"La nostra vita, non è nostra. Da grembo a tomba, siamo
legati ad altri, passati e presenti. E da ogni crimine e ogni gentilezza,
generiamo il nostro futuro.
Le conseguenze della vita di un individuo si spandono per
tutta l’eternità.", è il messaggio di Sonmi, il clone servente della mangeria, che con queste parole cambierà il mondo dove vive.
"Tutti i confini sono convenzioni,
in attesa di essere superate.
Si può superare qualunque convenzione, solo se prima si può
concepire di poterlo fare. In momenti come questi sento chiaramente battere il
tuo cuore come sento il mio e so che la separazione è un’illusione. La mia
vita, si estende ben oltre i limiti di me stesso", scrive Robert Frobisher al suo amato Sixsmith.
Soprattutto quando si parla di confini da superare e di gentilezza - opposta al crimine - capace di generare il futuro, potrebbero essere frasi che moltissime persone che si battono per mutare il destino degli altri animali - gli animalisti, gli attivisti, insomma - direbbero o sottoscriverebbero di slancio.
Tra di loro, di sicuro, Rita Ciatti e Eloise Cotronei, due ideatrici dell'azione NOmattatoio, che organizza presidi davanti al macello di Roma, da ormai quasi tre mesi. Presto, ci sarà il terzo.
D - COME E QUANDO NASCE QUESTA CAMPAGNA?
Mangiare carne è una pratica talmente consolidata e
considerata “normale, naturale, necessaria” – per usare le tre N di cui parla
Melanie Joy - che è veramente difficile far riflettere le persone sull’intero
processo e le pratiche di violenza che si nascondono dietro questa abitudine
culturale. La campagna nasce quindi dall’esigenza di dare visibilità a questi
luoghi, i mattatoi – generalmente posizionati lontani dai centri abitati e
rivestiti da una patina di disarmante anonimato – dove vengono uccisi circa
53
miliardi di animali all’anno: migliaia ogni giorno; difficile calcolare il
numero esatto, considerando che poi stiamo parlando solo di animali terrestri,
esclusi i pesci.
Siamo rimaste molto colpite da quanto stanno facendoalcuni attivisti in Canada, esattamente a Toronto, in prossimità dei mattatoi:
filmare, fotografare e talvolta portare un minimo sollievo – come dissetare e
rinfrescare in estate – agli animali che arrivano stremati e terrorizzati dentro i tir, così abbiamo deciso che era arrivato il momento di fare qualcosa
di simile anche in Italia.
Il primo presidio è stato organizzato lo scorso dicembre e
da allora la campagna è andata sempre più strutturandosi con modalità e
finalità ben precise.
D - E' VERO CHE è UNA CAMPAGNA CHE NASCE
DALL'INIZIATIVA DI SINGOLI INDIVIDUI, E NON E' IL FRUTTO DI UN'AZIONE DI
ASSOCIAZIONI ORGANIZZATE? COME MAI QUESTA SCELTA? QUALE E' IL SENSO?
Sì. Il motivo per cui abbiamo preferito non coinvolgere le
varie associazioni animaliste è prettamente strategico e riguarda soprattutto
il contenuto di ciò che vogliamo comunicare all’esterno.
Innanzitutto
vorremmo che l’attenzione si concentrasse sui veri protagonisti, loro malgrado,
della campagna: le vittime di questo che non esitiamo a definire un vero e
proprio olocausto, ossia gli animali; poi riteniamo che il problema di come
trattiamo, sfruttiamo e abusiamo degli animali non riguardi soltanto gli
“animalisti”, ma la società intera, e che quindi sia giunto il momento di
responsabilizzare la collettività. È sbagliato pensare che sia necessario amare gli animali per
occuparsi e preoccuparsi del loro destino: sono individui senzienti che abitano
il pianeta insieme a noi e, in sostanza, il loro rispetto è una mera questione
di giustizia. Un problema politico e sociale, non di preferenze o passioni
individuali. Credo che tutti, come ha scritto una nostra amica in un cartello
che ha portato durante i presidi, dovremmo interrogarci sul perché porteremmo
volentieri i nostri figli a vedere come si coltiva la frutta, ma non avremmo
mai il coraggio di mostrargli cosa avviene dentro i macelli. C’è un paradosso
in questa pratica che da una parte viene considerata legittima e “normale” e
dall’altra l’esigenza di occultarla alla collettività.
Consideriamo poi che il
lavoro che viene svolto dentro i mattatoi è alienante e psicologicamente
devastante anche per gli addetti alle varie mansioni di s-montaggio dei corpi
degli animali. Un lavoro che degrada e distrugge nello spirito altri individui
che raramente scelgono di svolgerlo, ma piuttosto vi sono costretti per
necessità.
Perché abbiamo scelto proprio il
mattatoio: non soltanto perché è il luogo dove vengono uccisi più animali
rispetto a qualsiasi altro, ma anche perché simbolicamente rappresenta proprio
il fulcro del loro sfruttamento.
Durante questi presidi noi ci
poniamo come semplici testimoni di chi purtroppo non viene ascoltato e non
perché incapace di manifestare dissenso o ribellione – ormai sappiamo con
certezza che gli animali sono consapevoli della loro schiavitù e si rendono
totalmente conto di quanto stia loro accadendo –, bensì perché si preferisce
rimuovere o persino negare la loro sofferenza o persino esistenza. Sembra
assurdo eppure un gran numero di persone non si è mai chiesto da dove provenga
la fettina che si mette nel piatto.
CHE SCOPI VI PROPONETE?
Lo scopo primario quindi è quello, per usare come metafora
la famosa citazione di Lev Tolstoj, di rendere trasparenti le pareti dei
macelli, così che sempre più persone potranno riflettere sui meccanismi sottesi
alla produzione di quella che chiamiamo – con un’astrattezza terminologica
volta a rendere assente il referente animale inteso come singolo individuo –
semplicemente “carne”;
QUALI OBIETTIVI?
L’obiettivo è quello di arrivare a una
partecipazione sempre più consistente – e già al secondo presidio siamo andate
benissimo, considerando che erano presenti più di duecento persone – e di
riuscire a coinvolgere anche attivisti di altre realtà italiane o, perché no,
addirittura estere –, i quali potranno organizzare altri presidi di fronte ai
mattatoi delle loro città; sarebbe molto utile creare una sorta di rete di
attivisti capaci di organizzare presidi nello stesso giorno in più città; tutto
questo ovviamente al fine di destare l’attenzione dei media per avviare un
serio dibattito pubblico sulla liceità dello sfruttamento e uccisione degli
animali e per responsabilizzare le persone sull’importanza di una corretta e
trasparente informazione: solo chi è pienamente informato può compiere scelte
davvero libere e consapevoli.
CHE TIPO DI STRATEGIE AVETE SCELTO?
Le strategie sono finalizzate a informare e
sensibilizzare. Quindi portiamo su strada striscioni, cartelli o altri
materiali che mostrano quanto avviene agli animali dentro ai mattatoi,
alternati ad altri che li mostrano liberi e affrancati dal dominio umano, come
dovrebbe essere in natura, se solo non fossimo tutti viziati di
antropocentrismo. Non accettiamo comportamenti aggressivi o misantropi, non
andiamo davanti ai cancelli del mattatoio per insultare i macellai o sulla
strada per inveire contro chi mangia carne, siamo lì, come detto sopra, per
mostrare alla collettività cosa si nasconde dietro la normalità e persino
banalità – la famosa “banalità del male” di cui scriveva la Arendt – della
fettina di carne. Chiediamo ai partecipanti di incanalare il dolore del
trovarsi di fronte a un luogo tanto tragico in atteggiamenti costruttivi e
nonviolenti.
LA DEFINIRESTE UNA MODALITA' DI LOTTA NON
VIOLENTA, SECONDO QUANTO HA SCRITTO GANDHI?
Sì, certamente. Noi scendiamo in strada con i nostri
corpi, armati solo di cartelli, striscioni - e al massimo un megafono per fare
qualche lettura -, al fine di rappresentare altri corpi, quelli di tutti gli
animali condotti al macello.
COME SONO ANDATI I PRESIDI FINORA?
Finora direi molto bene. Al primo presidio, quello di
dicembre, erano presenti un’ottantina di partecipanti, compreso l’inaspettato
arrivo di una persona che si è trovata a passare di lì per caso e ha voluto
unirsi a noi; il secondo direi che andato ancora meglio: fuori da ogni
aspettativa quel giorno, nonostante il maltempo, si sono uniti a noi quasi
duecento attivisti.
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Presidio di dicembre, 1 |
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Presidio di gennaio, 2 |
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Presidio di gennaio, 2 |
le foto dei presidi sono di
Marco Cioffi e
Andrea Cavalletti
CHE COSA CONTERRA' IL NUOVO SITO E COME SI COLLEGHERA' ALLA
OMONIMA PAGINA SU FACEBOOK?
Da poco abbiamo un sito ufficiale che si chiama
Nomattatoio . org in cui abbiamo voluto spiegare innanzitutto in cosa consiste il
progetto e che poi abbiamo intenzione di tenere aggiornato di tutte le nostre
attività; sul sito poi ci sono i vari collegamenti alla galleria di foto dei
presidi, alla pagina Facebook (quotidianamente aggiornata con immagini e
riflessioni) e all’account twitter. Più in là lanceremo anche degli eventi
virtuali, dando alla campagna una visibilità sempre più massiccia sui vari
social. Ci teniamo a ringraziare i due amici che ci hanno creato il sito e che
sono Francesca Giannone e Daniele Calisi. Nonché le tante persone che ci danno
suggerimenti, consigli e aiuti concreti. Le cose da fare sono tante, siamo
partite dal nulla, ma speriamo che la campagna piano piano acquisisca sempre
più una sua identità e funzionalità strategica.
IL RAPPORTO TRA IMMAGINI DI ANIMALI LIBERI E FELICI
CONTRAPPOSTE A IMMAGINI DI ANIMALI PRIGIONIERI E INFELICI. COSA PENSI DI QUESTE
DUE MODALITA' DIFFERENTI? COME LE CONFRONTERESTI, DAL PUNTO DI VISTA DI
DIFFERENTI CONTESTI E SPERATI RISULTATI CHE SI POSSONO OTTENERE IMPIEGANDO DUE
TIPI DI IMMAGINI COSI' DIVERSE?
Ecco, hai colto nel segno.
Sia sulla pagina Facebook che sui cartelli che portiamo ai presidi abbiamo
consapevolmente scelto di alternare immagini di animali sofferenti dentro ai
mattatoi – in attesa di essere uccisi, mentre vengono sgozzati e fatti a pezzi,
costretti e ammassati sui tir durante il loro primo e ultimo viaggio – ad altre
in cui vivono liberi nel loro habitat o magari finalmente al sicuro in uno dei
vari santuari che ospita animali salvati dai macelli o da altre situazioni di
sfruttamento. Questo perché siamo convinte che solo raccontando la verità su
chi siano questi individui che vengono uccisi nell’indifferenza più totale –
ossia individui senzienti, intelligenti, capaci di provare una ricca gamma di
emozioni e sentimenti – sarà possibile smuovere un minimo le coscienze e far
riflettere sulla profonda ingiustizia della realtà dei mattatoi.
Quindi da una parte gli
animali come sono e come dovrebbero rimanere, ossia liberi e rispettati – in un
totale superamento della discriminazione di specie – dall’altra come,
purtroppo, vengono ridotti a causa di meccanismi impliciti e sottesi a una
logica di dominio che sarebbe ora di iniziare a decostruire.
Uccidere e sfruttare gli
animali non ci eleva al di sopra di loro; al contrario, ci preclude ogni
possibilità di conoscerli e ci rende ciechi di fronte all’alterità. Un’alterità
che è sempre arricchimento e mai sottrazione.
Rita Ciatti e Eloise
Cotronei
Vorrei segnalare che questa intervista è stata linkata e ripresa su Gallinae in Fabula, Onlus antispecista; e sul blog Il Dolce Domani, di Rita Ciatti. Grazie Rita e grazie Leonardo (anche per la curiosità che mi hai messo sul film Cloud Atlas) :)
RispondiEliminahttp://gallinaeinfabula.com/2015/02/25/davanti-al-macello/
e
http://www.ildolcedomani.com/2015/02/davanti-al-macello.html
anche qui!
Eliminahttp://www.nomattatoio.org/blog/2015/tre-mesi-di-nomattatoio-rita-e-eloise-in-un-intervista-per-il-blog-la-confidenza-lenta.html
Non ci fermeremo, tutti i lager devono chiudere.
RispondiEliminaBrava Stefania :)
Elimina"coinvolgere anche attivisti di altre realtà i quali potranno organizzare altri presidi di fronte ai mattatoi delle loro città; sarebbe molto utile creare una sorta di rete di attivisti capaci di organizzare presidi nello stesso giorno in più città; tutto questo ovviamente al fine di destare l’attenzione ", riprendo questo passaggio dell'intervista perché mi sembra un obiettivo efficace e che vale la poena raggiungere
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