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giovedì 26 luglio 2018

Il groove nelle conversazioni animali






Gli articoli di etologia, li trovi interessanti - spesso sorprendenti - per via delle informazioni che possono dare, a proposito degli altri animali. Ancor più interessanti sono quando i risultati sono frutto di una ricerca per a quale non sono stati imprigionati o torturati animali - obbligati, per esempio, alla solitudine, o all'apprendimento coatto e doloroso di comportamenti assurdi dal punto di vista del loro etogramma e perciò del tutto alieni, incomprensibili.
Resta un fatto: che anche i migliori articoli soffrono di un difetto prospettico: il paragone antropocentrato tra le loro capacità e le nostre, per trovare dove e in cosa loro magari ci assomigliano, operazione che di fatto ci è utile per specchiarci nel nostro narcisismo. La domanda giusta, a tuo parere e per fortuna non solo tuo, dovrebbe essere: in che cosa e dove NOI assomigliamo a LORO? (Dal momento che, proprio per via della evoluzione, molti comportamenti che riscontriamo in noi - e parli di intelligenza, capacità empatiche, senso di giustizia, amore romantico, amore filiale, cure materne, empatia, dolore per il lutto, ricordi, legami di amicizia, immaginazione e abilità nel risolvere problemi - sono apparsi e presenti prima in moltissimi di loro; e noi abbiamo avuto la fortuna di ereditarli nel nostro corredo di risorse genetiche e comportamentali).

sabato 25 novembre 2017

Dalle ginocchia di nonno al coltello del fidanzato in 58 frasi


Le parole formano i pensieri. Ai pensieri seguono le azioni. Le azioni diventano comportamenti. I comportamenti si fanno abitudini. Le abitudini creano il destino. O no?

Non si può vivere sempre col cuore in gola.

"Com'eri vestita?"


domenica 28 dicembre 2014

Nel 2015: in bocca al lupo!


Le parole contano. la parola 'vegano', per esempio, è talmente 'aliena' da aver suscitato le paure e le reazioni difensive del sistema turboconsumistico nel quale trascorriamo quasi tutti i giorni della nostra vita.  Se una volta i vegani erano facilmente riconoscibili - perché pochi e agguerriti - e facilmente riconoscibile era la loro azione di opposizione a un sistema fondato su una violenza strutturale, oggi non è più così. I vegani sono stati assorbiti, sono stati confinati tra cucine, palestre e spa, il loro afflato etico è stato depontenziato, al punto che perfino tra gli stessi vegani (animalisti, antispecisti: sono altre etichette forse non depotenziate, ma mistificate) c'è in merito confusione. Oggi il vegano etico deve affrontare una nemesi interna assai insidiosa, il vegano consumatore, come lo inquadra il Laboratorio Antispecista , su Veganzetta. Il vegano consumatore è intrinsecamente egoista. E il senso di "disobbedienza civile" che si può attribuire all'essere vegani, viene completamente cancellato.

Che fare? Il vegano invece non deve smettere di essere aperto nei confronti dell'altro, altranimale o umanimale. Non deve abbandonare l'etica, né la politica.
"oggi dobbiamo reagire.
A partire dal linguaggio, sicuramente, tornando come dicevamo a parlare di Liberazione, quella con la L maiuscola, continuando caparbiamente a parlare con chi oggi forse in numero maggiore può ascoltare e facendogli suonare nelle orecchie concetti pieni, senza paura di sconvolgere e piuttosto – forse- con l’obiettivo di farlo. " . Si legge in chiusura all'articolo. 

Il linguaggio, di cosa è fatto? Di parole, e frasi, che insieme comunicano idee, pensieri, concetti, emozioni. Anche attraverso i modi di dire, sedimentati nei secoli, le frasi fatte, le parole-che-non-ti-ho-detto, le parole cartina di tornasole, le parole del referente assente .

IN BOCCA AL LUPO!





Mi pare che questa spiegazione inscritta nella foto, abbia un che di etologico che la rende molto condivisibile. La trovo molto bella, limpida, diretta, onesta, persino coraggiosa. Sembra come una finestra sulla lupinità libera, che finalmente abbiamo intenzione di cominciare a guardare, dalla giusta distanza (la distanza del rispetto dello spazio altrui, non la distanza della paura irriflessiva). Se l'augurio è vecchio, questa più recente motivazione gli ridona attualità, lo trasporta verso nuovi territori, abitati da diverse sensibilità, nuove aperture, diversi movimenti verso l'incontro dell'altro - infinite altre singolarità viventi. Anche quelle umane, gli umanimali.

L'armamentario delle spiegazioni che vengono da altre fonti riportate, appaiono invece molto di più come il riflesso di una chiusura oppositiva, di una esclusione: ci raccontano di realtà diverse - anche se a ben pensarci non così tanto, purtroppo (si pensi a Daniza, alle campagne di disinfestazione di nutrie, cinghiali, lupi, ricorrenti in varie Regioni italiane) - fatte di ostilità immediata nei confronti di qualsiasi altro animale.

Per prima cosa, occorre sapere che il significato scaramantico è comune a tutte le spiegazioni.

Una prima interpretazione vuole che la frase derivi dal linguaggio di pastori e allevatori per i quali il lupo era temuto più di tutti gli altri animali a causa della sua voracità per il bestiame del quale essi si occupavano.

Un'altra spiegazione, invece, deriva dai cacciatori che sopprimevano i lupi poiché ritenuti pericolosi per gli umani. In questo caso dire "in bocca al lupo" significava augurare "buona caccia".

 Sempre riguardante la caccia sarebbe la spiegazione dell'espressione secondo la quale chi andava a cacciare il lupo doveva avvicinarsi e quindi metaforicamente "mettersi nella bocca del lupo". A questo augurio avrebbe senso rispondere "crepi il lupo" poiché per affrontarlo ci voleva molto coraggio e fortuna.

 Altri ancora pensano che il detto derivi dal greco per assonanza ovvero: "prendi la retta via" e rispondere "la prenderò".

Un'ennesima interpretazione prende spunto dalla storia dell'origine di Roma: Romolo e Remo vennero salvati dalla lupa. Così, se qualcuno rivolge l'espressione all'altro, si augura fortuna. Anche se in questo caso la risposta "crepi" o "crepi il lupo" non avrebbe senso poiché l'animale sarebbe considerato "la salvezza".


Una spiegazione del termine ci è data, invece, dalla navigazione dove "la bocca del lupo" era la "lavagna" sulla quale si registravano i nomi degli uomini e delle merci portate a casa e quindi l'espressione avrebbe avuto il senso di una "buona navigazione".


L'Accademia della Crusca, parla di paure ataviche, di allegorie medievali del lupo, creatura malvagia, falsa, crudele - un ennesimo esempio della antropomorfizzazione simbolica in negativo operata a danno degli animali. In controluce, si intravede la funzione apotropaica della formula, poiché mettersi in bocca al lupo equivale a mettersi nel potere del "nimico" e dunque l'augurio diventa antifrastico, perché si spera in realtà il contrario di quel che viene apparentemente augurato. Così è, se vi piace.

Con tutte queste bocche, però, a me viene in mente - per associazione libera - la locuzione quasi intraducibile “Il faut bien manger” del filosofo Jacques Derrida.
La si traduce di solito in due modi contemporaneamente: "bisogna pur mangiare" e "bisogna ben mangiare". Il doppio senso, questo inafferrabile 'lost in traslation", rinvia al motivo etico fondamentale dell'ospitalità dell'Altro, tanto esaminata da Derrida.

Venire divorati dal lupo nel senso di venirne ospitati, accolti?
Potrebbe essere  quel che è accaduto quando il lupo e l'uomo si incontrarono e dalla loro unione nacque quel vivente che noi oggi conosciamo come il cane?
Il lupo ha divorato l'umano attraverso il cibo dell'umano: ha riconosciuto l'umano, lo ha riconosciuto come compagno suo pari, ha deciso di unire il proprio percorso di vita a quello dell'uomo?

Questi, sono solo pensieri in libertà, libere concatenazioni di suggestioni, un pretesto per l'augurio scaramantico mentre si approssima il cambio simbolico dell'anno.

Nel 2015, in bocca al lupo.
(si risponde: "Viva il lupo": ossia, "(ev)viva il lupo", ma anche "lunga vita al lupo".

lunedì 24 marzo 2014

L'Animale che non ti dico

  • debeccare
  • in estro
  • in calore
  • monta
  • modello animale
  • tappeto, inserto
  • coprire
  • cucciolata
  • salame
  • cane 'da' guardia
  • topo 'da' esperimento
  • oca 'da' ingrasso
  • sagra della costina
  • spiedo gigante
  • pesciolata
  • trasporto bestiame vivo
  • materiale vivo
  • materiale biologico
  • fattoria didattica
  • pesca sostenibile
  • borsetta
  • depezzare
  • rubagalline
  • 'veterinario'
  • 'oca'
  • 'vacca'
  • 'maiale'
  • 'gallina'
  • 'orso'
  • 'iena'
  • 'sciacallo'
  • 'cagna'
  • 'verme'
  • cavalla
  • macellaio
  • fare un macello
  • macellazione compassionevole
  • fare il pesce in barile
  • ecco fatto il becco all'oca
  • spettacolare incidente (camion di trasporto maiali esce fuori strada: tutti i corpi dei maiali gettati sull'asfalto)
  • carne felice
  • pesce felice
  • pesca sostenibile
  • mucca felice
  • peppa pig
  • filiera
  • svezzamento, ingrasso, riproduzione
  • foie gras
  • pesca sportiva
  • sport, caccia e pesca
  • in bocca al lupo
  • 'asino'
  • 'mulo'
  • kilometro zero
  • "ammazzare come un cane"
  • "tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino"

Foto: blogger


Il concetto di 'referente assente' è stata una scoperta entusiasmante: non perché ci sia da essere contenti che certi individui vengano sistematicamente cancellati, annullati e trasformati persino nelle parole - che sono il veicolo delle idee e dei pensieri - tutt'altro! L'entusiasmo aveva a che fare con la sensazione di aver finalmente scoperto un (primo) nuovo attrezzo teorico utile a comprendere tanti 'perché' e 'come' che mi facevano e fanno tuttora soffrire, sui modi in cui troppe persone - così tante da costituire una civiltà intera! con la sua cultura specista - si comportano in modo automatico e irriflessivo, ma prepotente e indifferente, rispetto agli altri animali. Mentre leggevo, mi dicevo che ecco finalmente potevo apprezzare una spiegazione, che è sia psicologica, che sociale, di un perché e di un come  si fa a maltrattare gli altri animali.
Scrive Carol J Adams (sul primo numero di 'Liberazioni', estate 2010): "Ci sono tre modi per mezzo dei quali gli animali diventano referenti assenti. Uno è letterale: come ho già detto, nell’alimentazione carnea, essi sono letteralmente assenti in quanto morti. Un altro attiene alla sfera della definizione: quando mangiamo animali, cambiamo il modo di parlarne; ad esempio, non
parliamo di cuccioli, ma di vitello e di agnello. Il terzo modo è metaforico: gli animali diventano metafore per descrivere esperienze umane. In questo senso metaforico, il significato del referente assente deriva dalla sua applicazione o dal suo far riferimento a qualcos’altro
".



Mi pare senz'altro che nella sfilza (un altro referente assente?) di parole all'inizio, ci siano tutti e tre i modi. Una lista comunque incompleta, compilata quasi per gioco, per così dire "all'impronta" (un altro referente assente?).
Il referente assente è come una costruzione di mattoncini. Le singole parole (per esempio: 'tappeto', o 'inserto', oppure 'filetto') sono i mattoncini-base, che poi si possono attaccare l'uno all'altro, per formare delle vere e proprie locuzioni: 'trasporto bestiame vivo' (qui ci vedo addirittura un referente a 'matrioska', ben due al prezzo di uno, cioè nemmeno animali, un sostantivo collettivo, ma bestiame, un sostantivo reificante); oppure ancora: 'test in vivo'. Queste frasi sono come i piccoli elementi compositi che nelle costruzioni possono comporre le pareti o i comignoli, gli archi dei ponti  e i merli del castello. Fuori di metafora, la costruzione vera e propria, il castello, è data da interi discorsi, ragionamenti, nascondimenti e negazioni, dove gli animali spariscono, per diventare qualcosa d'altro, oppure appaiono, ma ne viene negata la vitalità; per esempio quando si racconta di qualcuno "ammazzato come un cane" o dei pendolari stipati sui treni "come bestie": dando per normale e accettato che i cani si possano 'ammazzare' con la violenza di un bastone, di un'auto che ti investe;  o che le 'bestie' subiscano viaggi estenuanti su camion riempiti di corpi da macellare. Il referente assente, poi,  capovolge addirittura le prospettive e i rapporti di causa-effetto: non sono gli umani, per esempio, che invadon boschi e montagne, perseguitando da vicino cervi, marmotte, volpi, aquile e ogni altro abitante di quei luoghi, ma sono gli animali che 'invadono' le città, quando vengono a cercare il cibo che nei loro luoghi depredati dagli umani non trovano più, o quando, perduti i riferimenti familiari, si ritrovano a vagare negli incomprensibili luoghi umani. Come una solitaria capretta nella Metropolitana di Roma .
Nulla di nuovo, purtroppo, sotto questo sole che illumina tutti noi animali terrestri. Il referente assente è il dispositivo efficace che prende a braccetto e aiuta quell'altra strategia umana di "nascondere la testa sotto la sabbia" (un altro referente assente?!), cioè minimizzare, evitare e rifiutare, eventi e fenomeni troppo insopportabili da conoscere e scoprire, perché troppo alto sarebbe il prezzo della consapevolezza (ri)trovata, la richiesta e la necessità di un cambiamento di comportamento. Questo dispositivo azzera ogni dignità, cancella ogni bellezza, svilisce tutti i concetti e degrada le realtà che vuole definire e ingabbiare.  I figli di una mucca non sono 'bambini', ma 'cuccioli'; gli animali non 'fanno l'amore', ma subiscono una 'monta', vanno in 'calore', si 'coprono'; infine, non 'partoriscono', ma 'sgravano'. E si potrebbe continuare, ce ne sono per ogni aspetto della vita di tutti gli individui altranimali (vi dicono qualcosa le parole 'salma' e 'carcassa'?).
Allora, una cosa che si può fare - che già molti praticano e hanno studiato, e io vi arrivo buon ultimo - è quella di scovare e annotare tutte le parole, tutti i concetti, tutti i proverbi, tutti i modi di dire, tutte le situazioni narrative, che sono referenti assenti, efficaci nel raccontarci un'altra storia edificante e rassicurante, ma falsa. I referenti assenti sono oggetti privi di fantasia, automatici e comodi da usare, sono clichés stanchi su cui ci si appoggia pigramente e ottusamente, senza pensare che così facendo rendiamo noi stessi oscuri mezzi di perpetuazione di questi atti violenti ("getta la pistola, figlio d'un cane"!); li si trova in canzoni, blog, fumetti e film, sotto forma di esemplificazioni o aneddoti goliardici (La bontà di Bambi). Non è difficile scoprire le loro carte e vedere il loro bluff, e provare a tornare a far lavorare il pensiero e l'immaginazione, per ripensare una nuova (anche nostra) vita, un nuovo modo di stare vicino agli altri animali, a cominciare dal modo in cui (ce) li vogliamo raccontare.


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