domenica 8 ottobre 2017

Blade Runner 2049: chi ci sta davvero ricordando?

...e lei, oppure no?


... alla fine hai nostalgia della neve.
Sei quasi sicuro che non sia un ricordo innestato: l'odore di neve, che è qualcosa di oltre alla mera 'aria di neve', è un profumo di acqua mista ad attesa; il tocco della neve, ogni singolo cristallo, su guance, mani, su scarpe e dentro, sui piedi; la vista di neve dal cielo negli occhi; il tatto di neve, sulle gambe, le braccia, la schiena e il petto. Sdraiati, come il Blade Runner - dove, per ora, lo lasci a riposare, a guardare il cielo - biancogrigio come neve.

...mi è sembrato di vedere una Urania di Karel Thole!


Quando, nel 1982, vedesti Blade Runner di Ridley Scott, fu davvero una grande impressione. Il ragazzino che eri, a mala pena affacciato sulla adolescenza, si chiedeva: esistono sul serio città così? E insieme alla domanda, c'era il sollievo recondito che - usciti dalla sala buiamagica del cinema - avresti trovato città 'altre': con alberi e animali, il cielo azzurro, strade piccole, buio la sera e la notte, così le stelle si possono vedere. E - se è particolarmente buio, e l'aria impossibilmente tersa, vedi anche la galassia, lo spolverio viatico latteo: per sognare le colonie extra-mondo pre-digitali, per immaginare come era in quel momento essere su un pianeta irraggiungibile, sotto il sole di quella stella a guardare questa stella, per immaginare come era essere su questo pianeta - che ci stiamo rendendo irraggiungibile, insieme a tutti gli altri suoi abitanti: diretti a testa bassa verso il futuropresente incubico di Blade Runner.

la la ...


... bang!


Perché - e qui c'è un primo punto saliente - questo secondo Blade Runner mostra e racconta un futuro che è già presente - "ho visto cose che voi umani", virato alla catastrofe ambientale - e che perciò, visto sullo schermo, per come poi viene visto, in modo sublime (che confina strettamente con l'orrorifico, anzi l'orrorifico stesso può essere sublime) non lascia spazio per alcun tipo di sollievo pre-adolescenziale come quello raccontato poco sopra. In qualche modo, infatti - almeno secondo chi presta l'attenzione vitale a queste situazioni - questa volta non c'è uno spazio vivibile fuori dalla sala del cinema. E se il film non diventa cronaca - di uteri artificiali, o dei cantieri infernali di Chittagong, giusto per far due esempi - è solo perché la storia questi aspetti, li mette nella cornice di contesto. Sono visibili ma muti: tuttavia, se il primo passo per prendere coscienza di una situazione è raccontarla, il film questo primo passo lo compie tutto e la Terra sfigurata è il personaggio onnipresente dell'intero film.



La storia, come hai letto altrove, è lineare: un giallo, una quest slalomata tra obitori, genetica, virtualità, burocrazia, low tech mescolata a impalpabili fotoni. Tutto, alla fine, arriva dove sembrava dovesse arrivare - e questo, per te, è assai appagante per chi adora ascoltare, vedere storie raccontate.
Il racconto che - come la presenza del pianeta agonizzante - è sottraccia in ogni scena - e scelta - importante ci porta dritti al cuore delle nostre certezze identitarie, per metterle in dubbio. 
I muri, le barriere, ci sono, ma sono inganni: di fatto, non esistono (ma guai a rivelare che le barriere si possono attraversare!), non esistono nemmeno per chi si trova dal lato del potere, e vive in titaniche camaleontiche costruzioni-templi-laboratori (al cui interno è lecito pensare avvenga qualsiasi cosa - e qualcosa ci viene mostrato, in effetti), e vive mescolando la propria 'purezza' umana-divina, scissa dalla carne e dal sangue. 

...overlooking...

Ma intrisa degli stessi biomeccanismi che condannano arbitrariamente altre esistenze alla morte, al dolore, all'uso abusante, alla mercificazione, alla pena capitale, alla riproduzione seriale vertiginosamente infinita, al controllo costante sotto forma di test e scansioni.
Perciò e però: chi - cosa - è umano? e perché? e fin dove? ... dal momento che la onnipotenza pseudodivina hi-tech ha reso porosa (un termine quasi assurdo in questo contesto!) la 'barriera' interspecie, gli interscambi sono bidirezionali e continui, a qualsiasi livello concepibile - virtuale, spirituale, visivo, sensoriale, fisico, corporale. Chi ha il potere, non ha dubbi su chi sia umano e rinnega i propri enormi privilegi. Chi il potere non ce l'ha, vive su un piano inclinato, dove la salvezza non è un opzione.
Eppure, la mescolanza di identità è ovunque - una cifra molto consona alla poetica di Philip K Dick, da cui tutto ciò deriva (tua opinione).

Horkheimer alla miliardesima: qui dai piani bassi si sale, ma non è mai bello...


Non ci sono animali: come non ce ne erano 20 anni prima -in Blade Runner - ancor meno ce ne sono oggi. E sono sempre desiderate chimere (non vuoi nemmeno immaginare quale esistenza sottovuoto conducano i pochi animali superstiti). Non ci sono piante - appare un unico tronco rinsecchito, bianco, sempre sul punto di screpolarsi, sgretolarsi, sbriciolarsi, tuttavia sempre in piedi. 
C'è solo un cane: un grosso cane che sembra molto socievole, ma che - così come appare, altrettanto subitaneamente scompare - non è detto sapere chi sia. Cane vero? Cane replicante? Chiediglielo... (comunque, non è un cane che rappresenta l'appiglio per la salvezza di una umanità ancor più sull'orlo dell'estinzione, come capitava in 'The Road', non sembra essere un cane salvifico).



Insomma, non c'è nulla che non ci debba essere. Nulla sembra eccedere, tutto sembra obbedire prontamente agli ordini di umani superumani come Neander (!) Wallace.
Invece, non sarà proprio così: i superumani che hanno vertigini divine, non sopportano che le cose davvero prodigiose non si possono controllare, nemmeno se la morsa è ferrea totalmente.
Denis Villeneuve usa anche i suoni per raccontarci questa sua storia: la musica si intreccia e rompe barriere e confini insieme con l'azione, coi rumori, con le voci. Però, sono i silenzi che restano impressi di più: una sospensione su... ? (la sinfonia si tronca in Si).

Così, nella neve: giusta requie, forse tornare a 'veder cose che voi umani'...




sabato 7 ottobre 2017

Cuori con la coda e Gli amici di Ohana - Canile 3.0 Ep#01: mai troppo vecchi per trovare casa!

tutto colorato per i cani vecchietti!

Momenti di commozione, come chiunque nella sua vita abbia deciso di stare passo passo con i cani, presto o tardi prova e scopre.
Grande entusiasmo e grande generosità, tanta gioventù umana di fronte a tanta senetudine canina: unite da tanta consapevolezza di chi è un cane - chi è veramente.
Questo è l'inizio col botto che il 'genio della lampada', aka 'multimilionario della fantasia' Luca Spennacchio ha proposto per avviare la sua serie Canile 3.0. Fine luglio 2017.
Sarà un viaggio lungo lungo, nello spazio di settimane che si srotoleranno in mesi che diventeranno anni. Alla scoperta di un intero universo: i rifugi, dove cani e umani tornano a incontrarsi.

In questo caso particolare, nello stesso rifugio convivono i
Cuori con la coda e i vecchietti Amici di Ohana.  Siamo vicino a Milano, ma non si nota :)

CLICCATE E GUARDATE


Alla fine, iscrivetevi al canale: il progetto vive di clic, perché solo così potrà in futuro avere una ricaduta pratica, concreta, di benessere ulteriore per i cani. 


(la serie Canile 3.0, i video documentari flash di Luca Spennacchio per far conoscere i rifugi per cani in Italia è ricominciata; ecco perché un flashback sui primi due episodi. Si (ri) comincia qui con 'Cuori con la coda' e 'Amici di Ohana') (un altro post, a breve, sarà per l'episodio #02).



venerdì 6 ottobre 2017

Il pesce ben pulito



Rossana Mianulli


Ai tempi in cui mi nutrivo di animali, il pesce arrivava a casa sempre già "pronto" per essere cucinato. 

- Me lo pulisce bene, vero?,  chiedevamo al "pescivendolo". 
 Ero sempre restia a toccarlo "crudo", provavo un senso di ribrezzo. I miei genitori mi avevano raccontato che era per via del suo forte odore di mare. E per una parte della mia vita ho creduto loro; pur provando sempre un grande disagio davanti a quei corpi, non legavo il mio malessere al dolore per quei "morti ammazzati". 

Ho continuato a divorare le loro povere carni, girando lo sguardo quando mi si mostrava la loro "freschezza" in base a quanto sangue grondasse ancora dai loro corpi martoriati. Poi è arrivato il giorno maledetto della presa di coscienza. Era estate, eravamo alla casa al mare. Il "pescivendolo" non poteva "pulire" le nostre spigole ed orate. Mio padre doveva sbrigare delle faccende, mia madre, anche lei in difficoltà con i pesci crudi, mi ha chiesto di farlo. Non mi sono potuta rifiutare. Ho indossato i guanti, ho girato la testa dall'altro lato ed ho infilato la mano in quel corpo privato di vita. 

Ho provato un'angoscia insopportabile. Ho iniziato a piangere. Poi le mie mani hanno eviscerato quella indifesa creatura e quando ho visto i miei guanti macchiati di sangue e pieni dei suoi organi vitali, il mio pianto è diventato disperazione. Solo allora ho compreso che il mio antico malessere era connesso al dolore di essere complice di un massacro. Il mio pianto si è trasformato in un singhiozzo irrefrenabile e in una cantilena verbigerante 
"Cosa ti ho fatto? Cosa vi ho fatto finora? Come ho potuto farvi uccidere?". 

Sono passati tanti anni da allora, eppure il dolore non è cessato:  mentre scrivo le lacrime annegano la mia anima. È la mia storia, la drammatica storia della mia colpevolezza diventata consapevolezza.


Un fotogramma emotivo, scrito da Rossana Mianulli con la sua limpida e aperta sincerità: un ricordo che arriva dritto dall'infanzia. Noi tutti siamo nati e abbiamo vissuto letteralmente immersi nella crudeltà 'normale' contro gli altranimali nonumani. Abbiamo respirato specismo e non ci dava pensiero - o così credevamo. 
L'epifania è dietro l'angolo, per tutti. 

questo testo fa parte della proposta QUISCRIVETEVOI

giovedì 5 ottobre 2017

Nietzsche che dice? Che s'annoia tutto solo - L'uomo che cammina a Torino



Torino entusiasmava Nietzsche, che vi giunse nel 1888.
Dal 27 settembre 1888 al 6 gennaio 1889 scrisse numerose lettere  (Lettere da Torino, ed. Adelphi) che testimoniano la sensazione di benessere che la città spandeva su tutte le cose, anche sull’anima di Nietzsche. (adesso, ti aspetta la lettura di queste lettere...).


L'altra settimana, hai fatto una specie di 'pellegrinaggio' al medaglione in pietra che si trova inserito nei muri della casa dove abitò Nitezsche, in via Carlo Alberto al numero 6, nell’appartamento dei coniugi Fino che avevano una rivendita di giornali nella vicina piazza.

Sei arrivato all'angolo di Nietzsche venendo dal portone di Palazzo Granieri della Roccia, (via Bogino), poche decine di metri di Via Cesare Battisti e si apre nella piazza Carlo Alberto. Svolta a destra, ed eccola lì, la casa.












Come un turista della filosofia, hai sostato a lungo sotto il medaglione, lo hai fotografato. Hai osservato la piazza, hai girato su te stesso, naso all'insù, o sguardo in avanti. Magari, alcune prospettive le condividi col filosofo. Non è proprio l'eterno ritorno, ma insomma... piuttosto una ricorrente sovrapposizione spazio temporale - ma sfasata - e dunque, benché nello stesso luogo, Nietzsche e tu, non pot(r)ete mai incontrarvi. Eppure, anche tu, hai osservato Palazzo Carignano, Piazza Carlo Alberto, hai preso più tardi da bere in Galleria Subalpina.

il cielo della piazza



in galleria, per le vetrate il tempo ritorna?


libri antichi sbirciano chi passa


a proposito di libri: Kundera impernia il suo libro sui pensieri di Nietzsche (piccola nota a mo' di promemoria, per te):

 


Ritornerà, dunque, anche il cavallo che Nietzsche abbracciò, proprio in piazza, sotto alla finestra della sua camera. Lo abbracciò per proteggerlo dalla violenza del cocchiere, che lo stava frustando e prendendo a calci. Questa è forse una leggenda, nata dagli svenimenti che Nietzsche ricominciò ad avere, mentre passeggiava; e che alla fine lo destinarono al ricovero. Venne dichiarato e considerato pazzo.

Se invece la sua pazzia non fosse quello che tutti all'epoca avevano detto che fosse? O meglio: che lo fosse - follia - ma che in essa ci fosse almeno un elemento che nessuno fu capace di notare?
Fingiamo che l'abbraccio tra il filosofo e il cavallo avvenne sul serio, nella realtà della piazza, sotto il cielo ampio e percorso dalle nuvole. 
Perché capitò, questo gesto - così irrididucibile? Perché Nietzsche vide il cavallo percosso, che era inerme, che non poteva sottrarsi e che non aveva alcuna colpa da espiare. Mentre il cocchiere, come ogni padrone, come ogni schiavista, si sentiva in diritto di punire con sproporzione e con violenza insistita, qualsiasi gesto di individualità, di richiesta, che ai suoi occhi era invece una ribellione, una offesa, una provocazione, un affronto.
Forse, Nietzsche vide se stesso come il cavallo, oppresso non da uno, ma da molti cocchieri, o da un cocchiere sovrumano, che era una intera società. Non sovraintepretiamo: limitati a dire che, di certo, Nietzsche era uno spirito libero e assai sensibile. 
Non c'è come la violenza, agita sensa freni, senza sosta, senza scampo, a scuotere, a commuovere un animo sensibile.  Non c'è come vedere un cavallo aggiogato a un calesse, schiavo del capriccio umano.
La reazione, quasi sempre, è rapida, è irriflessiva, è coraggiosa: si risolve in un atto mirato per bloccare la violenza; per interromperla; per fare da schermo tra la vittima e il carnefice. Questo è, per te, l'abbraccio in lacrime di Nietzsche al cavallo, che sicuramente guardò coi suoi grandi occhi neri questo umano che si era messo in mezzo tra il suo viso e la frusta feroce e implacabile del padrone.

L'abbraccio di Nietzsche, sta già ritornando: e purtroppo - o per fortuna - eternamente ritorna, fluisce e rifluisce, come onde di un mare. Sotto forma di umani che non vogliono più vedere cavalli aggiogati. Umani che alzano le mani a proteggere corpi stremati e fanno scudo col proprio corpo.

A questo punto, la tua camminata, ha fatto una deviazione - verso gli altranimali. 

mercoledì 4 ottobre 2017

Amici per un pelo - Canile 3.0 Ep#03: Comasco a metà strada tra Abruzzo e Svizzera

passeggiata dei cani di Amici per un Pelo

Riprende Luca Spennacchio la sua missione - viaggio - inchiesta - tra rifugi e canili d'Italia. Per fare il punto sullo stato dell'arte. Sui problemi. Sulle forze e sulle debolezze. Sul volontariato e sulla cultura cinofila. Un viaggio che durerà due anni. Luca è convinto che i cani siano preziosi, che i cani siano da ascoltare, da vedere, da imparare; perché dai cani potrem(mo) trovare una nuova via per il futuro. Perciò ha pensato a questo progetto, e queste convinzioni gli danno la motivazione per affrontarne l'impegno lungo diversi anni.

Questa è la terza tappa, e tra le altre cose si sfiora lo scabroso argomento dei cani del sud.

Amici per un pelo è una struttura del comasco, e collabora con la svizzera Via di fuga,  oltre che con volontari del meridione italiano. In questo modo, è diventata un crocevia tra due realtà molto diverse, oltre alla realtà italiana settentrionale. 

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giovedì 28 settembre 2017

Torino e il suo spirito - L'uomo che cammina




Che bello rivedere Torino - e Torino di sera precoce, il momento a cui si agganciano i ricordi e le sensazioni. Il gusto di riscoprirla, miscela novità e passatità. L'occasione di "Torino Spiritualità", questa volta, è stato poco più che un alibi... è stato piuttosto un 'uomo che cammina'.











mercoledì 27 settembre 2017

NOmattatoio Roma 31 - 29 settembre 2017

Venerdì dalle ore 8:00 alle ore 11:00 -
Viale Palmiro Togliatti, angolo Piazzale Pino Pascali - Roma - NOmattatoio

I maiali e gli umani condividono questa situazione: che i loro corpi sono vulnerabili.  Questo li accomuna, in contrasto contro le separazioni e i tagli artificiali, imposti dalla macchina produttrice. 
Nessun corpo può dirsi sicuro, anche se l'individuo che è quel corpo, crede, per esempio di essere umano.

La ripresa di NOmattatoio, a Roma, è domani.

lunedì 25 settembre 2017

Spiritual Torino 2017 giusto un assaggino



A spiritar Torino anche questo anno. Spizzichi e sprazzichi da pendolare. Alla fine, hai assistito solamente al primo evento inaugurale. In compenso, hai potuto fare di più il turista fotografante (ne scrivi in un altro post).









Hai scoperto i menù di conversazione inventati da Theodore Zeldin.
I bambini fanno presto a conoscersi tra loro e molto presto - quasi subito - un minuto che ti distrai e son già lì a raccontarsi e scambiarsi mamme, giochi, vite, giocattoli, immaginazioni, finzioni, giostre, terra, favole, case, amicizie.


Così, se gli adulti fanno normalmente delle conversazioni superficiali, o persino ipocrite, non si parlano davvero, perché non sanno aprirsi reciprocamente - come fanno i bambini.
Dice Zeldin che nei suoi viaggi nel mondo - con le sue conversazioni in degustazione - ha constatato una cosa apparentemente sorprendente. che le persone hanno fame di conversazione. La diffidenza che appare dall'esterno è il segno della incapacità di capire gli altri. E quindi, della conseguente paura dell'altro.  



Ci si potrebbe chiedere come mai e da quando esista questa incapacità di comprensione degli altri. Ci si potrebbe sporgere un po' più in là, in direzione dell'altro nonumano-altranimale. Col quale si può conversare, col quale si possono dire e raccontare cose, reciprocamente - anche solo la volontà di non incontrarsi più.




Come possiamo - come tu puoi - superare le paure che ci impediscono di fare quello che vogliamo fare? Sono paure che possono assumere forme e dimensioni davvero impressionanti. Possono trasformare il percorso di una intera vita. Di solito, verso direzioni che non avresti mai desiderato, né immaginato possibili.

Le censure degli adulti - le censure stabilite dalla paura - provocano separazioni - dice Zeldin; tu diresti anche tagli - possono causare lacerazioni. Ferite che vuoi nascondere, ferite sulle quali cala il silenzio. Fa meno male l'incomunicazione, ma è molto più dannosa la rimozione - della consapevolezza di aver paura; della esistenza dell'altro.



Per Zeldin, la conversazione è un nutrimento, che ti aiuterà.
L'approccio singolare è quello del sedersi a tavola per conversare. A tavola si è già portati a conversare, per la curiosità di chi ci è commensale. Immaginiamoci di essere a tavola e che gli sconociuti siano nostri commensali.
Tu lo hai immaginato e con la tua vicina - una sconosciuta ragazza - hai mangiato tutto il menù.
Esperienza notevole: già scegliere come mangiare, (com)porta a una comunicazione: occorre decidere insieme come procedere.  Può già funzionare da efficace aperitivo.
Si inizia affamati - curiosi. Ma l'appetito è ancora pochino, cerchi di non abbuffarti. Pian piano ci si prende gusto. Già alle zuppe, l'appetito è robusto, le risposte sono lunghe, elaborte, sempre più auto-approfondite, sempre più intime, secondo il paradosso che è più semplice raccontarsi a uno sconosciuto che a un familiare o a un amico; o forse, è proprio il segreto delle conversazioni che ha scoperto Zeldin.
Il tenore e l'atmosfera delle portate, molto dipendono dal commensale che hai di fronte -ma in quale pranzo o cena non accade questo? Sorprese al palato, tante: certi saporti che credevi di ritrovsre, sono come spariti, altri sono del tutto nuovi; alcuni che gradivi, ora sono scipiti, altri sono diventati golosissimi, altri sarebbe meglio non assaggiarli ancora. 
Ogni pasto, per ciascuno di noi, è unico e ogni commensale contribuisce con spezie diverse, usale posate secondo le sue esperienze passate. 
Se mangi con curiosità la pietanza condita dal commensale, sei bravo a cogliere l'opportunità che questa esperienza ti può fornire. Ma guai a fare lo schizzinoso: i tuoi bocconi andranno di traverso. 
Cerchi di alzarti da tavola sazio ma non appesantito.

sabato 23 settembre 2017

Giornata romana

Giornata Mondiale per la Fine dello Specismo - Wodes Italia

Roma, 16 settembre 2017
Ph: Cecilia Gallo
Questa è stata solo la prima. Perciò, l'anno prossimo ci sarai anche tu, con chi sarà con te - proprio l'anno prossimo.

Intanto puoi fare una cosa: puoi mettere il link alla pagina facebook che ti sembra abbia raccolto tantissimo, se non tutto, di questa giornata romana.
Vacanze romane? Sì: vacanza dall'oppressione.

Ci sono i video degli interventi, tutti donano pensieri e aprono cuore e mente.
Ci sono i discorsi, ci sono i testi.
Ci sono le foto.

Ci sono - le carezze. " Ogni carezza è un gesto di rassicurazione: “sono ancora qui, sei ancora qui”." (Marco Maurizi)
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