domenica 21 ottobre 2018

Teoria e pratiche antispeciste verso un mondo liberato - la conferenza al MiVeg



Anche così avrebbe potuto intitolarsi la conferenza ANTISPECISMO: teoria e pratica verso un mondo liberato – step 2 , che hai ascoltato ieri -sabato- al MiVeg 2018.

Moderati da Silvia Molè della Associazione Parte in Causa, blogger di Fallacie Logiche, c'erano sulla pedana - li nomini da sinistra verso destra: il poeta Olmo Vallisnera, l'attivista Barbara Balsamo (Per Animalia Veritas), il sociologo Niccolò Bertuzzi, Sara d'Angelo fondatrice di Vita da Cani, Giuliano Floris, attivista del coordinamento fermare Green Hill e dentro Farmacologia.

Alla maniera dei vecchi cronisti (oh, ma che bel vezzo retorico, questo che hai scritto, vediamo chi ne scoprirà la fonte ;) ) hai raccolto i tuoi 'valorosi'  su un quadernino, scrivendoli, per di più A MATITA. Vediamo che cosa ne viene fuori...



da sx a dx: Silvia Molè, Olmo Vallisnera, Barbara Balsamo, Niccolò Betuzzi, Sara d'Angelo e Giuliano Floris

In vita tua hai assistito a numerose 'tavole rotonde' (anche se qui il tavolo era immaginario): possono essere un esercizio intellettuale del tutto autoreferenziale, a meno che non siano condotte con modi lucidi e non siano partecipate da persone consapevoli di quello che sono e di quello che stanno dicendo. Come in questo caso.
Perché, in questo caso, gli argomenti su cui riflettere, per i quali appassionarsi, hanno a che fare con il centro della vita attiva di tutti i presenti davanti alla platea degli ascoltatori (molto numerosi, che bello! Chissà se c'erano anche persone casuali, cioè visitatori non attivisti, ma solamente sensibili verso gli animali?). Non per  niente la conferenza è durata quasi una ora in più del previsto, arrivando fino alle 8 di sera inoltrate.

Il centro della vita attiva, hai scritto: stai parlando della condizione animale, o -ancor più focalizzato - del rapporto che gli umani hanno con gli altri animali sul pianeta; specialmente, del rapporto che queste persone qui, hanno deciso di avere, capovolgendo la visione comune che ha ancora la caratteristica del disinteresse nei confronti della loro sorte e vita. Un nuovo rapporto, forse mai visto da quando Homo Sapiens è comparso sotto i cieli stellati della Terra: un rapporto fatto di condivisione, di rispetto, di reciprocazione, e anche di distanze, quando serve - e ancora: di ascolto, di cura, di tempo... e potresti proseguire la lista ancora a lungo.

Un centro della vita che li ha portati a scrivere blog e fare correlazioni epistemologiche, a immaginarsi e realizzare poi  trasmissioni radiofoniche divulgative; che gli fa scrivere poesie e riflessioni sulla essenza della poesia stessa; che li fa creare associazioni di attivismo politico, tradurre testi orientativi per immaginare impegni di lotte e lottare loro stessi; che gli fa immaginare un pezzo di futuro e realizzarlo qui e ora, dove gli animali sono vivi, e liberi, alla pari coi loro compagni umani; che li fa affrontare a viso aperto e tuttavia con grande lucidità e  serenità, la reazione oppressiva del sistema, fatta di denunce, tribunali, condanne, sanzioni.

Silvia Molè ha introdotto ciascuno di loro, prima in modo generale, circostanziando e creando una cornice di riferimento, un contesto; e poi, facendo domande a ciascuno di loro. E le risposte sono state tutte interessanti (anche nel caso in cui sono state delle contro-domande).


Olmo Vallisnera è un poeta. Lui aggiunge a questa sua connotazione l'aggettivo 'sociale'. "La poesia sociale ha una lunga storia, e oggi possiamo anche parlare di poesia politica, specialmente nel caso dell'antispecismo.  Le poesie che vogliono rendere arte l'impegno antispecista, sono ancora quasi una anomalia, proprio perché finora gli animali non sono stati considerati soggetti degni di attenzione artistica da parte degli umani. Nelle mie poesie provo a farli vedere, attraverso le sensazioni e le immagine che vivo tutti i giorni, in montagna, dove abito". Olmo legge tre sue poesie (su questo, ci tornereai) e alla fine dice: "l'antispecismo è una fiaccola, che illumina un mondo nuovo".


"Parlo della percezione di sé, del rapporto di sé con l'altro. In questo, la poesia, la comunicazione emotiva e artistica, è basilare. Se infatti non c'è - alla base dell'impegno antispecista che ci sostanzia come individui e che forma la nostra biografia - una anima, allora questo impegno non può proseguire. Perciò la poesia, le espressività artistiche, non possono mancare e sono felice anzi che ci siano: perché trascinano la  anima - le anime." dice subito Barbara Balsamo.
Tanto più oggi è preziosa la facoltà di trascinare le anime, in quanto siamo in un'epoca in cui i diritti sono in pericolo e anzi sembra che stiano regredendo.
"La liberazione totale, ha 'bisogno' di ogni risorsa dell'immaginazione, dell'intelletto. Che sia una unione di lotte trasversali e una liberazione delle nostre menti. Perché non solo gli animali sono prigionieri di un sistema che li rende cose mentre afferma che sono esseri viventi, ma anche la maggioranza degli umani sono prigionieri, se non fisicamente, almeno nelle loro menti, impossibilitate da pensare l'esistenza di modi di vivere diversi e alternativi: le menti sono prigioniere di idee irriflessive e automatiche".
Come si mette in discussione questo sistema, sperando di essere minimamente efficaci? Dice Barbara: "Ci sono diverse strategie - e io penso che vadano bene tutte, che siano tutte adeguate, a seconda del contesto. Le lotte, inoltre, possono essere svolte sia sul piano culturale che sul piano della azione - e i due piani non possono che procedere affiancati."
La cultura, lo studio, servono a molte cose: una di queste è la conoscenza delle caratteristiche e dei punti di forza del meccanismo che si vuole scardinare, smontare. "L'unione, la trasversalità, però, non deve essere aleatoria, episodica, occasionale, casuale, o solamente di principio; bensì, deve diventare integrazione di metodi e risorse concrete, di conoscenze da condividere per poter tracciare percorsi, parallelismi e correlazioni, che creeranno in questo modo una solida base sia teorica che pratica per portare avanti il duro impegno di lotta".
Barbara, in questo è estremamente consapevole - devi ammettere che la sua esposizione ti ha catturato. Dice: "Gli impianti oppressivi sono comuni, dal punto di vista degli oppressi che, perciò, avrebbero solo vantaggi sia esclusivi che reciproci nel unire a loro volta gli impianti di resistenza, di impegno, di lotta, di contrasto".

Barbara prova poi - attraverso i casi della resistenza per la foresta di Hambach, o dell'assassinio della politica Marielle Franco - a cogliere le diversità dei vari contesti (locali o nazionali o internazionali o globali, per esempio). 
Il motto dovrà essere la frase di Marguerite Yourcenar: "Facciamoci sovversivi": che sia la comunità a diventare sovversiva, per non far ricadere il peso sui singoli.



Sara d'Angelo ha parlato di "una finestra sul mondo liberante futuro", che è il Santuario di animali liberi, come concetto in generale - e dei santuari che fanno capo a Vita da Cani e poi alla Rete dei Santuari di Animali liberi in Italia.
"I santuari sono adesso il futuro che vorremmo. Sono un'arca: dove i rapporti tra tutti gli animali, umani compresi, sono paritari, orizzontali, fatti di collaborazione e di rispetto."
Il Santuario è però anche una realizzazione molto concreta, che ha delle specificità inderogabili: "Ci sono cose che devono fare anche gli alri, derivate proprio dalla concezione orizzontale dei rapporti. I Santuari non sono discariche e non sono rifugi per animali. C'è un onere, nei confronti degli animali liberati e in vita al Santuario, che dura per tutta la loro vita. Allo stesso tempo, i Santuari possono essere una risorsa per il movimento di liberazione animale: perché realizzano la magia della empatia. Questo confondersi  insieme di corpi, code, nasi, mani, occhi e sguardi, fiati e sospiri, voci e brividi allo stesso tempo è la intuizione del 'perché' si lotta per la liberazione animale e anche la causa del crollo di ogni pregiudizio.
Emozione e gentilezza sono l'anima - tuttavia terrena e concreta - del Santuario". 


foto di Silvia Premoli


Giuliano Floris, Silvia Molè lo presenta leggendo le motivazioni della sentenza di condanna del processi per la liberazione di Farmacologia. (questa sentenza merita un post apposta e perciò qui non ne fai cenno). Ogni parola per definire e raccontare Giuliano suona retorica e ridondante: lui è schivo, netto, concreto e di poche parole:
"Intanto, voglio precisare che l'azione venne pianificata in tutti i dettagli per molti mesi prima. Quel giorno, quando entrammo nei laboratori di Farmacologia a Milano, avevamo tre obiettivi: liberare tutti gli animali nelle gabbie - e fu l'unica nostra richiesta fatta ai vivisettori; mostrare le immagini dell'interno dei laboratori, senza mostrare scene eclatanti, ma la semplice e casuale quotidianità di file e file di gabbiette, dove i topolini sono costretti a vivere, nella noia e nella paura, senza mai potersi nascondere e senza alcuna possibilità di sottrarsi, di fuggire; infine, creare dibattito, sia all'interno della Università che tra gli attivisti. Devo dire che l'Università, i vivisettori, si sono accorti subito della importanza di quella azione e infatti la loro risposta è stata pianificata e pensata, al punto da formare una associazione che difende la sperimentazione animale, e dal sentirsi nella necessità di fare conferenze e messaggi pubblicitari per giustificarla. Invece, e mi dispiace, gli attivisti non hanno recepito l'importanza dell'azione, e mano a mano non è rimasto più nessuno."

foto di Silvia Premoli


Sei quasi alla fine e pensi che dividerai questo post in due parti - e per un motivo ben preciso: l'intervento di Niccolò Bertuzzi è diventato quasi subito un modo interno alla conferenza per fare nuove domande ai relatori, un mini dibattito gemmatosi spontaneamente all'interno dell'appuntamento e perciò son state dette tante cose nuove, e han ripreso la parola tutti nuovamente. Questo ha molto a che fare con uno stile sociologico di indagine - Niccolò è sociologo in tutto e per tutto - che non si mette in primo piano, ma favorisce condizione per far esprimere gli altri, anche incalzandoli.
Ha comunque detto: "Ogni movimento di lotta è convinto di avere peculiarità uniche, esclusive; mentre invece ci sono dei tratti e delle problematiche condivise, trasversali e ricorrenti, sotto gli aspetti delle dinamiche esterne e interne, delle criticità, ma anche delle risorse.
Questo perché - credi di aver capito - le forme repressive tendono a standardizzare e livellare, pur con bersagli specifici, tutti gli oppositori. "Il vero problema sono le rappresentazioni mediatiche: gli animalisti esteri sono visti meglio degli animaliti italiani".
Della parte che attiene al suo - di Niccolò - discorso, ti ha fatto suonare un certo campanellino la espressione 'corpi sociali intermedi'.  Avresti preferito che la esplicitasse e approfondisse. 
E bisognerà tornarci... 

(1 - continua!)

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