sabato 29 febbraio 2020

I cani sono fonte di ispirazione filosofica - Luca Spennacchio


Dici 'Cane' e pensi di sapere già tutto. Non è così, al contrario. Poiché il cane vive insieme a noi praticamente da quando siamo H.Sapiens, la stratificazione delle relazioni, dei comportamenti delle rispettive visioni di vita, progetti, desideri, aspettative, ha creato un insieme di significati, di proiezioni, di pratiche, non sempre favorevoli - per lo meno per il cane.
Luca Spennacchio ama, aiuta, osserva e studia cani da tantissimi anni, usando i molti mezzi che la sua creatività gli suggerisce in continuazione. Ne abbiam fatto una chiacchierata veloce.






D - Quest'anno si svolge la seconda edizione di Canile a 360°, quindi si potrebbe dire che la prima ha raggiunto i suoi scopi? Di che tipo di approccio si avvale il congresso e che scambio esiste di informazioni e visioni del cane, tra le varie relatrici e relatori? Quali visioni di futuro si aprono?

R - Sì, la prima edizione ha riscosso molto interesse e il libro da essa tratto ha avuto un buon successo. Non quanto mi aspettassi, ma continua a essere diffuso ancora adesso, a due anni dalla sua uscita. 
Il 28 e il 29 marzo 2020, ad Assago, si svolgerà la seconda edizione de "IL CANE A 360°" (il sito qui) e a ora la risposta del pubblico è discreta. Naturalmente, i fattore novità rappresentato dalla prima edizione, svoltasi nel 2018 a Milano, ha ceduto il passo al fattore 'interesse': questo, forse, rappresenterà una leggere flessione di partecipazione, ma, si sa, al giorno d'oggi gli impegni per gli appassionati e i professionisti del settore sono sempre maggiori e i week-end sono spesso ricchi di offerte e iniziative Per quanto mi riguarda, questo è un fattore positivo. Se penso che solo una decina di anni fa gli eventi volti a diffondere cultura cinofila e formazione didattica in merito, si potevano contare sulle dita di una sola mano, in tutto il territorio nazionale, oggi le cose non stanno certo così. E questo è un bene. Quest'anno ci saranno nuovi relatori, con nuovi argomenti frutto delle loro ricerche, ma saranno presenti anche due studiose che già hanno fatto parte del team della prima edizione: la dottoressa Sarah Peschini Marshall, la dottoressa Barbara Gallicchio, che sono un po' le madrine di questa iniziativa che io e Eleonora Mentaschi organizziamo in collaborazione. I vari ricercatori condividono il mondo scientifico, quella fantomatica Torre d'Avorio, fatta di tanto lavoro, sperimentazione, osservazione e disperato bisogno di esseresostenuti dai fondi per la ricerca. Parlano la stessa lingua, anche se provengono da differenti formazioni e lavorano in luoghi diversi, I ricercatori che oggi si occupano esclusivamente di ricerca sul cane e tutto ciò che lo riguarda, sono sempre di più. Finalmente, l'occhio della scienza ha deciso di investire energie nel cercare di comprendere l'animale che da più tempo condivide con noi il processo di evoluzione, tanto che oggi si parla di co-evoluzione uomo-cane. Il fatto è che non è affatto facile studiare il cane e questo sembra strano, dato che molti di noi condividono la loro vita, la loro casa, con almeno un rappresentante di questa specie. Il fatto è che il metodo scientifico ha dei paletti procedurali e il cane, con le sue infinite declinazioni, con tutte le varibili che lo caratterizzano, diviene un soggetto particolarmente ostico da studiare. Di fatto, il cane sta forzando i ricercatori allo sviluppo di particolari doti creative per riuscire a risolvere il problema delle variabili fuori controllo.
Credo che nel prossimo futuro, con l'incremento dell'interesse e un auspicabile aumento dei fondi destinati alla ricerca, sempre più rappresentanti del mondo scientifico si dedicheranno allo studio del cane e alla sua comprensione.  Quello che sappiamo oggi è veramente poco e molto sbagliato, soprattutto se pensiamo alla sua etologia, argomento che a oggi sta riscuotendo particolare interesse.
Quindi, tra non molto, si potrebbe arrivare alla messa in discussione di tutto quello che crediamo e che pare essere tanto radicato nella cultura popolare  e anche professionale. Non saeà un passaggio agile, ma se la scienza farà bene il suo lavoro, comprendere veramente il cane in quanto tale, sarà alla portata dei più. 



D - Come procedono invece le 'missioni' di Canile 3.0? Questo tuo progetto ti tiene occupato da almeno un paio di anni ormai? Ci sono nuove visite in vista? Quali realtà e situazioni diverse si trovano viaggiando su e giù per l'Italia? Ci racconti come si svolge un tuo viaggio?

Il progetto CANILE 3.0 On the Road, partito nel luglio 2017, era il naturale prosieguo del mio libro CANILE 3.0 - Cani, persone e società, pubblicato nel 2016. L'intenzione era quella di portare le persone a conoscere la realtà del canile, le persone che ci lavorano, i cani e le loro storie, allo scopo di avvicinare la consapevolezza pubblica a un ambiente poco conosciuto e poco frequentato. Il progetto va a rilento, dato che grava interamente sulle mie spalle: le riprese, le interviste, la post produzione, il montaggio e l'editing dei vari documentari è fatto esclusivamente da me. A tutto ciò va aggiunto che recarsi a fare le riprese nei vari canili richiede di compiere spesso viaggi anche lunghi, giorni di riprese e di lavoro davanti a un monitor. Tutto ciò ha anche dei costi, oltre che impegnare del tempo, tolto al mio lavoro di formatore. Detto ciò, ho constatato che per diversi motivi tutto questo impegno non ha riscosso l'interesse che avrei voluto, quindi lo scopo per cui tutto ciò è fatto, senza una ampia diffusione, decade.  Ultimamente, ho chiuso le ultime due parti di tre di una struttura particolarmente interessante, perché ha un approccio peculiare al lavoro e alla gestione dei cani in cerca di una nuova adozione: parlo dell'Episodio #09, che racconta RIOT DOG Onlus nei pressi di Bologna. Sto per concludere la terza parte, nella quale ci sono altre interviste agli 'abitanti' del RIOT. Fatto questo, credo che il progetto andrà un po' in letargo e valuterò in futuro se riprenderlo, magari perché verrò alla conoscenza di strutture particolarmente interessanti da raccontare. Ma per ora i miei progetti adesso danno la priorità alla scrittura e alla divulgazione con l'organizzazione di eventi culturali, cose che mi impegnano quasi al 100% del mio tempo. Il nostro paese è costellato da realtà molto simili, che versano in uno stato di emergenza sempre maggiore, man mano che si percorre lo stivale verso il basso, ma a volte si trovano situazioni molto peculiari, come quella del Villaggio dei Randagi (EP#08) in provincia di Catanzaro, che rompe il concetto della gestione dei cani in solitudine, chiusi in un box. Una realtà difficilmente emulabile, ma dalla quale si può certo prendere spunto, come anche il caso del RIOT DOG. In questo momento storico stanno avvenendo fatti interessanti da un lato, ma molto problematici dall'altro, che si vanno ad aggiungere alle difficoltà che già c'erano, come per esempio il numero esorbitante di cani molossoidi di tipo terrier (pit-bull, American Staffordshire, Bull Terrier) che richiedono una gestione molto particolare e attenta e che soffrono particolarmente la condizione di vita in reclusione, circondati da decine di altri cani. Oppure, il fenomeno delle staffette non regolamentari, che trasportano un numero enorme di cani dal centro e sud Italia, verso i canili del nord. Comunque, dopo essere stato contattato da una struttura, prendo accordi per gestire al meglio il tempo. Carico la mia attrezzatura in auto e parto. Viaggio piuttosto leggero, dopo aver fatto un po'di esperienza, ho imparato cosa portarmi appresso di indispensabile. Ho quindi ridotto all'osso la mia attrezzatura e questo è un gran vantaggio. Solitamente, mi fermo in una struttura per un paio di giorni, nei quali, se tutto va bene, riesco a fare riprse dei cani, della struttura, di una tipica giornata di lavoro in canile e girare le interviste al personale. Mi è capitato di dovermi soffermare per più giorni, non sempre le persone che devo intervistare riescono a essere disponibili al momento giusto, la vita in canile è ricca di imprevisti. Ma mi è capitato raramente. 



D - Mi pare sempre più, stai pensando al modo di vivere il cane libero: quindi cambia anche il modo di vedere i cani 'selvatici' (a proposito, potresti aiutarci a far chiarezza sui termini? Le differenze tra 'randagi', 'selvatici', 'liberi', 'ferali', ecc?

In realtà, quello che mi sta accadendo è un cambio di prospettiva. Mi trovo sempre più a riflettere, attraverso il cane, sulla nostra società. Su come viviamo e che rapporto abbiamo con il concetto di 'libertà'. I cani sono sempre stati per me fonte di ispirazione filosofica e la mia visione del rapporto con loro sta cambiando man mano che aumenta la mia capacità di osservare e grazie alle nuove esperienze e ricerche che sempre più si stanno conducendo. Nel mondo ci sono milioni di cani e solo il 20% di questi conduce una vita domestica come la intendiamo noi occidentali.  Quindi, se vogliamo parlae di 'Cane', adesso non posso più pensare al mio cane, al cane che vive nelle nostre case, ma devo allargare il mio orizzonte. E da un paio di anni a questa parte, posso dire che il mio orizzonte si è ampliato infinitamente. Per ora, sono in una fase di elaborazione e raccolta informazioni, non ho idea di cosa ne verrà fuori, ma trovo tutto ciò entusiasmante. In fondo, sono un appassionato di cani, ovvero è la passione che mi muove, quindi essere in un'epoca in cui si fanno nuove scoperte ed emergono sempre nuove conoscenze è per me qualcosa di entusiasmante.
L'osservazione dei cani non-Pet, ovvero quel fantomatico 80% di individui nel mondo,ha richiesto l'emergere di nuove classificazioni per descriverli. Il termine 'randagio' è troppo genralista e raggruppa in sé tutti quei cani che non vivono in una famiglia umana. Ma ci sono enormi differenze in questo macro gruppo e quindi, anche se in ambito accademico non ci sono ancora accordi definitivi, sono emerse definizioni per identificare le varie categorie di questi cani.
Per cani 'ferali', si intendono quei cani che da sempre, o da moltissime generazioni, abitano un territorio senza aver alcun contatto con gli esseri umani, dai quali rifuggono. Vivono in gruppi più o meno grandi e si nascondo da occhi indiscreti: infatti, non sono affatto facili da osservare. Ci sono i cani 'semi-ferali', ovvero quegli individui che hanno pochi, sporadici contatti con gli esseri umani, dai quali possono anche accettare del cibo e la compagnia, ma per un tempo piuttosto limitato. Ci sono poi i cani 'randagi', ovvero quelli che sono stati abbandonati da una famiglia, che non sono nati da una femmina ferale o semi-ferale ma, da un giorno all'altro, sono passati da una condizione di Pet (e ci sarebbero molti distinguo da fare anche in questo caso) a una situazione di strada. Generalmente, questi cani stazionano nei pressi dell'abitato urbano e dipendono per lo più dal cibo che gli viene portato dalle persone. Questi cani possono adattarsi molto bene a questo genere di vita e diventare 'cani di quartiere' (in alcuni comuni italiani, questa forma è contemplata). Altri invece si uniscono a gruppi semi-selvatici o ferali (se vengono accettati), mentre altri non ce la fanno. Non riescono ad adattarsi a una vita indipedente e vanno aiutati per essere ricollocati in una nuova famiglia. Questi cani hanno la priorità, sono quelli più a rischio di finire investiti, per esempio, o di incorrere in altri problemi. Soffrono della loro condizione e si sentono spaesati, incapaci di cavarsela da soli. Oggigiorno si intende con 'Cani liberi', quella popolazione di cani che vive sul territorio, ben integrati e totalmente in equilibrio, non di proprietà di qualcuno. È un macro insieme che raggruppa i ferali e i semi-ferali. Questo tipo di classificazione, che alle volte assume terminologie differenti, ha lo scopo di fornire un punto di partenza per lo studio del fenomeno. Intanto si può dire, giusto per fare un esempio, che nel momento si voglia in qualche modo intervenire sul fenomeno randagismo, queste differenti classificazione ci pongono di fronte a strategie differenti per il contenimento del fenomeno. E mi fermeri qui, il tema è molto interessante e complesso, ma credo che si sia ancora in una fase di studio.


D - Cambia anche il modo di pensare il canile o rifugio e i tuoi ultimi documentari lo raccontano in modo assai eloquente. In futuro, il canile dovrebbe/potrebbe sparire? A favore di modi di convivere col cane più coscienti della sua esistenza come specie animale degna di libertà?


 Il canile come lo conosciamo non credo sparirà mai nel nostro paese, quello che credo invece è che ne nasceranno altri ispirati a concetti molto diversi, come per esempio la realtà del VILLAGGIO DEI RANDAGI in Calabria e il RIOT DOG a Bologna. Ma per diffondere canili così il numero dei cani abbandonati deve per forza diminuire moltissimo, e questo dipenderà dalle strategie di comunicazione e informazione che si riusciranno a mettere in atto. Il concetto di libertà è qualcosa su cui mi sto interrogando, mi chiedo se noi, come società, in generale, siamo in grado di contemplare una cosa del genere. Io credo che la libertà sia qualcosa che le persone temono, sia la loro che quella degli altri. Siamo cresciuti in un mondo che anela al controllo e alla deresponsabilizzazione dell’individuo, quindi, mi chiedo, cosa intendono le persone per libertà?






D - Tu sei molto visivo, usi infatti tantissimo sia i video che la fotografia. Specialmente in quest'ultima fai confluire tanta poesia, energia, vitalità e punti di vista originali. Ci dici qualcosa in proposito di questa tua che è molto più che una passione?

All'età di quasi cinquant'anni, credo di poter dire che la mia vocazione principale sia quella della narrazione. Amo ascoltare storie tanto quanto amo raccontarne. Amo apprendere e poi condividere quello che apprendo, insieme con le mie riflessioni. Negli anni ho sperimentato diversi modi di assecondare questa mia vocazione, la fotografia è uno di questi. Poi c'è la scrittura, il disegno, il video la comunicazione prale (che rappresenta di gran lunga il modo in cui mi cimento anche a livello professionale). Ognuna di queste forme di comunicazione mi offre la possibilità di parlare di qualcosa da un punto di vista peculiare. È interessante vedere come il cane, per esempio, possa essere raccontato nelle diverse forme di espressione. Ho una certa sensibilità, lo posso riconoscere, ma credo di essere molto lontano dalla poesia. Quello che però è interessante è che alle volte le mie fotografie stimolano l'animo poetico di chi le guarda. Come se andassero a toccare delle corde dell'osservatore, liberando emozioni, sensazioni. Quindi il poeta è chi fruisce dell'immagine, nel mio caso, più che colui che scatta la foto. Trovo molto interessante questo aspetto di questa particolare forma di comunicazione. Naturalmente, ciò puà valere anche per le altre, ma forse la fotografia è qualcosa di più immediato e inconscio...



D Infine ti chiedo se - dopo che un appassionato di cani ha scoperto, imparato e vissuto certe cose cruciali a proposito della libertà dei cani - si può ancora desiderare di tenere in casa un cane come un Pet, o se non venga naturale preferire di non 'possederne' più e invece di incontrarli liberi. 

 Per far questo bisogna vivere in certe zone del mondo, io direi che si possono trovare buoni compromessi. Si può vivere benissimo insieme, ma lasciando che gli individui possano poter esprimere la loro soggettività. È un modo diverso di pensare la vita con il cane. Va da sé che a questo punto si fa avanti la necessità di valutare molto bene la scelta di vivere con un cane, ci vogliono delle condizioni che a mio avviso non sono da tutti per condividere la propria vita con un cane. La consapevolezza e la conoscenza possono guidare le persone a scelte più ponderate, sempre restando il fatto che in certe condizioni un cane non ci dovrebbe vivere, e che non tutti possiamo condividere la nostra vita con un cane. In fondo, non ce l'ha mica ordinato il dottore...




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