martedì 31 ottobre 2017

bydło su zampe di gallina - post Baba Jaga (?)


"Carro con Bue", olio su tela - di Vincent Van Gogh


Halloween è la 'festa' che segna e segnala l'irruzione del 'magico' nel mondo reale.
Prendete questa affermazione così come è, in senso lato e nel significato più ampio possibile: perché ogni parola che la compone, potrebbe essere origine di discussioni - e di fatto, spesso lo è stato.

La festa
L'irruzione
Il magico
La realtà

Tuttavia, non è questo che ti preme, mentre scrivi questo post in attesa degli scherzetti degli oltrepassati.

Da tutt'altre ricerche e mentre ascoltavi Musorgskij - i suoi 'Quadri da un'esposizione' - hai fatto letteralmente un frontale con il quadro che potete ammirare qui sopra.
La tela è di Vincent Van Gogh, venne dipinta a Nuenen, piccola cittadina olandese, da un Van Gogh abbastanza diverso da quello che siamo abituati a conoscere - e infatti ci sembra irriconoscibile.
La tela stessa di per se stessa, ha una storia da raccontare, nella lunga vita degli oggetti, che spesso sopravanzano la durata biologica dei loro artefici.





Ritrae un bydło,  un enorme e pesantissimo carro di fattura polacca (bydło in polacco, in effetti, significa 'bestiame', parola-specchio di una realtà di sfruttamento tanto materiale quanto culturale di  ogni animale non umano e di moltissimi animali umani) - il carro stesso, per trasposizione di significato  - tu immagini - è uno strumento di sfruttamento, di oppressione fisica, di costrizione concreta, verso i buoi che lo trainano. O i bufali (il bufalo europeo ha dimorato a lungo nelle pianure centro-europee, per esempio dove oggi c'è la Polonia).

Pensare alla lettera di Rosa Luxemburg è stato tutt'uno: "Qualche tempo fa è arrivato un carro trainato da bufali anziché da cavalli. (...). Vengono dalla Romania, sono trofei di guerra... I soldati che conducono il carro raccontano quanto sia stato difficile farne bestie da soma, abituati com'erano alla libertà. Furono presi a bastonate in modo spaventoso (...) . Vengono sfruttati senza pietà, per trainare tutti i carichi possibili e assai presto si sfiancano. Qualche giorno fa arrivò dunque un carro pieno di sacchi, accatastati a una tale altezza che i bufali non riuscivano a varcare la soglia della porta carraia. Il soldato che li accompagnava, un tipo brutale, prese allora a batterli con il grosso manico della frusta (...). Gli animali infine si mossero, e superarono l'ostacolo, ma uno di loro sanguinava, guardava davanti a sé e aveva nel viso nero, negli occhi scuri e mansueti, un'espressione simile a quella di un bambino che abbia pianto a lungo (...) un bambino che è stato punito duramente e non sa per cosa né perché, non sa come sottrarsi al tormento e alla violenza bruta (...) Quanto erano lontani, quanto irraggiungibili e perduti i verdi pascoli, liberi e rigogliosi, della Romania! Quanto erano diversi, laggiù, lo splendore del sole, il soffio del vento, quanto era diverso il canto armonioso degli uccelli o il melodico richiamo dei pastori! E qui... questa città ignota e abominevole (...)".  (Bratislava).



Questo bufalo, questo bue, l'enorme carro che li tortura, come un marchingegno dall'altromondo, il mondo cupo degli umani, fanno parte dell'impasto sinfonico che rende i 'quadri da una esposizione' così streganti, cupi ma anche luminosi, terribili ma pure esaltanti.

La Soffitta delle Streghe












Se impasto è, se oltremondo oppure oltretomba è; se magia è; se stregheria è; allora, che il bydło si faccia crescere le zampe: le zampe di gallina, come la casa di Baba Jaga - due macchine ibride partorite dalla fantasia contadina - e smetta di tormentare bufali, buoi.



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