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Nel primo racconto di Giacomo Cacciatore, ci sono una cavalla, chiamata Passione, un fantino tredicenne, un cavallaro fallito soprannominato Scaduto, e Lo Nigro, il padrone mafioso.
Se il ragazzino è ancora coraggioso di ideali e di passioni e quasi non si rende conto di dove si trova, Scaduto è invece all'ultimo stadio di un'abiezione di una vita fallita e spesa in mezzo all'ambiente delle corse clandestine, dove i cavalli si devono 'stancare', dove si usano le medicine e le droghe, dove ai cavalli lenti e non redditizi, i cavalli troppo deboli o debilitati o vecchi, che 'fanno i capricci' perché hanno paura e si ribellano alla violenza, si spara un colpo di fucile quando passa 'il camion grosso' che copre il rumore. Lo Nigro esordisce gridando "Saluti appassionati ai cavaddi mosci e ai cavaddi sbrugghiadi", sembra gioviale, conosce solo quello che gli serve sapere per il suo business, distribuisce droghe, ordini e punizioni con un unico scopo, sembra buffo e invece è violento, crudele e spietato. Solo Passione rimane pura dall'inizio alla fine, vittima annunciata in una situazione che non ha nessuna via di uscita. Passione ama il ragazzo, perché "profuma di dolcezza che svapora", ma nel suo mondo che si è ridotto a un cerchio di fango e a fieno vecchio e puzzolente, non c'è spazio per la dolcezza di viversi insieme perché ci si è incontrati e scelti. Alla fine, dopo che il mondo ti si è rovesciato addosso, non ti rimane che un fotofinish stampato al contrario.
Nel racconto di Gery Palazzotto, ancora un triangolo umano, ancora un cavallo al suo centro, incolpevole causa di ogni successivo drammatico sviluppo, fino alla tragedia, ancora un giovane che brama la fine della violenza vile e mafiosa e si ribella, con coraggio, persino al padre, il quale sembra capace di nascondere addirittura a se stesso l'ipocrisia viscida e avida dei suoi comportamenti. Tradimenti, bugie, maschilismo, sotterfugi, vendette, e una presa di coscienza sull'onda dell'amore: "le corse clandestine di cavalli sono contro la legge, papà. La violenza sugli animali è contro la legge, papà. La mafia, che gestisce queste scommesse, è contro la legge, papà. Tu sei contro la legge, io sono contro di te, papà".
Il terzo racconto, di Valentina Gebbia, sembra parafrasare nel titolo il romanzo di Philip Dick che ispirò Blade Runner ("Gli androidi sognano pecore elettriche?"), ma in questo caso la domanda: "Anche i cavalli sognano?", non è un nonsense, una discontinuità linguistica pensata per disorientare e riorientare l'attenzione del lettore. Si tratta infatti del pensiero del primo dei due protagonisti, il giovane umano di nome Angelo, la cui capacità di comprendere la realtà è limitata, la sua mente è quella di un bambino. Angelo non è capace di vedere le brutture di quelli che si chiamano adulti, ma sa sognare e credere in un mondo privo di ogni cattiveria, anche se non è capace di agire per farlo diventare realtà. L'altro protagonista è il cavallo, il bellissimo Re Ruggero, che viene rapito per gareggiare nei circuiti clandestini controllati dalla mafia. Come in un racconto di London, entriamo nei pensieri e nel cuore di Re Ruggero, in alcuni dei passaggi più belli di tutto il libro, dove finalmente si intravede un consapevole tentativo di empatizzare col punto di vista del cavallo. Re Ruggero affronta con coraggio le gare, le ferite, il dolore, la fatica, in cuor suo non dimentica mai il suo Angelo, al quale è legato da grande profondo affetto. Angelo gli manca, ne ha nostalgia, gli mancano le sue carezze: "Se si concentrava sulla brezza leggera e guardava i ritagli di cielo da sotto le fronde, poteva credere di essere ancora tra gli alberi del giardino di Angelo". E poi: "Angelo non gli pesava mai sulla schiena. Nelle lunghe passeggiate insieme, loro erano un corpo solo che si muoveva in armonia. E come erano delicate le carezze di Angelo... Immaginò che le sua mani passassero come un balsamo sulle bruciature che sentiva, sul muso che gli doleva tanto da togliergli la fame, sul fianco, sul collo che doveva muovere piano per non sentire troppo dolore. Chissà se Angelo sapeva di lui, chissà perché quegli individui lo avevano portato via da casa sua. Uno di loro lo conosceva già. Lo conosceva bene. Era l'uomo che portava la paglia, che si occupava di lui e puliva la stalla. Sembrava un amico del suo cavaliere. Forse per questa ragione Angelo non era accorso al nitrito, a quel richiamo che gli aveva lanciato mentre lo portavano via. Ma forse questa era la sorte di tutte le bestie: crescere e poi correre e poi morire, un giorno". La morte aleggia ovunque, davanti agli occhi di Angelo, che non la riconosce e la scambia per qualche cosa di altro di gentile e premuroso verso i cavalli vecchietti che non corrono più; aleggia al naso e alla memoria di Re Ruggero, che va incontro al suo destino col cuore che gli scoppia di gioia. Il destino dei due innocenti scorre adesso parallelo, e si riunifica solo alla fine. Un finale 'bello', in un certo senso (se bellezza a volte può far rima con amarezza), ma non lieto, né giusto.
Nei racconti, l'invenzione getta luce su realtà crude e crudeli, su droghe e fruste e scommesse e ricatti e violenze; su corpi feriti e violentati, su esecuzioni. Lo fa meglio di ogni statistica.
Dopo i racconti, tuttavia, vengono esposti anche i fatti, con una breve postfazione di Antonio Pergolizzi, Coordinatore nazionale dell'Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente. "Le corse clandestine di cavalli sono l'ultima frontiera dell'ecomafia". Un affare dai fatturati impressionanti, gestito dalle organizzazioni criminali più efferate, e condotto sulla pelle dei cavalli, con continue sevizie e maltrattamenti di ogni genere. Scommesse, doping, macellazioni clandestine, "un vero e proprio 'ciclo illegale del cavallo'", così lo definisce Pergolizzi, che più oltre scrive che "sull'affare dei cavalli si stringono alleanze strategiche fra organizzazioni criminali normalmente in conflitto tra loro".
Copertina del libro "Fotofinish", Einaudi |
GIACOMO CACCIATORE
VALENTINA GEBBIA
GERY PALAZZOTTO
2011, GIULIO EINAUDI EDITORE, TORINO
PAG.135, € 10.00
Grazie davvero della segnalazione. Comprerò e leggerò. Sarà un pugno nello stomaco, ma certe letture sono dolorose ma necessarie.
RispondiEliminaPenso che ti coinvolgerò, questo libro. Davvero, è un libro forte, coraggioso, e tenero al tempo stesso: mostra quanto crimine ci sia anche nello sprperare, e sprecare la disponibilità all'affetto e alla collaborazione che c'è negli altri animali, e che gli uomini malvagi in modo bieco e brutale sfruttano, strumentalizzano
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