Inizi con una striscia a fumetti che avrebbe potuto anche essere un meme sulle adozioni consapevoli in canile - e che forse lo sarà comunque, in questo post che nasce un po' per tentativi di pensieri.
Da quando sei tornato dal tour di cure mediche offerto dagli scatti non richiesti in avanti del tuo cuore, hai la mente che vagola un po', senza far presa su nulla per davvero.
Più o meno, così.
Quando eri in ospedale, il tuo pensiero pressoché costante, fisso unico, era: "i miei cani: Lisa, Maika, Chicco e Kikiuz". Come faranno senza di me? - ti chiedevi ogni secondo - e temevi che l'anziana Lisa non l'avresti rivista mai più.
Per fortuna, hai trovato soluzioni - rapide e volanti, grazie ad amiche e amici che, quando hai chiamato e chiesto, han risposto, si son fatte trovare.
Da quando sei tornato, casa tua ti sembra estranea, tuttavia stai provando a riprenderne le misure, seguendo quella specie di imperativo reale che sono le incombenze materiali e vitali di ogni giorno. Ti stai accorgendo di alcuni inciampi e non sai bene quali considerazioni questi ti causeranno - che si proietteranno magari sulle tue scelte e possibilità future.
Soprattutto, da quando sei tornato, ti senti -prima più di ora, ché le forze ritornano con fare circospetto- diviso, spezzato, fragile. Il tuo corpo ti aveva abbandonato - e adesso non sai più cosa aspettarti da lui; ma, da qualche parte, sai che dovrai, dovresti, riguadagnarlo, o - per riallacciarsi all'accenno sul futuro - anche ritrovare la convinzione che tu hai ancora possibilità di futuro e di scelta. Forse sei influenzato dalla retorica vulgata che vuole comunque tutti e sempre fiduciosi e felici, efficienti e proiettati? Non lo escludi: almeno in parte, è così. Anche se sei consapevole del valore del ritrarsi e del prendersi tempo, della cautela - in un gioco di delicati equilibri con la fiducia e le proiezioni - qualità che oggi son viste come disvalori.
Il corpo è la chiave, comunque. Ti viene facile, quasi automatico, quasi vitale e di sicuro spontaneo, riportare alla coscienza i discorsi sul corpo, sulla corporeità. Ne hai letto tanto, ne hai ragionato, per le questioni sugli Animali. Gli Animali che siamo anche noi, ovvio (?).
Il tuo corpo: quando era debole e inerme, era in balìa di tutto, comprese le azioni che erano mirate a riportarlo in forze. Si possono - qui - aprire direttrici di pensiero vertiginose, legate alla medicina (per esempio) , discorsi spinosi che si possono chiamare 'fine vita', 'eutanasia', 'medicina tecnologica', 'vivisezione'.
La sanità, quando per un motivo importante dal punto di vista della sopravvivenza vieni risucchiato dentro una struttura medicale, non ti lascia quasi più andare, ti cronicizza - certo, all'inizio è per un buon fine, ma cosa o chi ti garantisce che sarà così per tutto il percorso - dal momento che il percorso si sovrappone quasi per intero alla vita?
Tu smetti di essere tuo, il tuo mondo viene messo tra parentesi e tu vieni trapiantato in un nuovo mondo, fatto di corsie, esami, terapie.
Il tuo mondo, cessa di esistere e tu - per il tuo mondo - sei come morto. E ne muori davvero, nelle notti lunghissime in corsia, quando vorresti essere altrove, dove ci sono esseri che hanno solo te e che hanno bisogno di cure, almeno quanto ne hai bisogno tu.
Il corpo dei tuoi cani: un corpo fragile - come il tuo - esposto. Dice: la vita, ogni giorno, è tutta esposizione a possibili traumi. Correre rischi e prendere decisioni è l'essenza stessa del vivere la vita - invece che lasciarsela vivere addosso e attraverso.
Vero. Però in quei giorni tra 2018 e 2019, la lontananza forzata e la impossibilità di prendersi cura, ti ha suscitato un perenne e profondo dolore, fatto di angoscia. E tu, te la tieni stretta quella angoscia - come ricordo, come possibiità - perché è l'avversaria della assenza di agitazione ('atarassia', direbbero i filosofi greci) e quindi la mette alla prova.
Il corpo è fragile ma è pure resistente - anzi, resiliente. Il corpo è capace di sopportare difficoltà, privazioni, mancanze, cambiamenti, anche molto radicali, anche prolungati - e tuttavia resistere, continuare a vivere. Allo stesso tempo, la sua fragilità non ne viene negata, così come non sparisce dalle eventualità, la possibilità di terminare in un secondo - letteralmente. Grazie a questa dote vitale, i tuoi cani ti hanno alla fine ritrovato e tu hai ritrovato loro, tutti. Erano trasformati loro, eri trasformato tu - profondamente. Che cosa farete insieme da ora in avanti? Siete sempre una famiglia, siete ancora un branco? Loro sono pronti a cogliere l'istante: tu sei all'altezza di fare lo stesso, per la felicità di tutti quanti?
Sulla resilienza dei corpi, si fonda il sistema sociale in cui viviamo noi oggi. Un sistema che divora corpi: 'corpi-voro' (latino) (come 'energivoro', 'onnivoro'); o magari 'somo-fago' (in greco). Tutti i corpi, ogni genere di corpi: membra umane, corpi di altri animali, masse vegetali, quantità minerali. Li divora in migliaia di modi differenti: culturali e concreti, simbolici e materiali, li mangia come nutrimento, li impiega come strumenti 'da'. Nessuno si senta chiamato fuori o specialmente garantito, dal venire mangiato.
Nota: allo stesso tempo, il medesimo sistema, fa conto tantissimo anche sulla facilità istantanea con cui si 'termina' un singolo corpo-non-più-individuo. Lo si uccide nel mattatoio o in strada o in carcere o in mare, per sostituirlo col successivo, (reso) in tutto e per tutto identico e infine terminabile.
C'è chi - in questo inconcepibile consumo perenne - vuole provare a far(si) andar per traverso, per interrompere almeno le deglutizioni più orrende, crudeli, oscene. C'è stato un 'oggi', quel giorno di febbraio, per le centinaia di 'animali da reddito' che comunque aspettavano fuori, stipati ugualmente sui rimorchi: un 'oggi' di vita in più. Potrà diventare - per i prossimi futuri animali - un oggi che diventa una successione di domani che si ripetono?
Il fatto è questo: che tutti noi - che tu - scegli(amo) ogni giorno che tipo di 'oggi' sarà, che tipo di oggi è. Scegliamo come viverlo e che cosa farne e dobbiamo essere consapevoli che tutte le scelte hanno conseguenze - e noi speriamo che le conseguenze siano il meglio che desideriamo vedere e vivere. Di molte scelte - nessuna è davvero sbagliata: ci si può dedicare alla cura come alla lotta; alla divulgazione come alla politica; alla sensibilizzazione come al boicottaggio. Puoi adottare un cane, oppure entrare nei corridoi di un mattatoio.
Non è un errore in sé, ma solo la scelta 'migliore che uno può fare in un dato istante': almeno questo, ce lo si può aspettare, che ciascuno almeno provi a fare il suo meglio in quel momento - con la consapevolezza che i momenti non sono eterni, ma istanti che si inanellano incessantemente e dunque in momenti successivi le scelte potranno evolvere. Comunque, scegliete. Comunque, scegli. Il (tuo/tuoi) cane(/i) aspetta(no).
Il cane, non deve stare in casa. Il cane va sceso e va pisciato.
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la giusta conclusione per un post un po' così |
Che belle parole. E grazie al cielo non solo parole.
RispondiEliminaPosso osare un abbraccio a te e a Lisa, Maika, Chicco e Kikiuz?
Certo che puoi abbraciarci! Grazie Gli abbracci sono ormai dati con troppo poca frequenza, e in tal modo rinneghiamo la nostra essenza di primati.
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