lunedì 12 gennaio 2015

Henry Beston, naturalista e filosofo


"Avremmo bisogno di un'idea degli animali più saggia o forse più mistica [...] Li consideriamo con condiscendenza compiangendo il triste destino che li ha dotati di una forma tanto distante  dalla nostra. Ed è qui che sbagliamo [...]. Perché gli animali non devono essere misurati con il metro umano. In un mondo più antico e completo del nostro, si muovono in modo perfetto e  compiuto, dotati di gamme sensoriali che noi abbiamo perso o non abbiamo mai posseduto,  e vivono seguendo voci che mai noi avremo occasione di udire. Non sono né confratelli né subalterni; sono popoli altri, catturati insieme a  noi nelle maglie della vita e del tempo, compagni di prigionia dello splendore e del travaglio della terra 

Citato in Philip Hoare, Leviatano ovvero la balena, Einaudi, Torino, 2013, p.203



"Avremmo bisogno di un diverso concetto degli animali, più saggio e forse più poetico... Trattiamo con condiscendenza la loro incompletezza e il tragico destino di avere assunto una forma assai inferiore alla nostra, e in questo sbagliamo: non possiamo misurare gli animali con il nostro stesso metro. In un mondo più arcaico e completo del nostro, gli animali si muovevano compiuti e perfetti, dotati di percezioni sensoriali che noi non abbiamo mai raggiunto o abbiamo perduto, vivendo di gridi che non udremo mai. Gli animali non sono nostri fratelli né subalterni; sono popoli altri, coinvolti come noi nella trama della vita e del tempo, compagni di prigionia dello splendido e faticoso travaglio della terra"



  Citato in Marcus Parisini, L'anima degli animali, Edizioni Biblioteca dell'Immagine, Pordenone, 2002, pp. 50-51


 “We need another and a wiser and perhaps a more mystical concept of animals. In a world older and more complete than ours they move finished and complete, gifted with extensions of the senses we have lost or never attained, living by voices we shall never hear. They are not brethren, they are not underlings; they are other nations, caught with ourselves in the net of life and time, fellow prisoners of the splendour and travail of the earth.” 

 “We patronize the animals for their incompleteness, for their tragic fate of having taken form so far below ourselves. And therein we err, and greatly err. For the animal shall not be measured by man. In a world older and more complete than ours, they are more finished and complete, gifted with extensions of the senses we have lost or never attained, living by voices we shall never hear. They are not brethren, they are not underlings; they are other Nations, caught with ourselves in the net of life and time.”

 “We need another and a wiser and perhaps a more mystical concept of animals. Remote from universal nature and living by complicated artifice, man in civilization surveys the creature through the glass of his knowledge and sees thereby a feather magnified and the whole image in distortion. We patronize them for their incompleteness, for their tragic fate for having taken form so far below ourselves. And therein do we err. For the animal shall not be measured by man. In a world older and more complete than ours, they move finished and complete, gifted with the extension of the senses we have lost or never attained, living by voices we shall never hear. They are not brethren, they are not underlings: they are other nations, caught with ourselves in the net of life and time, fellow prisoners of the splendour and travail of the earth.”

from Good Read





" Il mondo di oggi è malato fino al midollo delle ossa della mancanza di cose elementari: di un fuoco a portata di mano, di acqua che sgorga dalla terra, di aria e della stessa cara terra sotto i piedi."

 Citato in Renaldo Fischer, Storia di un cane e del padrone a cui insegnò la libertà, traduzione di Laura Pignatti, Corbaccio, Milano, 1997, p. 57.

 “The world to-day is sick to its thin blood for lack of elemental things, for fire before the hands, for water welling from the earth, for air, for the dear earth itself underfoot. In my world of beach and dunes these elemental presences lived and had their being, and under their arch there moved an incomparable pageant of nature and the year.” 

from Good Read


Le frasi (in italiano, varie versioni, quelle in nero; in blu, i corrispondenti in lingua inglese, messe vicine per poterle leggere insieme), sono tratte dal libro The Outermost House (1928).



Henry Beston (Boston, 1 giugno 1888 - Nobleboro, 15 aprile 1968) è un naturalista e scrittore e - direi - anche filosofo, a modo suo. 

GLI ANIMALI SONO 'POPOLI ALTRI'... 

7 commenti:

  1. Henry Beston è un poeta. Noi abbiamo oramai perduto la bellezza animale, non siamo capaci di convivere con la nostra stessa specie, figurarsi con specie diverse. La cosa che trovo comica è la nostra ostinazione a cercare/inventare la presenza di nuove forme di vita. Mi chiedo cosa riusciremmo a tirare fuori dal cappello. "Abbiamo un nemico nella nostra galassia d'origine che è molto più temibile dei Goa'uld.", ma non sono i replicatori, siamo noi!

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  2. Sono dì'accordo con te Santa! anche se non ho presenti i riferimenti a cui tu ti riferisci, parlando deimreplicatori e dei Goa'uld, sono convinto che gli extraterresti sono già tra noi, e sono gli altri animali che vivono insieme a noi sul pianeta.
    Ma ritrovare la bellezza animale, sono convinto, potrebbe essere più facile di quel che crediamo: basterebbe smettere di affannarsi a cercare elementi di confronto e di separazione, baserebbe smettere di identificare illusorie caratteristiche che affermiamo di avere noi e solo noi (come l'autoconsapevolezza, la capacità di sognare, di desiderare, di immaginare; il senso della perdita e del lutto; la capacità di dare aiuto reciproco, ecc). Il 'tipico' dell'uomo, è in realtà una finzione filosofica e ostinata, per giustificare tutte le nostre prevaricazioni, per metterci al riparo delle nostre paure e per sorreggerci nella nostra 'angoscia della posizione eretta' (come scrisse Kafka).
    Se sapremo ritornare a con-vivere con la bellezza animale che è anche nostra, forse impareremo anche a convivere con gli individui altrumani come noi.
    Come si può provare a conseguire quesdto? Secondo me, cominciando a non mangiare più questi animali, così belli... :)

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  3. Santa, ho aggiunto un piccolo linl inn fiondo alm post. Suiggerito dalle tue considerazioni :)

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  4. Mi riferivo ad una serie di fantascienza Stargate, i Goa'uld sono dei simbionti (per vivere hanno bisogno di un corpo ospite), i Replicatori sono costituiti da blocchi di particelle energetiche e sono capaci di autoriprodursi velocemente e prendere qualsiasi forma. La serie non è il meglio, ma da ogni cosa si trae una qualche piacevolezza :)

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  5. Ho letto con piacere "Popoli altri", condivido. Ho sempre ritenuto gli altri animali non sopra, nè sotto, ma anche gli altri esseri viventi. C'è un mondo, un microcosmo invisibile che convive con noi, il fatto che non lo vediamo con gli occhi... pensa a virus e batteri. E rispetto a loro, in alcuni casi siamo davvero piccoli. Ho letto anche i commenti dei tuoi lettori. Io convivo tranquillamente con ragni, isopodi e se nell'insalata trovo una lumachina la porto al parco, non ci trovo nulla di strano. Però datemi anche l'ergastolo a vita, con le zanzare spesso è guerra di territorio, ma fa parte del nostro essere animali. A volte sono io preda, a volte loro, ma sempre ad armi pari.

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  6. Ho volutom scrivere questo post perché la frase di Beston mi era capitato di leggerla già anni fa, e l'averla ritrovata, per di più in una situazione più ricca di richiami e riamndi e riverberi, mi ha molto stimolato. Ricordo la grande impressione che mi fece: mi immaginai la Terra come un'astronave, alla deriva, popolata da naufraghi del vivente, intrappolati in una situazione al limite claustrofobica. Invece, oggi mi pare che dovermmo capovolgere il significato della parola extraterrestri. Loro sono qui, sono gli altri animali, tutti intorno a noi; ma noi, affermiamo di sentirci 'soli nell'universo': che dramma atroce e beffardo che ci auto-infliggiamo, solo perché non vogliamo riconoscere agli altri animali quello che prcolamiamo per noi come specie. Non esiste una animalità, ma le animalità, coniugate al plurale, e la nostra schzioofrenica cecità che ce le nega, ha realizzato una realtà insostenibile. Siamo noi ostinatamente ciechi, gli altri animali non faticano a riconoscerti tra loro; eppure nel nostro antropocentrismo, facciamo scontare questa nostra chiusa cecità agli altri animali. Compres, come tu dici, virus, batteri - tutto un biotico inimmaginabilmente sterminato

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  7. Quel Beston dice, secondo me, è che noi umani, non siamo soli - a meno che non vogliamo esserlo. Non siamo però capaci di accettare - senza averne paura, o avidità, o odio - gli altranimali insieme a noi, su questo pianeta, questo sasso. Non siamo capaci di accettarli, perché ci rifiutiamo di accettarne, constatarne e accoglierne le visioni 'altre', le loro immersioni nella realtà del mondo, che non capiamo, che ci fanno paura e che vogliamo controllare, consumare, uccidere.

    Quando anche solo un barlume di queste alterità pefettamente consapevoli e indipendenti dalla nostra, ci giunge ai sensi, alla consapevolezza, anche solo sotto forma di sospetto, di domanda, di messa in crisi, ne possiamo rimanere sconvolti.
    Il che, o ci fa incrudelire ancor di più, oppure ci obbliga a superare un tremendo impasse conoscitivo, cercando modi di opensare e di vivere gli altri animali che finora non sono mai stati pensati o vissuti. Da questo impasse, trae origine il pensiero antispecista, che, sia pure da alcuni decenni presente nelle menti, nelle filosofie, negli immaginari, nei memi, sta ancora muovendo i suoi primissimi gattonanti passi - cosa sono anche 40, 50 anni, paragonati a millioni di anni?

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