mercoledì 14 settembre 2016

Heart of the sea



Il titolo del film, lo conoscete, la locandina magari è meno famigliare. Più diffusa è quella con i volti degli attori e la coda della balena. Mi piaceva di più questa. però. La trovo maggiormente evocativa e significativa.
Il film di Ron Howard è ispirato al libro omonimo di Nathaniel Philbrick, un nome che sembra preso di peso da Hawtorne o dallo stesso Melville. E magari è così. O magari, nomen omen, vai a sapere. In ogni caso, uno di quei nomi che sembrano scolpiti nel legno, intagliati, quasi, lettera per lettera.
Il libro parla della storia vera e terribile della nave baleniera Essex, a cui si ispirò Melville per il suo seminale masterpiece MOBY DICK.
E questa è la cornice del film, che ha le tinte atmosferiche così cinematograficamente seducenti dei film storici ambientati in quel periodo di tempo.
Il quadro del film, invece è la storia della sfortunata caccia baleniera, dello scontro tra due personalità antitetiche, come quella del capitano e del primo ufficiale, di tempeste e isole remote, di avventure tragiche, di naufragi. E di altre cose tremende.



Attratto come sono dai film dove gli umani dividono la scena e la storica con altri animali, Heart of the Sea, anche per tutte le caratteristiche elencate sopra, non poteva che piacermi. Così, dopo averlo visto quando è uscito nelle sale, l'ho rivisto oggi, in DVD, con grande piacere. La prima impressione è che sembra assai più breve di come lo ricordavo. O forse, ne ho colto meglio il ritmo, questa volta.
La seconda impressione è data dalla somma di alcuni dettagli che al cinema mi erano sfuggiti. Provo ad annotarli.

- Che gli umani riescono sempre a esplicare al meglio la loro principale caratteristica etologica, l'abilità di manipolare, in ogni modo possibile, la realtà delle cose (una manipolazione che è sia concreta che simbolica): il che si traduce in una attitudine predatoria formidabile, realizzata con ogni mezzo possibile;
- Che - di conseguenza - la caccia alla balena, non è mai stata 'ad armi pari', nemmeno allora, ai suoi inizi: dal punto di vista della balena, l'uomo è sempre stato un alieno, che arriva all'improvviso, incomprensibile e mescolato e  confuso in mezzo a una nuvola di oggetti inanimati e pericolosi, un pulviscolo di 'cose', fatte di fuoco, ferro, legno morto, che gli servono per aggredire, intrappolare, catturare e uccidere;
- Che, almeno per alcuni momenti, il punto di vista della balena, ci è chiaramente raccontato per immagini, sia pure brevemente e quasi in modo trasversale (finalmente, dopo decine di opere creative dove la balena è il 'mostro crudele e sanguinario'): vediamo il branco di balene, che si credono al sicuro nel vero centro dell'oceano, lontanissimo da qualsiasi luogo umano, e che scappano quando invece arrivano gli aggressori; le balene, in quelle acque, hanno la loro più autentica casa, la famiglia, i figli, il loro futuro - che cercano di proteggere: la madre fa da scudo col suo corpo, l'arpione morde la sua carne, mentre il figlio le nuota accanto, toccandola, alla ricerca della salvezza nel profondo; che la balena bianca è colui che difende il branco, la famiglia, i figli, il futuro, dall'aggressione mortale; che, perciò, progetta ed esegue con consapevolezza il proprio contrattacco, la distruzione fisica del predatore umano;
- Che, in una situazione mortale e senza scampo, i corpi umani possono tornare a essere solamente nuda carne e diventano fonte di sopravvivenza, come i corpi delle balene; e come questi, dopo morti, sono oggetto di una lavorazione - macellazione - smembramento - smontaggio; il ribrezzo nasce dal fatto che umani eseguono queste operazioni su altri umani; non si compie nessun salto empatico, non avviene l'immedesimazione, la pietà non si allarga anche alle balene uccise in passato.

Magari ci sarebbero tante altre cose da dire, il film è molto articolato. A me stava a cuore cercare di comprendere meglio il punto di vista delle balene. Queste creature abissali, che forse avrebbero (avuto) moltissimo da raccontarci, se avessimo (avuto) la voglia, la pazienza, la capacità di ascoltarle. In ogni caso, c'è chi lo ha fatto.

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