sabato 17 gennaio 2015

Balene...



Non potrebbe essere esile un libro che racconta e parla delle balene.
Infatti, "Leviatano, ovvero la Balena", di Philip Hoare, conta oltre 400 pagine, ricche di illlustrazioni e disegni.


Sto finendo di leggerlo in questi giorni, e a dire il vero, ce l'ho  tra le mani da alcuni mesi - durante i quali nel leggevo qualche pagina al giorno, a volte alcune decine, a volte capitoli interi.
Non perché sia una lettura difficile o noiosa, al contrario: è lettura corposa e godibile, addirittura gustosa come un libro di altri tempi.



Lo assimilerei a un almanacco del diciannovesimo secolo, a un libro stampato per marinai e scritto da marinai, e credo che questo sarebbe un giudizio che l'autore apprezzerebbe - come è lui stesso legato alle balene, fin dai tempi dei suoi antenati.

Dell'almanacco ha la varietà dei materiali e dei racconti: ci sono aneddoti che vogliono o stupire o sorprendere; che ambiscono a commuovere o a far inorridire.
Aspetto con curiosità di scoprire il finale, ma già al punto in cui sono, posso essermi ben fatto una idea del libro.



Su e giù per i mari e gli oceani, lungo i secoli e percorrendo le coste di tutto il mondo, crocevia di leggende e di cupidigie, ispirazione per scrittori e poeti, la balena  appare moltiplicata da questo prisma umano che la sfaccetta e la affetta in centinaia di modi, ma non  ce la riporta più intera, se non come 'mostro marino', semi leggendario, sterminatore di uomini. 


Viene capovolta la realtà, come se le acque oceaniche fossero sopra la nostra testa, e il cielo  a precipizio sotto i nostri piedi.
Non è l'uomo, che la caccia e la stana e la stermina e la cerca per il suo grasso, per l'olio, per le  ossa, per la carne, per i fanoni, per le pinne, per la carne, per gli occhi, per la testa, ad essere il predatore; ma lei, invece, la balena, a diventare belva feroce e infida - lei, la vittima di questo sterminio, che ha la colpa di difendersi, di tanto in tanto riuscendo con efficacia per forza di cose letale, a tener testa ai suoi cacciatori.




Le espressioni di solidarietà verso le balene, e di critica per la caccia di cui è stata vittima per secoli, si mescolano nel libro a frasi di rievocazione ammirata o digressione tecnico-scientifica, oppure narrazione letteraria, senza soluzione di continuità, e a volte possono suonare un poco di maniera - benché non sia lecito dubitare della sincerità dello scrittore, quando li pronuncia.

Dal Seicento all'Ottocento, la balena è stata letteralmente motore e combustibile per l'espansione predace delle nazioni, legata a filo doppio col commercio degli schiavi, essa stessa schiava, profitto e sostegno di città, navi, porti, traino per mercanti, preti, naturalisti e scrittori. Nel XX secolo, è stata vittima di guerre e di tecnologie, che hanno trasformato gli oceani sua casa, in uno sconvolgente ininterrotto campo di battaglia tra umani - che, specialmente quando sono dei militari, considerano tutto ciò che non è umano, come inanimato palcoscenico (si parla di 'teatro delle operazioni belliche', credo non a caso).
Oggi, salvo deprecabili eccezioni, tanto più eclatanti, la caccia alle balene è pressoché scomparsa: ma solamente perché a essere pressoché scomparsa è proprio la balena;  o perché le 'risorse' del suo corpo sono state rimpiazzate da altre più economiche, più abbondanti e disponibili, meno pericolose da ottenere. Quasi mai a motivo di una presa di coscienza più empatica e profonda, nei confronti di questa creatura, che a tutt'oggi è ancora un mistero quasi totale.



Sospetto che alla fine di questo pur mirabile libro, la balena rimarrà inafferrabile, mai ricomposta nella sua interezza di vivente, solo per se stessa. Questo perché la balena è stata misurata, affettata, bollita, analizzata con strumenti, fotografata, disegnata, vivisezionata, sempre con strumenti analitici che hanno la loro ragion d'essere nella presa di distanza e allo stesso tempo nella presa di possesso: sotto questi strumenti, nessun essere vivente può sopravvivere, può esprimersi; non ha altra scelta che agonizzare, immobilizzarsi, morire, diventare strumento e cosa; anche dopo morta, la balena non può morire, perché deve viaggiare in mille modi e forme, tra musei e circhi, tra accademie scientifiche e wunderkammer dei mari.
Ci sono però delle pagine notevoli, che evocano abissi e insondabilità cetacei, fianco a fianco con macchinosità e scopofilia umana. La balena, allora, si trasfigura in mostro, in ricompensa divina per il coraggio e l'ingegno umano, e perciò vi si sottomette, omaggiando il cacciatore con la sua stessa vita e donandogli in premio il corpo (!).
La balena è mistero degli abissi spaziotemporali e forse un giorno vedrà l'umano estinguersi e nuoterà immemore delle "creature ingordse" che la perseguitavano, "condannate alla rovina dalla loro stessa ingordigia".
Sia come sia, tutte le relazioni che l'uomo nei secoli stabilisce con la balena, sono basate sui suoi desideri "più che sui diritti dell'animale".


"(...) la loro pelle (della balena franca) (come quella di tutte le specie di balena), è straordinariamente sensibile, a tal punto che la semplice pressione di un dito umano può farle rabbrividire in tutto il corpo". (pag.200) A causa dei nostri sensi piccini, la dimensione delle balene le beffa e le tradisce ai nostri occhi: ce le ha rese mostri da temere ma anche da perseguitare e uccidere con avidità. Eppure, non sono le dimensioni che valgono per comprendere l'universo della balena: un universo fatto di suoni blu tutt'intorno e dentro l'acqua, per miglia e miglia in ogni direzione, e lungo ogni freccia del tempo.

"Una terza fotografia, quasi insopportabilmente triste, mostra un cucciolo d'orso, ancora aggrappato al corpo senza vita della madre. I piccoli, destinati a passare tutta la vita in uno zoo, venivani trasportati in botti scoperchiate, chiuse da sbarre. Gli esemplari viaggiavani incatenati all'albero, come cani" (pag.223)
Quasi, sotto prodotti della caccia alla balena, cadono vittime degli umani, anche orsi, foche, delfini, focene, moltissimi pesci. Sono prede destinate a vari usi, anche solo per divertire, anche solo per arrotondare il profitto, specialmente se il bottino non è grasso.



"La balena di Sir Clifford è stata interamente articolata, in modo che, come fosse un gran cassettone, potete aprirne e chiuderne tutte le cavità ossee, allargarne le costole come un ventaglio enorme, e andare in altalena tutto il giorno sulla sua mandibola. " (pag.246) La balena non esiste più, viene tassidermizzata e scansionata, trasformata in utensile, resa irriconoscibile, diventa invisibile.

 "Scoresby (...) non aveva mai avuto dubbi sul diritto dell'uomo a cacciare le balene; anzi, considerava la caccia alla balena un tributo al genio umano e alla generosità divina" (pag.275)
La balena è ponte tra uomo e dio, è allo stesso tempo preda e bottino, sfida e ricompensa, immagine della gloria divina e prova dell'audacia umana, che la misura, la giudica e la considera, come sempre, inadeguata.

"In quel momento, capii che le balene mi avevano preso le misure, capii che sapevano che cos'ero, anche se non ero in grado di comprenderle, capii che ero un oggetto in una mappa quadrimensionale, valutato sulla base di sei sensi. Ogni sfumatura dei loro movimenti teneva conto dei miei." (pag.403) Alla fine, l'emozione di un simbolico riscatto, un rinnovato incontro sull'orlo dei tempi e delle estinzioni: dove le balene, si trovano di nuovo di fronte a un umano, questa volta singolo e disarmato. E lo sanno cogliere assai meglio di quanto riesca l'uomo a fare con loro.








Philip Hoare
Leviatano ovvero la balena 
Einaudi, traduzione di Duccio Sacchi e Luigi Civalleri, 
pagg. 432, euro 22)


2 commenti:

  1. pochi minuti fa, ho terminato il libro di Hoare. Credo di essermene innamorato. Come si addice a esseri viventi così ancestrali come le balene, l'avvicnarsi a loro - sia in senso fisico che in senso euristico - non può che svolgersi per gradi, in un crescendo, che comincia con gli aneddoti della letterstura, prosegue con la truculenza dello sterminio umano, in tutte le sue forme plurisecolari e multiformi, dirette e indirette; fino ad arrivare alla dichiarazione amorosa, che deve necessariamente svolgersi in acqua, nell'elemento della balena. Una - autentica - confidenza lenta. Ma, duratura.

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  2. In esergo al capitolo tredicesimo, c'è la frase che forse ha fatto infine scattare il colpo di fulmine per questo libro. Una frse di Thoreau, che per me è una folgorazione; e che mi ha fatto capire più dio mille spiegazioni, perché Thoreau, oltre che scrittore e poeta, è anche un acutissimo filosofo, vitale e seminale per il pensiero antispecisra, come ce ne sono probabilmente pochi nel passato del pensiero filosofico.
    Ecco la frase:
    "Può avere mai luogo un miracolo più grande del guardare l'uno attraverso gli occhi dell'altro per un istante?" - Henry David Thoreau, da "Walden, Vita nei bischi"

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