venerdì 22 novembre 2019

Il più grosso produttore di latte USA alla bancarotta

taniche giganti di plastica per contenere il latte

La notizia, qualche giorno fa, era questa: su CNN Business si legge che Dean Foods, il più grande produttore di latte in USA, ha fatto bancarotta.





Questa compagnia ha 94 anni di attività e in questo 2019 ha dovuto affrontare il calo dei consumi di latte da parte dei cittadini americani. Il crollo, come si legge nell'articolo originale, è stato particolarmente brutale: -7% delle vendite nei primi sei mesi del 2019, -14% di profitto.

Dean Foods produce alcuni dei più riconoscibili marchi locali di latte e di prodotti derivati
(Dairy Pure, Organic Valley e Land O'Lakes milks), ha dato la colpa della sua lotta al "veloce calo nella categoria del convenzionale latte bianco" (the "accelerated decline in the conventional white milk category)." (un uso significativo delle parole: il latte è la normalità) (da notare come ogni produttore zootecnico - che sia di latte, o di carni varie - è sempre molto veloce a individuare le cause 'vegetali' in senso lato dei suoi diminuiti introiti e è tempestivo nel cercare misure di contrasto).
Per farla breve e semplice (i molti dettagli tecnici li potete trovare nell'articolo originale cnn), Dean Foods non potrà pagare le pensioni dei suoi dipendenti, perciò ha chiesto aiuto e assistenza amministrativa (il Chapter 11 bankruptcy protection) per mantenere operativa la attività, riorganizzare il proprio debito e sostenere il fondo pensioni, mentre cerca un compratore.

Nell'articolo, si legge poi una parte interessante: una volta il latte era un alimento basilare in ogni frigo degli americani, ma è lentamente declinato, a causa del favore dei consumatori per alterntive meno zuccherate o del tutto vegetali.

Si prevede che il mercato globale delle "alternative al latte" (sic) raggiungerà i 18 miliardi questo anno, un + 3,5% dal 2018. Si tratta comunque ancora solo di una piccola frazione del 'tradizionale' mercato del latte, che si prevede arriverà a 120 miliardi globali nel 2019.

Il confronto dei dati, in ogni caso, mostra negli anni recente un calo delle vendite di latte 'tradizionale', parallelamente a una piccola ma costante crescita delle bevande vegetali (è tutto scritto nell'articolo CNN). (quasi tutte le virgolette sono tue).
Qui c'è un altro link in lingua originale, la notizia è la medesima e ci sono a sua volta molti altri link di approfondimento, per chi vuole.

Come mai ci tieni a scrivere un post che riporta una notizia di economia come questa? Non solo per via di quanto hai scritto nel post dell'anniversario numero 6 del blog
Nemmeno solamente perché la notizia ti era stata indicata tempestivamente via email da una persona che è attiva come antispecista da molti anni e che ha una competente preparazione su queste tematiche, per così dire un poco ostiche alla maggioranza delle persone - anche quelle attiviste. E che quindi ci tenevi a portare in evidenza, prima che si smarrisse nel flusso.

L'hai scritto, questo post, perché ti sembra un segnale dei tempi, che si stanno trasformando sotto i nostri occhi. Non è il primo caso di una grande, apparentemente inscalfibile impresa di sfruttamento degli animali, che lamenta cali nel profitto - e che nelle sue analisi li imputa senza esitare alla crescita delle preferenze 'vegetali' -  per poi cercare contromosse efficaci.

Queste notizie scatenano sempre grandi discussioni sui social. Infatti, queste stesse ditte si attivano per entrare anche nei mercati delle bevande vegetali, nel tentativo di 'rimanerci dentro' coi profitti e ammortizzare - per quanto sia tutto relativo - le perdite. Anche gli investitori cinesi stanno iniziando a prestare attenzione a questa tendenza. La stessa Cina, però, che sta costruendo macelli di dimensioni ciclopiche, perché aumenta la richiesta di carne, come sempre vista come simbolo di acquisito benessere economico e aumento di status sociale.
Per cui - si dice - queste tendenze non sono piccole vittorie, in quanto la mentalità della gente non è di fatto mutata - gli animali continuano a non rientrare nelle considerazioni che guidano le scelte.

Quasi certamente le cose stanno così.  Vale appena la pena di dire che - pur essendo il crudo dato materiale ecomomico basilare, fondamentale - se la mentalità diffusa rimane quella antropocentrica, al massimo trasformata in un ambientalismo da avari egoisti, qualsiasi mutamento economico, tecnologico, scientifico - ai quali da un anno a questa parte si presta grande attenzione e si danno forti spinte dovute a una crescente paura climatica - non cambierà nulla di concreto per il destino di ogni singolo animale. Non è nemmeno escluso, anzi, che le cose possano peggiorare, per tutti gli animali non umani.

E allora? Allora, pensi, queste crepe nella muraglia capitalista consumistica, potrebbero diventare -  per chi è attivista e prova da tempo a comunicare l'urgenza nei confronti degli animali - dei cunei per infilarsi poi oltre le mura. Un piede nella porta, per così dire. Questo è solo un suggerimento, magari anche ingenuo - tuttavia non credi di essere il primo a pensarlo. E questo è fare il punto.

Il punto è che le competenze in economia - oltre che in altre discipline ostiche per lo spirito attivista - dovrebbero crescere, col proposito di diventare strumenti di orientamento per la battaglia antispecista, in modo da capire meglio quali strategie comunicative conviene usare. 

La notizia, per te è comunque positiva, quindi, e potrebbe diventare molto significativa.
Tra l'altro, infatti, lo ripeti: Dean Foods non è crollata per qualche motivo oscuro, ma perché sono diminuiti i consumi di latte, mentre sono cresciuti i consumi di bevande vegetali. Sta a noi scoprire i motivi dell'aumento di preferenze per il latte di soia (ops, la bevanda - ve la ricordate la censura linguistica da neolingua orwelliana?) e altre sempre vegetali. Sarà tutta solo questione di salute? O di ambiente? O magari anche di altro?


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