venerdì 13 dicembre 2013

Il cervo

fonte della foto: Facebook, da Internet

 Non so da dove né come iniziare.Perché oggi, ho accarezzato e baciato un cervo, davanti ai cacciatori che lo avevano appena ucciso coi loro fucili dotati di telemetro, in Valsesia. Le emozioni sono mille, i pensieri duemila, tutti intrecciati: e così, i dubbi e le domande sono tremila.

Forse se inizio dal principio. La Valsesia è una valle chiusa. I suoi abitanti, nei secoli, hanno acquisito durezza di carattere e di cuore, che nel XXI secolo, non si è mitigata, nemmeno nei più giovani.
Eppure, ho amato e amo questi LUOGHI, anche se faccio grande fatica con le persone che li abitano – e questo è anche un mio punto debole, ne sono cosciente.
Proprio per questo, ho passato molti significativi anni della mia vita tra questi boschi. Anche questa mattina, ero a passeggio con i miei cani. Eravamo vicino alla riva di un fiume: prato innevato sotto il sole lontano del mezzodì di dicembre, grandi sassi della riva, e davanti a noi boschi sulle pendici già in ombra. Si può pensare qualcosa di più rinfrancante?

Di colpo. A distanza non troppo breve,risuonano quattro potenti detonazioni: tutte le rocce delle montagne intorno, coi tronchi dei loro alberi, e i rami suoi tronchi, e gli aghi e il fogliame sui rami, e gli animali tra i tronchi, i rami e le radici, ne risuonano, ogni volta,  a lungo. Tremano, come trema il mio animo, perché capisco al volo che cosa ho udito: spari di fucile. Vorrei che fossero andati a vuoto, ma scoprirò a breve che non è stato così.

Vicino alla bella passeggiata – che tale è per una persona di città, e chissà invece che cosa rappresenta per un montanaro che vive qui tutto l'anno – c'è un accogliente pub – che definire bar è riduttivo, e chiamare locanda è fuorviante. Lasciati i cani in auto, entro per bere un caffè. Di lì a poco, arriva il pick up dei cacciatori. Col cervo disteso e legato con le corde.
Sono quattro, o cinque, li conosco quasi tutti; solo uno, dal modo di muoversi e di parlare, non sembra originario del posto.

Se sul subito mi rifiuto di uscire, quasi da un secondo all'altro, invece, cambio idea: penso che lo devo al cervo, almeno un gesto di rispetto, di saluto. Mi faccio coraggio. Esco. Sono vigile, mi accorgo di notare ogni minimo dettaglio. Mi avvicino al pick up, in fondo al parcheggio della piccola piazza. Mi vedono, sanno chi sono, non mi bloccano, ma nemmeno mi fanno passare. Ridono. Un bambino che di sicuro frequenta già le elementari, è arrampicato sulla sponda, spinge il torace inerte del cervo con la piccola mano. Ride. Guarda suo papà, che è tra i cacciatori. È un bel bambino, e conosco suo padre. Chiedo permesso a uno dei cacciatori, che mi volta le spalle e intanto afferra il palco di corna e muove la testa del cervo, come fosse un pupazzo. Chiedo permesso, si scosta e così posso avvicinarmi al cervo. Noto le ferite, varie, sul corpo non così grande. Sento in lontananza, che parlano di come lo hanno braccato e sparato, di quanto può pesare e valere, di quanta carne, di cosa fare col palco, e altri discorsi (prezzi, leggi, tasse, qui tutto è misurato con questi criteri)... ma le loro parole sono in sottofondo. Guardo solo lui, vorrei che potesse vedermi anche lui. Lo accarezzo, più volte. Poi decido che non basta, e perciò di baciarlo in fronte. Il pick up è molto alto, riesco a baciare la mia mano, e appoggio il bacio sulla sua fronte, gli sussurro parole. Sento uno dei cacciatori, che ben mi conosce, esclamare qualcosa, ma è in dialetto che non comprendo. Alzo gli occhi, mi accorgo che il bambino mi guarda con gli occhi sgranati.

È tutto. Il fatto è tutto qui. Ma mi scardina dentro e pensieri escono a valanga. Come doveva essere bello questo cervo, stamattina, all'alba, col ghiaccio che esce dalle narici nel respiro, gli occhi attenti, le orecchie che si muovono; lui sente il calore del proprio corpo, è giovane, la luce sta tornando nel bosco, perciò è felice. Ha fame e inizia a cercare cibo. Ce n'è poco, forse perciò si avventura vicino ai luoghi che puzzano delle cose dei duegambe-senza-corna, anche se ciò lo agita. (scoprirò che sono due settimane che gli danno la caccia: in 4, o più, coi telemetri, coi mirini, nutriti, loro, e al caldo... vigliacchi: credo che lo abbiano sorpreso tradendo la sua ingenuità della gioventù).
Come si sente vivo! Chissà se c'erano altri cervi con lui, chissà se invece era solo, ma fiducioso nelle sue forze, e sentiva nell'aria messaggi odorosi di compagni della sua specie.

Tutto questo, agli umani col fucile e gli occhi piccoli e le rughe nelle facce tirchie e tirate, specchio di cuori avidi e gelidi, non interessa. Loro lo vedono come un'pezzo' di qualcosa da smembrare, mangiare, vendere, scaricare, gettare.

Ho già detto anche troppo. Mi fermo, non perché non ci siano altri mille pensieri, ma perché di più di così, vorrebbe dire togliere dignità e rispetto a questo cervo, e spazio al mio desiderio di poterlo salutare col mio addio dal profondo della mia anima.

Ricordo solo – per chiudere con l'incanto e la speranza - un altro Grande Cervo che vidi anni fa: io ero in auto, lui era appena fuori da una galleria che sbocca sul tratto finale e rettilineo della valle. Grande al chiaro di luna, davvero maestoso. Senza paura, mi guarda. Si allontana, procede senza fretta, seguito dalla sua compagna e dai loro due figli. Torna nel bosco: una incarnazione magica. 

Postilla: ho scritto questa nota di getto, incerto se pubblicarla, ma incoraggiato a farlo da amiche preziose. Ha suscitato commozione su Facebook, e si è diffusa tantissimo in poche ore. Dico questo, non per vanto, ma perché mi conforta interpretarlo come un segnale di speranza.. Un'amica ha detto una cosa che mi ha fatto molto pensare: che in qualche modo il cervo ha "scelto" questa fine (se loro percepiscono altri mondi e hanno un senso diverso del divenire), per incontrarmi, per incrociare il mio destino e che io vedessi quanto è cruenta la caccia, dopo averne solo e sempre parlato. Così, non devo lasciare tutto ciò come inaccaduto... e sono davvero grato a questo nobile individuo.

8 commenti:

  1. Il cervo, che ha così impressionato tantissime persone sensibili, ha una sua interessante carta di identità, che ho trovato su questo link relativo al Parco Nazionale dello Stelvio: http://www.stelviopark.it/italiano/Fauna/Mammiferi/Cervo.html

    se leggete questo post, è perché son riuscito a inserirlo,a quanto pare la procedura dei post in questi giorni è un pochino aleatoria!

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    1. ciao Giovanni...lo ribadisco qui...quello che è successo di sicuro non è un caso. il pianeta sta cambiando, e i messaggi che gli animali ci stanno mandando sono una prova che dobbiamo fare un po' luce su che tipo di abitanti vogliamo essere e su come vogliamo abbellire e amare il nostro pianeta. Loro sono abitanti molto piu consapevoli di noi.

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  2. Hai ragione, Barbara. Noi ci siamo smarriti dietro l'ansia di accumulo - tra le altre cose. Alla fine, funziona per la specie come per gli individui che ne fanno parte: si tratta di scegliere, se assomigliare a una immagine bella e luminosa, dove la compassione viene ascoltata per orientarsi; oppure se assoggetarci alle cose e diventare succubi di una bruttezza che segue solo l'avidità. Lo diceva anche Yoda: "Luminosi noi siamo, non questa materia grezza!" :) Mi viene in mente, un bel libro, "Il Ponte di Luce", di Rita Reynolds.

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  3. Che il cervo abbia scelto questa fine non sono assolutamente d'accordo (forse e' un modo per alleviare il dolore) ma per il resto condivido cio' che hai provato mentalmente e sentimentalmente e ammiro le tue parole. Anch'io amo gli animali e nella mia vita hanno sempre avuto una posizione principale....sia quelli che vivono con me, sia quelli che neanche conosco. Dobbiamo solo sperare che le persone come noi, le persone che si ritengono parte del regno animale e non proprietari, diventino un numero maggiore che possa sopraffare la cattiveria della minoranza (oggi e' ancora maggioranza ma forse nel futuro sara' solo la minoranza).
    Complimenti per lo scritto e il tuo gesto nobile verso il cervo che fino a qualche momento prima aveva una sua vita importante tanto quanto quella dei cacciatori se non piu' importante di quella loro.....

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  4. Benvenuta sul blog, Simona! Condivido le tue speranze, per un futuro in cui uccidere un essere vivente come è stato ucciso questo povero cervo, sarò considerato un crimine, come oggi lo è l'omicidio. Còpita di cogliere segnali che fanno pensare che effettivamente ci si stia muovendo in questa direzione, anche se - dal punto di vista degli altri animali oppressi e tormentati - troppo lentamente. Per quanto riguarda la "scelta" compiuta dal cervo, è probabile che il mio pensiero, per eccessiva brevità, possa venire frainteso. Di sicuro non penso che il cervo sia andato deliberatamente incontro ai cacciatori, né che si sia voluto suicidare. Queste sarebbero delle antropomorfizzazioni irrispettose per il cervo. Quando ho scrtto di una "scelta", pensavo di più alle meditazioni di una scrittrice come Rita Reynolds (il suo libro "Il Ponte di Luce", del 2008) che assiste e accompagna animali anziani, malati, morenti, mettendo pienamente in gioco se stessa, il suo attaccamento, le sue paure, ma ricavandone al tempo stesso una grande fonte di crescita spirituale. Nel suo libro, racconta di episodi di animali che sembrano "scegliere" di morire, quando tutte le altre strade sono chiuse, e quando la morte diventa il passaggio a una altra realtà e allo stesso tempo può rappresentare un lascito di memoria per quelli che sono rimasti qui. In fondo, non sappiamo nulla della vita di quel cervo, se non che davvero la sua vita non era meno preziosa e di sicuro era più bella e dignitosa di quella dei suoi assassini. Anche in Italia c'è chi di queste cose si sta facendo apripista, e spero presto di potermene occupare proprio qui sul blog. Intanto se la mia scarna spiegazione ti ha incuriosito, posso consigliarti la lettura del libro? Penso che troverai delle commoventi sorprese...

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  5. ciao Simona, gli animali come gli uomini scelgono il proprio destino. non l'animale in sè ma la sua coscienza. Altrimenti non nasceremmo in famiglie sgangherate o sceglieremmo sfide immense: l'obiettivo è l'evoluzione. Ma secondo me gli animali in questo periodo storico sono venuti a far evolvere noi, non solo loro stessi...il che è una grande sfida. Il dolore rimane comunque e sempre e anche questo serve per l'aumento della nostra consapevolezza.

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