Stella e Lisa, come erano qualche anno fa... |
Infatti - avviso per i lettori - di seguito non troverete né ordine né trascrizioni, ma un testo che mescola appunti ricordati ormai in modo approssimativo con considerazioni tue, sgorgate proprio durante l'ascolto delle parole dell'autore.
Tutto è partito da questo evento - della durata di migliaia di anni, in effetti - della domesticazione: che ha catturato tutti gli animali - o molti tra gli animali - entro la sfera antropica - la antroposfera, che ha questo nome da creazione fantascientifica.
Nell'antroposfera, nessun animale - forse nemmeno l'animale umano - è quello che era prima: gli animali a noi vicini creano con noi una gestalt, una forma, una immagine, una silhuette condivisa: sono, loro malgrado, uno specchio, una ridondanza di noi stessi, un'eco di ritorno, che ci rimanda amplificato, chiarito, esemplificato, chi noi siamo o pensiamo di essere.
Che posizione hanno gli animali domestici nelle diverse fasi della vita? Nostra e loro.
In modo diverso li consideriamo se pensiamo a loro come a 'semplice' Animale; come a Persona; come a Persona Insostituibile.
Questi diversi pensieri si manifestano molto chiaramente nei riti funebri, nei momenti cruciali dell'addio definitivo.
Se per la Persona sono stati da sempre elaborati dei riti, per cui la persona c'è - rimane - anche se il corpo non c'è (più), per l'Animale - pensa l'Umano- dopo la morte del corpo non c'è niente: questo, tu lo intenderesti in due possibili modi; uno, che l'Animale non ha anima che sopravviva alle spoglie mortali, come invece si crede che abbia l'Umano (ma questo è l'antropocentrismo più intransigente); o, secondo, che dopo la morte di un Animale, non esistono riti e dopo la morte del corpo, non c'è niente da fare - non occorre, non è lecito fare niente.
Questi due aspetti fanno in effetti parte fondamentale della nostra cultura antropocentrica da sempre - sono due risvolti che tu vuoi provare a contestare.
Invece - dice infatti nel libro l'autore - uno spazio commemorativo, per risolvere questo doloroso addio definitivo con un Animale che è Persona, è fondamentale. Un tempo, un rito, uno spazio, una pausa, una cesura - simboliche e allo stesso tempo concrete, cioè fatte, composte da una serie di azioni, anche minime, ma concrete, reali, svolte, agite da chi è in lutto.
Il lutto per l'Animale - a proposito, anche noi siamo Animali - è un evento che serve a chi è rimasto per capire di più, sia sull'Animale che su se stessi. In qualche modo, definisce la eredità spirituale e psicologica che ci viene consegnata dagli anni vissuti insieme - oggi siamo diversi da chi eravamo prima, all'inizio; e non solo perché il tempo passa.
La commemorazione ha luogo all'interno della propria comunità, che condivide sia il dolore che i suoi segni, che partecipa ai riti condivisi.
Nelle nostre società pressoché disintegrate, rese polverizzate o atomizzate, i riti di lutto sembrano ridotti ai minimi termini, se non scomparsi. I motivi sono tanti e non stai nemmeno a provare a elencarli qui.
Per gli Animali, questo vale doppio: il loro lutto non ha spazi legittimi per esprimersi, quando invece - troppo spesso - è stato proprio quell'Animale ad aver attutito e neutralizzato l'individualismo autoimmune della nostra insopportabile società. Per ricompensa, da morti vengono negati. Questo significa stare confinati dentro la antroposfera, più deleteria di una riserva o di un ghetto o di un lazzaretto.
L'accudimento è un'altra chiave di volta.
La specie Homo Sapiens ha tra i suoi comportamenti quello dell'accudimento. La cura è alla base della sopravvivenza.
Con gli Animali, l'accudimento diventa un risarcimento: ma qui la questione è davvero delicata e si avvolge su se stessa. L'accudimento a volte diventa un (inconsapevole) auto-accudimento, dove la cura per l'Animale è in realtà la proiezione su un altro individuo del bisogo di cura che chiediamo per noi stessi - magari perché ci manca, perché non riusciamo a ottenerlo, perché non riusciamo a chiederlo. Rischia di diventare un accudimento imposto a chi non lo vorrebbe - o lo preferirebbe svolto in modo diverso.
Sei convinto, però che - almeno nel periodo attuale della civiltà umana, almeno quella Occidentale - l'accudimento sia un valore molto importante, così importante da avere le caratteristiche e le potenzialità per definirsi come atto politico, culturale, etico, così forte da spezzare il circolo dell'orizzonte antropico, così energico da bucare la pelle artificiale della antroposfera, per farci vedere che 'là fuori' c'è molto altro.
Ed è così che dire "è solo un cane", nega con prepotenza delle risonanze profonde, ataviche, e decreta la incapacità umana di gestire o vivere un rapporto con gli Animali in modo sereno, equilibrato, rispettoso, inedito.
Quella frase lì, "è solo un animale" è solamente il primo gradino della costruzione antropocentrica, vecchia di migliaia di anni. Nuoce prima di tutto a livello individuale: la vita dell'umano coinvolto viene silenziata e - è il caso di dirlo - mortificata - resa morta! - da un divieto che ha lontane radici anche religiose; la vita dell'Animale, dopo esser stata usata, viene negata nella sua unicità, caratteristica che richiederebbe memoria, ricordo, commemorazione - almeno tanto quanto si fa per (quasi tutti) gli umani tra loro.
Perciò pensi - e qui gli appunti sono finiti già da un bel po' - che il lutto sia una risorsa così cruciale - non solo ma anche - negli scenari di 'guerra della pietà' derridiana, nelle strategie di attacco al grattacielo delle gerarchie, nella messa in discussione dei meccanismi di oppressione, nella contestazione e nell'attacco agli strumenti della oppressione.
Il lutto è cruciale: lo è da subito, nella sua dimensione individuale; può diventarlo nella dimensione sociale, rituale, condivisa, politica, se e quando diventa commemorazione, memoria, anniversario.
Una postilla con la 'tua' ri-prova di ri-partenza, dopo Lisa.
Per forza di cose. sei ancora un po' stralunato: ci son momenti in cui non riesci a credere che dieci anni - tanto avete vissuto insieme Lisa e tu - siano come scomparsi e tu sia qui a continuare a vivere e a compotarti quasi come se lei non fosse mai esistita.
Lo sai. lei si sarebbe girata e avrebbe continuato a trotterellare, senza voltarsi indietro, accettando la nuova situazione per come è. Forse un pochino più cauta e riflessiva.
Ma per noi umani, sembra che sia più didficile la accettazione
Per fortuna, c'è Kikiuz, la canina-pulcina che ti fa ridere e che si impegna tantissimo a essere un cane; c'è Maika, la 'molossoide sbagliata' che è gelosa, dolce e possessiva; c'è Chicco, il signor bretone, così gentile e desideroso di libertà.
Grazie mille Giovanni,
RispondiEliminaun abbraccio!
Grazie! Un abbraccio, ricambiato
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