martedì 18 dicembre 2018

"Chiedilo al vento, chiedilo alla natura" - dialogo con il poeta Olmo



a Bari, 8 e 9 dicembre


Olmo, affabulatore, modellatore di parole in ogni loro possibile aspetto - o quasi. Scrive perché vuole un mondo diverso, sembrerebbe. La sua consapevolezza è antagonista rispetto alla realtà assuefatta al male, all'egoismo, al gigantismo distruttivo che ci avvolge e ammorba.




l'evoluzione della rivoluzione


Come ti sei accorto di avere l'animo e gli occhi del poeta e come hai iniziato a scrivere poesie, o poetare?

Sinceramente non ricordo quando ho cominciato a scrivere. Ma ho, invece, un ricordo nitido di un avvenimento che mi colpì drammaticamente. La strage di Bologna. All'epoca ero poco più di un bimbo e quella esperienza (indiretta) mi segnò profondamente. Alcuni giorni dopo scrissi tre pagine sulle mie sensazioni e paure. Forse fu proprio in quel lontano 1980 che iniziai a posare sul foglio i miei pensieri. A 14 anni scrivevo della mia vita, come fanno tanti e tante del resto, ma nel mio caso dedicavo parecchio tempo. La moralità bigotta di quel tempo mi relegava alla solitudine (avevo un padre in manicomio) e non potendo socializzare completamente con i miei coetanei, scrivevo. A 18 anni iniziai a girare l'europa. Da solo. E continuavo a scrivere di esperienze e pulsazioni. La prosa iniziò in quel periodo. I versi uscivano a cascata e non riuscivo a fermarli. Alcune poesie, che ancora oggi leggo in pubblico, sono state scritte nel periodo dei 18-25 anni. Tra le più disperate. Con la mia formazione politica (nel movimento libertario italiano) mi avvicinai alla prosa sociale e di lotta. Prosa che ancora oggi mi pervade.


Gli animali, quando sono diventati importanti per te, in senso antispecista, e che cosa è per te l'antispecismo? Cioè come si è antispecisti in concreto?

Lo sono sempre stati, importanti. Fin da bambino quando litigavo perchè i bimbi del quartiere bruciavano le lucertole o le rane. Non riuscivo a comprendere tanta crudeltà su esseri cosi piccoli e indifesi. Non che non si difendevano ma troppo piccoli per scappare. Non provengo dal movimento "animalista" storico ma da quello libertario, quindi la mia formazione antispecista è stato un lungo percorso. Anche difficile e osteggiato. Anche deriso. Ma ho imparato, nella vita, a non farmi abbattere velocemente. Vivevo e vivo in un movimento che era ed è contro tutte le discriminazioni (dalla lotta al razzismo alla omotransfobia, dalla lotta al sessismo al patriarcato, dall'antipsichiatria alla eliminazione delle prigioni) meno che la peggiore: l'eliminazione sistematica degli altri abitanti della terra, in altre parole le gabbie. Le gabbie sono il carcere degli altri animali, sono il manicomio degli altri esseri viventi, sono la violenza a livelli siderali. Tra le discriminazioni più feroci e nello stesso tempo più celate e tenute in ultimo piano. O nel seminterrato come diceva giustamente il filosofo Max Horkheimer. Dove la torre dello sfruttamento capitalista era disegnata come una torre di babele terrificante dove alla base vi erano ammassati gli altri animali, per mantenerne intatte le sue fondamenta. Gli altri fratelli e sorelle, i più vessati e inceneriti a numeri e non più a corpi. Esseri viventi soggetti tramutati in etichette a peso, a meri oggetti sfruttati in tutti i campi della società (in svariate epoche, anche se adesso la moltiplicazione industriale ha incenerito tutte quelle "tradizioni secolari" che potevano avere un senso nella sopravvivenza. -Corpi che non contano- come dice il filosofo Massimo Filippi. Corpi non più corpi ma oggetti di cui disporre. Il soggetto animale scompare e si tramuta in "base d'asta". L'antispecismo è una lotta tra le più difficili perchè "nuova" (antica nei suoi assunti ma recente nella sua disposizione alla comprensione stessa della lotta). E' una "rivoluzione" Copernicana (se vogliamo intenderla in funzione dell'enorme disparità in campo) ma come tutte le rivoluzioni necessita di decenni o adderittura secoli. Non certo di anni. Chi dice che l'antispecismo e il veganismo sono a una svolta epocale, purtroppo non conosce a fondo i meccanismi del capitalismo e le sue autodifese. Il capitalismo si nutre dei cambiamenti e li assorbe per poi rilanciarli sul mercato mondiale sotto forma di cibo, abbigliamento, farmaci, armi. Come diceva Karl Popper: "Il capitalismo non può perdere, il giorno che lo farà troverà la soluzione chiamandolo in un altro modo". Questo non significa che non dobbiamo lottare o opporci, anzi è un "imperativo morale" farlo. Nel concreto possiamo fare molto. Ho sempre seguito quella meravigliosa frase antica attribuita a Rousseau: "Fare meno danno possibile". Il danno è dentro di noi, in ognuno e ognuna di noi, non può scomparire, ma il farne meno possibile è una strada attuabile. La si potrebbe chiamare "la lotta egoistica più determinata e determinante". Imprimendo il meno danno singolarmente lo si amplifica nelle moltitudini. Naturalmente non sono così ingenuo da pensare che questa metodologia possa risolvere la devastazione della terra e dei suoi abitanti. La devastazione in atto è una follia ormai senza freni. Non si può più tornare indietro, ma come dico sempre: "Preferisco morire lottando che comprando". il boicottaggio radicale, il sabotaggio, la lotta nei territori devastati dalle industrie sono solo alcuni dei modi "antispecisti" di opporsi attivamente per mantenere intatta la nostra dignità di esseri umani. La dignità ci tiene in vita. E l'ideale. Senza dignità e ideali abbiamo già perso ancora prima di cominciare. Siamo già morti prima di morire fisicamente. Essere attivisti antispecisti (con l'arte, la poesia, la musica, lo scritto) o militanti (cioè esporsi fisicamente sul "campo di battaglia") è non solo necessario ma indispensabile per contribuire a rallentare questo Maelström di menzogne in cui siamo assorbiti e massificati. Comprendere la gigantesca favola del "va tutto bene" del dominio è già una vittoria esistenziale.


Tu ti definisci poeta sociale, quindi dici che scrivi poesia sociale. Puoi raccontare che cosa significa e se e come si differenzia dalla poesia civile?



La poesia sociale rientra a tutti gli effetti nella poesia e, nello stesso istante, è anche colonna portante in lotta politica. Per politica, naturalmente, s'intende quella spinta rivoluzionaria che ha mosso gli individui nella storia per ottenere la libertà, individuale e collettiva, e non certo la politica dei partiti. Che nulla hanno a che fare con la politica dell'esistente. Ogni cosa, che facciamo nella vita, è impregnata di politica. Ogni scelta che facciamo o subiamo è una scelta politica. Anche in quella ipotesi in cui neghiamo, per pigrizia o superficialità la politica, è una scelta politica. Ogni singolo movimento che prepariamo a compiere: lavorativo, sociale, alimentare, artistico, stiamo compiendo una scelta ben precisa di politica. Non ho partiti a cui delegare la mia vita, ma la mia vita è politica. Ecco perchè, la poesia sociale, è politica. Come poeta libertario guardo al movimento di poesia, esistenziale, scostante, espressione di un ideale, dei primi del 900. Pietro Gori come esempio per tutti. Già in passato Charles Baudelaire e Arthur Rimbaud avevano iniziato quell'opera di scardinamento della poesia classica, inserendo il disagio introspettivo dell'esistente e la miseria individuale, ma fu proprio Pietro Gori a dare  la spallata solidale e di fratellanza che cambiò radicalmente la poesia dell'epoca. Da approccio sentimentale o esistenziale a lotta sociale in versi. Paradossalmente si potrebbe pensare che la poesia classica e quella sociale siano due mondi differenti. Due binari che non possono unirsi. In realtà sono soltanto due note in un pentagramma. Due ricami diversi della stessa maglia. Per suonare, la poesia , ha bisogno di tutte le note. La poesia è di tale urto e ampiezza che non si può abbeverare a una sola fonte. Come la pittura, la scultura, lo scritto, la musica, anche la poesia può essere abbracciata, accarezzata, baciata o stracciata, colpita, disgregata. Nel mio caso ho sempre sentito la poesia come una brezza delicata marina e una tempesta, una giornata torrida estiva e il freddo pungente dell'inverno. A volte riposante, altre volte insonne. I versi in prosa corrono sul filo della terra seminandola. E nello stesso tempo la bagnano con l'uragano.  La poesia sociale è tutto questo e ancora di più. Una lotta esasperata, persa ma non sconfitta, una sintesi perfetta della natura che ci circonda. La natura è poesia, e la poesia sociale "combatte" per mantenere la natura in equilibrio. "La pace sociale e ambientale" come diceva giustamente Lev Tolstoj alla fine dell'800. Partendo dal fondamento che siamo tutti animali, necessariamente abbiamo bisogno di aiuto, prestarci aiuto. Ed è nell’aiuto reciproco, libero, che troviamo la via per la cooperazione comune, per la liberazione. Ma questa scelta, questa "attitudine", la vogliamo fare per volontà propria, senza l’imposizione di chicchessia, il più distante possibile da partecipazioni a sfruttamento o addomesticamento. A indottrinamento o a "morali". L’amore nei confronti di chi ci sta accanto non c'entra nulla, non serve. Quello è il "gioco romantico" per tenerci quieti. E' nel rispetto per le diversità, l'approccio semplice e delicato, l'ascolto, il mutuo aiuto, che nascono i parametri che debbono creare le condizioni per una solidarietà senza schemi verticistici. Come un semplice abitante di questo pianeta rivendico l'autodeterminazione di tutti gli esseri viventi, a prescindere dal colore, dalla forma, dalle dimensioni, dall'aspetto, dalla posizione geografica, dal genere, dalle scelte. O da altre etichette incollate, marchiate sulla pelle per venderci come merce.  La poesia sociale chiede l'autogestione, il libero scambio di sensazioni, l'autonomia di tutti, la vita. E non lo chiede al potere insindacabile del Sistema o a sapienti seduti sui troni, non a "culture" che non ci appartengono, ma al vento. Lo chiede alla burrasca che rende sordi, alle montagne celate dalle nubi, al richiamo della sorgente, agli zoccoli che attraversano i deserti, agli ululati e ai bramiti. Lo chiede alla natura stessa, unica e sola legge a cui prestiamo obbedienza. La poesia sociale si differenzia poco dalla poesia civile (per civile intendo la poesia di Pablo Neruda ad esempio, che era comunque rivoluzionaria nella sua perfetta tempesta). Purtroppo oggi molti critici parlano di "poesia civile" in modo inappropriato e con poca conoscenza del fenomeno, che rimane storico. La poesia sociale e civile sono legate indissolubilmente nel momento in cui "Civile" e "Sociale" sono nella direzione di un'autodeterminazione dei soggetti coinvolti. Legate nella lotta, non nei versi o terzine. La poesia sociale è per formazione storica libertaria, quella civile socialista, ma sono sempre state sorelle in diversi momenti storici. E molto spesso si sono fuse per spingere l'essere umano a una riflessione senza dogmi e partecipata. La poesia sociale può essere individuale, esistenziale, solitaria, "eremitica" la poesia civile no. La poesia civile guarda alla collettività (che sia istituzionale o antisistema popolare genuino) quella sociale al tormento del singolo che destruttura e incenerisce la società alienante per renderla libera. Personalmente ritengo la poesia civile imprescindibile e mattone fondante nella "nuova" società ma rimango poeta sociale insuscettibile di ravvedimento.


I temi della poesia sociale, per tradizione, non sono antispecisti, come hai fatto a dar loro evidenza nelle tue poesie? Che reazione ha il pubblico rispetto a questi temi sugli animali?


Semplicemente sono apparsi sui fogli. Negli anni le poesie sono cambiate, si sono allungate o strappate. L'osservazione del vivente che mi circonda (abito in montagna) ha aiutato in maniera molto significativa. Il guardare con rispetto e attenzione, con calma, in lontananza, senza disturbare gli altri animali che abitano la foresta, mi ha fatto maturare ulteriormente. Le poesie nascono senza un motivo preciso, escono e tu devi avere la prontezza di prenderle nella tua testa, prima che svaniscano. L'antispecismo è arrivato, nei versi, senza che lo cercassi. E' semplicemente uscito. Dopo, chiaramente, il lavoro maggiore è stato renderlo comprensibile e diretto. La poesia può anche essere ermetica ma per arrivare deve anche rimanere comprensibile (Il più possibile. Ogni poeta è poi a sè). Almeno quando parliamo di poesia sociale. Perchè di lotta. Le persone che seguono le poesie sociali sono già abituate alla prosa di lotta e anche alla liberazione totale. Autori per la liberazione animale nel campo delle poesie sociali sono presenti nel mondo da diversi anni. Questo non toglie che a oggi sono minoranza nel mondo della poesia rivoluzionaria. Ma la poesia sociale è di tale ampiezza che abbraccia tutte le istanze. Devo dire che partecipando alcuni giorni fa al Festival internazionalista della poesia rivoluzionaria- tenutosi a Bari  l'8 e 9 dicembre ho avuto un bellissimo riscontro. Sentivo che le persone mi erano vicine, e questo non capita spesso.


Una domanda sullo stile, per finire. I tuoi versi mi sembrano sciolti e con metrica libera. Quali sono le forme poetiche che preferisci e quali i poeti (in tutte le epoche) che consideri più ispiratori per te?

Si è vero, negli ultimi anni, prediligo la metrica libera (anche se non tutto quello che scrivo è in metrica libera) per due ragioni: libertà infinita di esposizione e scardinamento delle consuetudini che tendono a massificare il mondo della poesia. La poesia non si può relegare a uno "stile" a una "forma" o a un "codice di scrittura", ne tanto meno a una sorta di "tavola dei comandamenti". La poesia è volo e come tale deve volare. Non a caso amo la poesia sociale che è libertà allo stato puro. Non faccio classifiche di poeti (in tutte le epoche) perchè sarebbe sbagliato. Ogni poeta e poetessa, nella storia, è stato un unicum, un orizzonte talmente ampio che non si potrà mai comprendere totalmente. Come ho detto prima sicuramente Pietro Gori mi ha trasmesso i versi di lotta da ragazzo. Ma anche  Baudelaire, Rimbaud e Verlaine hanno avuto un forte impatto su di me. Amo Ginsberg e Neruda e tanti, tanti altri. Ma soprattutto amo la poesia...




Edvard Munch - Autoritratto all'inferno - 1903


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