Finalmente, il mio primo Nomattatoio partecipato di persona. Dopo tanti presidi in differita, di questa grande campagna nazionale, raccontati per divulgarli.
Questa volta le circostanze erano propizie, così, sono andato. A Boffalora sopra Ticino, al confine tra Milano e Novara. Uno stradone dritto e bollente, tra due nulla geografici, fatto tipico nella Pianura Padana. Ai bordi di questo stradone nullificante, un anonimo nulla di morte, un mattatoio; uno di quelli piccoli, privati, per così dire, per di più piazzato davanti a un ristorante, che di sicuro si avvantaggerà di questa vicinanza, così economicamente conveniente, posso immaginare.
Sul sito ufficiale e sulla pagina Fb di Nomattatoio, ci sono altri resoconti e racconti, filmati e immagini. Vi rimando a questi, per saperne di più. Qui, scrivo solo i pensieri che mi ha suscitato l'asfalto torrido.
Intanto, questo asfalto per molti animali è l'unico pezzo di mondo esterno che potranno mai vedere, a bordo dei camion bollenti che li fanno viaggiare dagli allevamenti fino al macello, ultima tappa della loro amara, breve, tormentata, torturata vita.
Per me, e per le altre e altri che hanno issato i tabelloni davanti alle auto che passavano, invece, l'asfalto era una libera scelta. Una testimonianza, un mettersi quasi nella pelle di loro, i molti loro altri animali senza visibilità, né scelta, né libertà.
Una delle speaker, ha detto una cosa molto bella: almeno per qualche ora, quegli animali, morti in mezzo alla più totale indifferenza, già morti quando ancora respirano, hanno riavuto la giusta dignità di individui vivi. Per loro qualcuno ha speso parola, ha dato forma e volto, ha pianto lacrime. Per loro, qualcuno ha provato a raccontarne la vicenda, altrimenti tenuta nascosta.
La sfida era provare a invertire il corso apparentemente inevitabile: da morte a vita, da smembramento a ricomposizione, fino al soffio vitale. Come nella celebre sequenza delle bombe al contrario di Mattatoio numero 5. Guarda, che titolo...
Una sfida che va raccolta, una battaglia che va affrontata, anche se la sconfitta è quasi certamente l'unica ricompensa; anzi, proprio per questo motivo. Perché molte saranno ancora le sconfitte a mo ' di ricompensa per la lotta. Prima che appaia una vittoria grande.
Eppure il racconto delle loro sofferenze va fatto, va detto, va narrato, va tramandato, va divulgato. Sullo stradone, il nostro unico pubblico a portata di orecchio, erano i carabinieri e i poliziotti posti a sorveglianza. Chissà cosa hanno raccolto delle nostre parole. Gli altri, erano nelle auto, nei camion,nei furgoni, sulle motociclette. Loro li abbiamo chiamati con la vista, esponendo i pannelli con scene da ordinario mattatoio. Tanti hanno rallentato, ci sono stati segni di approvazione e di sostegno, sia pure a distanza. Segni che possono tuttavia significare molte cose, persino scherno. Ma che ci sono e sono importanti, perché mostrano che non si rimane indifferenti davanti a certe immagini. Fermo immagine infinitesimale, su orrori crudeli e quotidiani, nascosti da racconti bugiardi che parlano di mucche felici, maiali sereni, galline libere.
Una cosa, a un certo punto, mi è sembrato di capirla, forse anche suggestionato dalle belle parole delle speaker, che raccontavano del parallelo sfruttamento degli operai lavoranti all'interno di un mattatoio. Cosa ho capito? Che il nostro essere li, a mostrare immagini, a raccontare con la nostra stessa presenza la possibilità di un modo diverso di pensare e vivere gli altri animali; e anche molto filantropico, nel senso letterale della parola, cioè amico degli umani, e per senso esteso, amichevole nei loro confronti. A dispetto di tutti quelli che bollano gli animalisti come misantropi, asociali, che hanno in odio tutta l 'umanità. Infatti, se mostriamo quello che succede agli altri animali tra le mura nascoste del macello, è perché siamo fiduciosi circa la presenza in ciascuno degli umani che hanno visto queste immagini, di quella cosa chiamata empatia, e della capacità di ciascuno di poter scegliere, quindi di cambiare modo di vivere e di pensare, di non più accettare più certe regole date per scontate e presentate come inevitabile realtà è stato delle cose.
Sono convinto che la campagna Nomattatoio sia qualcosa di davvero potente, e che crescerà, una di quelle campagne destinate a dare una svolta. Come, per fortuna c'è ne sono già state, in altri settori, o in altri paesi, e in decenni scorsi. Ho percepito una forza sotterranea, una tenace resilienza, che la renderà molto ampia e comunicativa, sempre di più, perché già lo è.
Se non potete partecipare di persona, fate girare gli appuntamenti, fate girare le foto e i filmati e... Alla prima occasione, correte anche voi a imbracciare un cartello!
Grazie Giovanni per questo tuo bel resoconto. Ora lo mettiamo anche sulla pagina e sito. :-)
RispondiEliminaGrazie a te, a voi, Rita. Che avete dato vita a questa potente campagna, che "rischia" di cambiare un bel po' le carte in tavola, c'è da augurarsi
EliminaLe campagne che nascono dal basso su una base orizzontale di persone che lottano per la liberazione animale, mi sono congeniali (vedi #occupymcdonaldsTOUR)... Quando potrò sicuramente parteciperò anche io in persona.
RispondiEliminaCiao bella gente!!!
Credo sia proprio,questa la forza di NoMattatoio, car* Umbre 😀 nessuna etichetta, nemmeno protagonismi,solo unione per un obiettivo comune. Spero tu possa partecipare presto!
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