, perché un poco raccontava storie di erba e prati, e un po’ storie di umani e cose; ed era piccolo, coi recinti e i muri, e non si poteva andare da nessuna parte.



La porta si è aperta ed è entrato il ragazzo, quello che veniva sui prati quando stavo felice con la mia mamma. Per qualche attimo sono stato felicissimo, ho cercato se dietro di lui ci fosse anche la mia mamma, ma non era così; pensavo che allora era venuto per portarmi da lei. Ma non è accaduto nemmeno questo. Sono accadute invece tante altre cose." (...)


6 commenti:

  1. Bellissimo Giovanni...
    E praticamente perfetto con il titolo della rubrica, Con i loro occhi.
    Senza volerlo abbiamo "creato" una combinazione perfetta.
    Lo linko nella rece

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  2. Ciao Giuseppe, ti ringrazio.
    ehi, non ci avevo pensato, non mi era venuto in mente questo accostamento, che tu hai colto. è vero: funziona molto bene, e tutto si deve alla tua sensibilità e allo spirito di osservazione.

    Grazie per il link

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  3. In bocca al lupo per questo nuovo viaggio... vado a continuare la lettura da Giuseppe. Al galoppo se fossi un mustang... lenta-mente visto che sono io :)

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  4. Viva il lupo, cara Santa! Grazie, il viaggiom è iniziato bene e mi piace molto. Giuseppe èmun ospite favoloso. Ci vediamo di là ... lenta-mente (a proposito, quando hai parlato del mustang, mi hai fatto venire in mente un altro film che potrebbe andare bene per la rubrica, grazie :) )

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