In questa giornata mondiale per la fine dello specismo, ci troviamo a Firenze.
Come iniziare un discorso che non sia banale, e che non spaventi?
Purtroppo, è indispensabile dire le cose per quelle che sono. Siamo nella sesta estinzione di massa, causata dalle attività umane: deforestazione, pesca industriale, sfruttamento del suolo, urbanizzazione, trivellazioni, strutture, zootecnia, agrobusiness, industria petrolchimica.
Insomma, tutte azioni attinenti alle attività produttive e industriali globalizzate, che sono proprie del capitalismo neoliberista. Ma non dobbiamo avere paura di dirlo e di denunciarlo. Abbiamo ridotto le popolazioni delle specie selvatiche del 70%. Le popolazioni di insetti sul pianeta, sono state ridotte del 75% e lo stesso sta accadendo con tutte le specie vegetali. Tutto ciò ha conseguenze devastanti. La crisi climatica è una crisi sociale. Presto, ancora più di oggi, avremo migrazioni di massa: per le risorse, acqua, cibo, per fuggire alla desertificazione o alle inondazioni, alle ondate di calore, alla distruzione di tutto quello che può consentire la vita alle popolazioni, umane e non umane.
Le grandi industrie del carbone, del petrolio, quelle zootecniche, stanno consumando suolo, territori, emettono gas nocivi nell'atmosfera. La rapidità con la quale questo accade, ci lascia immaginare un imminente futuro di devastazione, sofferenza e morte. Non possiamo più pensare alla liberazione animale come se fosse l'unico tassello mancante di una società del benessere perfetta e felice. E' invece la risposta a secoli di oppressione, distruzione e sfruttamento. Quest'epoca è l'Antropocene ed è nella cornice dell'Antropocene che dobbiamo ridefinire e ripensare le nostre battaglie. Non si tratta di chiedere la liberazione di altri animali in un mondo che rispetta gli umani e le categorie che abbiamo costruito in esso. Si tratta di lottare in un mondo al suo declino, nel quale le oppressioni, lo sfruttamento e le uccisioni sono alla base del sistema sociale contemporaneo. E' impensabile quindi, oggi più che mai, una liberazione dei miliardi di specie animali senza ripensare radicalmente il mondo in cui viviamo.
Ci aspettano tempi duri, lotte decisive, Noi, più degli altri, grazie alla prospettiva animale, siamo portatori di una visione del mondo davvero libertaria e liberata. Supportiamo una diversa visione dell'economia e dei sistemi sociali, opposta a quella esistente. Un mondo in cui l'umano depone la sua sovranità sul vivente, in cui è necessario ripensare a fondo, invertendo le parti.
L'altro, l'assolutamente altro, ci ricorda la fragilità dell'esistenza e al contempo la meraviglia dello scambio, della relazione e dell'empatia.
L'antispecismo è quindi il trait de union delle istanze globali di liberazione della terra e della giustizia sociale. I fenomeni ai quali assistiamo, sono il frutto tangibile di politiche asservite al profitto, che si realizza sempre attraverso sfruttamento e morte.
Quello che le società umane fanno alle altre specie animali, è quello che fanno all'interno della loro stessa specie: razzismo, identitarismo, patriarcato, omofobia, abilismo, binarismo. Sono tutti fenomeni interconnessi e tutti derivanti da prassi culturali e sociali, soggiogate al capitale.
Oggi siamo qui per dire ai compagni e alle compagne antispeciste di unirci, ma anche di unirci agli altri movimenti di liberazione della Terra. Agli ecologisti, ai militanti per la giustizia sociale, faccio un appello: unitevi a noi, vi manca un tassello nella vostra visione libertaria, che è cruciale allargare l'orizzonte della libertà a tutte le specie con le quali condividiamo la vita e la gioia, l'amore, ma anche il dolore, la paura e la disperazione. Finché penserete che il maiale trasformato in salsiccia, o in lucido da scarpe, sia un fatto normale e naturale, non ci sarà nessuna lotta che possa dirsi veramente ecologista e di liberazione. La liberazione, o è totale o non lo è. Lottiamo uniti, contro il mostro capitalista, binario, oppressivo e gerarchico, per una liberazione totale. A tal proposito, voglio fare un grande saluto alle compagne di Non Una di Meno, che oggi sono in tutte le piazze d'Italia, anche qui a Firenze, per la Giornata Internazionale dell'Aborto libero e sicuro. Così come in molte altre piazze, ieri, milioni di persone sono scese in piazza, per urlare lo sdegno verso tutte quelle forme e quei poteri che annientano la relazione con l'altro da sé, la relazione intraspecifica tra gli umani e che stanno continuando e perpetrano l'oppressione e la distruzione del pianeta e con esso, tutte le forme di vita esistente.
Non alziamo muri, noi che parliamo di liberazione totale. Non alziamo muri, abbattiamoli insieme. Bisogna assolutamente uscire da questo genocidio sistemico, che è l'allevamento, che è lo sfruttamento degli animali in ogni forma, ma che è anche insito nelle società di dominio, nelle quali viviamo oggi, tra tutte le altre categorie dell'umano che ci siamo costruiti.
Il capitalismo non è una 'cosa' astratta: è un rapporto sociale, che implica la subordinazione dello sfruttato. E allora noi antispecisti, noi attivisti che ci militiamo e mobilitiamo per la liberazione delle altre specie, diciamo a gran voce che non ci devono essere più subordinazioni, né delle donne, né di altre forme di diversità, tanto meno delle altre specie animali.
La società che noi sogniamo è una società inclusiva, aperta all'alterità. E' inutile continuare a disquisire su linee, false linee, in merito alle lotte relative alle specifiche discriminazioni, quando noi sappiamo benissimo che le discriminazioni sono il frutto culturale di una politica ben diversa dal moralismo. Ad esempio: noi sfruttiamo gli animali, ed è per questo che li consideriamo inferiori, non il contrario. Non sfruttiamo gli animali perché li consideriamo inferiori. Così come non consideriamo inferiori e diverse, le altre categorie umane. E' una scelta politica, quella di discriminare, di emarginare e di mercificare.
Non possiamo contare né sullo Stato, né sulle realtà produttive, non esiste capitalismo verde, non esiste emancipazione all'interno di un sistema globalizzato capitalista come quello in cui viviamo oggi. Proprio perché capitalista, possiamo solo consideraci antagonisti. Ha ragione Macron, quando attacca Greta Thunberg, ha proprio ragione e noi ci definiamo antagonisti con orgoglio, perché noi non vogliamo il mondo che ci stanno dando. Non vogliamo questo mondo, per i nostri figli e per i figli delle specie degli altri animali. Noi pretendiamo un mondo liberato, pretendiamo un mondo egualitario, pretendiamo un mondo in cui non ci sia più scontro tra potenti e subordinati. E se per farlo servirà lottare con ogni mezzo, lo faremo. Perché il nostro pianeta è verso l'estinzione! Non si tratta più di parlare di una eventuale discriminazione. Tra vent'anni saremo estinti! Tutti!
E' ora che tutti noi insorgiamo, in nome della giustizia e della libertà e della felicità. Sì: la felicità. Quella di cui tanti potenti, tanti ministri si riempiono la bocca, guardando negli occhi i nostri figli! Ebbene, quando io vedo i miei figli, non vedo futuro per loro. E non lo vedo nemmeno per i miei alunni e per i miei studenti e nemmeno per i miei vicini di casa. Figuriamoci per me. E poi penso agli altri animali, che non hanno nessuno scampo, se non quello di tentare disperatamente di ribellarsi. Ma la sproporzione di forze è immane, perché c'è una volontà che sottende tutto questo (l'ho già detto e ripetuto prima). E allora è contro questa volontà che noi dobbiamo andare, uniti. Noi, i movimenti ecologisti e i movimenti per la giustizia sociale. Perché solo creando questo ponte tra le tre forze antagoniste, forse avremo la speranza di liberarci, di liberarli, di liberare tutti, tutte. Al di là della specie.
L Italia è l'unico paese in cui una grande associazione che si definisce vegan e antispecista ha promosso gli allevamenti a terra di galline. Decine di migliaia di firme alle petizione e ringraziamenti a Nestlé o Giovanni Rana! È tutto sul web. Pare che ce ne siamo accorte in tre, che ci siamo indignate in tre! Politica dei piccoli passi sulla pelle altrui in nome del volemosene bene, peace and love.
RispondiEliminaPer non parlare di vivisezione.
Non hanno ancora capito la definizione di veganismo, figuriamoci antispecismo.
Per come la penso io, siamo riusciti a farci rubare la parola vegan da quelli che schavizzano e uccidono gli animali. Soffriamo, come attivisti di sindrome di Stoccolma - tra le altre cose.
EliminaCosa te ne sembra del discorso?