Giorni lontani dalla scrivania e (più) vicini ai tuoi cani, e a qualche prato e cielo. Oggi riapri il blog dopo una settimana e ti capita sotto gli occhi un post molto bello, che parla di gratitudine per le cose che invece diamo per scontate e per gli individui che vivono insieme a noi e con i quali c'è affetto reciproco, verso i quali si rischia l'indifferenza.
Troppo spesso gli umani dimenticano di essere vivi - in un certo senso. Nel post da cui trai spunto, si dice che dimentichino di sentirsi grati per i doni dell'universo e della vita.
Per ciascuno di noi, probabilmente, i doni della vita superano gli accidenti - se si perdesse il tempo di fare un elenco, magari si scoprirebbe che le cose belle che ci capitano son di più, o più significative, di quelle che consideriamo brutte. Soltanto che, tipicamente, quasi preferiamo attardarci su quelle brutte e dimentichiamo quelle belle. Le scontiamo: le diamo per scontate e scontiamo la nostra amnesia, trascorrendo esistenze mediamente incolori, quando non infelici. Finché, alla fine, tutti i conti più o meno torneranno.
Secondo te, questa è la trappola che noi stessi ci tendiamo, condizionati dallo stile di vita maggiormente diffuso in questa società: che ci porta a dover correre, dover accumulare, dover progredire, dover avere, possedere, dover apparire.
Una trappola - quella della smemorata ingratitudine - in cui spesso anche tu cadi. La frenesia progressista ci fa smemorare di noi stessi e delle persone che ci accompagnano durante la vita col loro affetto e attenzione. Le diamo per scontate e scordiamo le nostre fortune. Smettiamo di essere nel presente, qui-e-ora e dunque non lo viviamo più, non ne respiriamo più le sensazioni. Come se preferissimo vivere in differita, o - al massimo - in diretta registrata (il selfie, il frame, il video).
Se perdiamo l'orientamento, il rischio è una profonda infelicità: non sappiamo più chi siamo, né cosa desideriamo. Non ci resta che brancolare nel caos tecnologico, inseguendo cose di cui realmente non ci interessa, o pianificando momenti che sono sempre oltre l'oggi.
Ecco, la gratitudine-inventario per ciò che c'è qui e ora non è solo un gesto bello, ma è anche un modo per riallinearsi con la nostra corrente della esistenza.
In questi giorni hai (ri)scoperto cosa si prova a sdraiarsi su un prato, fatto di erbe umidine timidine primoprimaverili; che cosa è guardare negli occhi i tuoi cani, oppure camminare e dialogare con loro, oppure scambiarsi coccole; hai (ri)scoperto l'emozione di vedere due colombi che fanno il nido sotto il tuo tetto, o le cince, pettirossi, passeri, che volano tra i rami ormai fioriti di bianco, o del merlo che sposta erba e terra, compiendo personalissime ricerche. Mondi e consapevolezze animali che si intersecano e si intrecciano, senza mai davvero ostacolarsi.
Hai, anche (ri)scoperto come sia bello il vento odoroso d'acqua che trasporta le nubi gonfie in cielo vasto, gli orizzonti liberi a perdita d'occhio di ogni pianura; la luna piena candidissima che aggiorna tutta la notte.
A questo punto, nel flusso di coscienza, fa capolino un secondo tipo di disorso, che se lo osservi con attenzione, sembra essere anche in contraddizione con quanto hai scritto fino adesso, qui.
Sei convinto che ogni luogo in cui hai vissuto o in cui vivi, abbia sì lati oscuri e aspetti sgradevoli, elementi odiosi e da sfuggire; ma che abbia anche sia pur piccole occasioni di bellezza, di riposo, di gioia. Ovunque tu ti sia ritrovato, la primavera - come forse è naturale - ti ha riacceso il desiderio di riprendere un qualche viaggio. I luoghi in cui si mette radice per qualche momento, valgono pur sempre come base sicura. Sono le occasioni che ogni luogo serba in sé, quelle per cui non dobbiamo scordarci di essere grati e felici di essere qui e ora. E ovunque andremo, i momenti di presenza mentale e fisica, se ne siamo capaci, ce li porteremo in noi stessi - perché, di fatto, da dentro di noi nascono.
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