l'agnello è un bambino indifeso che ha bisogno delle cure della sua mamma |
Certe volte càpita - magari mentre sei circondato dalle valige alla vigilia della partenza per Lucca (e la destinazione ha qualcosa a che fare di sicuro), per esempio - che i post si scrivano da sé. Tutto (de)merito dei social forum, o per dirla senza veli, Facebook. Perché quando ti capitano certi link condivisi e ricondivisi nel circuito dei tuoi contatti animalsti, che sotto il periodo pasquale diventano molto attenti, non puoi non trasformarli in un post, a eterna e imperitura memoria della vergogna e insensibilità umana.
Ti vengono in mente tutte le letture sulla decostruzione del meccanismo sociale diffuso della rimozione della crudeltà agita contro gli altri animali - dal referente assente alla 'guerra della pietà' - e allora, una volta di più, pensi che si tratti proprio di una questione di capovolgimento della prospettiva del sentire etico. In parole povere: finche ci sarà spazio per articoli come quello che hai letto, dove stanno insieme senza fatica nella stessa frase, responsabilizzazioni inaudite verso gli animalisti che causano la crisi delle vendite; e percentuali sul calo del venduto dei capi immessi sul mercato, sarà chiaro segnale che per la sorte degli agnelli ci sarà ancora molto da fare, da lavorare e da rielaborare.
Ma leggiamo alcuni brani:
"Per le festa venduto circa il 25% della produzione annuale. Ma i prezzi pagati agli allevatori sono in calo
Pasqua: la crisi colpisce anche il mercato toscano degli agnelli (-15%). La Cia Toscana contro le associazioni animaliste: «Speculano sulla pelle degli allevatori (sic! NdB) per falsi scopi ideologici. E’ l’ora di finirla». La crisi dei consumi colpisce anche il mercato degli agnelli in Toscana. Nel periodo prepasquale 2013 – sottolinea la Cia Toscana – si è registrato un calo dei capi commercializzati del 15% rispetto allo stesso periodo dello scorso. Secondo i dati forniti da Atpz (Associazione toscana produttori zootecnici) infatti, l’associazione ha immesso nel mercato circa 2.600 agnelli, contro i circa 3.000 capi del 2012. «Fra le cause principali – commenta il presidente di Cia Toscana Giordano Pascucci – sicuramente la crisi dei consumi (che per questa Pasqua si attesterà al -7%) e anche il calendario, visto che è una Pasqua che cade a marzo, ed accorcia il periodo di vendite di una decina di giorni». Ed anche i prezzi pagati agli allevatori sono in ribasso del 10-15% rispetto allo scorso anno: 1 kg di agnello viene venduto dai 3,80 euro/kg a 4,40 €/kg. Un mercato che vive nel periodo pasquale il momento migliore, e fa respirare un po’ gli allevatori toscani, che, però, oltre che con la crisi, devono fare i conti con assurde campagne mediatiche di associazioni animaliste che invitano a non acquistare gli agnelli: «E’ l’ora di finirla con queste invenzioni da parte delle associazioni animaliste, che ogni anno – commenta il presidente di Cia Grosseto Enrico Rabazzi – invitano i consumatori a non mangiare carne di agnello, per chissà quale scopo che solo in apparenza è ideologico. Si gioca sulla pelle e sull’economia di migliaia di aziende zootecniche italiane e toscane che sono già alle prese con una crisi di mercato e di consumi – oltre che con i crescenti costi di produzione - che dura da ormai troppi anni. Nel periodo della Pasqua i nostri allevatori vendono circa il 20-25% dei capi dell’intera produzione annuale, riuscendo a strappare prezzi migliori di 1 euro al kg rispetto al resto dell’anno. E c’è chi tutto questo fa finta di non ricordarlo e specula sul futuro degli agricoltori». "
Pasqua: la crisi colpisce anche il mercato toscano degli agnelli (-15%). La Cia Toscana contro le associazioni animaliste: «Speculano sulla pelle degli allevatori (sic! NdB) per falsi scopi ideologici. E’ l’ora di finirla». La crisi dei consumi colpisce anche il mercato degli agnelli in Toscana. Nel periodo prepasquale 2013 – sottolinea la Cia Toscana – si è registrato un calo dei capi commercializzati del 15% rispetto allo stesso periodo dello scorso. Secondo i dati forniti da Atpz (Associazione toscana produttori zootecnici) infatti, l’associazione ha immesso nel mercato circa 2.600 agnelli, contro i circa 3.000 capi del 2012. «Fra le cause principali – commenta il presidente di Cia Toscana Giordano Pascucci – sicuramente la crisi dei consumi (che per questa Pasqua si attesterà al -7%) e anche il calendario, visto che è una Pasqua che cade a marzo, ed accorcia il periodo di vendite di una decina di giorni». Ed anche i prezzi pagati agli allevatori sono in ribasso del 10-15% rispetto allo scorso anno: 1 kg di agnello viene venduto dai 3,80 euro/kg a 4,40 €/kg. Un mercato che vive nel periodo pasquale il momento migliore, e fa respirare un po’ gli allevatori toscani, che, però, oltre che con la crisi, devono fare i conti con assurde campagne mediatiche di associazioni animaliste che invitano a non acquistare gli agnelli: «E’ l’ora di finirla con queste invenzioni da parte delle associazioni animaliste, che ogni anno – commenta il presidente di Cia Grosseto Enrico Rabazzi – invitano i consumatori a non mangiare carne di agnello, per chissà quale scopo che solo in apparenza è ideologico. Si gioca sulla pelle e sull’economia di migliaia di aziende zootecniche italiane e toscane che sono già alle prese con una crisi di mercato e di consumi – oltre che con i crescenti costi di produzione - che dura da ormai troppi anni. Nel periodo della Pasqua i nostri allevatori vendono circa il 20-25% dei capi dell’intera produzione annuale, riuscendo a strappare prezzi migliori di 1 euro al kg rispetto al resto dell’anno. E c’è chi tutto questo fa finta di non ricordarlo e specula sul futuro degli agricoltori». "
Ho riportato il lungo brano - che risale tuttavia al periodo pre-pasquale 2013, c'è quindi da augurarsi che il trend in calo sia proseguito anche quest'anno - senza toccare una virgola, solo le sottlineature sono mie. Sono frasi che si commentano da sole?
Sì e no. A parte un certo effetto disorientante di una frase che adombra animalisti che speculano 'sulla pelle' degli allevatori - in un totale e vertiginoso scambio tra vittime e carnefici. Perciò, vale la pena osservare come 'gli agnelli' siano un gigantesco corpo indefferenziato di carne da vendere, nel quale ciascuno singolo agnellino NON è un bambino strappato a una mamma, ma solo un 'pezzo'. Non serve ricordare gli esempi storici dell'uso di parole come 'pezzo' o 'carico', quando si ha a che fare con situazioni di sfruttamento e uccisione su larga scala di umani verso umani, con i più svariati 'motivi ideologici' razziali, religiosi, etnici (per non parlare delle oppressioni doppie e incrociate, quando ad appartenere alla religione-razza-etnia 'sbagliata' sono le donne o gli omosessuali, per esempio). Degli agnelli si parla in termini di migliaia o di prezzi al peso, di 'costi di produzione (!)'. Gli agnelli vengono immessi (come se venissero iniettati, talmente sono percepiti come massa indifferenziata) sul mercato (questa entità collettiva-acefala e onnivora) per sfamare gli allevatori...
Ma, per colpa degli animalisti, il circuito di produzione-immissione-vendita-profitto viene disturbato: coi loro inspiegabili capricci che ogni anno si ostinano a ripetere, gli animalisti cercano di convincere i buoni cittadini a non acquistare più 'carne' di agnello per la 'festa'. Quali mai saranno i loro sotterranei scopi autentici, mascherati da ideologia? (quale ideologia? gli animalisti fanno appello alla compassione e alla empatia...). Ai poster(i), la sentenza. Intanto, che i buoni cittadini si mettano una mano sulla coscienza, e non mandino sul lastrico migliaia di onesti lavoratori, allevatori e macellatori, che ogni anno contano sull'ecatombe degli agnelli per tirare a campare. Alla faccia dell'antispecismo debole.
(Per fortuna, gli animalisti che come me non vogliono trovare brutte sorprese nell'uovo (di cioccolato fondente), si sanno organizzare, e le iniziative pro agnelli sono molte ogni anno. Una è questa. Ci ritorno su...).
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