venerdì 17 luglio 2020

Quel che affidiamo al vento




Pensi che sia un fatto che trascorriamo la vita a disimparare quello che imparato abbiamo?
Pensi che ci siano situazioni, vite, occasioni, che ci arrivano solo quando ci rinunciamo? Il paradosso di chiudere per aprire?  "Quel che affidiamo al vento" di Laura Imai Messina, è il piccolo gioiello da sfogliare che ti ha posto queste domande.




La trama, si legge sul frontespizio di copertina:
Sul fianco scosceso di Kujira-yama, la Montagna della Balena, si spalanca un immenso giardino chiamato Bell Gardia. In mezzo è installata una cabina, al cui interno riposa un telefono non collegato, che trasporta le voci nel vento. Da tutto il Giappone vi convogliano ogni anno migliaia di persone che hanno perduto qualcuno, che alzano la cornetta per parlare con chi è nell'aldilà. Quando su quella zona si abbatte un uragano di immane violenza, da lontano accorre una donna, pronta a proteggere il giardino a costo della sua vita. Si chiama Yui, ha trent'anni e una data separa quella che era da quella che è: 11 marzo 2011. Quel giorno lo tsunami spazzò via il paese in cui abitava, inghiottì la madre e la figlia, le sottrasse la gioia di essere al mondo. Venuta per caso a conoscenza di quel luogo surreale, Yui va a visitarlo e a Bell Gardia incontra Takeshi, un medico che vive a Tokyo e ha una bimba di quattro anni, muta dal giorno in cui è morta la madre. Per rimarginare la vita serve coraggio, fortuna e un luogo comune in cui dipanare il racconto prudente di sé. E ora che quel luogo prezioso rischia di esserle portato via dall'uragano, Yui decide di affrontare il vento, quello che scuote la terra così come quello che solleva le voci di chi non c'è più. E poi? E poi Yui lo avrebbe presto scoperto. Che è un vero miracolo l'amore. Anche il secondo, anche quello che arriva per sbaglio. Perché quando nessuno si attende il miracolo, il miracolo avviene. Laura Imai Messina ci conduce in un luogo realmente esistente nel nord-est del Giappone, toccando con delicatezza la tragedia dello tsunami del 2011, e consegnandoci un mondo fragile ma denso di speranza, una storia di resilienza la cui più grande magia risiede nella realtà.
Bell Gardia - quindi -  esiste davvero, e l'autrice - Laura Imai Messina, che vive in Giappone, dove si sente a casa - ti ci porta, come se tu fossi lì di persona - con il suo stile limpido, terso, che dice senza dire ma è anche concreto e sottrae per poi aggiungere. Anche a te, adesso, è data la possibilità di sollevare la cornetta e parlare coi tuoi defunti. Oppure di non sollevarla e di non parlarci, di rimanere semplicemente nel giardino.
La storia raccontata nel libro intreccia vite e destini, in un avanti e indietro nel tempo, mescolando contemplazioni e accelerazioni. 
Le vite di Yui e Takeshi, con la figlia di 4 anni Hana, si intrecciano nello stesso modo in cui il vento soffia tra le fronde delle chiome di un albero. Yui ha perso la madre e la figlia - e la gioia di vivere - l'11 marzo 2011, il giorno dello tsunami. Takeshi è disorientato dall'assenza definitiva della moglie e dalla presenza della figlia piccola.
Le loro vite -mescolandosi - ritroveranno lo spirito per vivere ancora. Tutta la vicenda ruota intorno a questo posto magico, Bell Gardia.
Qui, in questa cabina telefonica incastonata in un bellissimo giardino, c'è un telefono che non è collegato ad alcun luogo terrestre, ma è collegato al mondo dei defunti. Persone da tutto il mondo vengono qui - anche più volte nella vita - per sollevare la cornetta e parlare con un loro defunto. Non pensiate che le telefonate siano tutte dolorose, o che ci siano solo domande e rimpianti. A volte, chi chiama un suo defunto, lo fa per raccontargli e raccontarsi, oppure per salutare, o per motivi che non possiamo nemmeno immaginare. E il defunto può essere chiunque: un amico, una madre, una figlia, un padre, una moglie, un marito, un parente lontano, un cane, un gatto.
Non dici come va a finire la vicenda tra Yui, Takeshi e Hana: si può solo dire, qui, che il loro è un percorso di trasformazione, dove il lutto arriverà a mescolarsi con gli altri stati d'animo - i ricordi, il senso di colpa, la nostalgia, la gioia intensa delle piccole cose di ogni giorno, i sogni, le speranze - per fare meno male.
Anche tu, come loro, puoi imparare che "non bastarsi è la normalità, e che farsi aiutare... è cosa ovvia... bisogna fare assegnamento sugli altri."
Un'altra cosa che puoi imparare: fai ciò che le occasioni  felici ti portano, cerca di non rinunciare o rimandare, perché, alla fine, il ricordo del tempo passato con coraggio è l'unica ricchezza che conta.
Infine, un'altra cosa che puoi imparare: stai attento ai dettagli, non dimenticarti le marginalità, segnati le cose supeflue: sono gli elementi che daranno la profondità ai ricordi, altrimenti troppo lontani e privi di personalità. Ti chiedi: non è ciò che fanno gli altri animali, che vivono immersi nei sensi del tempo che fluttua e che in questo fluire hanno appigli emotivi mnemonici efficacissimi? Nel libro, questo aspetto delle "cose superflue" riceve particolare attenzione. Infatti, appena dopo ogni capitolo, c'è un altro piccolo capitolo, di una pagina soltanto, dove ci viene detto in modo esplicito, un elemento concreto e pratico che nel racconto appena terminato era rimasto solo tra le righe, nel fluire della narrazione. Qui, in questo piccolo spazio, invece, ci si ferma, si torna indietro per osservare e considerare questo dettaglio minuzioso. Può trattarsi di qualsiasi cosa, spesso ci sono anche delle piccole liste, come dei veri promemoria .A ben pensarci, questi capitoletti mono-pagina, sono come altrettante piccole cabine telefoniche di Bell Gardia: luoghi dove si può chiedere al tempo di voltarsi per un attimo indietro, così da darci la possibilità di osservarlo meglio.
 Forse prossimamente Laura Imai Messina verrà in Italia, con un altro libro. Farai magari in modo di incontrarla, per ringraziarla di questo piccolo libro-gioiello.

Mentre stai scrivendo, scopri sul sito ufficiale dell'autrice che da questo libro verrà forse realizzato anche un film.

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