Trascorsa una settimana, la foto di Lisa racconta gioia e passeggiate, ma in casa il vuoto è cresciuto, occhi e mani scivolano sull'aria, in spazi dove cerchi chi non c'è più, o quando prepari una ciotola in meno di pappa, o quando non devi più dare le medicine contro la epilessia due volte al giorno - a causa delle quali, per anni, hai sempre avuto un sottofondo di incertezza nell'uscire di casa.
Il racconto di e con Lisa, forse da ora in avanti proseguirà nell'intimo dei tuoi pensieri non pronunciati e non trascritti, ma non lo puoi dire con certezza assoluta.
Intanto, però vorresti dire qualche parola su questo libro - la cui immagine di copertina appare all'inizio del post.
Lo hai trovato - e preso di slancio - nella sede della ditta di cremazione dove hai portato Lisa.
Ti ci è voluto davvero poco a leggerlo: sia perché è un libro molto piccolo - poco più di 30 pagine - sia perché è scritto in modo molto chiaro e accessibile - e perché volevi trovare conforto nella lettura.
Del lutto ti sei già occupato in passato - è un tema delicato, che senti come molto importante, specialmente quando ha a che fare con gli altri Animali. Con loro, al dolore per la perdita, si aggiungono variabili critiche che nei lutto per umani sono assenti, come una bassa o assente rilevanza e accettazione sociale, un obbligo implicito al silenzio e alla auto-censura, l'idea che un animale sia sostituibile e intercambiabile con qualsiasi altro, come se non fossero individui.
Perciò, il lutto animale - può e forse deve, essere un gesto politico. Ma questo è un altro discorso, a parte.
Il libro 'Il dolore negato' di Pier Luigi Gallucci, edito da Graphe (che conosci bene) affronta la dimensione personale, privata, intima, tutt'al più sociale, del lutto.
È un libro basico, nel senso di iniziale e basilare. Un manuale per iniziare a capire, affrontare e maneggiare la delicata e dolorosa questione del lutto animale.
Lo fa partendo dalla ABC - e questo è giusto, perché - e a te sembra strano - quasi tutti i concetti che descrive e spiega, sono sconosciuti alla maggioranza della gente, o non vengono accettati - se si parla di animali.
Lo dice lo stesso autore: che "gli animali [...]accompagnano interi tratti delle nostre vite" e che "la morte, ogni morte, ci fa paura [...] perché ci riconduce alla nostra intima natura", "esseri viventi fragili, esseri mortali".
Tutto il libricino scaturisce dalla unione di queste due constatazioni psicologiche molto semplici.
Noi occidentali, infatti, siamo impreparati - o non siamo più preparati - alla morte: da famigliare, è diventata oscena, va occultata, nascosta, negata, rinviata, cancellata - al suo posto c'è il mito della perenne giovinezza e forza.
In un mondo di macchine, come quello che ci siamo costruiti intorno e dentro, contano solo forza, movimento, attività.
Non sappiamo parlarla, la morte, non sappiamo raccontarla. Forse lo sapevamo una volta -ora non più. E si sa che tutto quanto viene taciuto, in realtà, pesa sui pensieri e sui sentimenti fino a deformarli, è un buco nero emotivo, con le stesse caratteristiche.
Invece di fuggire e negare, invece bisognerebbe fermarsi a parlare, a raccontare - e ascoltare. Vita e morte sono un binomio continuamente riannodato: l'elaborazione di un lutto è il modo per non perdere uno dei due capi del bandolo e quindi poter riannodare l'esistenza di chi ha perso nella morte qualcuno di caro.
Una frase - subito, all'inizio - ti ha colpito: "è come veder scomparire una parte di noi, quella consistente parte della nostra vita che esisteva insieme a qualcuno o qualcosa che abbiamo peduto" (Lisa era la mia casa; Lisa mi proteggeva, mentre io proteggevo lei - vi dice niente?).
Noi moriamo insieme all'altro.
"Ecco perché non si potrà più essere come prima".
Ancora due parole, per cercare una conclusione. In realtà, vorresti non smettere mai di parlare di questi temi, forse - al momento attuale - è (ancora) un modo per non dimenticare Lisa.
Ma di sicuro son temi che ti stanno a cuore: per come vedi che è diffuso e generalizzato il disprezzo e la denigrazione dei sentimenti di affezione verso un qualsiasi Animale e per come il lutto e il dolore nei suoi confronti vengano sminuiti, denigrati, negati, rifiutati. Chi soffre per un animale (troppo a lungo) ha evidentemente qualche problema - si dice e si pensa.
Molti i concetti e i temi: la biofilia, la pet loss (parola anglosassone, perché in Gran Bretagna, a differenza che da noi, il lutto per un animale non è un tabù).
Tema critico - da affrontare in futuro, anche alla luce di altre letture e altri studi - è quello del fatto che "l'animale vive totalmente immerso nella nostra (vita)", addomesticato, non ha una sua vita indipendente (si può ancora parlare di condivisione? o non piuttosto di relazione forzata per quasi tutti gli animali domestici?). E ancora: l'animale-bambino, l'animale-specchio, l'animale-da: criticità che - se hanno notevole forza esplicativa in psicologia - nascondono pericoli e danni emotivi per gli animali non umani coinvolti.
Hai trovato nelle pagine infine la trattazione del percorso di rielaborazione del lutto, che attraversa varie fasi - non tutte sempre nello stessi ordine per tutti, né della stessa durata, né, tanto meno, disposte in fila lineare e consequenziale.
Una 'mappa delle emozioni' che avevi già riscontrato in altri testi - per esempio manualetti per affrontare "La crisi" (e il lutto è una crisi) - e che hai ritrovato con soddisfazione: è incredibile, ma questi concetti sono quasi del tutto sconosciuti.
Preziosissimi i consigli finali, pratici, per affrontare il lutto. Alla fine di tutte le teorie, infatti, esiste e conta solo la esperienza quotidiana, la vita pratica, che in questo caso è intrisa di dolore, di disperazione e ha bisogno di un aiuto che aspetta con tutte le sue forze e speranze - per sopravvivere.
Le parole chiave - ti sembra - sono espressione, tempo, rispetto, comprensione.
Rimane solo il racconto finale, quello del Ponte dell'Arcobaleno.
Il racconto è dolce, è un balsamo. Solo un aspetto del racconto ti sembra troppo straziante e non riesci perciò ad ad accettarlo: ed è la nostalgia che loro proverebbero per la casa ormai lontanissima oltre l'orizzonte. Ti sembra ingiusto che debbano provare questo vuoto malinconico, il solo pensiero è per te insopportabile. Preferisci pensare che loro siano in una situazione dove possono comprendere tutto e nella condizione di aspettarti, fino al giorno in cui tu tornerai da loro. Quando la serenità fin lì provata, diventerà solo più intensa - ma non ci sarà mai stata tristezza.
Perché il vero Paradiso è il loro - e non il nostro.
Grazie mille Giovanni,
RispondiEliminaun abbraccio!
ben trovato anche qui. ricambio l'abbraccio!
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