martedì 15 agosto 2017

La guerra sulla pietà

... e se io incontrassi un'orsa...


Le immagini di KJ2 uccisa, ti hanno catapultato coi ricordi al passato. 
Hai provato l'irresitibile necessità di scrivere queste righe, che avrebbero voluto esser brevi ma che rischiano di essere lunghe - e molto probabilmente esorbitanti, inconcludenti: siete avvisati!
2013. Abitavi in montagna. Per una serie di sfortunati eventi, ti ritrovasti faccia a faccia con la salma di un cervo. Lo hai raccontato, con tutti i dettagli, qui
Oggi forse non lo scriveresti così, ma molti dei pensieri lì esposti, non sono cambiati  - e forse, quello che allora era un bambino (e che allora ti impressionò proprio perché si trovava tra gli adulti spettatori di quel ludibrio, scempio di cadavere), oggi sarà un giovane e implacabile cacciatore, sicuro della giustezza delle sue azioni di 'contenimento' degli animali. Più nessuna sorpresa nei suoi sguardi, solo crudezza piatta.
Però, del cervo quel viso, quegli occhi ormai muti, accecati della loro brillante luce vitale dalle pallottole dei cacciatori, non te li dimentichi più. Anche quel bellissimo cervo come l'orsa era adagiato - le membra scomposte e rigide, il pelo sporcato dalla caduta nella morte, per via della spinta potente e irresistibile del proiettile dentro nel corpo - sul pianale semi arrugginito e scolorito di un furgoncino - quelli azzurro-verdi, dozzinali, non belli, solamente utili e poco costosi.  Attorno a lui, come orchi, i cacciatori che lo avevano scovato, perseguitato, sfinito, inseguito e ucciso, quella mattina. Ora che il sole stava calando, proiettavano le loro piccole ombre deformi sulla bellezza di quel corpo - che loro non avrebbero mai compreso, anzi nemmeno vista. Parlavano, a borborigmi crudi e stridenti: di cartucce, di cani, di bastoni, di catene, del bosco (il 'busc'); del peso della 'bestia', di quanto si tira su con la sua carne, con la sua pelle per il tappeto, con la sua testa, con le sue corna.

Una violenza fine a se stessa, che si perpetua anche in migliaia di piccoli grandi gesti prepotenti degradanti.

qui siamo a Pinzolo: notate i fiori sul capo della mucca?

Fu allora che lo baciasti, in un impeto - una provocazione? una sfida? Una opposizione, un rifiuto verso la loro esistenza umana, i loro pensieri grondanti violenza perenne (!). Un saluto, una richiesta di perdono, un omaggio alla bellezza (!). Baciasti il viso del cervo, sulla sua guancia. Un bacio veloce, rapito, rubato. Sporgendoti sul pianale, che fu come sporgersi sull'abisso: della morte, della violenza - forse l'abisso di Nietzsche. Ma un abisso voraginato dagli umani, una trincea scavata nella guerra sulla pietà - ché di questo stiamo provando a pensare.
Non hai immagini del cervo, solo ricordi...

... ricordi identici a questo, in ogni dettaglio squallido e doloroso...

... e perciò, ben comprendi che quello che a prima vista potrebbe sembrare un gesto unico - il mostrare il risultato di una caccia agli amici in paese - è in realtà un singolo episodio di una sequenza molto, troppo lunga, che i cacciatori imbastiscono ormai senza soste; e che questa sequenza è una delle battaglie di questa guerra: una battaglia campale, che inanella vittime, cadaveri, in continuazione, tra gli altri animali. Ci sarebbe anche da accennare al discorso delle immissioni di animali in boschi e ambienti ormai svuotati, le cosiddette ripopolazioni: boschi assediati da città e ambienti antropizzati, nei quali è facilissimo per qualsiasi animale incappare. Troppo-pericolosamente-facile. E allora, si parla di sovrappopolazione, di invasione, di pericolo. E allora, la parola passa ai fucili, come se avessero bisogno di una ulteriore copertura -oltre alle innumerevoli deroghe, licenze, eccezioni di cui già godono.
 (Nota: una delle immagini circolanti, descritta come l'immagine del cadavere dell'orsa, in realtà la ritraggono anestetizzata, quando, mesi fa, venne catturata per metterle il radiocollare; ma poco importa: siamo nella logica del discorso del pathos - anche caotico, quindi -  delle immagini.)


Perché hai baciato il cervo? Ricordi benissimo che avevi, netta in mente, questa immagine:

...solo di recente hai scoperto la probabile vera origine di questa foto, che dunque è un fake!

Solo di recente hai scoperto i retroscena più probabili di questa foto. Ma allora era decontestualizzata - o meglio, ri-contestualizzata (ma, obietti: le mani sulle spalle che sembrano trattenerlo?).
La potenza astratta della immagine - fu quello che ti rimase impresso. Al netto. Non sai, ora, dire se ricavare ispirazione irresistibile da una immagine che è bugiarda - se ricavare un bene da un male - sia qualcosa che (ci) si possa permettere o auspicare sempre, o per sempre (forse no).  Però, quando baciasti il cervo, tu ti sentivi come pensavi si sentisse il ragazzo nella foto. E, di sicuro, il tuo gesto fu sincero; di sicuro, suscitò sorpresa. Siamo in guerra, giusto? Allora: la propaganda, la disinformazione, la strumentalizzazione, possono, potrebbero, prendere strade inaspettate, indesiderate dagli stessi autori della propaganda. Ci si può appropriare del messaggio dell'avversario, piegarlo, depotenziarlo, rendendolo innocuo o addirittura rivolgendolo capovolto e trasformato, da punto debole a punto di forza (stai pensando a un film come 'Pride'). 


Mentre stai scrivendo a getto continuo, insegui i pensieri prima che scappino, ma in questa maniera altri ricordi arrivano a farsi ricordare: ricordi dove gli animali nei boschi sono protagonisti. 

Ricordi la corsa a precipizio di due camosci: stavi salendo un sentiero estivo in un bosco - all'improvviso, a monte, alla tua destra, un fragoroso frusciare di foglie e rami, che si spalanca in un lampo verde e nocciola di corpi, zampe, ciottoli, erbe, terra, sole sul tratto di sentiero a due metri davanti a te: due giovani camosci correvano a precipizio, verso valle. Lungo una discesa ripidissima, velocissimi. Non hai avuto paura, ma solo meravigliata sorpresa - sentivi con certezza che loro ti avevano individuato, tu, lentissimo arrancante in salita semipianeggiante, ben prima che tu potessi anche solo iniziare a sentire il loro avanzare, per cui erano certi che ti avrebbero evitato con  estrema facilità, con noncuranza. 

Oppure: ricordi te che guidi, tra i tornanti montani, in una sera di luna piena, stai salendo verso la  fine della valle. All'uscita dalla galleria: un cervo sovrumanamente gigantesco, sta dritto in mezzo alla strada. fermo, calmo, si guarda attorno, muovendo piano la testa -le sue corna sono immense. Vicino a lui, più piccoli, due individui: hai subito pensato a una femmina e a un giovane, forse il loro figlio. Hai frenato, ti sei fermato, guardandoli riguardato, dal finestrino. Pochi istanti, eterni. L'immbilità del pensiero, dell'attenzione. Del rispetto - reciproco. Della prudenza - reciproca. E tuttavia, non percepisti dal cervo paura, né ostilità. Solo, una attenta osservazione, benché rapida, veloce. Uno scambio impercettibile di sguardi, tra due coscienze. Poi, loro tre scomparvero dall'altro lato della strada - diretti da un prato a un bosco, tagliati in due dall'asfalto umano. 

Non sono gli unici ricordi che tesaurizzi nella tua memoria, di animali non umani. Proprio questi due, però, sono emersi adesso. Perché il pensare alla guerra sulla pietà, come si e ci  raccomanda di fare Derrida, è un pensiero lungo, annoso e probabilmente sfrangiato, ramificato, sfaccettato, poliedrico.
Sono emersi perché possono raccontarci sia la splendida epifania animale, sia il fatto - assodato - della loro effettiva non-belligeranza. Se volessi usare parole altisonanti, scriveresti che se anche loro non ci hanno dichiarato guerra, sono gli animalisti che si sono posti loro alleati a guerreggiare contro la strapotenza bellica umana. Ma, appunto sono straparlare, per una infinità di motivi.

Il fatto è che, più che di guerra, verrebbe da parlare di sterminio (nei termini in cui se ne parla nella Guerra dei Mondi wellsiana): perché la disparità delle forze in campo è troppo estrema, troppo assurda, a tutto svantaggio degli altrianimali.
Gli animali vengono "sterminati nella loro sopravvivenza o addirittura nella loro moltiplicazione", scrive Derrida. Le dimensioni della guerra sulla pietà sono talmente immense che gli stessi umani la negano, la disconoscono, rifiutano di vederla  - o forse, il che è terribile, in molti casi nemmeno la vedono, pensando che non esista, che non sia in corso.  Eppure, le prove ci sono: dati, racconti - immagini.  Derrida le chiama immagini 'patetiche', cioè in grado di generare pathos. Ma in questa guerra, molto c'è di patologico, molto c'è che si allaccia alla sofferenza, alla pietà, alla compassione (scrive sempre Derrida). 

Oliver: anche questa è una immagine 'patetica'...
Ora, tu pensi che a disposizione degli umani che si sono presi l'impegno di pensare la guerra, la pietà, la compassione, non ci sono molte risorse, e allo stesso tempo ce ne sono a sufficienza. Ci sono consapevolezze nuove, in grado - forse, tu lo speri - di affrontare queste nuove prove derridiane che la compassione deve affrontare, dal XIX in qua. Ci sono nuovi pensieri. Ci sono politiche e strategie collaudate in vecchie battaglie, che possono tornare utili nelle battaglie nuove e urgenti. Gli esempi, per dir così, 'vittoriosi' - o 'di successo' - non mancano.

Nel caso di KJ2 s'è parlato e scritto di boicottaggio. Si sta parlando anche di consumo consapevole, che ne è un po' l'altra faccia. Si potrebbe chiamare anche 'consumo propositivo'. Non solo il non comprare ciò che propone la parte a cui far arrivare un messaggio di protesta; ma anche, magari contemporaneamente, il comprare di più da parti che invece seguono pratiche diverse, più rispettose. Ti pare che si possa far riferimento ai cosddetti gruppi di pressione (in inglese: le lobbies). Uno strumento che potrebbe essere sorprendentemente potente, a tutti i livelli. 

Nel caso del povero cavallo Oliver- misero schiavo sfruttato fino alla sua morte-  il discorso di protesta contro botticelle, carrozze turistiche diffuse tra Roma, Torino, Messina, Cagliari, tocca molte corde patetiche. Vedere il suo viso stravolto è uno strazio personale, e - per te, almeno - vedere gli umani scialbi, sciatti, scazzati tutt'intorno a lui, le mani in tasca, sotto il sole rovente, suscita vero, insopprimibile ribrezzo.


...vorreste davvero che qualcuno vi soccorresse così?! Fonte


Ti affacci alla marea costantemente e quotidianamente montante di ogni tipo di crudeltà, sciatteria, incuria, disinteresse, disattenzione, ignoranza, menefreghismo, prepotenza, arroganza, supponenza mossa da umani del tutto inconsapevoli contro gli altranimali. Rischi di soffocare. Rischi di bruciarti. Rischi di ammalarti. 
Hai (avuto) la fortuna di aver incontrato e di continuare a incontrare e di conoscere persone determinate, forti, propositive, consapevoli, tenaci, che sono capaci di fare cose 'belle' tutti i giorni verso gli altranimali - e il pensare di aver imparato da loro e di essere anche tu almeno un pochino come loro, ti permette di fronteggiare gli sgomenti. Infatti, quello che queste persone sanno fare, fa la differenza concreta.




Per chiudere il post. E contro la patologica follia antropocentrica.
Provi a trovar rinsaldezza nelle parole di Derrida: la guerra sulla pietà "attraversa una fase critica. Noi l'attraversiamo e ne siamo attraversati". Perciò, abbiamo il dovere di pensarla, questa guerra. Per Derrida, proprio il "pensare" è in questione, è in gioco. Forse è in pericolo. Il pensare come abbiamo pensato finora, non va bene.  Allora: potrebbe aiutarci un pensare-sentire? Potrebbe aiutarci sdraiarci sulla terra, camminare a carponi? Potrebbe aiutarci stare in mezzo agli animali - almeno, quelli che accettano di stare in mezzo a noi (tu, stai pensando ai tuoi cani) - ?
Non c'è una unica, né breve, né univoca - risposta. Il che, forse, può spingerci a trovare sempre nuove, creative, innovative, strade e strategie. 

2 commenti:

  1. Noi uomini sappiamo essere molto feroci, dovremmo imparare dagli animali. Non sopporto e mi fanno salire una rabbia tutti coloro che a vario titolo maltrattano gli animali. Bel post, nonostante il tema è le immagini che mi fanno male.
    sinforosa

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    Risposte
    1. Ciao, Sinforosa. Molti libri stanno cercando di approfondire la ferocia degli umani. Di sicuro, nel nel nostro sistema, così competitivo e predatore, gli individui con propensioni crudeli o sadiche, trovan buon terreno, opurtroppo. Ma ci sono anche umani grandemente empatici: e sono quelli da scoprire, perché secondo me, sono loro la vera chance per il futuro. Le immagini le ho messe perché a me fanno rabbia e non vorrei vederle mai più.
      G

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