Ursus arctos marsicanus
nuova generazione Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise, Abruzzo |
Gli orsi sono sempre al centro dell'attenzione. In generale, gli animali tutti sono sempre sotto l'attenzione - spesso indesiderata e molesta - degli umani. Ne ha parlato anche il naturalista fotografo Marco Colombo, in alcuni suoi post feisbucchiani. Tu e Marco avete già scambiato un dialogo qualche anno fa: l'ultima vostra chiacchierata risale al dicembre 2016.
Nella foto, Marco ha ripreso due giovani orsi marsicani, che esplorano in Abruzzo le lande del Parco Nazionale di Abruzzo Lazio Molise.
la homepage del sito di Marco Colombo |
Intanto, facciamo un ‘riassunto delle puntate precedenti’.
L’ultima volta che abbiam chiacchierato risale addirittura al 2016! Come hai
passato questi anni? Puoi dirci in breve le cose che ti son capitate e che hai
fatto per te più interessanti, gratificanti, importanti, a tuo giudizio
personale?
MARCO - Ciao Giovanni e grazie! È difficile riassumere quattro anni
lavorativi in poche righe: tra le prime cose che mi vengono in mente, direi le
spedizioni a Pantelleria per osservare il colubro ferro di cavallo, un serpente
importato anticamente dai Cartaginesi; le immersioni notturne in Sardegna con
le torpedini, pesci cartilaginei affini alle razze, in grado di dare scariche
elettriche alle prede; le serate estive attorno a casa, ad osservare i cervi
volanti; le escursioni nella neve all’alba, per ritrarre il volo silenzioso del
gipeto sulle montagne valdostane; lo snorkeling nei torrenti per fotografare la
rara mutazione blu del gambero di fiume nostrano, minacciato di estinzione…
potrei continuare per ore! Tra le cose di divulgazione, direi la pubblicazione
del mio ultimo libro “Paesaggi bestiali” (Pubblinova Negri Editore) e la
scoperta della fluorescenza verde in un ragno saltatore.
Gipeto Gypaetus barbatus le geometrie dell'aliante Parco Nazionale del Gran Paradiso, Valle d'Aosta |
In questo periodo si è parlato moltissimo di orsi e di come
dovrebbe essere il modo più giusto, equo, di convivere con questi animali.
Per prima cosa, puoi descrivere un poco ‘chi’ sono gli orsi,
come si comportano, quali sono i
loro caratteri?
E poi, come possiamo noi umani condividere un medesimo
ambiente, come potrebbe essere un bosco intorno a un paese di montagna?
A parer mio, il modo che abbiamo (avuto) di (mal) trattare
gli orsi, può essere portato come esempio della nostra etica nei confronti
degli altri animali, ma allo stesso tempo uno spunto per cambiare punto di
vista e ‘buona pratica’ di convivenza. Che cosa ne pensi?
MARCO - È un discorso complesso, non semplice. Gli orsi sono animali
caratteriali, ciò significa che non sono tutti uguali. Ho avuto la fortuna di
incontrarne diversi, le ultime volte il settembre 2019 quando in pochi giorni
ho osservato diversi orsi incluse ben tre femmine con cuccioli (una con uno,
una con due e una con tre). Lasciando perdere le differenze tra orso bruno
marsicano (quello appenninico, minacciato di estinzione) e orso bruno alpino,
si può dire che alcuni individui sono estremamente schivi, non si fanno mai
vedere, non passano neanche vicino ai paesi, mentre altri fanno bella mostra di
sé, hanno comportamenti più vistosi, temono meno le persone. L’orso è un grande
carnivoro (seppur, soprattutto il marsicano, principalmente erbivoro) e come
tale va rispettato: ha un potenziale enorme, che rimane inespresso grazie alla
sua elusività, ma se messo alle strette o minacciato ovviamente può reagire.
Ecco perché non bisogna inseguire gli orsi, avvicinarli di proposito, etc., ma
osservarli a distanza. È un’esperienza bellissima nella luce della sera vederli
ciondolare mentre girano pietre alla ricerca di formiche o mangiano bacche.
D’altro canto, l’Italia è uno dei Paesi più antropizzati in Europa e la
convivenza (o meglio coesistenza) può non essere semplice: gli orsi, come i
lupi, possono fare danni alla zootecnia, non bisogna negarlo e anzi bisogna
mettersi anche dal punto di vista di chi vive di pastorizia; è bene che siano
le istituzioni a mediare, cosa che funziona in certe regioni meglio che in
altre, in modo da limitare gli attriti. L’importante è non farsi influenzare né
dalla propaganda dei politici, né dal grossolano modo di riportare le notizie
dei media: i tecnici e gli esperti sono altro.
Questa che segue è l’ultima domanda, che è cresciuta a dismisura e ha incorporato una serie di considerazioni davvero complesse. Ci sono dentro anche degli estratti dai post di Marco Colombo. La risposta è interessante, e su alcune cose che Marco ha scritto, probabilmente ritornerai, perché pensi che valgano il tempo di quache considerazione in più
Questa che segue è l’ultima domanda, che è cresciuta a dismisura e ha incorporato una serie di considerazioni davvero complesse. Ci sono dentro anche degli estratti dai post di Marco Colombo. La risposta è interessante, e su alcune cose che Marco ha scritto, probabilmente ritornerai, perché pensi che valgano il tempo di quache considerazione in più
In un tuo post recente parli dei bambini al mare, armati
di secchiello e paletta alla scoperta degli animali che vivono dove il mare
lambisce la terra. Ci dici che sono le ‘pozze di marea’ (un nome che trovo
estremamente suggestivo) e che sono un ambiente durissimo. Riporto: “Gli
animali delle pozze di marea, come granchi, gamberi, molluschi e piccoli pesci,
sono dei veri eroi: vivono in uno degli ambienti più difficili del mondo.
Bombardati dalle mareggiate, schiacciati da onde d’urto
immani, sempre a contatto con rocce taglienti, cotti dal sole estivo o
esasperati dalla salinità delle pozze, questi animali (e pure le alghe) sono
stati selezionati dall’evoluzione per resistere a tutto.
In particolare:
- Alcune specie, come i granchi Pachygrapsus marmoratus ed Eriphia verrucosa, riescono a resistere tranquillamente a condizioni
di salinità e temperatura molto elevate, legate all’evaporazione nel periodo
estivo
- Molte specie, a causa dell’escursione delle maree, sono in
grado di sopravvivere a lunghi periodi di emersione, trattenendo l’acqua al
loro interno (es. il pomodoro di mare Actinia aequina) o comunque nella conchiglia (vari molluschi); certe
alghe hanno apposite strutture di raccolta dell’acqua per mantenersi idratate e
vive e sopravvivono anche per giorni all’asciutto
- La forma di conchiglie come quelle delle patelle permette
loro di diminuire le turbolenze e resistere all’impatto delle onde senza farsi
trascinare via; alcune alghe sono molto elastiche, per smorzare l’attrito e
assecondare l’acqua, mentre certe spugne sono piatte, aderenti alla roccia, per
non farsi strappare via
- I pesci delle pozze non hanno di solito vescica natatoria,
dovendo rimanere vicino al fondo, inoltre il loro corpo è ricoperto di muco per
diminuire le abrasioni contro le rocce; addirittura la bavosa Coryphoblennius
galerita può uscire volutamente dall’acqua,
di notte, per ripararsi dai predatori subacquei, e riposare appena sopra la
superficie, su sporgenze di moli e rocce
È davvero quindi un maltrattamento mettere un granchio in un
secchiello per guardarlo? Dipende solo dai genitori.
Se questi ultimi infatti sono assenti, non guidano i figli e
non li educano, i bambini fanno un po’ a caso e possono, più o meno
volontariamente, uccidere o maltrattare gli animaletti.
Genitori sensibili e presenti invece possono trasformare
l’esperienza della spiaggia col secchiello in qualcosa di estremamente
educativo e bello: quando ero piccolo passavo tutto il giorno sugli scogli alla
ricerca di paguri, granchi, succiascogli e trivie.”.
In gran parte condivido il tuo discorso: la curiosità
esplorativa in fondo fa parte dei comportamenti della nostra specie.
Spetterebbe giustamente ai genitori la responsabilità di guidare i figli,
stando vicino a loro e insegnandogli l’empatia. Ma che cosa è l’empatia? Come
possono in concreto i genitori insegnare ai loro figli come non maltrattare gli
animali? In fondo, se sono resistenti al loro ambiente in cui si sono evoluti
da milioni di anni, non lo sono all’invasività umana, che arriva letteralmente
a sconvolgere la loro vita e la loro dimora – e contro cui non hanno
letteralmente alcuna difesa.
Ritengo che il buon esempio potrebbe essere uno degli inizi
più efficaci. Come si può dare il buon esempio, se si è privi di qualsiasi
atteggiamento di considerazione positiva verso gli animali? Da dove far nascere
l’empatia e dei modi di comportamento meno o del tutto non invasivi? A scuola –
penso di sicuro che sarebbe un altro ottimo caposaldo per una diversa visione
del mondo naturale – si potrebbe
fare molto. Come si può osservare
senza distruggere? Non si potrebbe assumere come basilare l’idea che gli altri
animali non sono a nostra disposizione per qualsiasi motivo e in qualsiasi
momento, per cui un eventuale incontro con loro dovrebbe lasciare anche a loro
spazi e tempi sia per incontrarci sia per rifiutare l’incontro? Si eviterebbe
così la china scivolosa dei comportamenti deleteri, che iniziano con
l’osservare, proseguono col mettere nel retino e finiscono col lasciare nel
secchiello sotto l’ombrellone, dimenticati.
Anche questa è una china complicata. L’apprendimento passa
sempre da uno step esperienziale, parlando di animali e mostrando foto o
documentari, non si otterrà con i bambini mai lo stesso risultato che si ha
mostrando gli animali vivi e, se questo non è un danno, facendoli anche
toccare. I granchi non sono giocattoli, così come molluschi vari e piccoli
pesci: il messaggio deve essere chiaro da subito. Ma se i genitori sono la
guida, e fanno capire poche regole base per rispettare questi animaletti di
scogliera, non ci sono problemi. Queste specie sono forgiate come scrivevo nel
post sulla mia pagina dalle onde, l’insolazione, la salinità, e nessuna
permanenza di pochi minuti in un secchiello, senza maltrattamenti, potrà far
loro del male (sarebbe presuntuoso pensarlo). A questo punto, la via è educare
i genitori all’educazione dei figli: se questi vengono lasciati soli, non hanno
un riferimento né istruttivo né positivo, e quindi possono degenerare. In ogni
caso, l’osservazione senza interazione è sempre da mettere al primo posto,
comunque.
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