A volte ti viene il magone e succede quando adesso più di prima, pensi a Lisa. In questi giorni.
L'hai sognata, di recente: era come se fossimo in un'altra realtà, dove era tutto normale e lei era ancora presente - anche se aleggiava una rassegnazione. Potevi sfiorarla, ti muovevi e lei era lì, condivideva il tuo stesso spazio.
Poi ti svegli e non puoi non piangere.
Esci con Maika, a volte la chiami Lisa, allora cala il silenzio per un bel po’.
Meno male che c'è lei, così appassionata. Meno male che c'è Chicco, così amichevole. Meno male che c'è Kikiuz, così graziosa.
Anche se comunque non riesci a non continuare a chiederti perché - perché Lisa se ne andata, così presto - sempre troppo presto ti sembra.
Poi, ti è capitato sotto gli occhi un racconto di J.M.Coetzee. E un po', cominci a capire meglio - a distanza di mesi. O, almeno, lo speri.
J.M.Coetzee è l'autore Nobel de "La Vita degli Animali" (post-appost per parlarne prossimamente), libro metanarrativo dove Elizabeth Costello, la scrittrice immaginaria-immaginata da Coetzee - con un pizzico di lui, ne sei convinto - si muove nel rarefatto mondo degli scrittori e degli intellettuali.
Costello è la protagonista di alcuni testi di cosiddetta metanarrativa -cioè la narrativa che parla di se stessa, oltre la narrativa, scoprendo tutte le carte.
In questi testi, la scrittrice pone problematici quesiti - domande su questioni etiche spinose e addirittura moleste, fastidiosamente non aggirabili, non ignorabili - per lo meno, se si accetta di vivere in un certo modo, in un certo contesto. Però, non dà risposte che non siano ulteriori domande. Come ogni buon scrittore, non ha certezze e non ne regala, sa che le certezze preparano al fanatismo.
A volte, con lei, c'è il figlio: un po' narratore ordinario delle azioni di un personaggio straordinario, un po' un Coetzee in scala ridotta - o meglio, una sua metonimia.
Come in questo racconto, che è apparso mercoledì 26 luglio 2019 su Repubblica, a pagina 34-35: "A lezione di vita dal mio cane (e da Kafka)", tradotto da Maria Baiocchi.
Elizabeth Costello non scrive più, è molto anziana, forse si è ammalata, è concentrata sulla sua - lei pensa - prossima, vicina morte.
Chiama il figlio: vuole aiuto da lui? Vuole attenzione? Sta scrivendo mentalmente un climax della sua autobiografia?
A un certo punto, Costello cita Kafka: "C'è speranza, ma non per me. C'è speranza, ma non per noi".
Elizabeth, in realtà vorrebbe porre fine alla sua vita, ma non può farlo da sola. Perciò chiama il figlio, che viene da lei dall'altro capo del pianeta, usando l'aereo. Lui le dice: "Vuoi che ti tenga la mano. Anzi, non solo. Vuoi che ti dica, non farlo. Vuoi che ti dica, non chiudere la porta, c'è sempre speranza".
E qui, a sorpresa, fiorisce l'ultimo paragrafo, che è quel che secondo te marca la differenza tra Coetzee - attento agli animali in quanto tali - e gli altri scrittori - disattenti, distratti, disinteressati, invece, o peggio, doppiogiochisti, verso gli animali.
E Qui hai rivisto quasi letteralmente Lisa, le sue scelte, il suo ultimo anno di vita - e forse la fine è arrivata quando la speranza si è consumata del tutto, come l'ultimo esalar di fumo dallo stoppino di una candela ormai consumata, che aleggia quasi immobile ancora per un po' nell'aria della stanza, nell'aria del giardino. Lisa non ha mai perso la consapevolezza, non ha mai perso - lo sgranocchiare la vita con impegno.Quando se ne è andata, lei sapeva che tu eri lì conlei - e forse era un po' arrabbiata, forse un po' spaventata. Forse non voleva lasciarti solo, forse voleva arrivare all'alba, forse voleva arrivare al tempo dei prati verdi e del sole caldo ancora una volta. Forse sapeva che quella stanza - la camera della casa - era il suo ultimo spazio occupato su questa terra.
Il figlio dice a Elizabeth Costello, sua madre.
"Ti voglio raccontare una storia mamma, una storia sulla speranza. Avevamo un cane, uno spaniel di nome Demetra. Tu non l'hai mai incontrata, ma forse te ne avranno parlato i bambini - a loro piaceva tanto. Da vecchia Demetra ha avuto un cancro, un enorme tumore alla spina dorsale. Ce ne siamo accorti troppo tardi Il veterinario non poteva fare altro che alleviare un po' il dolore. E lei stava stesa in una cesta in cucina ad aspettare la morte. Ma non pensava mica ad arrendersi, a mettere fine ai suoi giorni. No, se le mettevi un orecchio sulla gola sentivi un ringhio sordo e continuo di resistenza, di sfida al fato. Non aveva speranza, non sapeva nemmeno cosa fosse la speranza, eppure viveva nella speranza. La speranza era diventata l'espressione stessa della sua esistenza, la lotta di ogni cellula viva del suo corpo per continuare a vivere. Un corpo come il mio, come il tuo. Un corpo animale.
Così finisce la storia di Demetra Certo che è morta. Tutti moriamo. Ma forse puoi imparare qualcosa da lei".
Vivo con almeno un cane da 42 anni, non riesco ad immaginare la mia vita senza di loro.
RispondiEliminaNon c'è giorno in cui non pensi ai tanti, troppi cani con cui ho percorso un pezzo di strada e che non ci sono più.
Loro sono davvero i miei migliori amici.
La maggioranza degli umani è invece loro nemica: sfruttati, comprati e venduti come oggetti, abbandonati, maltrattati, ignorati.
Non meritiamo la fortuna di condividere la Terra con loro.
Un pensiero a tutti i nostri amici sul Ponte, grazie per questo articolo.
I cani sono creature sociali,collaborative, oazienti. Osservano, aspettano, attendono e riflettono.Sono davveto creature gentili, che a volte hanno la sciagurata (per loro) decisione di preferire rinunciare a qualcosa a cui tengono, pur di vedere che così siamo felcii. La gioaia della vita è la cosa più bella che hanno e ce la donano con generosità. Sì, noi siamo dei traditori nei loro confronti, non meritiamo questa loro libera voglia di stare con noi. Perciò, oltre tutto, ciascuno di loro non lo dimentico mai - anche se la vita trascorsa con loro adesso non apparae altroc he come un sogno, già svanito.
EliminaGrazie per il tuo commento.
Avevo 8 anni quando arrivò il primo cane della mia vita .Son passati70 anni e , come disse Schopenhauer, “Se non ci fossero i cani io non vorrei vivere in questo mondo” .
RispondiEliminaMia figlia, cui ho trasmesso questo grande amore, dice che deve essere un "castigo divino" il fatto che i cani vivano così poco.
Ogni volta che un amico-cane se ne è andato si è portato via un pezzetto della mia vita e del mio cuore.
So che durano quanto una stella cadente luminosa e trasparente ,
senza il velo dei Maya , come dice il filosofo, eppure non ho mai rinunciato ad averne uno o più al mio fianco.
Cristiana
Ps. Grazie del passaggio nel mio blog