venerdì 20 settembre 2019

Un passo indietro



Quando eri più giovane, in casa dove vivevi con la tua famiglia umana, viveva anche un cane - un meticcio cocker, di nome (A)Ceto. Ceto aveva un carattere difficile, ma tra te e lui, più che con gli altri componenti umani della famiglia - per svariati motivi - si era alla fine creato uno scambio di comunicazioni nelle più diverse situazioni. 
Per farla breve: Ceto sapeva venire a passeggio con te senza guinzaglio e sapeva aspettarti per attraversare la strada ai semafori. Tutto questo perché, una volta, all'inizio, ti eri stancato di fare la passeggiata col guinzaglio e quindi avevi lasciato a lui la decisione di come camminare sul marciapiede e muoversi in una città di provincia...


18 settembre 2019 - la serata alla Goccia di Pozzo d'Adda - foto di Luca Spennacchio

Ceto, ti seguiva pressoché ovunque - passeggiava sempre libero. Ceto - lo dici adesso, con un senno di poi retroattivo - pensava con la propria testa, sapeva esprimersi e valutare le situazioni.  Ha corso i suoi rischi: è stato investito da un'auto, ma guarda caso, proprio quando in circolazione - a quell'ora, in quella stagione e in quel luogo - non ce ne era che una - soltanto una, ma sufficiente a travolgerlo. Per fortuna, non è stata l'auto a ucciderlo - è morto alcuni anni dopo, di vecchiaia - ma lo ha ferito gravemente e avrebbe potuto essere la sua morte.

Ceto - e il tuo modo di comportarti nei suoi confronti - ti è spesso venuto in mente, mentre leggevi il libro di Veronica Papa "Un Passo Indietro" e  - specialmente - quando sei andato per ascoltarla presentare questo libro alla Goccia di Pozzo d'Adda. Ceto - dicevi - era libero di scegliere come muoversi nei vari contesti, nei luoghi dove lo portavi, dove andavate insieme. Ceto aveva i suoi amici cani e anche un amico gatto in gioventù. Ceto da anziano aveva accolto festosamente e generosamente la anziana cagnetta Frufi, che veniva dal canile. Ceto, insomma - ti spingi a dire questa affermazione - era davvero un cane libero, e tu - d'altro canto - eri riuscito a  sintonizzarti con lui, per ascoltarlo e assecondarlo.

Quanta sia la quantità di fascino che un cane riesca a esercitare su un giovane ragazzo - per far sì che questo ultimo non solo sia disposto, ma soprattutto desideri prendersi tutto il tempo per osservare, ammirare con stupore, perdersi nella magia senza tempo del modo di vivere di questo 'suo' cane - è una questione che meriterebbe approfondimento.
Di certo  per fare 'un passo di lato', per fermarsi a osservare, stando ai margini e non volendo dirigere per forza sempre tutto, occorre che un forte amore brilli dentro i pensieri e i sentimenti di un umano che desideri vivere insieme a un cane.
Proprio quell'amore che vuole che chi si ama sia libero e felice. Un amore diverso da quello che invece è possessività e ansia da controllo e paura dei pericoli e - sì, anche - della vita.

Proprio quell'amore che è vissuto e raccontato da Veronica Papa, nel suo lunghissimo libro - un diario che si srotola - dal 2015 al 2018, gli anni densissimi del suo cambiamento. 
Occorre, scrive e dice Veronica Papa, riuscire a ritrovare la voglia e il tempo di fare questo fondamentale "passo di lato", l'umiltà consapevole di essere comparse invece che protagonisti. Tutto ciò, per rimanere a osservare 'i cani', il cui universo - si potrebbe definire culturale, nella controversa misura in cui ciascuna specie, sviluppa una cultura, cioè un passaggio di comportamenti peculiari e informazioni contestualizzate che passano tra diversi gruppi e differenti generazioni - è estremamente stratificato, raffinato. E, soprattutto, basato in grandissima parte  - quanta? Non lo sappiamo davvero - su un olfatto speciale, importante forse per il cane quanto lo è la visione oculare per noi.

Questi modi di vivere (con) dei cani, tra le altre cose, ci porteranno - ci porterebbero -  a renderci conto di quanto la nostra società attuale sia in realtà non amichevole, non accogliente verso il cane. Il cane è stretto tra infantilizzazione e utilizzazione, in una società votata al movimento perenne, alla misurazione di tutto, alla medicalizzazione di ogni comportamento che devia da rigidi binari.  Il cane deve subire l'affettività che il più delle volte si origina da questi atteggiamenti: perciò, gli si impedisce di diventare un adulto consapevole e capace. Mettiamo il cane in situazioni di scacco quotidiano, in modo che la presunta incapacità e dipendenza si autodimostri e confermi la necessità della nostra presenza, della nostra guida, delle nostre istruzioni. I nostri cani sono 'gestiti'. Ci siamo dimenticati - o non vogliamo sapere - che i cani liberi sono più sereni, più equilibrati del miglior cane gestito. Questo perché gli unici esperti di cani... sono i cani.
Ci vuole coraggio per considerare queste cose: occorrerebbe essere così coraggiosi da dire più spesso "Non lo so" (perché, nel caso, non sono un cane). Sapere di non sapere - di non riconoscere - tutti quei comportamenti ineffabili e impalpabili che i cani hanno tra loro - e sono la maggioranza. Noi, riusciamo solo a vedere e a comprendere quelli plateali, sui quali costruiamo anche troppi malintesi e fraintendimenti. Abbiamo persino difficoltà a trovare una parola diversa da 'proprietario' o (anche peggio!) 'padrone' per definire il nostro rapporto col cane. La distorsione concettuale del possesso (che supera di gran lunga il 'semplice' fatto di 'avere' un cane) è diventata una forma mentale che offusca qualsiasi altra realtà, e impedisce di vedere la verità delle cose. Ecco perché, parliamo con naturalezza di "cani da...".

Veronica, invece, nella serata ci racconta che il primo passo da fare da parte nostra deve essere il mettersi sullo stesso piano dei cani, il primo passo per ritornare alla intelligenza emotiva, che ci accomuna.  Ci racconta che 'mamma cane' segue un comportamento differente - diresti che è quello di ogni mamma mammifera verso i suoi figli - li lascia andare nelle situazioni dove possono fare esperienza, anche se ci possono essere dei rischi - a volte anche letali. Verso la morte - che fa parte del percorso della vita - c'è un atteggiamento di accettazione - un fatalismo? - che probabilmente anche le culture umane non tecnologiche condividono. L'obiettivo di ogni mamma, è che i figli acquistino tutte le competenze necessarie a far sì che un giorno se ne vadano, si emancipino dalla famiglia e comincino a fare la loro propria vita.
I cani non fanno eccezione - sono mammiferi sociali, come lo siamo noi.



Il non fare, il sottrarre, coi cani, vivendo insieme a loro, funziona molto meglio - in tante situazioni - che il fare o l'aggiungere, il caricare - aspettative, istruzioni, comportamenti, comandi, regole. Questo non significa abbandonare il cane a se stesso, ma solo creare una situazione in cui possa esprimersi, in modo appagante. Il cane - sempre- cerca il modo migliore per star bene, in quel momento. Tante volte, per esempio, preferisce passare il tempo a socializzare, sdraiato coi suoi amici cani; oppure preferisce esplorare col naso una piccola zona particolarmente odorosa - come sono quasi tutte le zone 'abbandonate' e rifiutate ai margini delle città o delle costruzioni umane. I cani adorano passare il tempo a pensare, a ricordare, annusandosi, in uno spazio piccolo, chiacchierano tra loro, si scambiano saluti, pareri, sentimenti, emozioni, informazioni. Mentre Veronica raccontava queste cose, ti son venuti in mente i gorilla di Diane Fossey - così simili ai cani, tutti mammiferi sociali!
Gli umani - dice Veronica - invece son sempre in movimento, pensano che solamente l'azione abbia un valore.  Mentre il cane sta bene dove è calmo, appagato: tende a spendere le energie con parsimonia - e questo ha di certo un senso evolutivo.
Tu pensi che questo atteggiamento sia uno dei motivi di fondo della nostra società - tant'è che dobbiamo andare a cercare in altre culture la sapienza del non agire, dell'attendere, e queste culture ci affascinano così tanto. L'altro sottofondo continuo, costante, è l'antropocentrismo, che permea qualsiasi pensiero, qualsiasi azione - anche in modo inconsapevole, anche quei pensieri e quelle azioni che meno sembrano antropocentriche.
In questo senso - il cane è il perfetto esempio pratico di ogni nostro antropocentrismo. Le leggi che sono state - a parole - concepite per la sua tutela, si scoprono in realtà a tutelare infine sempre e solo l'uomo. Non esiste - sembrerebbe - un vero interesse verso il cane. L'uomo ha inspiegabilmente perso la fiducia verso il cane. Questo è grave e inconcepibile, visto che cane e uomo convivono da decine di migliaia di anni, e che di sicuro nel Neolitico non esistevano né guinzagli né allevatori - la relazione doveva per forza basarsi su un profondo, vitale, nesso di mutua relazione e mutua sopravvivenza.

Oggi, nella nostra società, il cane dovrebbe essere ancora fonte e motivo di amicizia, di sorpresa, di benessere - reciproci. Ma un cane, per diventare un cane felice e consapevole, deve esser lasciato crescere con gli altri cani. Sembra una cosa ovvia, naturale, indiscutibile - i bambini cresciuti dai lupi ci sembravano strani fenomeni - invece l'uomo ha la presunzione di sostituirsi agli altri cani. Chiaramente, sono le leggi del dominio e del profitto a giustificare questo sopruso.

Per Veronica, convivere insieme ai cani, è l'occasione di andare verso il loro mondo, anziché obbligarli a venire verso il nostro. Che, tra le altre cose - come dice Luca Spennacchio - è un mondo per noi stessi invivibile.
Le città, che ormai con tutti i divieti che hanno, sono non a misura di cane - non lo sono più neppure a misura di uomo. Siamo arrivati a un punto tale che costruiamo da noi stessi  questi agglomerati dove poi per noi innanzitutto è difficile, dannoso e pericoloso abitare.

Se le città fossero immaginate a misura di cane - per poter poi misurarsi anche a misura di altri animali- sarebbero di sicuro più verdi, più lente, forse più disponibili alla espressione delle emozioni - e purché si smetta di fingere e simulare emozioni non provate.

Non evitate di vivere - è l'incoraggiamento che grazie a Veronica Papa si porta a casa a fine serata. I cani - e noi con loro - possiamo certo mantenere memoria degli errori passati e da questi ripartire per tentare nuove soluzioni. L'importante, nel fare errori, è sapere che con noi c'è sempre il gruppo che ci sostiene, che non ci giudica e che può venire  in aiuto.

Leggi e contesti oggi non facilitano questo tipo di cambiamento basato sulla fiducia reciproca e reciproca collaborazione; nella convivenza tra uomo e cane - che poi forse sarebbe un ritorno alle origini neolitiche, in qualche modo - sta a chi si assume nuovi impegni a sostenere anche le nuove prospettive per il futuro, ricavate e immaginate dal contesto di partenza - e nonostante questo.

Dice Luca Spennacchio: abbiamo paura della libertà, anche se la acclamiamo in tutti i modi; abbiamo paura della libertà degli altri e anche della nostra. Quanti sono quelli che preferiscono il controllo - che offre sicurezza - alla libertà - che ha dei costi ?

Alla fine - fatti una domanda: tu, quando sei felice?




Gli appunti son finiti - non riesci a partecipare a una conferenza senza prenderne, ma in questo modo si possono formare anche altre idee e pensieri, che si collegano a partire dalle parole scritte.
Il libro di Veronica Papa, lo stai ancora leggendo: è un diario densissimo, anche fisicamente, come libro. Sono molti i ripensamenti che riesce a suscitare - quindi è un libro che ha raggiunto il suo scopo. Non puoi non sentirti mancante verso i tuoi cani, per cui rivedi e ripensi tutte le cose che negli anni hai fatto per loro, scopri e riscopri tutti gli errori - che non sono meno errori se son stati fatti in buona fede; ma riesci a trovare anche tracce e indizi di cambiamenti, di comportamenti più canini - che erano assai forti quando eri più giovane e che speri che piacciano ai tuoi cani.
Pensi che di passi indietro - ma soprattutto di passi diversi  - ce ne saranno tanti altri da fare, da parte tua. Ma il libro è forte, potrebbe dare la fiducia e la autostima necessarie a compierli.

Intanto, rimangono i tanti spunti - che hanno a che fare - per esempio - con il rapporto reciproco tra Natura, Cultura e Cura, un triangolo problematico; con la difficoltà a smettere l'antropocentrismo, e i dubbi su come farlo, con quali mezzi, verso quali direzioni; con l'incanto che è il cane al nostro fianco da quando esistiamo, individuo e specie sfaccettato, complesso, multiforme e a volte anche contradditorio - esattamente come noi umani.

2 commenti:

  1. Articolo molto piacevole, ricco di spunti di riflessione importanti, Giovanni ha centrato perfettamente il senso del libro di Veronica Papa e ritengo non fosse cosi' scontato.
    Una interpretazione del cane e del nostro rapporto con lui disincantata, ma proprio per questo affascinante e rivoluzionaria

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    Risposte
    1. ti ringrazio, son contento che ti sia piaciuto. Mi disoiace che tu non sia riuscit* a registrarto o a firmare!

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