Celestino e Celestina sono i due contadini di questa fattoria in 70 uscite, fresca fresca di edicola - anzi: appena munta! - dove i pupazzi degli animali son tutti belli tondi e curvy e dove tutto è finto, nel racconto di una fanta-fattoria dove gli animali vivono felici, sono protetti dal fattore, questo contadino con la salopette che si preoccupa se sono tristi - fanta fattoria che al più potrebbe ricordare una 'villa' di campagna - di quelle descritte da Benedetta Piazzesi - quando la zootecnia era sconosciuta o al massimo vedeva le sue prime albe, su stalle e campi che non sarebbero mai più stati gli stessi, dopo la sua irruzione - della zootecnia - nel mondo dei contadini, degli allevatori e dei fattori (ce ne è traccia nei bei libri di James Herriot).
'A grande richiesta' (così dice lo strillo pubblicitario sul cartone del primo numero) quindi, tornano in edicola.
Tu non ricordi di averli mai visti in edicola, tuttavia. Perciò, diamo una occhiata alle date nel colophon: il primo copyright è del 2010, una produzione francese, coi testi di una scrittrice per bambini: il target di questa società sono sempre i bambini, le storielle di animali saltano agli occhi, sembrerebbero la maggioranza. Il loro intento - se sono tutte come quelle nel primo fascicolo di questa fattoria (che scopri essere stata tradotta quindi dal francese, dove è uscita per la prima volta) - è quello di far 'conoscere' gli animali ai bambini.
Ma: che idea ci facciamo degli animali, attraverso questi libri e questi disegni?
Perché la verità dei fatti è che questa fattoria è del tutto finta: una gigantesca post-verità, un dettagliato racconto controfattuale che cancella, nega e smentisce la fabbrica animale zootecnica. Di più, chiede, dandola per scontata, una prolungata sospensione dell'incredulità e una completa rinuncia al pensiero curioso e critico.
Ci sono due movimenti paralleli, che avvengono contemporaneamente e seguono due direzioni opposte di marcia: da una parte, l'allevamento zootecnico si allontana sempre più dalla vista degli umani, che così arrivano a dimenticarselo e si ritrovano i pezzi di animale de-animalizzati belli serviti nel bancone frigo del supermarket, a centinaia, anzi a migliaia - e questo per ognuno dei molti supermercati di ogni città o paese, piccolo, medio e grande - spuntati come per magia, provenienti da un nonluogo che potrebbe anche non esistere; dall'altra, la trasformazione della narrazione degli animali 'da allevamento', che si delinea sempre più con figurazioni gradevoli, ammiccanti, fumettose, pupazzistiche, e il destinatario di questo sono i bambini. Bambini che hanno una naturale curiosità verso tutti gli animali, e che quindi potrebbero restare spaventati dal collegamento reale tra mucca e bistecca - con tutto quello che c'è nel mezzo, un universo intero di mostruosa, insopportabile (s)oppressione e crudeltà.
Barbara Balsamo scrive: "Il grande rimosso del nostro tempo. Gli allevamenti intensivi – i
capannoni dove gli animali sono rinchiusi, fatti ingrassare, trattati
con antibiotici per evitare che si ammalino, infine inviati alla
macellazione – sono qualcosa che nessuno vuole vedere. Paradossalmente,
mentre cresce il consumo di carne al livello globale, aumenta la
distanza fisica e anche cognitiva tra noi esseri umani e gli animali di
cui ci nutriamo".
Secondo Maria V. Anderson e Antonia J. Henderson, c'è una "sacralità"
intorno alle narrazioni per bambini, dove gli animali sono quasi
onnipresenti (cfr "La separazione concettuale di cibo e animali
nell'infanzia", di Kate Stewart e Matthew Cole, su Liberazioni n°13,
estate 2013) . Che cosa intendono con questa parola così particolare? Secondo te, la possibile risposta è poche righe più avanti, e ha a che fare col punto di vista del bambino. Cioè, i bambini sono in grado di capire che quel che avviene nel racconto - film, favola, libro - è finzione, ma tuttavia non rinunciano volentieri alla fantasia: per loro è 'sacro', vitale, importantissimo, che questa emozione fondata sulla fantasia possa avere libertà di esprimersi, di essere vissuta, accolta e ascoltata.
Il loro 'stupore curioso' verso gli altri animali è molto vulnerabile e di fatto viene vulnerato, nel momento in cui nelle storie che gli vengono raccontate, gli animali assumono caratteri umani e i soli animali coi quali vale la pena instaurare una relazione sono quelli da affezione, che sono 'umanizzati' e - nella realtà dei fatti - continuano a venire snaturalizzati e usati, sfruttati, sia pure a un livello più difficile da cogliere, perché appare come l'opposto dello sfruttamento, appare infatti come cura e affetto.
Il loro stupore viene vulnerato perché di fronte alla leggerezza obliante degli adulti, smarrisce la sua curiosità empatica e non riesce più a ritrovarla, sommersa, oppressa da tutte le narrazioni che raccontano una verità opposta, dove vige il dominio della insensibilità normale.
Qualunque altra storia che riguardi animali che non siano 'pet' deve passare per il setaccio di questa antropomorfizzazione, che avviene col passaggio intermedio per l'animale (per esempio il maialino Babe) da animale anonimo e da reddito ad animale affettivo, con un nome, un animale che tiene compagnia - e che perciò diviene importante. Si tace e si nasconde del tutto la realtà crudele che vivono questi animali.
Digressione: in una intervista, la scrittrice Amelie Nothomb racconta di avere memoria di una "percezione folgorante del mondo a quell'età", cioè a due o tre anni. Per lei, la condizione dell'infanzia è fatta di libertà, forza e crudeltà. (cfr "Ma che noia il lieto fine", intervista fatta da Anais Ginori per Robinson ne La Repubblica, 19 febbraio 2017). Che sono tre pilastri di ogni favola. Insomma, sempre secondo Nothomb, le favole di Perrault, Grimm, Andersen e Madame d'Aulnoy sono il "mezzo più diretto e indolore per la conoscenza del Male". "Non è mai troppo presto per scoprire quanto sia terribile la realtà intorno a noi. Leggere una favola è una delle rare occasioni di esplorare il male in prima persona".
Le favole si possono leggere anche da adulti, perché non hanno età e perché fanno vedere "l'esistenza per come è, senza pietà, rendendo però questa verità accettabile. Nelle favole c'è sempre una distanza, una leggerezza".
Ecco, allora: secondo te, i raccontini nei volumetti di questa 'fattoria', NON sono favole: non lo sono, perché gli animali che vi sono presenti, non 'passano di grado', non diventano importanti e potenzialmente amici (anche se il linguaggio farebbe credere il contrario); e - soprattutto - non lo sono perché non raccontano la verità, non sono spietate, ma solo ipocrite - nel senso letterale: sono al di sotto delle spiegazioni autentiche, recitano - male -un copione di bugie.
Va da sé - uno - che, pure quando dovesse passare il messaggio che l'animale è mio amico perché ha qualità che lo fanno sembrare simile a me e che me lo rendono avvicinabile e oggetto di cure e attenzioni, ti trovi di fronte a un messaggio del tutto antropocentrato, specista in maniera evidente.
Va da sé - due - che una favola vera sul destino degli animali da reddito, dovrebbe e potrebbe rendere accettabile la loro realtà nel senso non di darla per giusta o giustificabile, ma di metterla nella giusta prospettiva che dia gli strumenti all'ascoltatore bambino sia di rimanere fedele al proprio stupore favoloso - empatico verso gli animali, sia - allo stesso tempo e per conseguenza - di capire che quel che accade a questi maiali, mucche, agnelli, galline è sbagliato in maniera totale - e quindi di trarre delle proprie conclusioni, esattamente come lo spingono a fare tutte le altre favole.
E allora, che tipo di mucca scopriamo in questo primo volumetto colorato? Una mucca che ci si presenta raccontandoci come è fatta: delle sue corna, che "non cadono mai" (e che perciò nella realtà vengono tagliate); delle orecchie grandi, degli occhi tondi, del 'muso' (non faccia, né viso: è pur sempre un animale, mantenga le distanze, lei non sa chi sono io), del mantello di pelo morbido, della coda mobile per scacciare gli insetti, degli zoccoli resistenti e - infine - delle mammelle, che sono 4 e sono piene di latte - che il contadino munge due volte al giorno "per raccogliere il mio latte prelibato". La mucca si chiama Emilia e con lei ci sono il 'forte e potente' toro e il vitello: il 'cucciolo' di toro e mucca, che beve il latte della mamma per diventare grande. Tutta questa catalogazione per dire al bambino 'chi è' la mucca, ci dice in realtà 'cosa è', dal punto di vista di un allevatore zootecnico del mondo reale.
Come è la giornata di Emilia? Il contadino la porta sul prato a pascolare, insieme al vitellino, che appena nato beve il latte ma - dopo pochi giorni - 'recupera' le forze e riesce a stare in piedi da solo e senza aiuto (ed è il momento quando, nella realtà, viene separato dalla mamma); infatti, il latte, che il fattore 'spreme' dalle mammelle, viene raccolto nel secchio, ed Emilia è tutta felice per questo. La stalla pare essere la casa del vitellino e della mucca, ed è piena di fragrante paglia.
Durante l'anno, ci dice Emilia, "il contadino si prende molta cura di me", in estate e in inverno.
Ad ascoltare Emilia, sembra che per lei e suo figlio la vita sia protetta, lei se ne può prendere cura, nutrirlo e coccolarlo. Ma... "non appena si mette in forza, il contadino gli fa bere il latte dal biberon perché vuole mungermi". Per fortuna che ci sono i prati dove divertirsi in libertà con gli altri vitelli! (ma da dove viene il latte nel biberon? che bisogno c'è di dargli quello, se la mucca ha ancora tanto latte? e poi: sarà davvero latte?).
Ma ecco che - un po' come nella presentazione delle proprie 'parti' che la mucca ha fatto all'inizio - la realtà ci prova a farsi notare: la mucca ci dice che lei può 'produrre' dai 20 ai 30 litri di latte al giorno. Il contadino la munge mattino e sera, col secchiello sotto le sue mammelle. Si apre un box in azzurro, che ci avverte: quando le mucche da mungere sono tante, viene utilizzata una mungitrice elettrica, una macchina che aspira il latte dalle quattro mammelle contemporaneamente: "è un metodo molto rapido!" Tutto per il benessere delle mucche!
Ma non finisce qui: "ogni giorno un camion-cisterna viene alla fattoria a prendere il latte", che verrà raccolto, trattato e imbottigliato per essere venduto nei negozi. Una parte del latte va nei caseifici per produrre formaggi, yogurt, panna e burro.
Il toro, il 'papà' del vitello è forte e 'arrabbiato': allora il contadino lo porta in un campo dove può stare da solo e tranquillizzarsi.
Il bue è un maschio 'che non farà mai i piccoli', e aiuta il contadino nei lavori dei campi.
C'è la mandria, dove ogni mucca porta al collo una campana.
Ci sono le razze: il librettino ne mostra ben otto, con sufficienti dettagli per un bambino. Perché così tanta attenzione alle 'razze', è dovuto alla realtà zootecnica che ci fa 'bubu settete!'.
Il fascicolo si conclude con due storielle:
Emilia è triste e non ha più latte perché non può più vedere i fiori nel prato falciato. Allora il contadino gliene porta un 'bouquet'. Emilia ringrazia, perché è ghiotta e vanitosa e sa che il segreto della bontà del suo latte è nel profumo dei fiori di campo. Per ringraziare il galante contadino, quel giorno il latte è più bianco e vellutato del solito.
Lo zio Edoardo regala a suo nipote Luca una bella tazza che quando viene capovolta fa 'muuuuu'. Per fare una sorpresa alla sua amica Lea, che ha un gioco per pescare le rane, Luca capovolge la tazza all'improvviso, e tutti e due i bambini scoppiano a ridere. Continuano a giocare mentre fanno merenda col latte, allora la mamma, sentendo il sonoro 'muuuuu' che si ripete per scherzo chiede chi di loro due abbia mangiato una mucca.
In questo testo, il lapsus freudiano ti sembra chiaro. Eppure, è tutto leggero, colorato, galante, frivolo, ludico: la pervasività della oggettificazione di ogni vita animale è di fronte a noi, ma è invisibile, è mimetizzata da queste parole superficiali.
PS
Oltre a questa fanta-fattoria, pensi che sia opportuno dire che sul sito della società editoriale francese. viene pubblicizzata anche un'altra pubblicazione, identica nella grafica e nell'aspetto dei disegni, che parla degli animali della foresta. In uno dei fascicoli (questi tradotti anche in tedesco), uno dei protagonisti è der jager = il cacciatore, che ci appare disegnato carino, sorridente, mentre mette il fieno nella mangiatoia posta in mezzo alla neve dei boschi, mentre il suo cane, un simil beagle, lo guarda felice; è una brava persona che si preoccupa dei poveri animali del bosco, che in inverno non troverebbero da mangiare se non provvedesse lui ricordandosi di portar loro fieno, sistemato sotto i tettucci di legno di queste graziose mangiatoie nel folto del bosco. Solo il fucilino, appeso alla spalla, ma che quasi non si nota, ci fa intuire quale sia la sua vera attività...
Sinceramente caro Giovanni dovessimo raccontare ai bimbi la realtà delle nostre fattorie scapperebbero terrorizzati da tanto orrore.
RispondiEliminaE allora cosa è meglio? farli crescere con l'idea che tutto sia perfetto , amorevole, e invece poi?
Difficile risposta, ci potrebbe essere una via di mezzo , ma se poi si finisce con la bistecca nel piatto che si fa?
Dammi tu l'ardua sentenza..
Bacissimo!
Ciao Nella cara!
EliminaIo ti voglio tanto bene, ma sinceramente non riesco a capire con chiarezza alcune parti del tuo commento. Quale è il senso, per esempio, della tua domanda? Che cosa ti cruccia e ti lascia perplessa?
Allora, facciamo finta che, invece che 'La Fattoria', stia uscendo in edicola una serie di fascicoli che si intitola 'La piantagione del Mississippi': primo volume, conosciamo la governante negra Mamie ... :)
Dovrebbe così smascherarsi che cosa è realmente questa pubblicazione: un ostacolo a comprendere la realtà, la divulgazione alle menti più ricettive, quelle dei bambini, di una immagine estremamente falsa del mondo - di una certa parte di mondo.
Provo a far(mi) chiarezza: raccontare falsità ai bambini, su come vivono gli animali imprigionati nelle pratiche zootecniche, dirgli che sono felici e trattati bene, tacergli che vengono uccisi, separare la loro presenza dalla bistecca, è vantaggioso solamente per chi lavora a danno di questi animali; oltre tutto, è - dal mio punto di vista - estremamente vergognoso. Si tace al bambino una realtà di orrore, gli si preclude la possibilità di conoscere davvero gli altri animali. Ci sono molti esempi sul fatto che i bambini, in realtà, quando vengono a scoprire certe realtà, sanno prendere decisioni molto più rapide e coerenti di quello che fanno gli adulti: e, secondo me, se gli adulti impediscono di fare queste scelte - o peggio, le ignorano - non fanno del bene ai bambini, non li rispettano come esseri capaci di valutare, capire e decidere. Se ne hai voglia, prova a navigare un po' sul blog della psicologa Annamaria Manzoni, che scrive molto su questi argomenti.
Abbi pazienza se mi sono dilungato, mi piacerebbe assai di più parlare di giochi e di favole che aiutanmo i bambini a conoscere e rispettare gli animali, a capire che sono individui viventi e con desideri, proprio come loro (i bambini umani).
BACISSIMI