"Trovare il coraggio di fare, mettersi in gioco, mettersi in discussione; per capire che la nostra esperienza particolare e individuale fa parte di un insieme più grande". Dal canile al futuro di Uomo (se ci va di considerarlo), un cammino che può anche iniziare qui, secondo Luca Spennacchio.
Questo post è la chicca che avevi detto di voler scrivere, nel post dove hai parlato della serata del Giardino di Quark per Canile 3.0.
Prima considerazione.
Il coraggio può senz'altro avere a che fare con la propria vita personale, quotidiana, nelle scelte che facciamo, nelle decisioni che prendiamo, nelle azioni che intraprendiamo - e in tutto quello che, specularmente, non facciamo, né prendiamo, né intraprendiamo, per i più diversissimi motivi, alcuni buoni, altri meno, altri pessimi.
Se alzi l'asticella di un gradino più su, passando dall'individuale al sociale, ecco che trovi - potresti trovare - il canile, e il volontariato - per rimanere nello specifico. A questo livello, lo sai bene, il coraggio è quello che ti serve non solo per affrontare i dolori dei cani perseguitati che finiscono in canile, ma anche - e questo è paradossale, ma anche, sei convinto, molto, troppo umano - per gestire i litigi, le incapacità di collaborare che sono presenti anche nel volontariato - anche in questo volontariato, quello per i cani - poiché i volontari sono umani e - lo sai - se riunisci due o più umani a collaborare, prima o poi riusciranno a dividersi. Questa - che è una polverizzazione delle associazioni animaliste, sempre più piccole e inefficaci a ogni scissione successiva - è la causa della inconsistenza dell'animalismo italiano. Dice, Spennacchio, che "in Italia non esiste un movimento animalista": cioè, non esiste, non è visibile, una realtà unita e solidale, con le caratteristiche che deve avere un movimento. Questa situazione, va a danneggiare quelli che tutti dicono di voler aiutare: gli animali. Questa situazione va a compromettere la realtà del canile, che diventa il luogo dove i cani vengono buttati via. E che invece deve, e può essere, diventare qualcosa d'altro.
E per ora, negli appunti che hai preso ascoltando Luca, questi concetti basilari, te li metti lì, da parte. Ché, adesso, arrivano gli effetti speciali della fantascienza. Con un carico di sogno e di visione che ti hanno davvero lasciato con i neuroni frizzanti che gettano ponti tra una miriade di idee che occupano il tuo cervello, dove vi sono arrivate in seguito a uno sproposito di letture disordinate e golose, legate alla filosofia, agli animali, ma non solo; anche, in effetti, alla poesia, alla fantascienza e molto altro.
Per la seconda considerazione, segui il discorso di Luca, e insieme a lui la prendi alla lontana.
(Ri) facciamo conoscenza con Alan Turing e con Philip K. Dick.
Alan Turing è quel matematico su cui hanno fatto un film e che - incidentalmente, tra le altre cose, ha ipotizzato il test che porta il suo nome, utile per capire se una macchina sia in grado di pensare.
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Testi di Turing: tra questo... |
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... e questo, chi è quello originale? |
Da questo concetto, si può dire derivino tutti i successivi computer della storia umana, fino al dispositivo su cui state leggendo queste righe. E derivano anche tutti i computer, AI e robot assortiti che popolano la fantascienza. Tra cui, quelli immaginati dallo scrittore Philip Kindred Dick, i cui racconti son sempre più realtà e saggio sociologico filosofico che 'semplice'(?) lettura d'evasione.
Del test di Turing esistono versioni più elaborate di quella conosciuta dai più (il giochino delle domande e risposte a una macchina che finge di essere umana) e ci sono anche, probabilmente, test più efficaci, come mettere alla prova la capacità di leggere le
espressioni dei volti, o la capacità di dissimularle, come al poker.
O come il test di Voight-Kampff
Interessanti sono le domande del test, che è un test per misurare il livello di empatia: e per farlo misura le reazioni a descrizioni di sevizie o abusi o torture su animali o uso di animali morti e loro parti. Il test parte dal presupposto che gli androidi non sarebbero capaci di provare una vera emozione di empatia, ma solo di simularla, poiché - è una ipotesi tua - non condividerebbero con gli umani (e se è per questo nemmeno con gli altri animali), il corpo fatto di carne. Carrettate di filosofia in una pagina di libro - o in una sequenza di film di pochi minuti.
Perché gli umani spendono energie per creare oggetti artificiali come i robot, gli androidi, le AI? Perché, dopo che li hanno creati, inventano strategie per metterli alla prova? Perché, se diventano troppo simili agli umani, ne hanno paura?
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In Giappone ci sono dei robot che... |
Una risposta, che è quella che ci propone anche Luca Spennacchio, è che gli umani hanno un fortissimo bisogno di comunicare - siamo una specie sociale. Un bisogno così forte da arrivare a crearsi dei surrogati artificiali, per soddisfarlo. Se poi, come nel romanzo di Dick, animali e piante sono pressoché scomparse e nessuno ne ha più esperienza nella vita di tutti i giorni (un po' come accade già nelle nostre città...), si ricorre alla realtà virtuale.
Dice Luca, i bambini sono immersi nella realtà virtuale, vivono il mondo e fanno le loro esperienze sempre più col tramite di qualche dispositivo elettronico.Anche gli adulti, lo fanno. Si distaccano dalla realtà fisica in cui sono fisicamente calati. Con l'aiuto di robot, di Virtual Reality e di Intelligente Artificiali Emotive sempre più approssimate alla umanità, gli umani si costruiscono i loro mondi virtuali, su misura. Chi mi obbliga a uscire dal mio guscio virtuale, sempre bello, sempre accogliente, sempre emozionante? La comunicazione si avrà con una IA emotiva. la mescolanza tra virtualità e realtà sarà onnipresente, la realtà sarà meno reale della virtualità.
Questo è il momento del colpo di scena, del plot twist (se fossimo in un film di fantascienza, come stai fingendo che siamo).
"Nessuna macchina potrà ingannare un cane". Perché il cane sa chi è Uomo, a volte molto meglio di Uomo stesso, che si è dimenticato. Perché Cane vive con Uomo da sempre.
L'intelligenza emotiva del cane non è artificiale, ma è reale, viva. La sua abilità di empatia è elevata: non gli occorre simularla.
Cane, insieme a noi, saprà orientarci nel labirinto di dispositivi artificiali , per riguadagnare la realtà reale.
Di più: la comunicazione che Cane avrà con noi, sarà - di fatto, lo è già - così coinvolgente, da poter rispondere ai nostri bisogni in quel senso. I cani hanno molte cose da dirci sul mondo.
Perciò, il canile così come è oggi, è sbagliato: perché butta via come rifiuti, le uniche creature che non ci mentiranno mai, e che sapranno sempre chi siamo, sapranno sempre riconoscerci, in mezzo a tutti gli androidi e i robot.
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Theodore e Samantha, la IA premurosa |
Dicevi prima che le parole di Luca hanno stimolato le tue sinapsi.
Di tuo, quindi, vuoi accennare qualche passo in più per proseguire questo percorso indicato dalle considerazioni di Luca.
Robot e intelligenze artificiali, dunque, modelleranno su di noi, uno per uno, diverse realtà virtuali. Potremo divenire loro succubi, oppure potremo sfruttare questa situazione mai avvenuta finora nella storia di Homo.
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Ava, la IA curiosa |
Forse i robot e le IA, ci ridaranno il tempo che molti lavori ci tolgono. Forse potremo avere questo tempo per imparare a vivere felici. Se ne saremo capaci, potremo riempire questo tempo liberato per mettere in azione davvero le nostre doti, invece che usarle per fare del male agli animali. Forse le macchine collaboreranno coi Cani. Forse le macchine ci renderanno accessibili i mezzi per diventare finalmente davvero umani, a fare davvero gli umani, a esserlo sul serio: animali capaci di cura e di compassione, non quello che siamo adesso.