Nutria mangia biscotto - Animaleria |
Nel fumetto 'La Spada e la Diavola',
la guerriera Red Sonja torna nel mondo nostro contemporaneo, a New York
e il suo primo respiro dell'aria urbana attuale è a dir poco
soffocante, a causa dell'inquinamento - per lei che arriva da un'epoca antica e priva di inquinamento diffuso.
Non male come escamotage in un fumetto, vero? Mentre la guerriera combatte, aiutando l'Uomo Ragno contro un nemico magico, finisce all'esterno del Metropolitan Museum dove la lotta si stava svolgendo e respira l'aria inquinata. Ma non è solo l'aria, son pure le luci e il fragore generalizzato che la sconvolgono. Non si potrebbero evidenziare meglio di così i disastri della nostra società, per un ragazzino che legge fumetti, già agli inizi degli anni '80 del secolo scorso. Senza che la storia avventurosa perda un grammo della sua capacità di assorbire il lettore.
Per una sorta di 'magia' del tutto naturale e allo stesso tempo per gli umani sconvolgente - l'azione di un virus - ci ritroviamo nella realtà odierna in una situazione speculare, opposta. Siamo di colpo in un mondo dove l'inquinamento dell'aria sta sparendo, dove stanno tornando gli animali, dove ritornano ritmi dimenticati, sensazioni e forse emozioni troppo a lungo trascurate, perdute.
Tu, che hai due cani - adesso - li porti a passeggio preferibilmente alla sera, per vari motivi. Qui intorno ci sono campi - ma troppo pochi alberi - e qualche praticello. La presenza umana ha allentato la sua morsa, che pure rimane presente - di certo, nulla di ciò che è effetto delle attività umane è davvero e definitivamente, irreversibilmente, scomparso.
Anche i cani, quando usciamo di casa, sono diversi mentre passeggiano, annusano, trotterellano: dato che non
passano macchine, il ritmo si distende automaticamente, e ti accorgi
subito come loro non facciano mai movimenti a caso, né imprudenti - e ti
tranquillizzi. Non sono loro a essere sciocchi-avventati-imprudenti,
sono le - una volta! - onnipresenti auto a essere invadenti, aggressive: trasformano ogni luogo dove si vive in un luogo feroce e inospitale, tutto diventa subito
pericoloso e spiacevole. Che bello invece, senza auto, in giro: le stelle
son più nitide, l'aria più limpida,il ritmo più lento, il passeggio più
piacevole.
Ti chiedi: quanti, in giro per l'Italia,
si accorgeranno di questi cambiamenti? Dovrebbe essere una
consapevolezza spontanea, dato che accade direttamente nei corpi e nelle
menti, che coinvolge immediatamente i respiri. Non dovrebbe venire il desiderio di
fare qualcosa 'dopo' - qualunque cosa sia, questo 'dopo', indipendentemente da quando arriverà - perché rimanesse così?
Meglio chiarire una cosa: non stai di certo sottovalutando gli aspetti dolorosi e drammatici della situazione, tu stesso sei varie volte vittima dell'ansia, vero e proprio panico di non potercela fare, di non scampare. Ciò che si vede e si sente, poi - con notizie che si rimbalzano e quasi si annullano a vicenda - rinfocola il senso di impotenza. In realtà, dovemmo sapere che nulla è davvero sotto il nostro autentico controllo, ma questo evento ci mette di fronte in modo lampante, inequivoco, a questo dato di fatto. Perciò, ecco che compaiono i comportamenti di deriva della ragione, dell'empatia - per negare questa realtà e tenere in piedi l'illusione di poter controllare e regolare ogni cosa. Non stai nemmeno dicendo che dovrem(m)o tornare a un'epoca con minor tecnologia dell'attuale - e su questo punto non ci provi nemmeno, adesso, a impostare un qualsiasi discorso.
Il punto che volevi centrare qui però era: questa autentica catastrofe - nel senso greco di capovolgimento - potrebbe / dovrebbe essere l'occasione di ripensare tutto il nostro atteggiamento di stare al mondo - proprio partendo dalle piccole sensazioni di pelle e di respiro che dicevi prima. Non vuoi credere che nessuno le abbia notate, che nessuno le possa apprezzare e possa desiderare che si prolunghino anche quando non ci sarà più l'emergenza - la crisi. Riusciremo a farci le domande giuste? E soprattutto a voler trovare le risposte giuste?
La storia di distopia fantascientifica nella quale ci siamo ritrovati immersi, a questo punto è esattamente a un bivio - l'alternativa secca tra estinzione e rinascita: un dilemma che si ritrova in non pochi racconti fantascientifici - ti viene in mente 'Anni senza fine', di Clifford Simak dove, sostanzialmente, gli umani si trovano a dover reagire a diversi 'scacchi' del pianeta - quando la reazione salvifica si rivela di fatto essere una sola tra le alternative possibili. Ma anche Arthur Clarke ha scritto di numerosi e auspicabili futuri possibili.
Non è un caso che - negli scenari che rivolgono la situazione verso esiti più rasserenanti - ci siano presenti, spesso, gli animali.
Noi oggi possiamo accorgerci che sono molto presenti. Sono ritornati in posti che erano già loro e dai quali noi umani li abbiamo scacciati, sfrattati, uccisi - per potercene appropriare e consumarli fino all'esaurimento, molto spesso.
Così, sembra davvero che basti proprio poco alla vita degli animali e delle piante, per tornare a... vivere - e non sopravvivere. Il peso degli umani è davvero enorme da sopportare e il sollievo che arriva non appena questo anche solo si alleggerisce di un poco - e solo temporaneamente e solo localmente - si manifesta subito. Animali tornano a correre, a nuotare, a esplorare, in zone fino a ieri per loro letali - e ne vengono davvero fuori immagini da post-umanità, una apocalisse che tocca solo la nostra specie, ma che significherebbe prosperità per tutte le altre.
Basta meno tempo di quello ipotizzato nei libri di Alan Weisman.
In modo speculare, forse potremmo capire che basterà fare uno sforzo davvero sopportabilissimo - per tutta la nostra specie, in termini generali - per ripristinare - o ricreare - una situazione vivente planetaria diversa, più ospitale per tutti - dal momento che pure gli umani sono ospiti, che a un certo momento si sono autonominati padroni, credendo poi di esserlo sul serio, perché nella breve prospettiva della loro visione specifica a un certo punto è sembrato davvero così.
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