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domenica 9 luglio 2017

Okja corre



Okja è una 'super pig', lo stato dell'arte di una pluriennale sperimentazione che ha l'obiettivo di creare un superanimale, tutto commestibile "tranne il grugnito": purtroppo per i suoi inventori, Okja non è ancora una 'Carnebestia': infatti, ha ancora occhi, una voce, delle orecchie, si muove su quattro zampe e ha un cervello, capace di provare pensieri, avere intuizioni, elaborare sentimenti, avere ricordi e affetti, speranze e nostalgie, e un qualcosa che scoprirete alla fine e che di sicuro vi farà tremare il cuore.

Niente spoiler. Solo un dettaglio: poiché Okja è, con tutta evidenza, un animale capace di intelligenza ed emozioni, alla multinazionale tocca un enorme lavoro di copertura, la creazione di una storia, di una mitologia, da raccontare al mondo, per nascondere la verità sul destino reale e ultimo di Okja e dei suoi fratelli e sorelle.
La realtà, per Okja e tutti i suoi simili, da ora in avanti, sarà fatta da queste cose: la prigionia, lo stupro, altri esperimenti, manipolazioni fisiche e genetiche, infine la catena di smontaggio del mattatoio, la dissezione e la morte, per essere venduti - irriconoscibili, a migliaia - nel banchi macelleria di un mondo che - a quanto pare - senza la miracolosa carne di questo maiale, non avrebbe più di che sfamarsi - sempre secondo la 'favola' che la multinazionale ha elaborato per raccontarla al mondo intero, un mondo che vale solo in quanto  e fintanto che è popolato da centinaia di migliaia di clienti, compratori felici di carne felice. 

Solo che accanto a Okja, c'è Mija, la bambina che l'ha cresciuta e l'ha accudita per anni, nella natura dei boschi delle montagne coreane. Mija sa guardare lontano e sa dissipare le nebbie scintillanti delle bugie, perché ascolta i sussurri di amore che Okja le narra all'orecchio, e perché non dimentica mai che Okja è - prima di qualsiasi altra cosa - sua amica, sua sorella acquisita: che la ama, che si fida di lei.

Pronti? Via! Da qui si parte, una corsa sfrenata che ci farà discendere fino al fondo ultimo dell'inferno zootecnico che gli umani hanno inventato e stabilito per tutti gli altri animali - e se non bastano, ne crea apposta dei nuovi.

La Mirando Corp. deve avere due facce: quella 'simpatica' di Lucy...


... e quella 'reale' di Nancy

La stessa velocità che Bong Joon-ho aveva usato in Snowpiercer. Là, una corsa reale, letteralmente sfrenata, tutta orizzontale e sempre obbligata. Qui, una corsa temporale e spaziale, che si muove in più direzioni, e tuttavia, come hai detto, è una discesa: dalla montagna alla pianura, dal bosco alla città, dalla libertà all'inferno.

Sono in molti a correre, insieme a Okja e Mija: alcuni (gli animalisti ALF) corrono insieme a loro, per aiutarli, altri (i troppi sul libro paga della multinazionale) corrono contro di loro, per fermarli.
Tu non conosci il cinema coreano in modo approfondito: però si può pensare che tutte le scelte stilistiche qui presenti ne siano una specie di firma. 
Molte volte, infatti,  si vedono situazioni, sviluppi e scene che in un film occidentale non ci sarebbero, perchè avverrebbero giusto a partire da un secondo dopo quello che si considera la giusta misura narrativa. La paura di esagerare e di spararla grossa, Bong Joo-ho, non ce l'ha. E poiché non ce l'ha, tutto quello che ci racconta e che escogita, rimane in equilibrio, a volte è persino poetico, a volte ci fa persino sorridere - la scena degli ombrelli vi rimarrà impressa; ed è tutto un controtempo, tutto una dissonanza, tutto una leggerezza - intrisa però di rimandi narrativi, archetipici, epici, a volte notevoli (ci hai visto a un certo punto persino Orfeo ed Euridice rivisitati). Chi ama il cinema, chi lo guarda e ne trae piacere, potrà fare una lista lunga così di rimandi, presenti a ogni possibile livello di lettura. Tutte cose, secondo te, che danno pregio a questo film. C'è una mescolanza caotica di linguaggi - visivi, musicali, di montaggio - fino all'estremo dello slapstick e dei manga.
Se poi aggiungi un cast sorprendente e partecipe (vi verrà di sicuro voglia di scoprire 'chi è chi'), ecco che non manca nulla. Anche se, in certi casi, mostrare non equivale sempre a raccontare.

Concludendo: Tutti quelli che corrono la corsa perdifiato di Okja e di Mija, alla fine troveranno uno stop brusco, alla loro corsa. 

anche lui, a causa di una piccola fotografia

Ci sono due finali, intrecciati tra loro - anzi tre. Il primo - come hai già detto - sarà per la vostra commozione; il secondo sarà per la vostra serenità - e anche la speranza di un futuro diverso, del quale state vedendo la crescita; il terzo per la ripresa della battaglia - anche se un po' per ridere.





mercoledì 14 giugno 2017

Angelo e i suoi assassini - parte seconda

Angelo
... e ritorni un attimo su Angelo e sulla sentenza emessa contro i quattro torturatori: sentenza che ha suscitato molti commenti e molta agitazione. Tra l'altro, ci ritorni in questi giorni, dominati dallo scalpore per un'altra sentenza, quella che riguarda Totò Riina - e hai la sensazione che ci sia un che di sotterraneo che in qualche modo collega le due notizie; le due sentenze; i cinque colpevoli; le molte vittime;  l'idea che una società, che una civiltà ha o può avere a proposito del concetto di giustizia. 
E ci ritorni, quindi, forse proprio perché senti - a livello subliminale che proverai a spiegare - che esiste un collegamento tra i due eventi - entrambi incorniciati in contesti giuridici-penali-legali. Materia incandescente, agitatatrice di pensieri: che vengono da lontano, da riflessioni, studi, letture di quando eri universitario. Qualcosa da manovrare con guanti e pinze. Forse, ma non oggi. 
Oggi, ti concentri, per la seconda volta, su Angelo
Come già scritto, avevi chiesto a persone che hai la fortuna di conoscere, un loro parere sulla sentenza verso i quattro aguzzini sanginetesi. Non persone a caso: persone che vivono ogni giorno, tutti i giorni, da anni, la realtà dei cani in canile - e che sono impegnati a pensare e ri-pensare, per trasformarla. 
Sì: perché il canile ha bisogno di venire trasformato, fino al punto di sparire, almeno come concetto concentrazionario di reclusione. Ne hanno bisogno i suoi prigionieri. E - sorpresa! - ne ha bisogno la stessa società dove viviamo - anche se questa società non se ne rende conto; anche se noi non ce ne rendiamo conto. Qui sì: cani, innocenti individui incarcerati per colpe mai commesse o inventate dai dittatori totalitari umani - quì sì che si può parlare di sproporzione della pena. Cesare Beccaria in molti canili - troppi canili lager, luoghi di speculazione - non s'è mai visto neppure in fotografia.

Torniamo a loro - alle persone amiche che hai interpellato. Dicevi: persone che conoscono, con esperienza e cognizione di causa e riflessione, i cani e i pensieri canini e il loro mondo.
Quasi tutti hanno speso qualche parola di riflessione - e di questo parlerai in questo post. Altri di loro ancora non hanno risposto - ma, alcuni di loro è probabile che lo faranno e sarà argomento di futuri post; ché questo argomento non esaurisce mai le sue implicazioni, volendo. Devi dire ancora una cosa: i commenti hanno ciascuno un nome e cognome; dopo varie riflessioni, hai deciso di trascriverli qui, tutti o in parte, sotto forma anonima (anche se chiaramente distinguibili), sia per venire incontro a chi ti ha chiesto espressamente di rimanere anonimo, sia perché ti è sembrato più giusto anche verso quelli che non avrebbero pudore o problema a comparire 'in chiaro': nel senso che ti piace pensare che ci si possa concentrare sui loro pensieri, tessuti insieme con lo scopo di impreziosire le differenze di sfumature dovute ai diversi punti di vista, oltre che di evidenziare i molti spunti unici, personali. Ti piacerebbe che tutti quelli contattati, si sentano liberi di commentare, a lettura terminata, mettendosi con nome e cognome, se lo vorranno, rivendicando la maternità o la paternità dei loro pensieri.

Che - di primo acchito - sono pensieri di rifiuto. Non ha voglia di parlare di questa storia, chi gestisce un giardino per cani anziani: "mi procura troppo dolore. Non vorrei mai vedere quei mostri vicino a un qualsiasi animale". Il discorso riabilitazione può e deve passare in secondo piano, è ancora una volta specista. Ancora non si ha la sentenza, quindi, come scrivevi, le modalità sono sconociute e quindi suscettibili di grandi speculazioni. Di sicuro, è molto facile rendere questa parte di sentenza un nuovo inferno per i cani, senza riabilitare nessuno - "Angelo e tutte le altre vittime come lui non torneranno mai indietro".
Condividi la rabbia, specialmente dopo aver rivisto il filmato, che è sempre troppo doloroso: c'è solo sadismo, prolungato, perpetrato per interi minuti, con metodo e senza che appaiano mai segnali di disagio - anzi!

E quindi? Quindi, se può essere sensato, giusto, smettere di applicare la legge del taglione, è lecito dubitare che riabilitare sia sempre possibile: che, cioè, l'aver subìto una pena, renda il proprio pensiero finalmente permeabile al rifiuto della crudeltà. I quattro aguzzini, infatti, c'è il rischio che vivano la pena come una fastidiosa pratica di cui liberarsi quanto prima. Magari, accumulando rabbia. Che scaricheranno sul prossimo indifeso che gli capiterà a tiro. 

Ne parli con questa donna, che è attiva con grande attenzione e molti dubbi - per così dire, filosofici - in un rifugio dove c'è molta attiva attenzione alle pratiche da svolgere insieme e per i cani:
"Chi è arrivato ad un punto così terribile non imparerà l'empatia in sei mesi di canile nemmeno nel miglior canile con i migliori educatori". Si pensa insieme che questi assassini dovrebbero prima potersi guardare dentro. E allora, il cerchio si allarga: dici che ci vorrebbero percorsi permanenti di supporto, con obiettivo magari preventivo piuttosto che rieducativo. E se alzi un attimo ancora la quota dello sguardo, ecco che trovi la necessità di creare le occasioni e le possibilità per un mutamento più generale delle nostre società, per quel che riguarda il rapporto con gli altri animali. Eccola lì, immobile e totemica: la educazione alla empatia - uno snodo enorme da cui secondo te si dipartono mille sentieri, nella pedagogia, nella filosofia, nella cultura, nella percezione sociale.
Perciò, sempre secondo questa attentissima volontaria: "il punto di svolta è nel fatto che il processo ci sia stato". Un vero precedente, che non potrà essere ignorato: "A un po' di persone, che gli animali li maltrattano, potrebbero fischiare le orecchie".

"Visto il reato, la pena resta decisamente lieve": così pensa un'altra cinofilosofa, che vive con una affiatata società di cani, li conosce, conosce le loro individualità, li rispetta e li ama.
"Bisognerebbe poter applicare pene molto più severe:  ma sono contenta che quanto meno ci sia stata una sentenza in tempi non eterni, e molto chiara dal punto di vista del significato sociale e politico della cosa: è un buon precedente che spero possa mettere delle basi per il futuro".

Ci concentriamo sulle modalità dello svolgimento del lavoro socialmente utile in canile. La cinofilosofa - e tu con lei - si augura che sia un canile dove i volontari possono sempre entrare, per proteggere il benessere dei cani. Poi, che i quattro condannati vengano seguiti all'interno del canile e che ci sia un supporto psicologico che li aiuti a valutare. "Voglio poi sperare che le mansioni che avranno all'interno del canile, non rischieranno di traumatizzare i cani ospiti". Alla fine, siete d'accordo entrambi che ci vorrebbe pure un supporto psicologico anche per i cani, svolto da un valido educatore...

Supporto psicologico fondamentale anche secondo la educatrice che ha costruito anni di metodo di relazione e osservazione verso i cani: "esistono studi sullo sviluppo dell'empatia e sul recupero di chi ha commesso crimini associati a disturbi della personalità che hanno tra i sintomi la mancanza di empatia per la vittima".
L'esistenza di un programma volto a far aumentare l'empatia nei soggetti che hanno commesso questo tipo di crimini violenti, sarebbe secondo te doverosa, un'àncora fondamentale, nell'intero processo di recupero.  
Tu sei convinto che queste misure di supporto verrebbero davvero svolte solo se il canile verrà percepito come risorsa e non come una specie di scadente e meccanico contrappasso: altrimenti, il prossimo pedofilo potrebbe vedersi assegnati lavori socialmente utili in un asilo! Ti spieghi meglio: solo se il canile è percepito come una risorsa di valore etico e pedagogico, prima di tutto dalla società e quindi da quanti hanno il compito di amministrare la legge, allora avverrà spontaneamente e doverosamente la creazione di un cuscinetto di supporto all'intera situazione - nel suo prima, nel suo durante, nel dentro e nel fuori, per i rei e per i cani, e nel suo dopo.
Altrimenti, il canile subirà l'ennesimo sfregio: quello di essere visto come atto punitivo per criminali, uno strumento più economico del carcere, per applicare la legge del taglione: "una follia".

Una scelta folle, una sconfitta per tutti, dove peggiora la situazione di tutti: di Angelo e della sua memoria; dei cani liberi e non tutelati; dei cani nei rifugi, a rischio; delle situazioni di miseria sociale e culturale, come quella dove sono nati e cresciuti i quattro aguzzini, che, secondo questa ragazza che si occupa di accasare cani anziani, "vivono in uno sperduto paesino di montagna, in mezzo al nulla": una mentalità chiusa (anche l'orizzonte sembra chiuso, dall'elevarsi delle montagne) può portare a questo tipo di cose, come i fatti di Sangineto. "Quindi il fatto che loro arrivino a conoscere i cani e abbiano una pena del genere da scontare, è utile a farli rendere conto di ciò che li circonda e di chi sono realmente i cani".

Ipotizziamo che scontino la pena nel suo rifugio: "proverei a fargli  comprendere  realmente il significato grave del loro gesto verso un essere vivente".
Tutto dipende da che visione hai della giustizia: occasione di recupero o condanna sempre punitiva? Attraverso la rieducazione, potrebbero rendersi conto di quel che hanno fatto: forse questo potrebbe per loro diventare condanna? Grande fiducia verso gli esseri umani - altrimenti questa ragazza non farebbe quello che fa - ma anche dispiacere: perché il lavoro potrebbe essere da loro visto solo come punizione "in un canile sovraffollato e dove la cultura cinofila rasenta quasi sicuramente lo zero". Perché non diventi un perverso e dannoso "per sei mesi spalo cacca e poi tutto torna come prima", ecco che si riconferma basilare la cultura - cinofila, ma anche quella generale, anche quella civica e civile.

A quanto pare, insomma, questa è una sentenza esemplare, storica, per l'Italia (non allarghiamoci a presumerla storica anche in un contesto più internazionale). Storicità ed esemplarietà che - già lo sono state - corrono il rischio di venire annacquate e vanificate dal fatto che è stato applicato il rito abbreviato e che la legge comunque non prevede carcere per pene inferiori ai tre anni; e che, infine - purtroppo - le pene previste per chi maltratta gli animali, sono molto basse. In pratica: chi maltratta o uccide un animale - e stai parlando solo di quelli 'fortunati', considerati animali DA affezione (sic) - rischia di farla franca più spesso che no.

Il quadro generale, non è molto incoraggiante. Anche secondo l'educatore che negli anni ha disegnato un concetto di canile futuro, non è positivo che "il canile sia il luogo per scontare una pena"
Che  genere di canile è quello dove dovranno prestare servizio? "Non so in quale canile andranno a scontare la pena. Non sono a conoscenza del nome della struttura. Conoscendo le molte realtà di canili lager del Sud Italia, mi chiedo cosa possano imparare quei quattro sociopatici da un'esperienza del genere?" Una breve notazione, comunque sulle modalità pratiche: "Poi sono convinto che in ogni caso dovrebbero essere divisi e scontare il servizio socialmente utile in luoghi diversi da soli e non in gruppo".


link vari, per riannodare le fila su

ANGELO

la notizia della sentenza su all4animals

il parere di una psicologa specializzata, su all4animals

la notizia della sentenza su quiCosenza

la notizia della sentenza su VelvetPets

il commento di Ermanno Giudici, su Il Patto Tradito


VIDEO Paola, sentenza del processo, su Marsilinotizie


una notizia sugli studi per l'identikit di chi maltratta gli animali, su Gazzetta di Parma


VIDEO - DA VEDERE: In onore di Angelo (il suo calvario), su youreporter

notizia della sentenza, su ilmiocaneèleggenda

la difesa degli imputati, su Marsilinotizie














sabato 27 maggio 2017

Una rieducazione di merda - Angelo, parte prima

una statua a Roma, inaugurata nel Parco Ravizza del quartiere Monteverde. Fonte: Cosenzainforma


Angelo come Hachiko. Dove Hachiko è diventato simbolo della dedizione lunga una vita, ma anche del rispetto e della riconoscenza di individui e di una intera cittadinanza, di un popolo - quello giapponese - che fonda la sua civiltà su concetti molto simili a questi.
Dove Angelo è diventato simbolo della ennesima irrilevanza e povertà etica ed empatica di individui e di una intera cittadinanza, di un popolo  - quello italiano - per i quali un animale è oggetto di noncuranza, superficialità, impazienza, prepotenza, oppressione, crudeltà inflitta, tortura, sadismo; ma anche della grande fiducia che ogni cane è potenzialmente capace di regalare a ogni umano, anche quello meno degno - quello degno di essere appellato solo come 'tizio', o 'mostro'.

Ieri, la sentenza del processo di Angelo ti / ci è esplosa tra le mani, e i social forum sono diventati ridondanti di essa e per essa. Parole e idee, indignazione insieme a riflessioni. Conti di ritornarci, prestissimo, grazie all'idea che hai avuto - di chiedere ad alcuni tuoi amici e contatti davvero esperti, attenti, nei confronti dell'universo canino, un loro parere, specialmente sui risvolti della sentenza.
Sul fatto che i quattro assassini sconteranno la pena svolgendo lavoro socialmente utile presso una struttura canile o rifugio. Presumi, della loro zona.

Una decisione controversa, dibattuta, sulla quale tornerai. Adesso, in questo post, vuoi fare una cosa sola: immaginare questa sentenza nella sua attuazione, nel suo svolgimento. 
Infatti, ti sei chiesto: se tu avessi un rifugio, cosa penseresti se ti chiedessero di farci svolgere la riabilitazione lunga sei mesi, dei quattro 'tizi'?

Intanto, immaginiamo una cornice: poiché esistono, e se ne parla, e vengono divulgati e fatti conoscere, i canili e i rifugi cosiddetti 3.0 (quelli zooantropologici, di Luca Spennacchio, di Roberto Marchesini, di Simone dalla Valle, per intenderci; e, certo, anche di altri, che tuttavia non conosci, per tuoi limiti), ritieni che potrebbero essere solamente queste, le strutture adatte a sopportare una responsabilità così grave. Non le strutture coraggiose e generose, che rischierebbero di cedere e soffrire per il carico di male e crudeltà che i quattro assassini si portano appiccicato alla pelle, sotto i loro vestiti. Tanto meno i canili privati, dove è sempre possibile 'truccare' e barare, a spese dei cani: qui dentro, i quattro potrebbero addirittura essere liberi di spadroneggiare, ma di sicuro - senza arrivare a tanto - potrebbero non dover affrontare nemmeno un'ora di lavoro. E dunque la 'pena' sarebbe inutile, andando sprecata.

No. 
I canili come presidio zooantropologico ci sono, esistono. Facciamo finta che - anche a uso giudiziario - ne esista un elenco certificato: sarebbero i luoghi unici dove far scontare questo tipo di sentenze a questo tipo di criminali (e qui, ne sei cosciente, si apre un punto vulnerabile assai, sui diversi pesi e misure, sui doppi criteri di giudizio, quando la vittima è un umano o quando invece è un altro animale; ma ne riparleremo).

Queste strutture, già adesso, hanno un organigramma: esiste una divisione dei compiti, una distribuzione delle mansioni e delle responsabilità, certo sulla base delle attitudini e delle abilità di ciascuno. Ma non succede che tutti facciano tutto - né che lo vogliano fare: perché non ne sono capaci. Il motivo di questa organizzazione è per dare ai cani ogni tipo di vantaggio, tutela, benessere, cura e occasione di ritorno tra umani disposti ad accudirli, a esserne famiglia per la vita.
In queste strutture, i volontari hanno fatto e fanno corsi per apprendere come svolgere i loro compiti, assimilano le 'buone pratiche', affrontano almeno una esplorazione della zooantropologia, della cinofilosofia, dell'etologia canina. Questo, di base, imprescindibile:  si possono aggiungere altre capacità e abilità, altre competenze, negli anni, sul campo. Ma sempre con la supervisione di chi è più presente e più a lungo, più capace o esperto. Perché, sempre non si perde di vista l'obiettivo: il cane, nella sua completezza e dignità di essere individuale, unico, consapevole, che merita rispetto e dignità.

Dici sempre che hai avuto la fortuna di avere un simile primo incontro con i canili: il primo amore non si scorda mai, e non se ne dimenticano nemmeno le asperità.
Perciò oggi ricordi con gratitudine e con consapevole prospettiva di lungo termine, le tue prime esperienze con la raccolta delle cacche.
I rifugi hanno aree di sgambamento: dove i cani possono correre, annusare, sdraiarsi, giocare o conoscersi tra loro, se lo desiderano, oppure isolarsi e dormire se lo preferiscono. Queste zone, verdi e alberate, devono essere libere dalle cacche. E perciò vanno costantemente rastrellate, attraversate, con paletta e secchiello, come se si fosse sminatori. Come prima cosa a inizio della giornata, poi in vari momenti della giornata in rifugio; e tra le ultime cose della sera. Dalla cacca dei cani si impara molto, oltre al loro stato di salute psicofisico. Poi. Si impara su se stessi: la propria capacità di concentrazione, di adattamento, la prova e lo stress delle proprie soglie di stress e di tolleranza alle situazioni di scacco e di obbligo. La cacca può essere zen: una pratica utile a centrare se stessi, utile a ripensare il cane, a rivederlo e riviverlo, a riconsiderarlo. Sollevi lo sguardo dal prato e incroci gli occhi di un cane al di là del cancello, che magari ti osserva ed è interessato a te. Questo tutti i giorni, giorno dopo giorno, per settimane.

Quindi, ecco cosa faresti fare tu, nel 'tuo' rifugio', ai quattro: raccogliere merda, fin da subito. Non come umiliazione, ma perché raccogliere merda serve - alcuni dei modi hai provato a raccontarli proprio adesso.
Naturalmente, pensi, i quattro non starebbero MAI soli con i cani: a fianco a loro ci sarebbe SEMPRE almeno uno o due supervisori. E, poiché si tratterebbe di volontari che in questo modo verrebbero sottratti a compiti più utili per l'andamento del rifugio e il benessere dei cani - oltre che di sicuro più gratificanti sotto il profilo delle relazioni umane: sei abbastanza sicuro che stare a contatto con uno qualsiasi di questi quattro sia ben più schifoso e rivoltante che raccogliere una qualsiasi caccona - credi che dovrebbe essere previsto un gettone di risarcimento. Una cifra di rimborso per il rifugio, che si vedrebbe obbligato a sottrarre risorse umane a compiti di cura, per svolgere compiti di controllo e sorveglianza. Una cifra forfettaria, a fondo perduto - ché ci sarebbe a monte la garanzia che in questi rifugi quella risorsa economica extra verrebbe impiegata esclusivamente in obiettivi cinofili.
(Ecco, magari, se esistesse questo albo dei rifugi 'giudiziari', il meccanismo per coinvolgerli volta per volta potrebbe essere quello del sorteggio, o magari della rotazione; ma questi sono dettagli che non vale tempo studiare qui, in questo pur sempre immaginifico scenario).
Raccogliere merda per sei mesi, però, non sarebbe produttivo né forse coerente con lo spirito della sentenza - per come lo hai capito tu, ma su questo ci torniamo; qui stiamo scrivendo altre cose. Non è il caso di scomodare Cesare Beccaria, per dire che in questi sei mesi ci sarebbe tutto il tempo per far fare ai quattro, corsi di etologia, di zooantropologia e di tutto quello che potrebbe sembrare utile a tentare di cambiare la loro mente. Nella prospettiva della riformazione e rieducazione.
Gli faresti persino leggere dei libri, e prendere appunti e alla fine scrivere un tema!
 Che tu abbia robuste riserve sulla realistica capacità di maturare in quella direzione, da parte dei quattro torturatori, per il momento non è importante.

Ultima domanda: faresti avvicinare i quattro ai cani?
Premessa: i cani in un rifugio, ci sono arrivati sempre dopo esperienze negative. Senza eccezione: anche il 'semplice' abbandono di punto in bianco, viene vissuto da ogni cane come una angosciosa tragedia, un evento catastrofico capace di gettare il cane nella depressione, nella tristezza, nel malumore, nella non voglia di vivere, nella paura, nella insicurezza, nella fobia, nell'ansia. Un vero e proprio shock post-traumatico. 
Quindi, chi più chi meno, tutti i cani ospiti di un rifugio  - ricordate sempre di che tipo di rifugio stai parlando - sono individui fragili dal punto di vista emotivo. Basta un nulla - davvero un nulla: uno sguardo superficiale, un gesto casuale, uno stato d'animo carico di sensazioni negative da parte dell'umano - per aggravare quella fragilità, col rischio di spezzare ancora la loro faticosamente ricostruita, timida fiducia.
Perciò? Perciò - pur facendo fare ai quattro tutta una serie di attività che hanno a che fare intorno al cane - fino ad arrivare a occasioni davvero stimolanti di apprendimento, di esperienza, di osservazione - non li farei interagire MAI con nessuno degli ospiti del rifugio. 
Magari, forse, con un supporto robusto di educatori - altre risorse per il rifugio dirottate! - li farei entrare in contatto con cani che non vivono nel rifugio, ma sono individui forti, sani, sicuri, equilibrati, alleati di uno o più umani con le medesime caratteristiche caratteriali - e che sono capaci di scegliere come, dove, quando e quanta relazione iniziare o interrompere con qualsivoglia umano. 
I Cani Maestri. Questo perché, se il fine è riabilitativo, alla fine - ma solo alla fine - dovrebbe essere creata l'occasione per i quattro tizi, di vedere davvero chi è un cane - e comprendere l'enorme mostruosità che hanno compiuto.

Se poi lo capiranno, questo - per ora - rimane un mistero.
- 1. continua

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