venerdì 30 gennaio 2015

Do as I do - per fare insieme tra me e i miei cani

Claudia Fugazza


Giusto per rinfrescare la mia consapevolezza sul fatto che coi miei cani intrattrengo una relazione di tipo zooantropologico, domani, saremo a seguire il seminario di Claudia Fugazza 'Do as I do'.

I due giorni sono organizzati da PEC (Progetto Educativo Cinofilo) e Orma di Maya.



la locandina


Lo staff di PEC scrive che

Lo stage, grazie al Comune, si terra' direttamente al Campo Sportivo di GHEMME (NO). (Avremo quindi a disposizione anche un'ampia area coperta in caso di maltempo!).


Il DO AS I DO è una nuova tecnica di addestramento basata sull’apprendimento sociale.
Il cane, in seguito ad uno specifico addestramento, riproduce le azioni del proprietario.

"Grazie a questo metodo di insegnamento, potrai valorizzare la relazione speciale che c’è tra te  ed il tuo cane, consentendogli di
utilizzare le sue capacità cognitive sociali…Do it!"

Le aspettative sono molte, per me, che già vivo 'a misura di cane'.
Immagino che questo metodo sia nato dalla osservazione di comei cani si comportano tra loro e con noi, e quindi sia una pratica che asseconda ed esalta la naturale propensione sociale del cane a seguire l'esempio di un comportamento, mostrato e attuato da un individuo più autorevole, esperto e valido come riferimento educativo. 

Lo scopriremo domani!

Spero di fare tante foto e di raccontarvi.

5 commenti:

  1. Dubbi e perplessità. Non credi che l'addestramento sia una forma coercitiva? Mi spiego meglio, o almeno ci provo. Ho sempre l'impressione che siamo noi a fare in modo che il cane si adatti alla nostra vita. Siamo due specie diverse, con esigenze e manifestazioni diverse, il cane deve comunque sottostare a delle regole, vuoi di orari, di convivenza, guinzagli, museruole ecc. Non credi sia per molti una sorta di surrogato umano? Non riuscendo ad instaurare con un simile determinate emozioni li riverso su un animale che non sia umano. Ti racconto, forse così riesco a svilupparti meglio il pensiero, un episodio. Mi sono trovata per caso con una amica a vedere un bellissimo spettacolo di funanboli circensi, ad un certo punto si è esibito un bellissimo gatto, fantastico sulla corda. L'amica ha iniziato a lamentarsi che il gatto non avrebbe dovuto... sfruttamento... ecc. Io ho trovato la sua esibizione da gatto, anzi era molto più a suo agio rispetto agli altri artisti, quasi vanesio. Poi tranquillo si è messo a girovagare tra le scenografie, nessuno lo ha chiuso in gabbia, ha fatto niente di più e niente di meno di quello che stavano facendo gli altri, sicuramente avrà dovuto provare e riprovare la parte, ma quella era la sua famiglia. Di contro l'amica "inorridita", contro circhi e ambienti dove, parole sue, "si usano gli animali", aveva da poco fatto castrare il suo di gatto. Quando le ho fatto presente la cosa, mi ha risposto: "cosa significa? Sono situazioni diverse. Ho dovuto farlo, per la salute del gatto". Ecco, io non sono né un cane, né un gatto e né posso sapere fino in fondo, il loro stato naturale. Quello che ci sforziamo di fare è farli vivere accanto a noi, ma alla nostra misura. È una domanda, se sono riuscita ad esprimertela, che mi sono sempre posta e mi farebbe piacere una tua considerazione, visto che ti occupi di animali "altri" con tanta passione e sensibilità.

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    1. La prima parte della mia risposta è qui sotto, cara Santa, ho dimenticato di inserirla qui col tasto rispondi, cosa che faccio ora per parlare dell'episodio del gatto al circo.
      Anni fa scrissi un articolo sul circo, scoprendo e intervistando anche circensi, spesso piccolini di strutture con soli artisti umani. In una di queste, si esibiva anche una cagnolina, che , fuori dallo spettacolo, viveva insieme ai suoi umani e che durante lo spettacolo giocava con loro - in questo consistevano i suoi numeri e le sue esibizioni. Una situazione, dunque, apparentemente similie a quella che racconti tu del gatto circense.
      Su una cosa sono d'accordo con te: che l'universo emotivo di un cane o di un gatto - di quel cane, di quel gatto - ci rimane in gran parte inconoscibile fin nel profondo. Ma, mi chiedo e ti chiedo: non accade così anche oper noiu stessi, o nei rapporti con i nostri csri, i nostri amici, o uma i del tutto estranei? Questo ci ferma forse dal provare a instaurare una relazjione con loro, o ci fa smettere di desiderare questa relazione? E in una relazione, non ci sono comunque delle contrattazioni, dei compromessi, più o meno bilaterali? Perché questi compromessi non dovrebbero esserci nelle relazioni con gli altri animali? Quando parli di naturale, poi, apri un ventaglio impressionante di questioni. Non provo a rispondere in dettaglio, ma provo solo a lanciare a mia volta domande, che spero possano funzionare come bandierina per indicare percorsi da scoprire in autonomia. Che cos'è 'naturale'? Dove si ferma naturale e dove inizia 'artificiale'? Che cosa è 'artificiale'?
      Per noi umani, naturale e culturale si mescolano, si catalizzano e creano l'artificiale. Accade anche per molti altri animali, in varia misura, per esempio con l'adattamento funzionale. Nel benaltrismo umanista e antropocentrico, il jolly del naturale viene calato spesso come alibi per non prendere posizione, per nion far nulla, oper non mettersi in gioco, insomma, per continuare indisturbati a fare quel che ci è più comodo e sicuro - disinteressandoci totalmenbte ai destini degli altri individui altranimali coinvolti nelle nostre decisioni, nei nostri comportamenti.
      Possiamo astenerci da qualsiasi contatto con altri animali, lasciandoli in pace nella loro natura? Non è questo un pensiero antropocentrico mascherato da azione virtuosa, da ascetica astensione? Non è più scomodo - ma più coraggioso - prenderci le nostre responsabilità, e orientare la nostra condotta di conseguenza, affrontando anche i cambiamenti di rotta che questo ci sembra richiedere? Davvero è uno sforzo vivere con gli animali? Non sarebbe uno sforzo maggiore vivere assolutamente lontano da loro? Distaccati? Ma non siamo animali anche noi? Mi fermo qui, spero di non averti spaventata, ma ti ringrazio, perché sei sempre capace di far riaffiorare alla mia consapevolezza cose che avevo appreso ma che credevo di non ricordare più. :)

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  2. Ciao Santa. Per quanto riguarda la prima parte della tua domada, quella dei dubbi e perplessitò, alcuni tentativi di risposta potresti trovarli nel post dove racconto dei due giorni di do as i do. Tocchi molte questioni e come sempre il rischio mio è di oscillare tra una risposta affrettata e una risposta prolissa - che insieme generano una risposta confusa. Come appassionato di zooantropologia, ho letto varie cose sull'animale come surrogato affettivo, o performativo. Se ci pensi, capita anche - per molti uomini - con l'automobile. Il problema che sta alla radice, quindi, è secondo me più profondo e carico di conseguenze negative per il cane - e per gli altri animali in generale. Il problema ha a che fare con la cosificazione-reificazione-mercificazione degli animali, dei viventi, del vivente - una cosificazione che si realizza a molti livelli e in molti modi.
    Non quindi un surrogato umano, ma un oggetto- bersaglio di proiezioni e pulsioni afffettive emotive non svolte e non espresse. Forse così rispondo al tuo dubbio, forse no, forse lo oltrepasso, ma mi permetto di notare come la questione sia influenzata da un non detto antropocentrico, per il quale gli investimenti emotivi verso gli animali sono emozioni di serie B, svalutate, secondarie, di ripiego, in attesa che magari si presenti l'occasione di investire emozioni e sentimenti verso chi davvero ne vale la pena - un altro umano. Porto alle estreme conseguenze il tuo ragionamento, ovviamente, ma lo faccio di proposito, perché hai toccato con grande acume una questione molto seria. Potresti trovare dei post interessanti sul blog di Annamaria manzoni, o visitando il blog di Luca Spennacchio - la cui vita è tutt altro che emotivamente disagiata, pur essendo lui assolutamente orientato al mondo canino. :)

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    1. Aggiungo un'ulteriore considerazione. Chi è portato a surrogare con i contatti umani le proprie lacune emotive, ha una tendenza a una strumentalizzazione e un uso anche degli umani, secondio me, per non parlare degli altri animali. Anzio, forse, chi strumentalizza i propri conspecifici, tendoa pensare che considererebbe gli animali talmente inferiori da non meritare nemmeno un sentimento così egoistico. Che ne pensi? :)

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    2. E poi, perché chi ama gli animali - li ama in modo autentico, intendo - e investe emozioni e tempo per loro e insieme a loro, perché deve trovarsi nella condizione di dover giustificare e spiegare questo suo comportamento? Io ribalto la domanda? E la rivolgo a chi gli animali non li ama: perché non ami gli animali? Come giustifichi la tua indifferenza, che sfocia nella ostilità, nei loro confronti? Nion credi che sia eticamente e persino etologicamernte - e psicologicamente - più preoccupante e problematico un umano incapaci di provare emozioni positive, di cura, di empatia verso gi ALTRI animali, piuttosto di uno che invece queste emozioni le prova? E che cerca con loro un rapporto che non abbia un fine utilitaristico obbligato?

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