mercoledì 17 luglio 2019

Corrida, il toro umano






Divenne consapevole del vagito ultrasonico. Era una cosa che gli torturava i timpani, mentre rimaneva appena oltre la soglia dell'udibile.





Si tirò sui in piedi nell'oscurità. Urtò contro i muri diverse volte. Ottusamente, si accorse che le sue braccia erano doloranti, come se ci fossero entrati molti aghi.

Il suono lo faceva impazzire...
Scappare! Doveva fuggire!

Un minuscolo riquadro di luce apparve alla sua sinistra.
Si girò e gli corse incontro e questo crebbe fino alle dimensioni di un accesso.

Lo attraversò di corsa e si fermò battendo le palpebre al bagliore che assalì i suoi occhi.
Era nudo, stava sudando. La sua mente era piena di nebbia  e di frammenti sfilacciati dei sogni.

Udì un boato, come di una folla e sbattè gli occhi contro la luminosità.
Torreggiante, una figura oscura gli stava di fronte, in distanza.

Sopraffatto dalla rabbia, le corse incontro, non del tutto sicuro del perché.
I suoi piedi nudi calpestarono la sabbia bollente, ma ignorò il dolore mentre correva all'attacco.
Una parte della sua mente inquadrò la domanda: "Perché?", ma la ignorò.
Poi, si fermò. Una donna nuda stava di fronte a lui, chiamandolo, invitandolo e allora arrivò una improvvisa ondata di fuoco ai suoi reni.

Si girò leggermente alla sua sinistra e si diresseverso di lei. Lei ballò via.
Lui aumentò la sua velocità, ma quando stava quasi per abbracciarla, arrivò un'ondata di fuoco alla sua destra e lei era andata.
Lui guardò la sua spalla e un'asta di alluminio sporgeva da essa e il sangue colava lungo il braccio.
Ci fu un alro boato... e lei apparve ancora. Lui la inseguì ancora una volta e la sua spalla sinistra bruciò di fuochi improvvisi.
Lei era andata e lui stava in piedi, tremando e sudando, battendo le palpebre per il bagliore.
"È un trucco", decise. "Non stare al gioco!".

Lei apparve ancora e lui rimase in piedi impietrito, ignorandola. Venne assalitò da fuochi, ma si rifiutò di muoversi, sforzandosi di schiarirsi la mente.
La nera figura apparve ancora una volta, alta circa sette piedi - più di due metri - con due paia di braccia. Teneva qualcosa in una sua mano. Se solo il lampo non fosse così pazzesco, forse lui...

Ma lui odiava la nera figura e la caricò.
Il dolore frustò il suo fianco. 
- Un minuto! Asèetta un minuto! - 
- è follia! - è pazzia! - disse a se stesso, richiamando la propria identità. 
- Questa è una arena dei tori e io sono un uomo e la nera figura no. Qualcosa è sbagliato.
Cadde sulle mani e le ginocchia, prendendo tempo. Sollevò un paio di manciate di sabbia mentre era giù.
Allora arrivarono i pungoli, elettrici e dolorosi. Li ignorò più a lungo che riuscì, poi si alzò. la nera figura gli ondeggiò qualcosa davanti e lui sentì di odiarla. Le corse incontrò e si fermò davanti. Sapeva che era un gioco adesso. Il suo nome era Michael Cassidy. Era un pocuratore. New York. Della Johnson, Weems, Daugherty & Cassidy. 

Un uomo lo aveva fermato, chiedendolgi da accendere. All'angolo di una strada. A notte tarda. allora ricordò. Gettò la sabbia alla testa della creatura.
Quella ondeggiò momentaneamente, e le sue mani vennero alzate verso quella che poteva essere la sua faccia. 

Digrignando i denti, strappò l'asta dalla spalla e diresse la sua punta acuminata nel mezzo della creatura.
Qualcosa toccò il retro del suo collo e ci furono tenebre e lui rimase fermo per lungo tempo. 
Quando riuscì a muoversi ancora, vide la oscura figura e provò ad affrontarla. 
La mancò e ci fu dolore lungo la schiena e qualcosa di umido. 

Quando si mise in piedi ancora, gridò: "Non puoi farmi questo! Sono un uomo! Non un toro!".
Allora, ci fu un suono di applauso. Lui corse verso la creatura oscura sei volte, provando a cimentarsi con questa, ad afferrarla, a colpirla. Ogni volta, si fece male. Allora si fermò, ansimando e boccheggiando e le sue spalle facevano male, e la sua schiena faceva male e la sua mente si schiarì per un momento e lui disse: "Tu sei Dio, vero? E questo è il modo in cui Tu giochi...".

La creatura non gli rispose e lui balzò in avanti.  Si interruppe, quindi cadde su un ginocchio e si tuffò contro le sue gambe. Lui sentì un ardente dolore tra i suoi fianchi. mrntre trascinava l'oscuro a terra. Lo colpì due volte col pugno, poi il dolore penetrò il suo petto e lui si sentì diventare insensibile.

"Oppure tu sei...?", chiese, le labbra ingrossate. "No, tu non sei ... Dove sono?"
Il suo ultimo ricordo fu qualcosa che tagliava via le sue orecchie.



Il racconto, qui presentato in una tua traduzione, è di Roger Zelazny, autore di racconti fantascientifici. Ricevette molti premi, e leggendo il racconto si capisce il perché (Lo potete trovare da leggere in inglese a questo link. 
Tu lo leggesti per la prima volta nella antologia Urania  814 (23 dicembre 1979!) intitolata "44 Microstorie di Fantascienza".

Due brevi parole sulla traduzione: man mano che procedevi, eri sempre più convinto di eseguire una traduzione quanto più strettamente letterale possibile. Sia perchéalcune libertà avrebbero sì sciolto la prosa, ma avrebbero anche allungato certe frasi o espressioni, modificando leggermente il significato. Alcune parole sono importanti più di altre nel loro significato letterale e alcune ripetizioni - che rendono un po' rigido e ripetitivo il proseguire del racconto - sono secondo te funzionali al dare un senso di disorientamento, di crescente difficoltà.

Il racconto parla di una corrida capovolta. Siamo noi nella parte del toro, questa volta, ma -al solito, in quanto mani - non possiamo immedesimarci nel dolore altrui finché non lo proviamo - letteralmente - sulla nostta pelle.

Questa, dunque, è la cultura a cui accennavi: una cultura capace di creare collegamenti e sposamenti di prospettiva, capace di andare al nocciolo nudo e crudo di certe realtà, spogliate di ogni orpello e raccontate nella loro nuda crudeltà.

Deve essere coraggiosa, la cultura, non un alibi per azzitire chi obietta e chi protesta contro qualcosa di efferato, che ormai non può più essere accettato e non dovrebbe più trovare spazi o attenzioni - come la corrida.  Un libro di storia della tradizione della tauromachia ("Ah! La tauromachia!", esclamava  Luigi Guastardo della Radica, ma era un personaggio comico dell'attore Fabio De Luigi) è solo una cortina di fumose illusioni e pretesti per non metter(si) in discussione.  Per non questionare il proprio specismo arroccato sui privilegi che ancora si presume spettino alla nostra specie.



 









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