L'animalità è ormai una questione filosofica ufficiale - importante, significativa, portatrice di discorsi, propositrice di azioni - anche in Italia. Non stai qui a riassumere i come e i perché della sua finalmente raggiunta dignità e attenzione. Sei convinto però che sia una fortuna, che era ora che accadesse, perché l'animalità - in breve - ha a che fare col futuro. Per qualcuno è l'unica questione filosofica davvero pregnante in questo XXI secolo.
L'animalità l'anno scorso fece il suo ingresso in società a Torino Spiritualità; hai bei ricordi di quei giorni, trascorsi tra conferenze e viali torinesi. Prendesti molti appunti, sono ancora quasi tutti 'nascosti' in file audio dello ipad; scattasti molte foto, sono quasi tutte pubblicate sul blog; prendesti molti libri, di quasi tutti devi ancora provare a scrivere.
Ma adesso torniamo agli appunti. Hai potuto seguire poche conferenze, a dire la verità. Ma quelle poche, hai cercato di sceglierle per scoprire nuovi contenuti, e per imparare. Le correnti filosofiche che orbitano intorno alla animalità, o meglio che ne compongono la nube semantica, si intrecciano, si intersecano, collidono, si inseguono, si confrontano; oppure si concretizzano in azioni, attività, buone pratiche, percorsi, azioni e progetti.
L'animalità è pluralità e non può non esserlo.
Con Felice Cimatti e questa sua conferenza sugli animali che (non) ci guardano, ti sei entusiasmato, hai scoperto spunti (che non sono esenti da critiche e possono lasciare anche perplessità) che consideri molto interessanti- anche se non tutto lo condividi.
Perciò, già diversi mesi fa, hai 'sbobinato' (oggi è un termine che non ha più senso, visto che si tratta di ascoltare frame audio: si potrà scrivere, allora 'S-frameare', o 'deframeare'?) l'intera conferenza. Alla maniera dello studente universitario che una volta eri. Nudi e crudi. Senza rielaborazioni né riscritture, a parte minime punteggiature e correzioni di errori di battitura. Avresti voluto scriverli in un discorso compiuto, un riportato delle parole del filosofo. Non lo hai mai fatto, né a questo punto mai lo farai; credi però che questi appunti, questi frammenti, abbiano di per se stessi un loro valore, una loro forza comunicativa. E in questa veste - quasi come se fossero frammenti ritrovati di antichi filosofi greci; la qual cosa, magari, piacerebbe allo stesso Cimatti, come escamotage retorico - li proponi qui. (con tutto l'impegno e il tempo serviti per trascriverli!).
Hai aggiunto immagini, coerenti col testo. Hai corretto gli errori di battitura, quelli che sei riuscito a trovare. E basta. Buona lettura.
torino, 25 settembre 2016
felice cimatti
torino spiritualità
gli animali non ci guardano
aperte virgolette:
"Perché mi occupo di questo tema, cioè della animalità.
Insegno filosofia del linguaggio all'Università della Calabria
Sono arrivato a occuparmi di questioni di animalità proprio partendo dal linguaggio. Cercando di fare un confronto. (uno) Studio più generale del modo di essere al mondo degli animali non umani: mente-corpo.
il tema della A è un tema molto più ampio che non soltanto una visione specifica dei comportamenti degli animali o dei diritti degli animali. Al punto che io credo che sia uno dei grandi temi di riflessione della filosofia del nuovo millennio, uno dei temi decisivi.
io non sono un animalista, non sono un attivista, ho grande stima e ammirazione e parteggio per loro, per le loro buone ragioni: animalisti, vegani, bersaglio ipotetico di ogni dibattito mediatico.
a me interessa il tema della animalità in un senso più ampio ancora, come se fosse un tema per vedere dall'altro lato le categorie della filosofia.
la filosofia, tutta la filosofia, in un certo senso, ha un impensato, una premessa che non mette mai in discussione: e cioè la nostra posizione.
leggete qualunque testo, filosofia, poesia, letteratura, una tradizione antichissima, dove la nostra posizione non viene mai messa in discussione.
ci sono persone che amano gli animali, (San Francesco, i fioretti, il lupo, per ammansirlo, per caninizzarlo). Non c'è mai un atteggiamento nei confronti dell'animalità, in cui l'animalità funzionasse veramente come qualcosa di radicalmente diverso da noi, e che mette in crisi le nostre categorie.
allora, a me interessa il tema dell'animalità come se fosse l'altra faccia della filosofia.
è per me una specie di macchina mentale: ogni volta che leggo una affermazione filosofica, provo a leggerla dal punto di vista dell'animale non umano: una affermazione su dio, la conoscenza, l'etica.
e mi pongo la domanda: va bene, questo vale per gli umani, ma per un virus? per uno scarafaggio? per una foglia? questa operazione è come se mi costringesse ogni volta a cambiare punto di vista e almeno per me è molto utile, è strabiliante vedere come cambiano i problemi se li vediamo attraverso questa torsione.
quindi per me il concetto dell'animalità è più ampio della questione dei loro diritti o del concetto di animali. Se si prende veramente in considerazione il tema del'animalità, è difficile continuare a fare filosofia come sempre si è fatta. è difficile continuare a vivere come abbiamo vissuto e come faremo e faranno quelli che verranno dopo di me.
allora, prendere in considerazione l'animalità vuol dire fare questa torsione: vedere il mondo da un altro punto di vista.
sono veramente pochi quelli che hanno fatto questa torsione, pochissimi.
uno ad esempio è Kafka, geniale e spesso travisato, i suoi racconti con insetti, topi, altri animali considerati schifosi: nei suoi racconti non servono mai come allegorie di qualcos altro, sono proprio animali. Kafka vuole farci vedere il mondo in un altro modo, metterci dall'altro punto di vista.
ora, io credo che il concetto di animalità abbia esattamente questa funzione: è uno straordinario e potentissimo mezzo per pensare, è molto più ampio, però, del tema specifico degli animali.
gli animali non ci guardano.
c'è molta retorica sugli sguardi reciproci e l'amicizia reciproca tra umani e animali. sul fatto che ci guardano che ci amano, che noi siamo amici loro e loro amici nostri.
con eccezione di cani e gatti, non è vero. cani e gatti sono animali inventati dagli umani, viventi selezionati per guardarci.
gli altri animali non ci guardano, o se ci guardano, ci guardano come un altro pezzo di mondo o qualcuno di cui hanno paura. spesso gli animali ci guardano con preoccupazione - perché hanno anche buone ragioni per guardarci con preoccupazione!
comunque, se arriviamo noi, gli animali capiscono che devono andarsene. poi ancora, gli animali non ci guardano: tutti gli esempi che ci vengono in mente sono facili, scontati. (con un / c'è un) pregiudizio (a favore di): cani, gatti, scimmie. (e mammiferi)
i miliardi di specie non mammiferi: gli insetti, i pesci o quelli che non hanno forma simile alla nostra.
se ci guardano, ci guardano con preoccupazione o con disinteresse, per quel momento in cui ci guardano - siamo un pezzo di mondo, come qualunque altro pezzo.
dal nostro punto di vista, invece, siamo sempre convinti che gli animali siano contentissimi di stare con noi, non vedono l'ora di stare con noi, sono i nostri migliori amici.
siamo sicuri dei loro pensieri e desideri e bisogni e preoccupazioni? siamo entrati nella loro mente?
gli animali domestici sono animali costruiti per stare con noi. il caso del cane ha prove paleontologiche, esistiamo insieme, ci siamo selezionati a vicenda (Marchesini). abbiamo selezionato quelli capaci di stare con noi, e viceversa. è una costruzione sociale, co-evolutiva. (di) perspicacia canina sui nostri comportamenti. quelli aggressivi, bizzarri, strani, indipendenti, non li vogliamo con noi, li mettiamo da parte per costruire razze da guerra, ecc
quindi il cane e il gatto non sono buoni esempi come animali.
addomesticato, spesso castrato, mansueto per definzione.
l'altra faccia della faccenda: siamo noi invece a fissare gli animali. siamo noi che guardiamo noi, con occhi ammirati, stupiti, invidiosi. questo è un punto interessante: c'è una grandissima invidia da parte nostra nei confronti degli animali.
perché il mammifero homo osserva gli animali. scrittori, libri, letteratura, documentari, film, musica, arte sugli animali. gli animali non passano tutto il loro tempo a osservarci. perché questa asimmetria?
perché abbiamo necessità di essere guardati, anche solo da un gatto, mentre il gatto, del nostro sguardo, sembra non avere alcun bisogno. (?)
(Derrida): tiene conto di quello sguardo e si vergogna. si chiede : questo gatto chi è? tutto può intendersi in modo completamente diverso, se si considera quello sguardo.
nessuno fa retorica sullo sguardo animale.
l'ape rispetto a noi, ci guarda?
tre parti
1 gabbie: U - gabbia - A
2 sguardi
3 un modo di estendere (?) un mondo in cui teniamo conto del disinteresse degli animali.
(cinico Diogene)
cinismo: la più disprezzata e disprezzabile delle filosofie.
cinico: vivere come un cane; perciò la parola è diventata insulto, a conferma della nostra separazione filosofica dagli animali.
Dio e Adamo: la prima cosa che fa è nominare gli animali, creati da Dio. Adamo dà un nome agli animali. dando il nome, ha il potere. un nome è anche una definizione, un comando. l'animale è oggetto parlato. è il primo zoo. subito un gesto di classificazione, di determinazione, di inserimento in una certa parte. una operazione, oltre tutto, fatta da due uomini, due maschili. dio e adamo.
dare il nome separa, traccia un confine: io sto qui e parlo e ti parlo, tu sei lì e vieni parlato, vieni detto. sei oggetto e io sono colui che parla.
per uomo, animale è un aiuto, perché non è bene che umano stia solo. aiuto di Adamo,
una disimmetria: l'animale viene subito pensato dal punto di vista dell'umano.
dio conduce gli animali dall'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati. in qualunque modo li avrebbe chiamati, doveva essere. uomo impose nomi a tutti. (bestiame, uccelli, bestie).
uomo si è auto imposto nella posizione di padrone. nasce dicendo di se stesso che non è un animale. animale è diverso da me, animale è ciò che viene nominato.
Animalità vuol dire invece rovesciare il punto di vista: prendere il punto di vista di un vivente qualsiasi, che non deve avere nome, dei monti, delle nuvole, della terra, dell'albero; mettere invece lo sguardo umano al secondo posto. Animalità vuol dire prendere lo sguardo anche di una cosa che non ha sguardo: le rocce, le foglie, le nuvole. Che vedrebbe la roccia?
Animalità vuol dire prendere il punto di vista di tutto quello che abbiamo sempre pensato soltanto a nostra disposizione.
Zoo: la sbarra - il vetro; una finta natura; la famigliola che guarda da oltre il vetro.
La leonessa non guarda gli umani. sono loro che tutti contenti guardano il leone. se li vede, li vede come un pezzo del mondo non interessante.
Ai bambini piacciono gli animali? Forse. Agli animali piacciono i bambini? No. Però l'animale è in gabbia. l'animale buono è l'animale in gabbia, addomesticato, innocuo, dall'altra parte. Oltre la sbarra, il vetro: spesso, robusto.
I genitori sorridono: che c'è di bello, da far guardare? Come andare in un carcere a vedere i detenuti. Cosa c'è di bello in questa scena, da ridere? Fa ridere? Finché non prendiamo in considerazione lo sguardo disinteressato della leonessa dietro il vetro, non vediamo niente della animalità.
In questa scena non c'è niente di dolce, di simpatico per l'animale, non c'è amore per gli animali.
che amore è quello che toglie la libertà a un animale, lo mette da solo in una gabbia, (probabilmente anche sedato, altrimenti si nasconderebbe o scapperebbe o tenterebbe fuga). in un ambiente naturale finto, artificiale, innocuo, dietro un vetro, sotto controllo? La leonessa ha anche fame.
Kafka, il racconto della scimmia in accademia (cfr): Pietro il Rosso
"la gabbia era troppo bassa per la posizione eretta e troppo stretta per quella a sedere. dovevo perciò starmene accoccolato, con le ginocchia piegate e sempre scosse da un tremito. e poiché i primi giorni non volevo probabilmente vedere nessuno e preferivo restare al buio, stavo sempre rivolto verso la cassa, mentre le sbarre mi martoriavano la schiena. codesto modo di custodire le bestie selvagge, subito dopo la cattura, è generalmente ritenuto vantaggioso; e per la mia esperienza, non posso negare che, dal punto di vista umano, effettivamente lo sia".
"Pensavo a tutt altro. Per la prima volta nella mia vita, mi trovavo senza scampo."
La parola per capire Kafka: al di sopra di tutto, una sensazione costante: non avevo scampo.
L'unico animale che può sopravvivere con noi è un animale che non ha scampo.
"Al di sopra di tutto, una sensazione costante: non avevo scampo. quello che allora sentivo come scimmia, oggi non mi è dato riferirlo che in termini umani".
Come sono gli animali che ci piacciono? Gli animali che in qualche modo si esprimono in termini umani. "al mio cane manca la parola. il mio cane parla". è come me.
come Pietro il Rosso, che per sopravvivere, deve impararare ad adattarsi ai termini umani. e quindi travisarlo.
"ma anche se non posso ritrovare la mia antica scimmiesca verità, essa è posta senza dubbio alcunio nella direzione che stavo eliminando. tante vie fino allora mi erano state aperte innanzi e adesso nessuna. ero in trappola."
L'animalità con cui gli umani hanno a che fare è in trappola, per definizione. ed è una trappola che è cominciata nel momento in cui Adamo, miticamente, ha cominciato a nominarli. li ha messi dentro.
Nominare vuol dire: ti metto in uno zoo, ti metto in un manuale di zoologia, in una ricerca psicologica, in un trattato di psicologia comparata, ti metto in un allevamento, ti metto in un negozio di animali domestici, ti metto la museruola.
La trappola, la storia per cui non possiamo avere rapporti con gli animali se non sono dall'altra parte.
Tra noi e gli animali c'è sempre uno schermo: sbarre, vetro, filo, domatore, la parola, sempre qualcuno che trattiene.
Chi è contento? Non il leone. Siamo così convinti che lui non veda l'ora di vederci, che siamo il suo principale divertimento?
Totale indifferenza degli animali verso gli umani; e anche dell'intero mondo naturale. Nessuno è preoccupato per l'umano. L'uomo pensa di essere il centro di tutto, poi però non sei niente, o alla stessa stregua di qualunque altro pezzo della natura.
L'animalità è il momento in cui ti accorgi di qualcosa che in realtà è sempre stato sotto gli occhi e non hai mai visto.
Animale è una parola, una parola che gli umani che parlano si sono arrogati il diritto di dare. Un unico concetto per tutti i viventi, contrapposti agli uomini.
Gli umani si sono dati questa parola, accordandosi nello stesso tempo fra loro per riservare a se stessi il diritto alla parola, al nome, al verbo, all'attributo, al linguaggio, alle parole e in breve a tutto ciò di cui sono privi gli altri in questione, che vengono raggruppati nel grande territorio della bestia: l'animale.
gli uomini sarebbero innanzitutto quei viventi che si sono dati la parola per parlare univocamente dell'animale, e per designare in lui quell'unico essere che sarebbe rimasto senza risposta, senza parola per rispondere. Gli animali, infatti non parlano.
ecce animot
un irriducibile molteplicità vivente di esseri mortali, un ibrido mostruoso.
ha bisogno di noi? ci guarda? cosa pensa, quanto è libero di non stare con noi?
animal-imbarazzo, di fronte allo sguardo insistente dell'animale.
(Derrida) un corpo nudo, nessuna superiorità, nessuna costruzione, un pezzo di carne che si muove.
tutta la nostra costruzione crolla. non c'è più Adamo.
Gli animali ci guardano, ma è evidente che non ci guardano.
Animale in gabbia, è anche un finto animale: non mangia, non si procura cibo, gira in tondo nella gabbia, non guarda niente.
Ci guardano? ha bisogno di guardarci?
noi guardiamo con sguardo saggio, profondo, saggio, amante, curioso, indagatore, osservatore.
Oppure ci guardano dopo essere 'scappati' dallo zoo (un carcerato dalla prigione) perché non vogliono essere ripresi, sono terrorizzati. ci dicono 'vattene! lasciami in pace!".
quando abbiamo dato il nome, contemporaneamente, abbiamo inventato la gabbia, il fucile, la macchina fotografica.
che cosa facciamo a questi animali? forma di evidente sadismo! verso animali così potenti, indifferenti, belli.
allora ti metto in gabbia, zoo, filmato, ti affibbio un nome.
il racconto di Cortazar, 'Il fissatigre'.
la vera difficoltà è quando la tigre riconquista la libertà e voglia esercitarla.
la tigre deve accettare di essere nominata, di essere ingabbiata. o che la sua ribellione non abbia importanza. alienazione di fronte a un assoluto.
L'animale, col suo stesso esserci, ci ricorda qualcosa, rappresenta un modo di essere al mondo che noi non conosciamo. Le loro energie sono enormi. Li invidiamo tantissimo, gliela vogliamo fare pagare.
combattimenti con gli animali, mai ad armi pari.
chi soddisfa? chi ha bisogno? chi lo guarda? chi è contento?
ho combattuto contro un orso, ho vinto.
gli animali ci guardano nella finzione - King Kong - il modo che noi abbiamo di immaginarci gli altri animali e i loro sguardi, l'allusione sessuale, il desiderio bestiale, l'istinto.
Leopardi scrisse un 'elogio degli uccelli' (Operette Morali). Vi scrisse:
'mettiamo gli animali in gabbia per togliere la loro letizia e la gioia di vivere.'
SGUARDI
gli umani si guardano allo specchio. abbiamo tantissimo bisogno di qualcuno che ci guardi, dipendiamo dallo sguardo di qualcuno.
incantati dal fotografo, dai dispositivi che riproducono la nostra immagine.
il selfie.
gli animali non hanno bisogno di essere guardati, l'umano invece non sopravvive senza lo sguardo di qualcuno. ci accontentiamo anche del nostro stesso sguardo, auto sguardo.
se non ci guarda nessuno, moriamo.
(FB, selfie, telefono, festa, ecc)
noi guardiamo gli animali, gli animali non guardano noi. non siamo per nulla interessanti.
CINICI
Come pensiamo noi stessi? la nostra costituzione. Leonardo da Vinci.
per molto tempo l'unico vivente veramente vivente è stato il maschio, bianco, sano, etero, possidente.
perfetto animale, modello della natura, immagine di dio.
tuttora ci pensiamo così. anche quelli che dicono che amano gli animali. c'è tantissimo materialismo nel nostro rapporto con gli animali: l'animale ha bisogno delle attenzioni umane, perché l'uomo è questa cosa meravigliosa, a immagine e somiglianza.
Miliardi di animali non hanno occhi.
talpe, vermi, topi, piccioni, gabbiani, tassi, ratti, medusa, insetti quelli che vivono sottoterra, dentro i muri, nei nostri corpi, quelli sono gli animali filosofici.
dal punto di vista del ratto, della natura, cosa c'è di sbagliato nell'essere ratto?
animali sono sporchi, vivono in terra, si nutrono di cose schifose, rubano, si mangiano a vicenda, camminano di notte. come noi usciamo, entrano loro.
dal punto di vista di quell'animale, che cosa c'è che non va? non è vita degna?
siamo pieni di noi stessi, distintiamo tra animali che ci piacciono e animali 'alieni'.
Il cinico è quel tipo di umano, quel filosofo che, come dice la parola, vive come un cane, da cane.
Diogene non ama i cani, non ha sentimentalismi.
questi cani non sanno che farsene del nostro amore, non lo vogliono.
per i greci, cinismo è la filosofia più scandalosa che possa esserci, non riuscivano a pensare che ci fosse qualcuno che potesse descrivere un modo di vita come quello del cane.
per il greco, che non concepiva la vita del cinico. il cinico vive una vita da cane, la sua vita naturale è la vita come un cane.
quali sono i cinici di oggi? i punkabbestia. insieme, con, come i cani. questi sono animali alla pari, insieme. incarnano la filosofia del nostro tempo e non a caso tutti quanti noi li disprezziamo, perché pensiamo di essere diversi dagli animali.
non ci parla di cani, ma vive come un cane.
quando arrivano, chiamiamo la polizia, li porti via, in prigione.
amiamo solo gli animali finti.
Michel Foucault
uno dei pochi che prende sul serio l'esempio dei cinici.
sa che di lì a pochi mesi morirà, di aids, nel tempo della vergogna.
cominciò a pensare: si piò vivere una vita in cui, come i cinici, si vive semplicemente una vita, e basta? una vita kinikos.
"Il cinismo, come figura particolare della filosofia antica, ma anche come atteggiamento ricorrente di tutta la storia occidentale, pone imperiosamente, sotto forma di scandalo la questione della vita filosofica. la vita kinikos è la vita da cani, nel senso che è senza pudori, senza vergogna, senza rispetto umano. la vita da cinico è una vita da cane in quanto impudica, totalmente impudica, senza vergogna, senza umanità. è indifferente a tutto quello che può succedere, essa non è legata a nulla, si accontenta di quello che ha e non esprime bisogni al di fuori di quelli che può soddisfare immediatamente.
vivere da cinico vuol dire che la tua vita è qui e ora. non hai casa non hai soldi, vivi di quello che trovi, vivi e basta. non pensi a pil, spread, fiscal compact. vivi e basta.
vita da cani, è una vita che abbaia, diacritica ( dal gr. diakritikós ‘atto a distinguere’, deriv. di diakrínein ‘distinguere’), capace di battersi contro i nemici, di distinguere i buoni dai cattivi, i veri dai falsi i maestri dai nemici (?)
cosa vuol dire fare i conti veramente con l'animalità? il cinico ha fatto i conti veramente con l'animalità e fino in fondo. il cinico non pensa di essere speciale, vive come un cane, insieme ai cani.
RIASSUNTO
1. GLI ANIMALI NON CI GUARDANO, PERCHE' NON SIAMO INTERESSANTI. SE NON QUANDO RAPPRESENTIAMO UN PERICOLO O UNA PREDA. NON HANNO BISOGNO DI NOI
2. SE POSSIBILE, GLI ANIMALI CI EVITANO, COSì COME FANNO IN GENERE GLI ANIMALI CHE SE PROPRIO NON E' NECESSARIO, SE NE STANNO PER CONTO LORO, OGNUNO PER CONTO SUO
3. GLI ESSERI UMANI, DAL PUNTO DI VISTA DI QUALSIASI ALTRO ANIMALE (VIRUS, ACCIUGA), NON SONO IN ALCUN MODO SPECIALI O MERITEVOLI DI ATTENZIONE.
PER IL MONDO, DAL PUNTO DI VISTA DEL MONDO, NOI ALTRI NON SIAMO NULLA.
TUTTA LA NOSTRA STORIA UMANA E' NULLA,
4. AL CONTRARIO, NOI INVECE LI GUARDIAMO, SEMBRA CHE NON FACCIAMO ALTRO CHE GUARDARLI, PERCHE' SIAMO INVIDIOSI DELLA LORO VITA LIBERA, NON LA SOPPORTIAMO QUELLA LIBERTA', E ALLORA GLIELA SOTTRAIAMO, E RIPRENDIAMO.
5. LI GUARDIAMO PER SENTIRCI BUONI, PER SENSO INCONFESSATO DI SUPERIORITA', PER AUTOCOMPIACIMENTO. E' SOCIALMENTE ACCETTATO E DI MODA PENSARE A SE STESSI COME DI QUALCUNO CHE AMA LA NATURA E GLI ANIMALI.
6. LI GUARDIAMO PERCHE NON SOPPORTIAMO L'IDEA CHE NON ABBIAMO BISOGNO DI NOI, SIAMO NOI CHE ABBIAMO BISOGNO DEL LORO SGUARDO, ANCHE SE NON C'E'.
7. SIAMO NOI CHE ABBIAMO BISOGNO DI SENTIRCI AMOREVOLMENTE GUARDATI DA QUALCUNO. CHE CI INVENTIAMO ANCHE LO SGUARDO DI CHI EFFETTIVAMENTE NON CI GUARDA.
8. PERCHE' GLI ANIMALI, NONOSTANTE TUTTO, NON SONO MAI ANDATI VIA DAL PARADISO. ECCO PERCHE' NON LI SOPPORTIAMO. GLIELA FACCIAMO PAGARE PER SEMPRE.
9. IL PROBLEMA NON E' SE CI GUARDANO. SI TRATTA DI SOPPORTARE LA NOSTRA IRRILEVANZA NEL MONDO.
FILOSOFIA DELLA ANIMALITA' VUOL DIRE FILOSOFIA DELLA NOSTRA IRRILEVANZA.
ANIMALITA' VUOL DIRE: SIAMO IRRILEVANTI. IL MONDO E' VASTO, GRANDE RICCHISSIMO, NOI SIAMO UN EPISODIO TEMPORANEO, CHE DURERA' POCO PER QUANTI SFORZI FAREMO. TOTALMENTE IRRILEVANTE RISPETTO AL MONDO.
(RACCONTO 'IDROGENO' DI PRIMO LEVI)
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...io sono punkabbestia nel cuore, insieme ai cani con cui vivo... |
I CINICI HANNO SOPPORTATO IL FATTO CHE GLI ANIMALI NON CI GUARDANO E CHE NOI SIAMO IRRILEVANTI PER IL MONDO. HANNO VISSUTO UNA VITA VERAMENTE UMANA E ANIMALE. HANNO VISSUTO COME VIVE UN CANE, DA CANI.
TUTTI GLI ALTRI CI PARLANO DELLA VITA FILOSOFICA, I CINICI LA VIVONO LA VITA FILOSOFICA.""
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"chiuse virgolette, infine" |
Ho vissuto esperienze meravigliose con gli animali liberi in natura e proprio quando ho capito nella vita di dover essere solo "spettatrice" mi hanno regalato "contatti" emotivi indimenticabili..
RispondiEliminaBrava Rossana, onore al merito e alla volontà! Scherzi a parte, ti ringrazio di cuore di aver fatto lo sforzo per trascrivere il tuo bel commento qui nel blog, in fondo al post per cui era stato pensato.
Eliminaforse tu hai colto un piccolo segreto: quando agli altri animali permettiamo di essere loro stessi, quando ci comportiamo comeloro si comportano verso gli umani, allora ci apriamo la strada per incontrarci davvero. Tempo e spazio lasciati a disposizione sono la via per lo scambio
Probabilmente ci vedano perchè siamo molto ingombranti.
RispondiEliminaMagari non ci desiderano, che è diverso.
che è sostanilment quello che afferma Cimatti, e io concordo, percHè direi che almeno il 90% dei casi, per gli altri animali siamo senza significato, o non percepibili, o percepiti come fastidiosi, spaventosi, pericolosi, molesti, invadenti. ma credo che la curiosità nei nostri confronti anhe loro la manifestino. lo sanno fare meglio di noi, credo, ma siamo noin che non ce ne accorgiamo, o che la frintendiamo. quindi, al netto, la loro curiosità verso di noi, è un volta di più pericolos per loro! paradossale!
EliminaAnche se secondo me, gli altri animali ci guardano, ci notano, ci pensano. E se fossimo noi a impedire il loro guardo verso di noi? a non coglierlo, perché noi siamo i primi a non vederli davvero?