La passione per la radio parlata l'hai sviluppata diversi anni fa, grazie a un amico che la teneva accesa fin dal mattino, mentre preparava il caffè. La stazione era fissa su Radio 3. Che è quella che ascolti tu sempre molto volentieri. E che hai ripreso ad ascoltare, grazie al wifi, in casa, con grande piacere, scoprendo anche le meraviglie della radio on demand o dei contenuti riascoltabili on line.
Di ascoltarla in auto, poi, non hai smesso, sintonizzazione permettendo.
Ed è così che hai potuto ascoltare Guido Tonelli, fisico e accademico italiano il cui lavoro, insieme a quello di Fabiola Gianotti (in maniera indipendente e separata) ha confermato sperimentalmente l'ipotesi della effettiva esistenza del bosone di Higgs.
Senti parlare Tonelli alla radio e capisci - ti ricordi - come mai la fisica, l'astronomia - ma anche la paleontologia, per altri motivi - siano discipline scientifiche che ti appassionano e ti interessano. Sono in qualche modo sulla soglia dell'ignoto essenziale, quello dell'universo e quello della vita. Si fanno speculazioni a volte ardite, si sfiorano pensieri filosofici, che si miscelano con la realtà delle cose.
Pensi che - apprendendo certe cose - non può non cambiare la visione del mondo e del nostro posto nell'universo: che queste scienze sono la nostra occasione per riprendere contatto con l'essenziale vibrazione dell'universo, con le sue vertiginose manifestazioni di esistenza; l'occasione per gli umani di dare larghezza e respiro alla parte empatica e collaborativa della loro etologia specifica.
Mentre parla di "Bosone di Higgs, Inflatone, particelle scalari, Vuoto, materia oscura, onde gravitazionali", ci esorta, quasi, a farlo, anche Guido Tonelli: " Quando ci sono state grandi scoperte scientifiche, si sono rotti i
paradigmi, è cambiata in profondità l'idea che abbiamo dell'universo e
del nostro ruolo in esso", dice.
Dice: "Questo nuovo modo di vedere le cose, prima o poi avrà implicazioni su
un piano generale. Da un lato è necessario che gli scienziati
raccontino, in un linguaggio comprensibile.
Ma dall'altro, c'è
bisogno un contributo di tutta la cultura, specialmente quella
umanistica, per discutere fino in fondo le implicazioni: cosa a cui noi
scienziati non siamo preparati, non è il nostro compito".
Sono i poeti e gli artisti che possono farci convivere con equilibrio e serenità col "Bosone, particella materiale che interagisce con tutte le altre particelle materiali, conferendo loro la massa e quindi caratterizzando tutto l'universo. Ha un ruolo decisivo nella costituzione dell'universo. Basta che modifichi lievemente questo accoppiamento, e l'intero universo non starebbe in piedi."
Tonelli, a questo punto fa appello per un nuovo umanesimo - e questo ti ha fatto ascoltare con ancor maggior interesse.
Ti colpisce sentire uno scienziato dire che "Vanno colmate le differenti velocità, tra scienza e umanismo, contro il delirio di onnipotenza della scienza".
Negli ultimi 4 secoli, e poi di più nell'ultimo secolo,
lo sviluppo ha avuto due velocità diverse, tra cultura scientifica (a velocità esponenziale)
e cultura umanistica (a velocità lineare).
C'è il rischio, insomma, che separarle abbia conseguenze non proprio auspicabili - forse queste conseguenze le stiamo già constatando, subendo/vivendo, e non da oggi.
L'etica, la filosofia non sono dimensionate adeguatamente per il ruolo e le opzioni della scienza. La scienza dà illusione di onnipotenza. (Tonelli)
E questo capita perché la nostra etica e la nostra filosofia non hanno camminato alla stessa velocità della scienza. Sono state sempre più lente e/o (ma questa è una tua impressione), hanno intrapreso strade sempre antropocentrate, che guardavano sempre e solo 'dentro' , all'interno del recinto del villaggio - mentre la scienza guardava sempre 'fuori'. (Certo, per fortuna stiamo vivendo in una epoca in cui stanno sorgendo filosofie che cominciano a provare a guardare oltre il limite auto imposto dell'antropocentrismo). (E anche: certo, la scienza stessa non è una entità indipendente dal modo di agire e di pensare della specie umana, ed è una sua invenzione, iniziata da un certo periodo e da lì proseguita, anch'essa con tutti i suoi difetti).
E comunque: Perché? Per quale motivo l'etica, pur sbracciandosi e saltando, non riesce - per ora? - a coprire tutta l'area illuminata dalla scienza? Le risposte sono tutte complesse e nessuna definitiva, ti verrebbe da pensare che l'umano è ontologicamente, evolutivamente in grado di arrivare fino a un certo punto e non oltre del comportamento etico - ma non è la tua risposta conclusiva su una questione che ci è specialmente cruciale - come specie animale.
Sono umani, però - per l'appunto - anche i filosofi, umanisti, artisti, che possono dare alla scienza e agli scienziati ciò che loro non sono capaci di fare.
La cosa migliore che potrebbero dare alla scienza, questi nuovi umanisti (ma il termine non ti entusiasma più) è proprio smettere di essere - solo - umanisti: dare alla scienza la profondità etica indispensabile per mitigare la sua potente pervasività penetrante, continuamente agita e applicata a tutte le 'cose' che formano la realtà stessa.
Questo appello a un nuovo umanesimo, fatto da Guido Tonelli, si basa sulla considerazione che "l'accumularsi di conoscenze, ci dimostra che l'universo è precario, è in equilibrio precario. Il meccanismo universale potrebbe incepparsi, non è detto che sia eterno". (attenzione: queste sono parole nel contesto di una intervista radiofonica, accurata ma pur sempre coi suoi tempi. Nessuno sta in nessun modo dicendo che l'Universo finisce domani. Lo farà, appunto, coi suoi tempi cosmici...).
Quello che è importante è che con l'Universo, condividiamo la fragilità, e questo sentirsi fragili e precari in un universo fragile e precario, potrebbe (dovrebbe?) essere motivazione a prendersi cura di noi stessi, del pianeta, del sistema solare, una attenzione dei viventi, dei propri simili, non solo su base morale, ma su una nuova visione del mondo.
Tu avresti gradito anche di più che tra i soggetti di questa cura venissero citati in modo esplicito anche gli animali non umani (dal momento che si evince dal tono del discorso che c'è la consapevolezza che la nostra è fragilità in quanto siamo animali).
Ancora due parole sul Vuoto. Dice, Guido Tonelli, che esiste un pregiudizio sul vuoto, che il vuoto sia il nulla. Mentre non è così. Il nulla è statico, fermo, stabile. Il vuoto è dinamico.
Infatti, l'ipotesi è che "il nostro universo sia nato dal vuoto, sia una metamorfosi primordiale del vuoto, sia ancora vuoto.
Quando uno pensa al vuoto, pensa al nulla. Il vuoto non è il nulla, ma è un giacimento inesauribile di materia e antimateria. Il vuoto evolve, è dinamico.
Sappiamo che l'universo è nato da una trasformazione quantistica del vuoto, ma sui dettagli, sul come, bisogna ancora investigare sul meccanismo materiale della inflazione, che ha trasformato una bollicina in un enorme oggetto che ha tutta la materia e l'antimateria: l'universo".
E - davvero concludendo - il 'Vuoto' a te ha fatto venire in mente un collegamento del tutto estemporaneo - ma non è questo il lato emozionante, rabbrividente, spericolato della interdisciplinarietà e/o del pensiero laterale?.
Hai pensato alle parole di Massimo Filippi che ha ragionato sulla "Invenzione della specie" (un libro su cui vorrai tornare in dettaglio): "Lo specismo è una macchina dialettica il cui centro è vuoto". Questo vuoto, te lo visualizzi come uno strano pulsare di negatività, nel cuore di una macchina enorme e complessa, fatta di tanti meccanismi: un motore ad improbabilità chiasmatica, che si comporta come un buco nero (!). "Non possiamo afferrare lo specismo, perché siamo dentro di esso, risucchiati dal buco nero che lo riempie; è invece possibile lasciarsi trascinare dal flusso che corre tra gli opposti".
Non è che questo è un esempio di quel nuovo umanesimo di cui parlava in radio il fisico Guido Tonelli?
PS
ispirati a Guido Tonelli e alla sua fisica, ci saranno presto altri post