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Il veterinario e scrittore Alf Wight, conosciuto come James Herriot. Fonte: The Press |
Il primo libro di James Herriot che tenni fra le mani, odorava di carta buona - e la mia immaginazione di ragazzino, ci sentiva anche il profumo del fieno delle stalle dello Yorkshire, che lo scrittore raccontava e descriveva con tanta passione.
Si trattava del suoi secondo libro, "Beato fra le bestie". Poiché è datato 1977, posso presumere che si trattasse, se non proprio di una novità, per lo meno di un libro uscito di recente - potrei pensare anche che in quegli anni, i libri non sparissero così velocemente dagli scaffali illuminati e dalle vetrine delle librerie, come accade oggi; ma potrei anche sbagliarmi, con ciò colorando con colori più belli i ricordi di gioventù, come ciascun è portato a fare.
Fu un regalo, che ricevetti da una cara persona, perché potessi non annoiarmi, convalescente, e perché, già allora, si sapeva che a me gli animali piacevano - così come possono piacere a un ragazzino, con tutto trasporto e senza riflessioni. Attrazione pura, già molto chiara; questo, lo posso scrivere con sicurezza: era cosa certa già allora.
Il libro, però, sul subito, mi suscitò una diffidenza: forse dipese dalla parola 'bestie' - credo che già allora non mi piacesse molto, mi sembrava priva di amore verso gli animali.
Di certo, però, mi piacque la copertina (che è quella che vedete qui sopra): c'erano tutti gli elementi per affascinarmi: questi animali 'strani' (la mucca, le galline, altri uccelli), una graziosa figura femminile, e poi il veterinario, che - poiché era di spalle, poteva avere qualsiasi viso, compreso il mio - e dunque il veterinario diventavo io, e quindi le storie raccontate, le potevo quasi vivere in prima persona. Queste cose, sulla mente di un ragazzino, fanno una presa pazzesca!
Infatti, fu proprio così. Anche perché lo scrittore aveva la dote splendida e affascinante di raccontare sempre in modo da far risplendere della luce migliore gli altri personaggi - compresi i personaggi non umani - anche a costo di ritrarre se stesso in modi non sempreedificanti o dignitosi - con grande dose di gentilezza, autoironia e molto sense of humor. Mi ritrovavo nella sua gentilezza, mi confortava, mi rallegrava, mi faceva parteggiare per lui e mi faceva amare o rendere simpatici anche i personaggi più incredibili.
Oltre a lui, c'erano gli altri due veterinari, i fratelli Sigfried e Tristan Farnon - l'uno affermato ma umorale veterinario, appassioanto per i cavalli, l'altro, studente geniale ma svogliato, laureabondo in veterinaria. Poi, c'era Helen, la bella ragazza che sarebbe diventata sua moglie, nonostante episodi di corteggiamento davvero comicamente catastrofici. Attorno a loro, un microcosmo di persone: i fattori, tutti stoldiamente gentili e sereni, imperturbabili di fronte a qualsiasi evento; gli altri veterinari di città; le persone del paese. C'è la signora Donovan, c'è Sister Rose, c'è la signora Pumphrey, c'è il dottore veterinario Granville Bennett.
Insieme a loro, tutti gli animali, sia nelle fattorie che nelle case della piccola cittadina. E di loro voglio parlare, perché non sono mai soltanto 'comparse di scena', o espedienti narrativi; ma sono personaggi dai tratti notevoli e decisi, individui con le loro caratteristiche uniche e indimenticabili - per come ce le racconta Herriot.
Gli animali dei libri di Herriot sono tantissimi: cani e gatti, ma anche mucche, pecore, scrofe, capre, cavalli.
Herriot si accorge di loro, molto spesso come individui, e ne racconta i comportamenti, ne intuisce le personalità.
Gli estratti provengono sparsi da tutti i libri scritti da James Herriot.
"[Misses Dunn] ... (Le due signore Dunn) avevano fattoria di alcuni acri proprio fuori il villaggio di Dollingsford. Erano oggetto di intersse perché facevano la maggior parte dei lavori da sole e durante l'attività davano così tanto grande affetto ai loro animali da fattoria, che questi erano diventati come animali domestici. La piccola vaccheria ospitava quattro mucche e ogniqualvota dovevo esaminarne una, potrvo sentire la ruvida lingua della sua vicina leccarmi la schiena; le loro poche pecore correvano incontro alla gente nei campi e annusavano intorno alle loro gambe come cani; i vitelli vi succhiavano le dita, un vecchio pony girovagava in giro, con una benigna espressione in viso e ti spingeva col naso. L'unica eccezione nella amichevole coonia era la scrofa, Prudence, che era grandemente prevenuta", nei confronti del veterinario. Le attenzioni mediche di Herriot non le piacciono e lo fa capire in tanti modi: grida, strilla, scappa, si nasconde, si sposta e si sottrsae alle mani, s allontana; oppure, rifiuta di muoversi: le due donne che gestiscono la fattoria, però, non la maltrattano, anzi, hanno trovato con lei un accordo: per convincerla, le danno i biscotti, quelli che anche da noi sono conosciuti come i 'digestive', fragranti e leggeri e - ho scoperto - praticamente vegani. Prudence adora i biscotti, e li chiede in grande quantità, per fare quello che altrimenti non vorrebbe fare: ma non li divora con voracità: li sa centellinare, sa misurare lo spazio tra un biscotto e l'altro, sa valutare in che direzione la stanno portando e perciò decide se chiedere più o meno altri biscotti.
"Le mucche erano state per mesi entro gli stessi pochi metri quadrati della stalla e avevano un acuto bisogno di erba verde e del sole sulle loro schiene, mentre i vitelli avevano davvero poca resistenza alle malattie".
"Tutti i giovani animali sono attraenti, ma un agnellino è dotato di un indecente quantità di fascino".
"(...) benché molti della sua specie abbiano una insospettabile capacità di amcizia, questa era sviliuppata (nel maiale) Nugent a un livello straordinario. Lui semplicemente amava le persone e nei seguenti mesi, il suo carattere fiorì, col costante contatto personale con gli umani".
"La capa mise la sua testa all'interno (della stalla) per unmomento, poi si voltò all'improvviso e fece una corsa sfrenata giù lungo la collina. Le altre la seguirono immediatamente e benché noi saltassimo intorno come ballerini e agitassimo le nostre braccia, loro correvano oltre di noi come se non fossimo lì. Guardai pensoso ai giovani animali, galoppare lungo la discesa, le loro code alte e che scalciavano al cielo, come mustang; si stavano godendo questo nuovo gioco".
"Mi voltai e potei vedere i due (anziani) cavalli; erano tornati nella conca e stavcano giocano insieme, inseguendosi e rincorrendosi l'un l'altro, i loro piedi che spruzzavano l'acqua".
Sigfried e James leggono sul giornale un articolo dove si afferma che i fattori non provano sentimenti per i loro animali, perché sono solo bestiame che dvee dare profitto; quindi, non ci sono sentimenti nel loro lavoro." "La domanda è: è possibile per questi uomini farsi coinvolgere emotivamente? Gli allevatori con magari cinquanta vacche da mungere possono davvero affezionarsi a qualcuna di loro, o le vedono solo come unità produttrici di latte?". Per Herriot, il punto è nel numero: i fattori con pochi animali danno loro un nome, provano affetto; i grandi allevatori non sono nelle condizioni di poterlo fare. Il sottinteso è - credo - il rapporto che si può stringere personalmente con i singoli individui, quando sono pochi, perché se ne ha il tempo. Ma - e questo non c'è nel libro - alla fine, sia le vacche con un nome che quelle con un numero, vivono perché devono produrre.
Un anziano allevatore, con molti animali, decide di dare rifugio per la vecchiaia a questo due suoi cavalli, che hanno trascorso la loro vita lavorando duramente per lui. "Tuttavia, che cosa lo obbligava a fare il sentiero lungo la collina ogni giorno con ogni tempo? Perché ha riempito gli ultimi anni di quei due cavalli anziani con pace e bellezza? Perché ha dato loro un sollievo finale e sicurezza, agio che proibiva a se stesso? Poteva essere soltanto amore".
Herriot è un buon osservatore - come tutti i buoni scrittori - e infatti si può essre d'accordo con queste parole; che tuttavia, secondo me, non arrivano fino in fondo - e se non lo fanno, ci sono probabilmente molti motivi. I due cavalli che vivono felici gli ultimi anni della loro vita, sono schiavi liberati, da un padrone severo e intransigente, perfino con se stesso, ma che se non avesse avuto convinzioni di etica e di lavoro ineccepibili come le sue, non si sarebbe curato di questi animali, per lui diventati costo economico. Sì, c'è l'affetto, e magari è sincero, le fatiche sono state condivise: ma è come se i due cavalli si fossero guadagnati questo affetto e la vita, con la loro fatica, con la loro libertà.
E poi: la mucca Blossom, anziana, che viene venduta per il mercato dove verrà macellata; che ritorna alla fattoria che per lei è casa e riesce a convincere il fattore a tenerla con sé. "Da qualche parte sulla collina, potevo sentire il clip-clop dei piedi di una mucca. (...) Era Blossom, che si muoveva a rapido trotto, le gramndi mammelle che dondolavano, gli occhi fissi con intenzione alla porta aperta davanti a lei. (...) la vecchia mucca ci superò e marciò senza esitazione nella stalla che aveva occupato per tutti quegli anni. Annusò interrogativamente al sacco vuoto del fieno e guardò il suo propietario. (...) C'era una patetica dignità nel vecchio animale, mentre stava appoggiata contro la partizione di legno, i suoi occhi pazienti non domandavano. Era una dignità che trionfava sul" suo corpo coi segni della vecchiaia visibili e poco belli da guardare.
Più oltre Herriot scrive che molte persone pensano che i suoi pazienti siano tutti uguali. ma mucche, maiali, pecore e cavalli possono essere imprevedibili, placidi, aggressivi, docili, maliziosi, adorabili. Come la scrofa Gertrude.
"Gli animali (...) hanno bisogno di amici. Avete mai visto due animali in un campo? Possono essere di diverse specie - un pony e una pecora- ma stanno vicini, insieme. Questo cameratismo tra animali mi ha sempre affascinato (...)". Come i due cani Jingo e Slipper.
Un capitolo che mi ha molto colpito già quando lo lessi per la prima volta - ci porta all'interno di uno stabilimento moderno, dove sono stallate le vacche da latte. Ne riporto degli stralci.
Herriot, viene chiamato alle sei del mattino, un giorno d'inverno, perché c'è una vacca che sta per partorire. Questa per lui è l'abitudine di molti anni di lavoro. "(...) ma c'era una differenza. In effetti, molte differenze. Per prima cosa, di solito c'è sempre un fattore dall'espressione ansiosa che mi accoglie con le novità su come il vitello si sta presentando, quando le doglie sono iniziate, ma oggi io ero come uno straniero non benvenuto. Secondo, io ero abituato alla vista di poche mucche legate in una stalla con divisioni in legno e una lampada a olio, e ora stavo guardando a un lungo corridoio di cemento, sotto forti luci elettriche, con una successione apparentemente infinita di posteriori bovini che sporgevano da strutture sponde tubolari in metallo. Terzo, al posto della quiete della mattina presto, qui c'era uno sbattere di secchi, il ritmico pulsare della mungitrice e il clamore dell'altoparlante di una radio a tutto volume. c'era anche un frenetico andirivieni di uomini con camici bianchi e cuffie, ma nessuno di loro mi prestò attenzione. Questa era una delle nuove fattorie di mucche da latte, per i prodotti caseari. Al posto del solitario sgabello del mungitore, la testa sotto il fianco della mucca, che tirava il latte con un gentile 'hiss-jhiss' del latte nel secchio, qui c'era questo impersonale trambusto.
Entra la neve dalle porte aperte, tutti sono di fretta, anche il fsttore ha timore degli autisti che guidano i camion container del latte, che hanno una tabella di marcia stretta e la fanno rispettare con grande arroganza. Nessuno ha dato una occhiata alla mucca partoriente, nessuno sa quale sia la sua situazione ed è persino difficile trovarla in mezzo alle altre. Herriot, deve artrangiarsi. Lui e la mucca sono da soli, circondati da un ambiente del tutto impersonale, per nulla accogliente. "(...) non c'erano Marigold, Alice o Snowdrop, qui, solo numeri" La partoriente è la numero Ottantasette e ha gravi problemi. Nessuno la assiste, solo il verterinario. Sono soli. alla fine, il, piccolo bambino della mucca viene al mondo. "Un'altra cosa mi mancava: il senso dell'evento. C'era una ricompensa in molti parti difficili, nel sentire che un piccolo dramma si era risolto." Qui, invece, il disinteresse è totale: dominano la fretta e la paura, e il piccolo di Ottantasaette - un maschio! - viene al mondo in una ben fredda ostile realtà, per lui.
Herriot prova empatia per gli animali maltrattati (cani, gatti, ma anche cavalli, da quel che mi ricordo). Uno dei più begli episodi è quello legato alla signora Donovan, che cura i suoi cani con gli shampoo. Dopo la morte improvvisa del suo vecchio cane, Rex, la donna si sente smarrita, sola, non ha più nulla da fare. Finché, un giorno, non viene ritrovato un cane, recluso in un buio e umido capanno nel giardino sul retro di una casa semi-abbandonata, dimenticato dal suo padrone.
"(...) e sul fondo, era seduto un cane, quieto. Non lo avevo notato subito per via dell'oscurità e perché l'odore nel capanno mi aveva fastto tossire immediatamente, ma, come mi avvicinai, mi accorsi che era un grande animale, seduto molto composto, il suo collare assicurato da una catena a un anello nel muro. Avevo visto cani magri qualche volta, ma questo avanzato stato di emaciamento mi ricordò il mio testo di anatomia; da nessun altrta parte le ossa del bacino, della faccia e delle costole spuntavano con tale orripilante chiarezza. Un profondo, soffice buco nel terreno smosso, mostrava dove lui aveva dormito e dove si era mosso, in effetti, dove aveva vissuto per un tempo molto lungo. La vista dell'animale ebbe un effetto sorprendente su di me, mi accorsi a malapena del resto della scena - le strisce marce di tessuto sparse in giro, la ciotola piena di acqua putrida." Il cane è denutrito, disidratato ha vaste piaghe da decubito sulla parte posteriore del corpo, inoltre ci sono mucchi di feci ovunque. Il cane è giovane, ma molto probabilmente, non è mai uscito dal capanno.
"Sentii un nodo in gola e (...) improvvisa nausea (...). Era il pensiero del paziente animale che stava l', affamato e dimenticato, nelle tenebre e nel marcio per un anno. Guardai ancora il cane e vidi nei suoi occhi solo una calma fiducia. Altri cani avrebbero abbaiato e sarebbero stati presto scoperti, qualcun altro sarebbe diventato terrorizzato e violento, ma questo era di quelli che non domandano mai, di quelli che hanno completa fiducia nelle persone e accettano tutte le loro azioni senza un lamento. Solo un occasionale guaito, forse, mentre stava seduto interminabilmente nella vuota oscurità che era stato il suo mondo e ogni tanto si chiedeva se era tutto qui". Prassi 'umanitaria', vorrebbe che il csane venisse subito soppresso: troppo costose le cure, nessuno che se ne occuperebbe, e , forse, troppo avanzato lo stato debilitato. Ma Herriot si ribella a questo destino, non sopporta l'idea che questo giovane cane abbia conosciuto solo oscurità, solitudine, fame, dolore e che - proprio nel momento in cui vede la luce - debba essere soppresso. Meno male che c'è la signora Donovan, che naturalmente era lì intorno, come calamitata: con i suoi shanmpoo, per il giovane cane Roy...
Sono molti i passaggi dove ci si interroga sulla crudeltà umana, nei confronti degli animali. E non poche volte sorgono riflessioni, o persino dubbi, sul tipo di rapporto che noi abbiamo con loro. Il opunto di vista di un veterinario di campagna, come Herriot si definisce, negli anni '30 e '40 del ventesimo secolo, è a volte sorprendentemente attuale; ma in molti casi, anche, si ferma prima di arrivare a elaborare tutte le conseguenze del suo pensiero, perché - comunque - gli animali 'da fattoria', sono lì per rendere, e sono suoi pazienti perché la loro salute significa guadagno per il fattore, per l'agricoltore, per l'allevatore. Intorno agli animali ruotano tanti interessi: da quello degli allevatori, che fanno nascere esemplari con lo scopo di selezionare la razza; agli agricoltori, che su questi animali traggono il loro profitto in denaro; al veterinario medesimo, che tra tutti è quello che la possibilità di osservare l'intero ciclo di vita e tutti gli aspetti legati a queste attività; per finire - col macellaio, e lo spolpatore delle carcasse.
James Herriot è animalista? Sì e no: perché il suo sguardo verso gli animali è aperto e sincero, perché coglie aspetti che nessun altro coglie, e non li nasconde né a se stesso né ai suoi lettori. sa immedesimarsi negli animali, e deplora la crudeltà 'inutile', e si pone sovente domande che potremmo definire etiche, e fa considerazioni. Però, fuori dalla fattoria, continua a bere latte, mangiare formaggio e panna, e uova, e salsicce e bistecche.
Insomma, ferma il suo pensiero al di qua della soglia dell'empatia. Probabilmente, sarebbe stato troppo difficile per lui, poiché era quel che era - un sensibile veterinario di campagnia nella Scozia prima sella Seconda Guerra Mondiale.
James Herriot è specista? Sì, in certo modo; perché appunto, gli animali hanno diritto a una morale e a una considerazione diversa da quella che si deve agli umani; e ne hanno diritto - molto spesso - se e quando le loro vite hanno a che fare con i sentimenti e le fortune dei loro padroni umani - questo vale per tutti, anche per i cosiddetti pet, come molti racconti di Herriot narrarci.
James Herriot è antropocentrico? Probabilmente, in buona parte, no.
Non siamo qui a misurare la bellezza di questi libri con questi parametri - anacronistici perché retroattivamente futuribili, e perché di letteratura non specista, al momeno ce n'è poca; e molta letteratura - come in questo caso - può rivestire una grande importanza comunque propedeutica all'orientamento nei confronti degli altri animali. Ma per prima cosa, questi libri sono dei bei libri. Ciò che più conta.
Queste considerazioni al volo non tolgono un grammo alla bellezza dei cinque libri di Herriot, che ho letto e riletto, anche in inglese, che conservo tra i più cari nella libreria. E che rileggerò in italiano, dopo averli letti in inglese.
Dai brani che ho riportato - pochi, davvero, è stato uno sforzo non metterli tutti! - è evidente la magia di queste storie: il fascino, il richiamo che possono esercitare sulla mente di un ragazzino - e su di me così è successo - è davvero potente e duraturo. Non arrivo a dire che questi libri mi hanno cambiato la vita solo perché suona troppo melodrammatico. Ma che (mi) abbiano aperto una finestra su un certo tipo di mondo - un mondo pieno di altri animali, intorno a noi tutti i giorni - questo è un dato di fatto. Herriot mi ha indicato una direzione, ha animato i miei sogni, e alla fine ho scelto io alcune delle cose che mi ha suggerito, e di quelle - prima o poi - ho colorato la mia vita e riempito i miei giorni. E spero di poter continuare su questa strada.
"If having a soul means being able to feel love and loyalty and gratitude, then animals are better off than a lot of humans."
PS